[Cm-roma] olimpiadi

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Auteur: Marco Pierfranceschi
Date:  
Sujet: [Cm-roma] olimpiadi
Alle 08:33, mercoledì 25 agosto 2004, luca@??? ha scritto:
> At 18.42 24/08/04, you wrote:
> >porcoddio il calcio mi ha levato l'inseguimento su pista dal video. ma
> >perché so' nato qui?
>
> ieri notte l'ho visto per un po
>
> pieno di matti/e con bici senza freni etc. etc.
>
> che tattiche!


:-)

Articolo dal Manifesto di ieri

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CICLISMO
Una sfida in tre giri
CHEO CONDINA
Storie di duelli, sangue e dittature. Storie di spinte, occhiatacce, astuzie
e testate. Questi sono cento anni e più di volate su pista. Un altro mondo
rispetto alla strada, innanzitutto perché non puoi frenare. Proprio così:
niente appendici sul manubrio e pattini sui cerchioni. Tanto che servono?
«Una volta lanciato pensi soltanto a mettere dietro il dannato che ti alita a
fianco», così rispondeva il giapponese Koichi Nakano, dieci volte campione
del mondo della velocità. Una leggenda. Un Samurai con polpacci d'acciaio al
posto della Katana. Implacabile: dal 1977 al 1986 dettò legge in tutto il
mondo, macinando avversari e guadagnandosi la fama di invincibile. Nakano è
ancor'oggi il simbolo di una specialità, la velocità pura, che resta la più
affascinante della pista. Le regole sono semplici. Due temerari e tre giri da
percorrere, in tutto 750 metri. Sembrano pochi, ma poi diventano un'eternità.
Il primo è di studio: si osserva l'avversario, lo si squadra dalla testa ai
piedi, magari fissandolo negli occhi. Capita addirittura che ci si fermi, per
farlo passare avanti, disorientarlo. È il cosiddetto surplace, esercizio di
pazienza e provocazione: la bicicletta immobile, il manubrio leggermente
curvo e il pubblico che trattiene il respiro. Antonio Maspes e Sante
Gaiardoni, fenomeni della pista nell'Italia degli Anni Ruggenti, erano due
maestri. Due statue di sale, per decine di minuti. Fino a quando uno dei due
non cedeva e si portava in testa, lasciando all'altro il vantaggio di stargli
a ruota e controllarlo più agevolmente. Vantaggio che sfruttava nei due giri
successivi. Il secondo assomiglia a un fuoco che cova sotto la cenere: scorgi
qualche zampillo, ma capisci che la fiamma sta per accendersi. I duellanti
aumentano l'andatura, chi è in testa si volta, chi è dietro gioca a
nascondino nella ruota dell'avversario. Il terzo giro è l'incendio che
esplode: le biciclette ondeggiano, i corridori pedalano all'impazzata. Si
affiancano, all'ultima curva, talvolta, si sfiorano pericolosamente. Poi
l'arrivo, il colpo di reni, la vittoria e la sconfitta. Per Kipling avevano
pari diginità, per i pistard sono questione di vita o di morte. Perché
passare per primo il traguardo non è soltanto una medaglia d'oro o il boato
del pubblico. Ma la vittoria su un uomo che ha la tua stessa sete di sangue e
di vittoria.

«In pista io e Antonio eravamo nemici veri - ricorda Gaiardoni, campione
olimpico a Roma nel 1960 - Fuori amici, soprattutto a fine carriera».
Diversi, come accade nei duelli più accattivanti, erano però nella struttura
fisica: Maspes più scattante, abile, smaliziato; Gaiardoni più potente,
resistente. Duellarono per un decennio, in cui la pista divenne famosa almeno
quanto il Giro d'Italia. Poi, però, non ci fu nessun italiano in grado di
raccogliere il testimone. Vennero i tempi di Nakano. Negli anni `90
spadroneggiarono invece tedeschi orientali e australiani, scoccò l'ora degli
anabolizzanti selvaggi, la tecnica pura divenne un ricordo, il surplace una
fastidiosa reliquia. Il velodromo Vigorelli, teatro degli epici duelli tra
Maspes e Gaiardoni, morì con la nevicata record del 1985. Tetto sfondato e
immagini nell'amarcord. Gaiardoni finì a vendere biciclette, a Milano. Maspes
se ne andò, per sempre. Nakano ha fatto da portabandiera alla spedizione
giapponese su pista di Atene. Sembrava un altro: capelli bianchi, pancetta,
occhi da gazzella anziché da tigre. Di miti ce ne sono pochi, sarà difficile
avvicinare il vecchio Samurai. Ci proveranno oggi i pistard del nuovo
Millennio: Bayley (Australia), Gane (Francia), Bos (Olanda) e Wolff
(Germania). Quattro scavezzacollo per una medaglia d'oro. E per rinverdire
gli antichi fasti della pista.
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Ciao

-- 
Marco Pierfranceschi
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