[Cm-roma] animeapedali- 27ago

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Autore: prupru@libero.it
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Oggetto: [Cm-roma] animeapedali- 27ago
Manca poco......arrivederci a venerdì..intanto..per chi vuole contribuire stampare, per chi non ci sarà, perchè mi piace pensarvi/ci ancora fertili sotto il sole agostano e il riverbero azzurrognolo degli schermi, mentre sotto..in strada, nei cortili e nelle stanzette, guardate a vista o legate con amorvole attenzione, placide sleepers, le sorelline aspettano che si vada a trovarle...

piccola anteprima non allegata, portate pazienza..

sele

Anime a pedali
Prontuario di sopravvivenza emotiva nell’era degli autosari

- Critical Mass 27 Agosto 2004 -



Biciclette

La terra come dolcemente geme
Ancora, se fra l’erba un delicato
Suono di biciclette umide preme
Quasi un’arpa il mattino! Uno svariato,
tenue ronzio di raggi e gomme e il lieve,
lieve trasporto di piume che il cuore
un tempo disse giovinezza – è il sale
che corresse la mente. E anch’io ebbi l’ardore
allora, allora anch’io col mio pedale
melodico, sui bianchi asfalti al bordo
d’un erba millenaria, quale mare
sentii sulla mia pelle – quale gorgo
delicato di brividi sul viso
scolorato cercandoti!...Ma fu
storia di giorni – nessuno ora più mi soccorre a quel tempo ormai diviso.

Non mi soccorre nessuno ove i nomi
Stando, di pietra, fermi sulla terra
Non velata di lacrime, fra i pomi
maturati a una luce a ottobre acerba
ancora, respiravo i pleniluni
d’improvviso oscurati dal tuo passo
d’improvviso maturo – dai profumi
immensi che il tuo corpo acido, oh sasso

insensato che io dissi Alcina, ambiva
regalarmi all’aperto nella notte
montuosa. E intanto lenta scaturiva,
dal silenzio infinito, un’altra corte
infinita di brividi sul viso
scolorato toccandoti: ma fu
storia anch’essa conclusa – né ora più
m’è soccorso a quel tempo ormai diviso.

Le ginocchia d’Alcina umide e bianche
Più del bianco dell’occhio! la prativa
Spalla! Quei suoi rompenti impeti, e a vampe
vaste i rossori nell’aria nativa,
acqua appena squillata!...O fu una fede
anch’essa – anche il suo nome fu certezza
e appoggio fatuo alla mia spalla, erede
dell’inganno più antico? Nella brezza
delle armoniche ruote, fu anche Alcina
la scoperta improvvisa d’una spinta
perpetua nell’errore – fu la china
dove il freno si rompe. E una trafitta
di brividi, all’inganno punse il viso
logorato d’amore al grido: ‹‹ Tu
hai distrutto il mio giorno, né ora più
v’è soccorso a quel tempo ormai diviso. ››

E ahi rinnovate biciclette all’alba!
Ahi fughe con le ali! Ahi la nutrita
Spinta di giovinezza nella calda
Promessa, che sull’erba illimpidita
Da un sole ancora tenero ricopre
nuovamente la terra!...Fu così,
dolce amico remoto, unico cuore
vicino al mio disastro, che colpì
questa città lo sterminato errore
di cui tenti una storia? Io non so come
nel brivido che mi percorre il viso
inondato di lacrime, già fu
fulminato il mio giorno, né ora più
v’è soccorso a quel tempo ormai diviso.

Fu il transito di treni che, di notte,
vagano senza trovare una meta
fra i campi al novilunio? Per le incolte
brughiere, ahi il lungo fischio sulla pietra
e i detriti funesti cui la brina
dà sudori di ghiaccio. Ivi se l’alba
tarda a portare col gelo la prima
corsa di biciclette, ecco la scialba
geografia del mondo che sgomenta
mentre Alcina è distrutta – mentre monta
nel petto la paura, e il cuore avventa
le sue fughe impossibili. E nell’onda
vasta che ancora germina sul viso
che non sfiora più un brivido, già fu
storia anch’essa sommersa, né ora più
v’è soccorso a quel tempo ormai diviso.

Ma delicatamente a giorno torna
Il suoni dei bicicli, e dalle mura
Trovano un esito i treni che l’orma
Antica dei pastori urgono – dura
Lamentela di ruote sui binari
obbligati dell’uomo. E certo è Alcina
morta, se il cuore balza ai solitari
passeggeri, cui lungo la banchina
dove appena son scesi, dal giornale
umido ancora di guazza esce il grido
ch’è scoppiata la guerra - che scompare
dal mondo la pietà, ultimo asilo
agli affanni dei deboli. E se il viso
trascorre un altro fremito, non più
può sgorgare una lacrima: ciò fu,
né v’è soccorso al tempo ormai diviso.

Ed i bicicli ronzano funesti
Ora che l’uomo s’intana la notte
Perché nel sonno l’altro non lo desti
di soprassalto – perché alle sue porte
non senta quella nocca che percuote
accanita col giorno, allorché un giro
di tetre biciclette percuote
con un tremito il vetro nel respiro
della morte all’orecchio. E quale immensa
distruzione a quei raggi lievi – quale
armonia di disastri, ora che senza
cuore preme un tallone sul pedale
come sull’erba ha già calcato un viso
rimasto senza un fremito!...Ma fu
storia anch’essa travolta – né ora più
v’è soccorso a quel tempo ormai diviso.

Non v’è soccorso nel mondo infinito
Di nomi e nomi che al corno di guerra
Non conservano un senso, ma riudito
È umanamente ancora sulla terra
Commossa in altri petti quest’uguale
Tenue ronzio di raggi e gomme - il lieve,
lieve trasporto di piume che sale
dal profondo dell’alba. E se il mio piede
melodico ormai tace, altro pedale
fugge sopra gli asfalti bianchi al bordo
di altr’erba millenaria – un altro mare
trema di antichi brividi sull’orlo
teso d’altre narici, in altro viso
scolorato cercando chi non fu
storia ancora conclusa, anzi un di più
nel tempo ancora intatto e indiviso.

(Giorgio Caproni)
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Comunque noi ci si ritrova ancora, in attesa di piazze migliori, anche se si sta attente a non far baccano, ma una sera succede che siamo così ubriache che non ce ne impipa proprio di nulla e prendiamo a scorazzare sulla piazza con le nostre biciclette colorate e ci inseguiamo strepitando e poi facciamo il filo ciclistico a un ragazzo belloccio….

….La più bella è la Benny che ha una ciclo rosa confetto con su dei fiorellini viola e tutto un campionario di foulard e straccetti technicolor e indianerie traforate e sgargianti legate alla sella così che quando va forte sembra abbia la coda; ma anche le nostre son belle che ci abbiam messo tre mesi a verniciarle e sistemarle, anche quella della Sylvia che prima dell’operazione era un Solex, ora invece una leggiadra Graziella.

(Vittorio tondelli, in Altri Libertini)
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Io faccio ventunanni e Dilo mi regala una bicicletta nera e lucente e sono tutto preso dalla commozione e gli getto le braccia al collo e gli dico che tutto è davvero fantastico. Poi nel pomeriggio percorriamo i viali dei Giardini Margherita, io che pedalo e lui sulla canna col gelato che sbrodola sulle braccia e mi piace da morire sentire il suo odore appoggiandogli le labbra al collo e dietro le orecchie.
Fino a sera pedaliamo un po’ ubriachi quel magnifico quattordici settembre, un caldo primaverile, una luce schietta che quando il sole va giù i mattoni di Bologna avvampano rossi come se la città dovesse da un momento all’latro bruciare e noi restare i soli superstiti scendendo allacciati dai colli verso le macerie sulla nostra bicicletta fiammante.

(Pier Vittorio Tondelli, in Altri Libertini)
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E tu invece, gomme di bicicletta
o antenne, cosa credi che sia
questo ronzio che sale dalla nebbia, dai bordi
dell’autostrada, a un tiro di fucile,
sembrerebbe, dal casello del dazio – che ci aspetta
bel caldo in una tuta di nailon, col muso
nella marcita?

(Giovanni Raboni)