[NuovoLaboratorio] contributo per un altro modello economico…

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Autore: Edoardo Magnone
Data:  
Oggetto: [NuovoLaboratorio] contributo per un altro modello economico e sociale ligure
Riporto il contributo di Giulietto Chiesa sul "Sistema Mondo" uscito il 12
agosto a pagina 10 su "il manifesto".

________________________________________________________________________

http://www.ilmanifesto.it/
il manifesto - 12 Agosto 2004

SISTEMA MONDO
La possibilità che viene da Oriente
Troppa crescita In Cina vogliono «frenare»: contro uno sviluppo folle

GIULIETTO CHIESA

C'è chi parla di schieramenti, chi di programma (per la sinistra,
s'intende). Ma, se la confusione è al massimo sui primi, sul secondo è
quasi silenzio. Perché è più difficile. Perché porre l'accento sul
programma significa definire il blocco sociale di cui si vuole assumere la
rappresentanza. Si è detto che occorrono quattro o cinque punti, idee molto
concrete da indicare al paese. Ma per farlo non si può restare intrappolati
nella dimensione (misera) e nella logica (illogica) della crisi italiana.
In primo luogo noi ci troviamo infatti di fronte a un disastro
internazionale incombente e per molti aspetti già in atto, senza tenere
conto del quale le stesse proposte «italiane» rischiano di essere
irrilevanti o non applicabili. In secondo luogo bisogna capire che
l'attuale geografia delle forze politiche (e sociali) italiane non solo è
altamente instabile e incerta, ma è anche un prodotto innaturale, figlio di
illusioni di destra e di sinistra, delle quali sarà opportuno cominciare a
liberarsi. Infatti la costruzione di un progetto per un determinato insieme
di gruppi sociali che si vuole portare alla vittoria in Italia deve tenere
conto del fatto che, in un giro di tempo abbastanza ridotto, tutti i gruppi
sociali dovranno fronteggiare problemi inediti, ai quali non sono
preparati, nemmeno psicologicamente. A causa delle illusioni di cui sono
stati nutriti a forza negli ultimi due decenni. Ciò significa che la
posizione di molti gruppi sociali è altamente mutevole e non può essere
definita né in termini tradizionali, né in termini statici.

Più precisamente: molti aspetti della futura e dinamica composizione
sociale dell'Italia del prossimo decennio dipenderanno dalle leadership
questo paese, dalle loro capacità di prevedere, e di sostituire «qualche
cosa d'altro» alle illusioni passate. Esse potranno essere sostituite da
altre illusioni (e il disastro continuerà e si aggraverà, in primo luogo
per gli strati più deboli, mentre la democrazia sarà sottoposta a tensioni
acutissime), oppure da programmi di gestione della cosa pubblica, del «bene
comune» che siano in grado di tutelare il tenore di vita di larghe masse
popolari e di conservare e sviluppare la democrazia. In sostanza: chi sarà
in grado di prevedere, sarà anche in grado di proporre. Chi sarà in grado
di prevedere sarà anche in grado di esercitare una egemonia su larghi
strati popolari e intellettuali, oggi indistinti e confusi, senza guida,
che aspettano indicazioni. Chi non sarà in grado di prevedere sarà travolto
nel generale disordine e sarà costretto a fronteggiare la tempesta senza
bussola. Nella logica di destra questa è l'anticamera di un regime
autoritario. In quella di sinistra è la resa.

Per prevedere occorre guardare al quadro mondiale. Altro modo non c'è. Il
prezzo del petrolio è salito del 40% in un anno. E' solo una faccenda
congiunturale? No, perché se è vero che ci sono spinte speculative che
producono irrazionali aumenti dei prezzi, è altrettanto vero che queste
spinte sono l'effetto di mutamenti strutturali. C'è una immensa liquidità
(creata da due decenni di globalizzazione americana) che gioca sui tutti i
tavoli di tutte le roulette del mondo. O la va o la spacca. Questa è la
logica suicida dei nuovi ricchi. Altro mutamento strutturale: ci stiamo
accorgendo che Enron, WorldCom, Parmalat, ecc. non sono episodi anomali in
una situazione normale.

Le più gigantesche truffe finanziarie sono la norma. Non le conosciamo solo
perché il sistema informativo mondiale ce le nasconde sistematicamente e
solo la punta dell'iceberg riesce a emergere a fatica. Scopriamo ora, nel
2004, che uno dei protagonisti mondiali del mercato petrolifero, la Shell,
ha ingannato mercati, clienti, azionisti, mentendo sull'entità dei propri
giacimenti. Domanda: siamo sicuri che i dirigenti della Shell fossero gli
unici a truccare le carte? E' molto più probabile il contrario. Dunque è
altamente probabile che i dati circa le riserve energetiche disponibili di
idrocarburi siano falsi. Chi ha le informazioni (sicuramente
l'Amministrazione di Washington) sta facendo incetta a ritmi forsennati.
Può essere una delle cause del balzo in alto del prezzo del petrolio, ma
non cambia il problema: a Washington stanno giocando anche loro alla
roulette e cercano di guadagnarsi qualche mese in più di respiro. Un po'
poco per governare il pianeta. La verità cruda è che il petrolio è una
risorsa assai più scarsa di quanto vogliono farci credere e il suo
esaurimento seguirà dunque una curva molto più brusca e ravvicinata di
quanto quasi tutti pensano. Il che, a sua volta, significa che le
possibilità di una risposta non traumatica al problema si ridurranno
ulteriormente. Catastrofismo? Ciascuno lo chiami come gli pare.

I dati parlano da soli. Si aggiunga che il resto del mondo (non l'Europa) è
in pieno boom. Cina e India crescono a tassi vertiginosi, trascinandosi
dietro tutto il sud-est asiatico e perfino il Giappone. I cinesi si stanno
rendendo conto che la caldaia è ormai a livelli di pressione insostenibili
e si sono riproposti di ridurre il tasso di crescita del loro Pil dal 9,3%
del 2004 al 7% del 2005. Non ci riusciranno, ma pare vogliano provarci.
Unici sul pianeta si pongono il problema di rallentare. Hanno capito cosa
sta per succedere? Probabilmente. Il fatto grave è che l'Occidente non l'ha
capito. Neanche la sinistra italiana (centro-sinistra) l'ha capito.

Questo trend è altamente energivoro. Significa che l'Asia sta succhiando
enormi quantità di petrolio e di gas. Le carenze energetiche sono laggiù la
norma. Non si è ancora percepito una conseguenza elementare: esse si
ripercuoteranno qui da noi, a ritmo sempre più intenso.

Infine il dollaro. Il debito estero degli Usa, quello pubblico e quello
privato, è arrivato al 30% del Pil degli Stati Uniti. E' un record di tutti
i tempi. I contribuenti americani vorrebbero l'impero, purchè a pagarlo
siamo noi, l'Europa e il resto del mondo. E poiché il loro tenore di vita
è, per definizione, «non negoziabile», se ne deduce che svalutano e
svaluteranno il dollaro, cancellando così una parte dei loro debiti, che
intanto continueranno a crescere. Questo è un vulcano che sta per esplodere.

Gli Stati Uniti, come è stato scritto, sono divenuti i perturbatori della
quiete mondiale e devono essere ricondotti a più miti consigli. Quindici
anni fa il pianeta era fondato su tre blocchi economici principali: Stati
Uniti, Europa, e Giappone. Dei tre la potenza militare era una sola e
sappiamo quale. Adesso il pianeta è fondato su tre blocchi economici
principali: Stati Uniti, Europa, Cina. Ma gli Stati Uniti sono in crisi
evidente, l'Europa è più forte di prima (anche se cresce meno), la Cina è
ormai un protagonista, ed è armata. Ed è l'unico paese che prende decisioni
senza consultare nessuno, nemmeno gli Stati Uniti. Occorre che l'Europa
colga l'occasione offertale dalla Cina e apra una forte discussione sui
limiti dello sviluppo (di questo sviluppo insensato). E proponga politiche
strategiche coerenti con i propri interessi e con quelli della salvezza del
pianeta dalle catastrofi che incombono e sulle quali solo gli stupidi e i
suicidi possono ironizzare.

Non si possono mettere in piedi i quattro o cinque punti di un programma
per il governo di sinistra dell'Italia senza tenere conto di questi dati.
E' senza senso progettare un blocco sociale che lo sostenga senza dirgli la
verità sullo stato delle cose.




At 06.00 04/08/2004 +0000, Sergio Casanova wrote:
>Premesso che non tutte le "forze politiche" sono uguali, nè si stanno
>comportando con modalità neppure analoghe nella vicenda relativa alle
>elezioni regionali, invio un contributo, frutto di un lungo percorso
>partecipato nel PRC e che si proponeva fin dall'inizio, di trovare tutte
>le interlocuzioni possibili, che credo vada nel senso auspicato
>nell'appello che ha per primo firmatario Antonio Bruno. Ciao, Sergio Casanova
>
>
>PER LA COSTRUZIONE DI UN PROGRAMMA REGIONALE<?xml:namespace prefix = o ns
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>
>
>PER LA LIGURIA
>
>
>
>
>
>ECONOMIA E LAVORO
>
>
>
>
>
>1) ELEMENTI DI ANALISI DEL CONTESTO GENERALE
>
>La precarietà del lavoro, derivante dalla flessibilità del mercato del
>lavoro, produce conseguenze devastanti per la qualità della vita dei
>lavoratori e innesca processi che si riflettono in negativo sulla qualità
>e quantità dei servizi sociali, sulle pensioni e sul processo produttivo.
>
>In particolare determina:
>
>·         Un ferreo comando sul lavoro da parte del capitale, con tutto 
>ciò che ne consegue in termini di controllo sull’organizzazione del lavoro 
>da parte delle imprese e di peggioramento delle condizioni di lavoro 
>(ritmi, sicurezza,ecc.)

>
>·         Un peggioramento , spesso ai limiti della ingestibilità, del 
>rapporto tra tempo di vita e tempo di lavoro;

>
>·         Una riduzione dei salari, e, quindi, da un lato, delle entrate 
>contributive ( e delle pensioni) e, dall’altro, delle entrate fiscali (e 
>dei servizi sociali ). Per questa via contribuisce allo smantellamento 
>dello Stato sociale, aprendo così spazi per la privatizzazione dei servizi;

>
>·         Un peggioramento della professionalità e quindi sia della 
>qualità dei servizi che dell’efficienza produttiva;

>
>·         Una riduzione della domanda di beni di consumo che pone le 
>condizioni per uno stato endemico di stagnazione economica che mantiene un 
>elevato tasso di disoccupazione, funzionale al controllo del conflitto sociale.

>
>La flessibilità/precarietà è quindi un vero e proprio pilastro del
>neoliberismo in quanto o permette o agevola il realizzarsi di altri suoi
>importanti dogmi: riduzione dei salari reali, smantellamento dello stato
>sociale e privatizzazioni dei servizi pubblici.
>
>
>
>E’ dunque un terreno decisivo di scontro. Vincere su questo fronte è
>indispensabile per porre le basi strutturali per costruire un “mondo diverso”.
>
>Presupposti per sconfiggere la precarietà sono la costruzione di una
>cultura antagonista al pensiero unico del mercato (su questo abbiamo
>lavorato molto a livello regionale a partire dal gennaio 2003: 8 seminari
>sul neoliberismo; 9 seminari o dibattiti su precarietà e previdenza e su
>contrattazione sindacale ) e la elaborazione di una politica economica
>alternativa rivolta alla redistribuzione del reddito verso il basso e alla
>piena occupazione ( anche questo si proponevano le 6 iniziative pubbliche
>tenute, sotto diverse forme, in regione nell’ambito della campagna
>nazionale sul salario), che interagiscano e fungano da stimolo alla
>crescita della conflittualità sociale
>
>
>
>Elementi per una nuova politica economica sono contenuti nella campagna
>del partito sul salario, comprensiva dei temi delle pensioni e del salario
>sociale. Essa pone al centro il tema della redistribuzione del reddito,
>non solo come elemento di equità, ma anche di efficienza. Creando più
>domanda porrebbe le condizioni per una ripresa della produzione e
>dell’occupazione, quindi di una politica economica espansiva sempre più
>necessaria a fronte del fallimento delle politiche neoliberiste.
>
>Schematicamente, la lotta alla precarietà è elemento determinante per
>riconquistare diritti e porre le basi per gli aumenti salariali e con la
>conseguente redistribuzione del reddito, intesi come elementi di una
>politica economica espansiva costruita dal basso e che permetta un aumento
>strutturale dell’occupazione.
>
>Solo una crescita dell’occupazione stabile e sicura, a sua volta,
>garantisce una base duratura al recupero dei diritti, alla crescita dei
>salari, al recupero di un sistema pensionistico pubblico, ad un welfare
>adeguato ai bisogni della gente. La piena occupazione (di lavoro buono,
>cioè stabile e sicuro) costituisce infatti la base indispensabile per un
>cambiamento strutturale nei rapporti di forza tra le classi.
>
>
>
>L’insieme di questi obiettivi appare più perseguibile che nel recente
>passato per la crisi del neoliberismo ( dimostratosi inefficiente, oltre
>che iniquo. Si tratta di una pesante “crisi di risultati”, manifestatasi
>in 20 anni di crescente concentrazione delle ricchezze a fronte del
>dilagare di povertà senza precedenti per estensione e profondità, di
>disoccupazione accompagnata da una precarietà spesso confinante con forme
>schiavistiche di lavoro, di lunghi periodi di stagnazione produttiva, di
>crescente distruzione dell’ambiente e delle risorse non riproducibili, di
>espropriazione e privatizzazione dei beni comuni, di ricorrenti crisi
>finanziarie accompagnate da recessione economica in vaste aree del mondo
>e, più recentemente, come risposta ai propriPeraltro, la crisi delle
>politiche neoliberiste ( che non pare per ora smuovere le certezze dei
>gruppi dirigenti della Margherita e dei DS) non fa prefigurare, finora,
>alcun cambio di rotta, né a livello mondiale, né europeo, né italiano.
>
>A livello europeo si continua con la politica monetarista della BCE, i
>parametri di Maastricht ed il Patto di stabilità. Tutto sotto l’egida
>della Commissione europea che promuove, approva ed elogia i nuovi tagli
>alla previdenza ed alla sanità. Il conflitto sociale per ora non pare
>influenzare minimamente i grandi manovratori nelle loro scelte politiche
>di fondo.
>
>In Italia, in materia di lavoro e diritti, Melfi è il simbolo più
>rappresentativo del conflitto sociale, così come la maturazione
>dell’attuale linea della FIOM in materia di salario, diritti,
>redistribuzione del reddito, intervento pubblico, politica economica
>espansiva è l’esito di un percorso che si può datare dalla partecipazione
>alla manifestazione anti G8 di Genova e che la colloca oggi questa
>importante organizzazione su posizioni nettamente antiliberiste.
>
>In questo senso, il risultato del referendum del giugno 2003 per
>l’estensione dell’articolo 18 rappresenta, forse, il più significativo
>misuratore della crescita a livello di massa dell’acquisizione di elementi
>di cultura antiliberista. La posta in gioco era altissima: estensione
>dell’art. 18 avrebbe rappresentato un elemento fortissimo di politica
>economica alternativa: lotta precarietà, lavoro buono, aumenti salariali,
>cambiamento dei rapporti di forza. Quindi tutti fecero fronte comune a
>livello di informazione e a livello di schieramenti politici, si veniva da
>20 anni monocultura neoliberista con forti subalternità e condivisione da
>parte di partiti e sindacati tradizionalmente rappresentativi delle classi
>subalterne, si arrivò a ricattare i lavoratori precari fino al limite del
>controllo dell’accertamento del non voto, si scelse la data più
>sfavorevole alla partecipazione al voto, in un’estate canicolare. Tutto
>ciò fa concludere che gli 11 milioni di SI furono altrettanti
>pronunciamenti in senso antiliberista. Nonostante sia stato liquidato,
>senza dedicarvi l’attenzione analitica che avrebbe meritato, solo come una
>dura sconfitta, i SI rappresentavano un terzo dei votanti medi nelle
>normali consultazioni elettorali: se si riflette, difficilmente si può
>affermare che siano stati pochi! Non si trattava di una partita di calcio
>dove conta solo il risultato, le cose sono un po’ più complesse.
>Quell’esito era stato preparato da una collaborazione inedita tra PRC (
>ideazione e lancio iniziativa, oltre che raccolta della gran parte delle
>firme necessarie), FIOM, sindacalismo di base ed altri importanti pezzi
>del movimento antiglobalizzazione e CGIL ( la migliore degli ultimi 20
>anni) con un’adesione solo formale, ma di grande importanza dal punto di
>vista dell’immagine. Quella battaglia mise, dopo molto tempo, al centro
>del dibattito i problemi del lavoro ed aprì forti contraddizioni nella
>“sinistra moderata”.
>
>Tutto ciò dimostra che non c’è solo un aumento della conflittualità
>sociale, ma che esso si colloca in una crescita di cultura alternativa che
>si “smarca” dal controllo culturale della “sinistra moderata”, e che
>rappresenta un collante tra “movimento dei movimenti” e movimento dei
>lavoratori, che a partire da Genova 2001 si trovano sempre più spesso insieme.
>
>
>
>Le proposte regionali in materia di economia e lavoro, si pongono,
>ovviamente, nel quadro della linea politica del PRC. A livello nazionale
>e, soprattutto, europeo, perché è a livello europeo (dato che la UE ha una
>dimensione economica tale da rendere possibile la pratica di politiche
>economiche espansive basate su spese sociali e salario, senza temere
>controindicazioni) che si prendono le decisioni che condizionano gran
>parte delle scelte successive. Si può discutere su come distribuire i
>Fondi europei, ma per perseguire risultati veramente apprezzabili è
>necessario che aumentino le risorse disponibili e quindi muti la politica
>monetaria e sia cancellato il Patto di stabilità.
>
>Non a caso il PRC attacca duramente la politica economica della
>Commissione europea che sostiene l’intangibilità del Patto stabilità. Come
>è noto, esso determina la prosecuzione della politica dei tagli alla spesa
>sociale: il contrario di una politica espansiva!
>
>Parimenti disastrosa per le classi subalterne è la politica monetaria
>della Banca Centrale Europea, anch’essa sostenuta dalla Commissione
>europea. Scrive l’economista Emiliano Brancaccio in un articolo sulla
>Rivista del manifesto (novembre 2003): “un sogno da tempo coltivato da
>tutte le bandiere e le confessioni della tecnocrazia europea è quello di
>rendere l’euro, al pari ed in competizione con il dollaro, una vera e
>propria moneta di riserva internazionale. Un obiettivo, questo, che esige
>tempo e assoluta credibilità della nuova valuta, una credibilità che
>secondo i più potrà conquistarsi solo attraverso il rigido controllo
>dell’inflazione e dei bilanci, ossia tramite il contenimento della spesa
>pubblica e dei salari. La gabbia macroeconomia di Maastricht, insomma, non
>sarebbe stata creata al solo, evidente, scopo di gene rare un colossale
>effetto distributivo favorevole ai capitalisti industriali e finanziari e
>alle loro accolite di manager, burocrati e professionisti. Quella gabbia
>sarebbe sorta pure al fine di estendere l’effetto distributivo al mondo
>intero: il sogno di un’Europa che, attraverso un euro forte e credibile,
>concorre apertamente con gli Stati Uniti per la conquista dell’ambitissimo
>ruolo di grande parassita globale.” Dunque le politiche della BCE e della
>Commissione europea per il rafforzamento dell’euro (rivalutatosi del 25%
>nei confronti del dollaro), con evidenti danni per le esportazioni (con la
>rivalutazione dell’euro le merci europee risultano più care) e quindi per
>la produzione e l’occupazione nei paesi della UE, non sono dissennate!
>Esse rispondono ad un preciso disegno: favorire gli investimenti
>finanziari mondiali in euro con vantaggi incalcolabili per la rendita
>speculativa. Il “ruolo di grande parassita mondiale” è l’obiettivo a cui
>sacrificare spesa sociale e s alari!
>
>E’ evidente che se queste politiche proseguissero vanificherebbero
>qualsiasi possibilità di politica economica espansiva a qualsiasi livello:
>europeo, nazionale e regionale. Le proposte che seguono implicano dunque
>una dura battaglia del partito in sé e nei movimenti contro quelle politiche.
>
>
>
>
>
>2) PROPOSTE
>
>La caratteristica unificante è la lotta contro la precarietà e per
>l’occupazione ed il lavoro buono, supportata dall’insieme di analisi
>esposte prima.
>
>Si articola su due filoni di analisi e intervento:
>
>-          lotta alla precarietà, attraverso la stabilizzazione dei 
>rapporti di lavoro, l’introduzione di un salario sociale e la messa a 
>punto di garanzie relative alla sicurezza nei contratti di appalto;

>
>-          messa a punto di analisi e proposte sul modello di sviluppo 
>dell’economia ligure

>
>
>
>1) LOTTA ALLA PRECARIETÀ, PER UN LAVORO STABILE E SICURO.
>
>
>
>Questa parte del programma è caratterizzato da diversi livelli di
>elaborazione delle proposte.
>
>In ogni caso, naturalmente, le proposte sono soggette a modifiche per i
>contributi provenienti dalle Federazioni, dal confronto coi soggetti
>attivi sulle varie tematiche, dai Convegni dell’opposizione politica e
>sociale, dai Forum locali autoconvocati del movimento.
>
>
>
>A) Interventi per contrastare l’applicazione della L. 30. Premesso che il
>PRC è per l’abrogazione del Decreto legislativo 276/2003, applicativo
>della Legge 30/2003 ed in attesa che se ne determinino le condizioni (che
>non si limitano alla sconfitta di Berlusconi alle elezioni politiche,
>visto che il centrosinistra non ha finora espresso il suo consenso a
>questa scelta), si tratta di decidere il da farsi nell’immediato. E’ stato
>messo a punto nazionalmente dal PRC un disegno di legge regionale
>contenente “Disposizioni dirette alla promozione del lavoro a tempo
>indeterminato e all’istituzione della Borsa continua regionale del
>lavoro” rivolto a contrastare gli effetti della L. 30 sul mercato del
>lavoro. Esso contiene diverse importa nti articolazioni tematiche, ad
>esempio in merito all’ampliamento delle capacità di intervento dei Centri
>per l’impiego a fronte della nascita delle Agenzie per il lavoro, col
>proposito di evitare la completa privatizzazione del collocamento.
>
>       Ci è parso utile partire  dalle norme che si propongono in modo 
> diretto la stabilizzazione del rapporto di lavoro, in particolare quelle 
> che prevedono: a) la costituzione di un Fondo regionale rivolto ad 
> incentivare (con un finanziamento regionale pari al 60% dei contributi 
> sociali a carico dell’impresa, relativamente al primo anno) la 
> trasformazione di contratti atipici in contratti a tempo indeterminato. 
> Per usufruirne le imprese dovranno dimostrare di rispettare le regole dei 
> CCNL e quelle in materia di  sicurezza e previdenza. b) l’obbligo per le 
> imprese partecipanti alle gare di appalto promosse dalla Regione e dalle 
> ASL del rispetto delle clausole sociali di salvaguardia  (sicurezza, 
> previdenza, rispetto CCNL).

>
>
>
>B) Introduzione, con legge regionale, di un salario sociale. Inteso come
>sostegno ai livelli salariali e condizione per un reale recupero dei
>salari in una situazione di espansione della precarietà. Un salario
>sociale di 520 euro –come previsto dalla nostra proposta nazionale-
>permetterebbe ai precari di rifiutare i salari più bassi attualmente
>vigenti sul mercato del lavoro, quindi “costringerebbe” i padroni ad
>aumentarli. Questa è anche una condizione determinante per l’aumento dei
>livelli salariali dei lavoratori “stabili”, perché attenua la concorrenza
>nei loro confronti da parte dei precari e dei disoccupati. Si tratta,
>dunque, di permettere ai precari di acquisire una certa capacità
>conflittuale nei confronti dei padroni, assegnando loro un reddito di una
>certa consist enza. Non si tratta quindi della stessa logica del “reddito
>di cittadinanza” introdotto dalla Regione Campania. Quest’ultimo
>rappresenta comunque un risultato importante (prevede l’erogazione di 350
>euro mensili ai nuclei anagrafici con meno di 5000 euro di reddito annuo,
>oltre ad un “pacchetto sociale” costituito da borse di studio,
>agevolazioni nei trasporti, ecc.), in quanto va comunque in una direzione
>opposta alle logiche liberiste e costituisce un precedente da cui partire.
>Dovrebbero essere diversi anche i criteri di individuazione dei
>beneficiari. Essi potrebbero essere, non solo il reddito familiare, ma in
>particolare la condizione di disoccupazione di lunga durata e
>l’attribuzione individuale, anziché al nucleo anagrafico. La discussione
>per la messa a punto della proposta di disegno di legge regionale partirà
>da un testo già redatto che si rifà alla legge sul “reddito di
>cittadinanza” acquisita in Campania, che andrà arricchito coi contenuti
>del dibattito col movi mento che l’ha accompagnata in Campania e
>dalle considerazioni fatte sopra.
>
>
>
>C)      Messa a punto di una normativa regionale sugli appalti. E’ 
>tristemente nota la gravità del problema della sicurezza nelle imprese di 
>appalto e subappalto. Altrettanto importante è l’aspetto quantitativo del 
>problema: in edilizia gli appalti pubblici rappresentano il 30% 
>dell’intero fatturato nazionale. A livello regionale esistono norme 
>sparse, disarticolate oltre che, probabilmente, inapplicate. Ci proponiamo 
>di recuperarle, sintetizzarle e renderle adeguate al problema, magari 
>facendone un vero e proprio testo unico. In questa direzione ci sarà di 
>aiuto anche una interlocuzione con la FILLEA. Questo pun to si collega e 
>arricchisce l’obiettivo contenuto nel punto A.b.

>
>
>
>
>
>2) ANALISI E PROPOSTE RIGUARDO ALLO SVILUPPO ECONOMICO DELLA     LIGURIA

>
>
>
>Traccia generale di lavoro: la Liguria è caratterizzata da una tendenza al
>declino industriale ed alla terziarizzazione dell’economia ancora più
>accentuata rispetto all’Italia, nella quale è già più accentuata rispetto
>a paesi come Francia e Germania. Come fa notare Luciano Gallino, in un
>articolo riportato su “Liberazione” del 12/6/04, “Non ci sono succedanei
>per la crescita e chi guarda al terziario come sostitutivo dell’industria
>commette un errore strategico. Il forte aumento registrato nel terziario,
>infatti, è dovuto in gran parte all’aumento dei servizi all’industria.
>Basta confrontare i dati UE (a 15 paesi): tra il 55% e il 60%
>dell’occupazione e del PIL è dovuto all’industria manifatturiera e ai
>servizi alle imprese”. Tenendo ferma la barra della lotta alla precarietà
>per l’occupazione, ne deriva, in prospettiva, u na riduzione
>dell’occupazione (meno industria significa anche il venir meno dei servizi
>all’industria) e peggioramento della qualità dell’occupazione. Ne consegue
>anche una tendenza al peggioramento dei rapporti di forza tra le classi.
>Si tratta dunque di una questione della massima importanza, perché
>riguarda in modo strutturale l’occupazione.
>
>
>
>In questo contesto è necessario, in primo luogo, approfondire l’analisi
>delle crisi industriali, del ruolo dei porti, dell’andamento del turismo e
>dell’agricoltura, della situazione dei servizi pubblici in termini di
>offerta e di occupazione.
>
>Su questa base occorre costruire una proposta di modello di sviluppo
>diverso, comprensivo non solo delle tematiche relative a quelli che
>appaiono più immediatamente i settori produttivi, ma anche rispetto al
>ciclo dei rifiuti, come del sistema dei trasporti in generale.
>
>
>
>Assi iniziali di lavoro:
>
>-          LA CRISI DELL’INDUSTRIA LIGURE: analisi e proposte. A partire 
>dall’analisi delle singole Federazioni, sulle situazioni locali di Genova, 
>Tigullio, La Spezia, Savona ( Finmeccanica, Ansaldo, Elsag, Marconi, 
>Fincantieri, Mares, San Giorgio, Ferrania, Agnesi), individuare proposte 
>praticabili di reindustrializzazione, col necessario recupero di un nuovo 
>ruolo del “pubblico”.

>
>-          I PROBLEMI DELLA PORTUALITÀ E LA “POLITICA DEL MARE”. A partire 
>dal documento del Circolo del porto di Genova e dal confronto coi 
>lavoratori portuali di Savona e La Spezia. Arricchito da proposte sul 
>ruolo dei porti e sulle peculiarità del lavoro portuale.

>
>La caratteristica più interessante di quella che abbiamo definito
>“POLITICA DEL MARE” consiste nell’affrontare in modo complessivo l’insieme
>dei problemi collegati alla costa ed ai porti: ne consegue una lettura non
>più settoriale di questioni apparentemente separate, ma in realtà
>strettamente interconnesse: dalla cantieristica alla nautica da diporto,
>dalle autostrade del mare al trasporto su gomma, dalla speculazione sul
>territorio a mare al ruolo dei porti, ecc.
>
>-          Individuazione delle caratteristiche locali della Liguria (le 
>sue SPECIFICITÀ NEL TURISMO E NELL’AGRICOLTURA) che possono  essere 
>centrali nella costruzione di un modello di sviluppo (autocentrato) nel 
>quadro dello sviluppo globale. Sviluppo dell’occupazione sulla base delle 
>specificità del territorio e sua stabilità legata all’impossibilità di 
>delocalizzarla.

>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>
>----------
>Filtri antispamming e antivirus per la tua
><http://g.msn.com/8HMBITIT/2752??PS=47575>casella di posta
>Moderiamoci: no html, risposte private in privato: il reply e' alla lista,
>e viene letto da tutti gli iscritti.
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