[NuovoLaboratorio] Rutelli & co. in leasing per la CdL...???

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Szerző: Carlo Ghione
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Tárgy: [NuovoLaboratorio] Rutelli & co. in leasing per la CdL...???
(...)Rutelli, concorde con il più quotato consigliere di D'Alema, ha tranquillizzato ieri i suoi elettori. Un eventuale futuro governo di centrosinistra non cancellerà le riforme di Berlusconi. L'Ulivo, è vero, le ha giustamente definite con termini apocalittici, ma quello era per scherzo. Facezie che ci si possono permettere quando si sta all'opposizione, ma che è opportuno dimenticare appena invertiti i ruoli.

La riforma delle pensioni griderà pure vendetta, ma in politica far fare il lavoro sporco agli avversari è il gioco più antico del mondo. La legge Biagi andrà anche criticata con parole di fuoco, ma vuoi mettere il vantaggio di ritrovarsi la flessibilità già bell'e fatta? La scuola secondo Moratti fa accapponare la pelle (e la Cgil ha ripetuto ieri che va abrogata in blocco), ma in fondo non è che quella di Luigi Berlinguer fosse molto diversa. Identiche considerazioni varrebbero ove si trattasse di vanificare il duro lavoro riformatore del governo Berlusconi.(...)

http://www.ilmanifesto.it/oggi/art6.html

Gli operai? Tutti in leasing
Da oggi le imprese possono prendere in affitto squadre di lavoratori: è lo «staff leasing», forma di precarietà all'ennesima potenza introdotta dalla legge «Biagi». La Cgil: «Rapporto che isola e divide, va rifiutato»
ANTONIO SCIOTTO

Sempre più soli e precari, adesso anche in squadra. Da questa settimana le imprese possono prendere in affitto gruppi di operai a tempo indeterminato, secondo la formula dello staff leasing, tipologia contrattuale introdotta nel 2003 dalla legge 30 e dal decreto attuativo 276 (più conosciute come «riforma Biagi»). Di nuovo è intervenuto il fatto che - come informava il Sole24Ore di ieri - lunedì scorso le agenzie di lavoro interinale hanno mandato tutte insieme (per evitare la concorrenza) le domande per trasformarsi in agenzie multiservizi per la somministrazione di manodopera: oltre alla fornitura di lavoro, potranno fare ricerca e selezione di personale per conto terzi, o curare il ricollocamento di impiegati in esubero. Nuovi affari e fiumi di denaro in arrivo per gruppi come Manpower o Adecco, ma grossi guai per i lavoratori, ormai scambiati come pacchettini, comprati e ceduti come qualsiasi altra materia prima utile alla produzione. Nella pratica avviene questo: l'«utilizzatore» - ad esempio la Fiat - stipula un contratto con il «somministratore» (mettiamo l'Adecco) per la fornitura a tempo indeterminato di 80 operai addetti alla manutenzione. A tempo indeterminato non vuol dire per sempre, come avviene nei rapporti individuali classici, tutelati dall'articolo 18: significa solo che non c'è una scadenza, ma nello stesso contratto viene prevista la possibilità di restituire lo speciale «pacchetto» con il preavviso di x giorni o mesi. Come per la locazione di un appartamento. La debolezza del lavoratore sta soprattutto nel fatto che non ha più come controparte, per le rivendicazioni, l'azienda dove si recherà a lavorare ogni giorno, totalmente deresponsabilizzata nei suoi confronti (tranne per quel che riguarda la sicurezza e l'igiene sul lavoro). Potrà fare sindacato ed eleggere le Rsu nell'azienda di somministrazione di manodopera, l'Adecco del nostro esempio, di cui sarà effettivamente dipendente, perché nella utilizzatrice - avevamo ipotizzato la Fiat - sarà un semplice «estraneo» preso in affitto. Inoltre, a rendere ancor più precario il suo rapporto, c'è un altro articolo della legge che prevede il tempo indeterminato solo per quanto riguarda il rapporto commerciale tra le due imprese: al lavoratore potrà essere applicato un qualsiasi contratto previsto dalla legge 30, dal lavoro a chiamata al part time, dall'intermittente al contratto di inserimento, etc. Quando l'azienda di somministrazione non riesce a piazzarlo, e solo nel caso che abbia con essa un contratto a tempo indeterminato, scatta l'«indennità di disponibilità», ovvero un assegno mensile che secondo un decreto del ministero del welfare non deve andare sotto i 350 euro: è troppo definirla un'elemosina?

Quanto al contratto, i lavoratori usufruiscono di quello della mansione di riferimento solo ciò che concerne la retribuzione, perché per la parte normativa si dovrà fare un contratto nazionale collettivo ad hoc per tutti i nuovi addetti in staff leasing. Un ulteriore elemento di divisione. Stesso discorso per il computo al fine dell'applicazione dell'articolo 18 e di altre leggi: i lavoratori affittati non contano, e dunque nell'azienda con 14 dipendenti più 200 in staff leasing, i primi non saranno tutelati dalla giusta causa.

«Si rompe la catena di comando, togliendo al lavoratore la sua controparte, il riferimento al luogo dove presta la propria opera - dice Alessandro Genovesi, dipartimento politiche del lavoro Cgil - Come confederazione abbiamo detto chiaramente che lo staff leasing va rifiutato nella contrattazione collettiva, è un punto non emendabile del decreto 276. Allo stesso modo, sempre nella contrattazione, stiamo cercando di correggere la somministrazione a tempo determinato, il vecchio interinale, che la legge 30 ha reso uno strumento di uso ordinario: vogliamo restituirgli tutte le limitazioni del vecchio uso, confermando che il solo rapporto di carattere ordinario deve continuare a essere considerato il subordinato classico».

Tiziano Rinaldini, Cgil Emilia, segnala che l'Italia è l'unico paese europeo ad avere lo staff leasing, rapporto che fino a ieri esisteva solo negli Usa. «Il fine della legge 30 - spiega - è quello di rendere sempre più solo il lavoratore, mentre l'azienda è sempre meno responsabile. L'imprenditore ha a disposizione un vero e proprio patchwork di contratti, tanto che può utilizzare, come in molti casi già accade, lo strumento più comodo per i diversi settori: il collaboratore negli uffici e nei call center, l'interinale nelle linee, l'outsourcing nella manutenzione, le cooperative nei servizi. Lo staff leasing aggiunge un altro tassello: non si può eleggere la Rsu nel posto in cui si lavora, il padrone cui si presta la propria opera non è più il riferimento, non si può neppure eleggere il rappresentante della sicurezza, assegnato d'ufficio dal contratto stipulato tra le due imprese».
http://www.ilmanifesto.it/oggi/art47.html

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LEGGE 30
Mappa della precarietà contratto per contratto
Lavoratori «a chiamata» senza tutele. Collaboratore a progetto, se ti infortuni ti licenziano
GIOVANNA FERRARA

La mappa della precarietà, nel settore privato, si compone di una miriade di figure contrattuali. Su tutte il governo tenta di far passare un'interpretazione distorsiva, spacciandole per forme di lavoro moderne, mentre esse di moderno hanno poco, visto che concepiscono il lavoro come fosse una merce. L'innovazione ha, dunque, il sapore di un ritorno al passato. Si tenta, infatti, di stravolgere l'asse culturale che, partendo dalla Costituzione, passando per lotte e proteste, approdò allo Statuto dei lavoratori del 1970, centrato non sul lavoro ma sulla «dignità dei lavoratori». Nel contratto di apprendistato il nucleo centrale è quello educativo alla professione («imparare il mestiere»), in cambio del quale il lavoratore è disposto a percepire di meno per un determinato periodo di tempo. Con la riforma della destra sparisce l'obbligo per l'impresa di far rientrare nel pacchetto anche corsi e approfondimenti esterni, che sono quelli in grado di «professionalizzare» di più. Invece dell'inquadramento di un livello sotto quello corrispondente alla mansione espletata, si prevede l'inquadramento di due livelli sotto, con conseguente abbassamento della retribuzione. Il tempo, poi, per imparare diviene lunghissimo: fino a sei anni.

Il contratto di inserimento, è una specie di ricovero professionale per i soggetti svantaggiati. Una recente circolare del ministero del welfare prevede che la funzione formativa, originariamente indicata come il motivo principe per cui ricorrere a questi contratti, «perda la sua natura caratterizzante». In più si esplicita che il soggetto realmente beneficiario del contratto è l'impresa: ai fabbisogni della stessa si risponde con «l'adattamento del lavoratore». I sindacati denunciano un contrasto dell'interpretazione ministeriale con l'accordo interconfederale, nel quale si prevedeva, infatti, «un tetto minimo di formazione». Grazie al job on call (lavoro a chiamata, utile alle aziende soprattutto durante i fine settimana e le ferie) è stata introdotta la figura dell'«operaio squillo», quello che, in quanto a precarietà, vince su tutti: pur avendo dato la propria disponibilità - che significa restare a casa per aspettare la chiamata - può non percepire niente se l'impresa decide di non servirsi di lui. Forte è l'opposizione dei sindacati «per i quali - come sottolinea Alessandro Genovesi della Cgil - l'istituto non è oggetto di mediazione: nessuna contrattazione collettiva lo recepirà».

Il contratto di lavoro a progetto è il fiore all'occhiello del ministro Maroni. Non a caso, visto che è stato il varco con cui istituzionalizzare l'incertezza per il posto di lavoro. Anzitutto la durata può essere anche «determinabile», cioè dipende da quando il datore ritiene che un progetto può dirsi concluso. Pochissime le tutele: nel caso di infortunio e malattia il committente può comunque sciogliere il contratto se la malattia si protrae per un periodo superiore a trenta giorni. «Questo - sottolinea Genovesi - anche se il lavoratore si è infortunato durante il lavoro» . Nell'analizzare, poi, la figura dell' occasionale accessorio, non superiore ai trenta giorni, si scopre che il lavoro non è solo merce, ma che la si può comprare dal tabaccaio. Il datore di lavoro acquista dei ticket che corrisponde, in cambio di «piccoli lavoretti» (di giardinaggio o domestici o affini) ai lavoratori, che, presso determinate rivendite, li cambiano in circa cinque euro (o in un pacchetto di sigarette!). Cambia il part time, naturalmente in peggio. «Vengono stravolte - sottolinea Genovesi - le categorie contrattuali. Si mettono, cioè, sullo stesso livello gli accordi sindacali nazionali con quelli aziendali. Sparisce l'obbligo del consenso del lavoratore per le ore lavorative in più e il diritto al consolidamento (quello che riconosce il passaggio da un tempo parziale a uno con più ore nel caso che gli "straordinari" non siano delle eccezioni, ndr). Le clausole di definizione del rapporto non sono più collettive, ma individuali: con il risultato che, facendo leva sulla necessità di lavorare, il lavoratore finisce per accettare qualsiasi cosa».
http://www.ilmanifesto.it/oggi/art48.html

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LE AGENZIE
«Finalmente!», esultano all'Adecco
Lo staff leasing? «Strumento a fin di bene, per i lavoratori». Ma alle aziende costa troppo
MANUELA CARTOSIO
MILANO

«Finalmente! Dopo un anno d'attesa da ieri siamo un'Agenzia per il lavoro. Con le nostre 470 filiali sparse sul territorio potremo offrire tutto che ciò che serve per la gestione delle risorse umane. Compreso lo staff leasing». Esordisce così Carlo Scatturin, direttore di Adecco Italia, una delle prime agenzie che si sono iscritte all'Albo istituito presso il ministero del welfare per attuare la legge Biagi. La contentezza, dal suo punto di vista, è giustificata. Il lavoro interinale cessa d'essere «l'oggetto esclusivo» delle agenzie. Per loro si aprono i verdi pascoli dell'affitto di manodopera a tempo indeterminato (lo staff leasing, appunto), del collocamento privato (decollerà quando funzionerà la Borsa del lavoro), dell'outplacement, della ricerca e selezione di personale. Grazie a questa polifunzionalità, dice Gianni Bocchieri, direttore legale di Adecco, potremo interpretare al meglio «la nostra mission», funzionare come «consulenti di chi cerca un'occupazione o vuole riqualificarsi». Missionari del bene collettivo, secondo Bocchieri che rappresenta Adecco nell'Apla, una delle tre associazioni del settore, «restiamo una società privata ma con finalità pubbliche». Per convincere il refrattario manifesto della bontà dello staff leasing il dottor Bocchieri spara subito le sue cartucce. L'affitto di manodopera a tempo indeterminato «non sottrarrà persone al lavoro stabile ma a quello nero degli appalti alle cooperative». Certo, lo staff leasing costerà di più delle cooperative spesso e volentieri illegali. «Dovremo convicere le aziende che la legalità ha un costo». Per questo, nei panni del sindacato, «mi siederei subito al tavolo per fare un bell'accordo unitario sullo staff leasing che ricalchi quello firmato anni fa per il lavoro interinale». Sbaglia la Cgil a pensare che lo staff leasing «uccida» il sindacato. Finché ci sarà lavoro dipendente, e lo staff leasing lo è, «ci sarà sempre bisogno del sindacato». I lavoratori affittati a tempo inderminato godranno dello stesso trattamento salariare e normativo dei dipendenti dell'azienda «utilizzatrice». Avranno pari diritti sindacali. Eccetto uno, è costretto ad ammettere Bocchieri: ai fini dell'articolo 18 non saranno conteggiati nei ranghi dell'azienda utilizzatrice (e questo ha una sua coerenza) ma neppure in quelli dell'agenzia per il lavoro. Che potrà quindi licenziarli senza giusta causa.

Accantonato l'argomento imbarazzante, anche Scatturin si impegna a dimostrare che lo staff laeasing non è il babau. Tranquilli, di aziende senza nemmeno un dipendente non ce ne sarà manco una. Ricorreranno allo staff leasing i call center che non potranno trasformare i co.co.co in lavoratori a progetto e le aziende che hanno esternalizzato un'attività (pulizie, logistica, facchinaggio) e vogliono tornare ad avere il potere direttivo sull'organizzazione del lavoro e sulle «risorse umane». La prima previsione è verosimile, la seconda cozza di nuovo con il fattore costi. Perché mai un'azienda dovrebbe «rinunciare» all'appalto a una cooperativa e passare al più costoso staff leasing? Gli argomenti di Scatturin non sembrano adatti a far breccia tra padroni grandi e piccoli: «Noi garantiamo la legalità, fidelizziamo il personale».

Pur avendo avuto un anno per prepararsi alla grande novità dello staff leasing, Adecco non ha nulla di concreto da esibire (supponiamo sia così per le 25 agenzie che si sono già iscritte all'Albo). Per assumere dipendenti da affittare a tempo indeterminato, dichiara Scatturin, «aspettiamo che si facciano avanti i clienti». Il mercato potenziale c'è, ma è inferiore a quanto pensassimo. Con il lavoro interinale a tempo determinato Adecco Italia fattura 850 milioni di euro l'anno. «Prevediamo che in un paio d'anni lo staff leasing possa costituire il 10% del nostro fatturato». In Italia l'indice di penetrazione del lavoro interinale è dello 0,5% sul totale degli occupati, 1 punto in meno della media europea. Per arrivare a quello 0,5% ci sono voluti anni. La penetrazione dello staff leasing, prevede Scatturin, sarà ancora meno rapida. «Mi telefoni tra qualche mese e le saprò dire». Incrociamo le dita.
http://www.ilmanifesto.it/oggi/art49.html



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