Care tutte e tutti,
la lettera che trovate a seguito è di una giovane donna palestinese, che
collabora con il Consiglio Legislativo Palestinese come ricercatrice sul
tema dei diritti umani.
Mi scrive presentandomi il caso di suo fratello, segretario internazionale
dell'Organizzazione dei Giovani di Al Fatah e leader dell'Organizzazione
dei Giovani di Al Fatah a Gerusalemme, catturato il 28 Gennaio scorso
dall'esercito israeliano e imprigionato, senza essere accusato di alcun
crimine, nel famigerato "Reparto 9", in cui i prigionieri politici sono
sottoposti a condizioni disumane e ad abusi di ogni genere. Ho
già proposto ad
Amnesty International, di avviare una campagna di adozione del caso. Sono
più di 7000 i prigionieri politici palestinesi sottoposti ad abusi
e violenze da parte dell'esercito e dalla polizia israeliana, che nega
loro tutti i basilari diritti, umani e legali: il diritto ad un equo
processo, il diritto di essere informati sulle ragioni del proprio
arresto, cibo, acqua, assistenza medica, senza contare i numerosi casi
documentati di torture ed abusi anche peggiori.
Oltre ai detenuti, anche le famiglie si trovano in condizioni disastrose,
nell'impossibilità di conoscere i capi d'imputazione dei loro cari, i
luoghi di detenzione, con la quotidiana impossibilità di incontrarli o
garantire loro un sostegno legale adeguato. Per le condizioni economiche
spesso drammatiche, e per l'impossibilità di spostamento in cui gran parte
delle famiglie palestinesi si trovano a causa dell'occupazione, non sono
in grado neppure di visitare i propri cari in prigione, figuriamoci di
accollarsi le spese per i processi.
Per questo, oltre che continuare a sostenere le campagne in corso e di
estrema importanza politica come l'applicazione della sentenza dell'Aja
per lo smantellamento del muro illegale, sarebbe utilissimo ed efficace
avviare campagne specifiche per aiutare in particolare i prigionieri
politici ed i loro familiari; per esempio facendo in modo che ciascun
gruppo o associazione adotti un prigioniero politico e promuova insieme
alla campagna per la liberazione, una raccolta fondi per la copertura
delle spese legali o per l'aiuto alle famiglie, molto spesso rimaste senza
almcuna entrata ecomica.
Mi auguro che molti di voi aderiranno alla proposta e si possa costituire
un piccolo gruppo di diverse associazioni oppure un singolo gruppo che
assuma il coordinamento della campagna.
Fatemi sapere le vostre opinioni e disponibilità.
Un abbraccio
Luisa Morgantini
19 Luglio 2004
Cara Sig.ra Morgantini,
mi chiamo Nasim Shaheen, e sono la sorella di Hussam Shaheen, segretario
internazionale dell'Organizzazione dei Giovani di Al Fatah e leader
dell'Organizzazione dei Giovani di Al Fatah a Gerusalemme.
Lavoro per il Consiglio Legislativo Palestinese come ricercatrice sui
diritti umani e sono una delle donne leader dell'Organizzazione dei
Giovani di Al Fatah.
Le scrivo per sottoporle il caso di mio fratello Hussam, con la speranza
che Lei possa fare qualcosa per aiutare chi si sta adoperando per far si
che venga rilasciato.
Il 28 Gennaio 2004, le forze di occupazione israeliana hanno arrestato
Hussam a Ramallah. Dal momento del suo arresto Hussam non é stato accusato
di alcun crimine ed é stato sottoposto a tortura. Recentemente, é stato
trasferito dalla prigione di Beir Saba, ed é detenuto nel "Reparto 9". I
prigionieri detenuti in questo reparto vivono nelle condizioni più
terribili, tra cui l'isolamento, sono sottoposti ad abusi di ogni genere,
a malnutrizione ed assenza di ventilazione nelle celle. I prigionieri sono
stati privati di qualunque effetto personale, ed hanno a disposizione
solamente un materassino spesso 4 cm. Le condizioni di salute di Hussam
sono precarie, ed in questa situazione non fa che peggiorare - prima del
suo arresto pesava 68 kg ed ora é arrivato a pesarne 55.
Hussam é stato da sempre un attivista politico ed un sostenitore del
processo di pace. Nel 1992 é entrato a far parte del Palestinian Center
for the Study of Nonviolence, ed é stato nominato direttore del Programma
Giovani. Nel 1996 Hussam ha vinto il premio Reebok per i Diritti Umani, a
riconoscimento della sua dedizione per i diritti umani e la libertà.
Nel 1998 é stato eletto segretario internazionale dell'Organizzazione dei
Giovani di Al Fatah e leader dell'Organizzazione dei Giovani di Al Fatah a
Gerusalemme. A lui fanno capo migliaia di giovani donne e uomini
palestinesi tra i 16 ed i 35 anni, che si stanno adoperando per il
rispetto dei diritti umani, per la libertà e per il raggiungimento di una
pace giusta tra Israeliani e Palestinesi. Hassam é il rappresentante
internazionale dell'Organizzazione dei Giovani di Al Fatah, ed ha lavorato
con gruppi di giovani attivisti in Israele, in Norvegia, Svezia, Germania
e Francia.
Il caso di Hussam é uno tra i mille analoghi in Palestina.
Dall'inizio della seconda Intifada l'esercito Israeliano ha messo in atto
misure repressive brutali, inclusi gli arresti arbitrari e di massa, le
punizioni collettive, le restrizioni della libertà di movimento. Da quando
sono state lanciate le operazioni "Defensive Shield" nel Marzo del 2002,
e"Determined Path", nel Giugno 2002, migliaia di civili palestinesi sono
stati arrestati, fermati ed imprigionati. Ai prigionieri sono stati negati
tutti i diritti legali: il diritto ad un equo processo, il diritto di
essere informati sulle ragioni del proprio arresto, la negazione di cibo,
acqua, assistenza medica. Inoltre sono numerosi i casi documentati di
torture ed abusi da parte dell'esercito e della Polizia Israeliana.
La situazione critica di questi prigionieri dovrebbe essere posta
all'attenzione della comunità internazionale.
In aggiunta alla lista delle violazioni dei diritti umani sopra menzionate,
per la maggioranza degli arrestati si tratta di civili innocenti che non
hanno commesso alcun genere di crimine. Al contrario, si tratta di
attivisti politici pacifisti che lavorano nelle loro comunità in nome
della giustizia sociale e del rispetto dei diritti umani.
Inoltre non sono solo i prigionieri a soffrire: anche le famiglie degli
uomini e delle donne arrestate soffrono enormemente. Raramente vengono
informate delle ragioni dell'arresto, e tantomeno del luogo di detenzione.
Raramente gli avvocati sono autorizzati a visitare i prigionieri, pertanto
non possono garantire una rappresentanza legale efficace, né sono in grado
di fornire informazioni alle famiglie.
Considerato il fatto che la maggior parte degli arrestati sono uomini, le
donne e i bambini sono lasciati indifesi ed esposti alle brutalità
dell'occupazione Israeliana.
Il caso di Hussam é critico. La data fissata per il suo processo é il 31
agosto a Ramallah, e lui ha bisogno ora più che mai del sostegno dei suoi
amici. Ci sono molte cose che lei potrebbe fare per aiutarci:
1. Parlare o scrivere ai giornali, al Parlamento Italiano ed Europeo, alle
Ambasciate e ai Consolati, presentando il caso di Hussam e le condizioni
critiche di tutti i prigionieri politici palestinesi.
2. Venire in Palestina il 31 di Agosto per sostenere Hussam durante il
processo
3. Visitare la famiglia di Hussam in Palestina per mostrare la sua
solidarietà ed il suo sostegno, per diffondere una maggiore coscienza
delle condizioni delle famiglie dei prigionieri politici
4. Formulare una richiesta al Governo Israeliano e alla Croce Rossa
internazionale per visitare Hussam in prigione ed osservare le condizioni
in cui é detenuto, e per fornirgli un supporto morale.
5. Incoraggiare avvocati internazionali ed organizzazioni internazionali
per la difesa dei diritti umani a fare una petizione alla Corte Suprema
Israeliana
6. Dare informazioni alla famiglia di Hussam circa possibili fonti di
sostegno finanziario cui appellarsi per le spese legali.
Grazie mille per tutto il suo sostegno al popolo Palestinese. La sua
solidarietà é una luce nell'oscurità per quanti si battono in nome della
giustizia.
Sinceramente sua,
Nasim Shaheen
Tel: 00972 59 873 712
e-mail nashaheenza@???
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