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NON SI FERMA LA VENDITA DI ARMI ITALIANE VERSO PAESI IN GUERRA.
BOOM DI ESPORTAZIONI NEL CONTINENTE AFRICANO, MAI COSI ALTO DAGLI ANNI NOVANTA


Dalle prime agenzie di stampa che riportano i dati della Relazione governativa del 2004 sul commercio di armi italiane si apprende che l'export di materiali ad uso militare cresce sensibilmente. Ammontano infatti a 1 miliardo e 282 milioni di euro le 609 autorizzazioni all'esportazione del 2003 con un incremento che sfiora il 40% (39,36%) rispetto ai circa 920 milioni di euro del 2002, quando già si era registrato un aumento del 6,6% rispetto al 2001 anno in cui le autorizzazioni erano di 862 milioni di euro.

Forti anche le crescite nelle consegne effettuate lo scorso anno che toccano i 630 milioni di euro, a fronte dei 487 milioni del 2002, con un aumento del 29%. Nel 2002, ultimo anno di riferimento a disposizione, l'Italia occupava il settimo posto al mondo tra i Paesi esportatori, con un volume di 490milioni di dollari: esportazioni che nel 2003 sono aumentate a 630 milioni di euro.

Attività bancarie

Nell'ambito dell'attivita' degli istituti di credito, sono state concesse complessivamente 707 autorizzazioni per lo svolgimento di transazioni bancarie relative ad esportazioni e importazioni sia temporanee che definitive, pari ad un valore di poco piu' un miliardo e 155 milioni di euro, con un aumento del 50 per cento rispetto al 2002. Inoltre sono state autorizzate operazioni di intermediazione per un totale di circa 42 milioni e mezzo di euro. Tre quarti delle transazioni sono state negoziate da quattro istituti bancari.

Infine l'Italia in dieci casi ha negato l'autorizzazione per l'esportazione di materiali cosiddetti a duplice uso, che possono cioè avere un utilizzo sia civile che militare e che possono essere impiegati per la fabbricazione di armi nucleari, chimiche, biologiche e missilistiche. Sei dinieghi hanno riguardato prodotti nucleari, due chimici e altrettanti missilistici.

L'appello dei promotori di Italia-Africa 2004 chiede agli organismi internazionali, ai governi nazionali e locali, alle organizzazioni non governative di «assumersi le proprie responsabilità» per «giungere ad un embargo totale della vendita delle armi». Una richiesta quanto mai urgente soprattutto in considerazione dell'enorme diffusione di armi - e soprattutto di «armi leggere» - nel continente africano: armi usate nei numerosi conflitti che hanno dilaniato e tuttora insanguinano il continente. Armi che si possono trovare per pochi soldi sulle bancherelle dei mercati di Khartoum e Monrovia, di Mogadiscio e Kampala. Armi che sembrano spuntare dal nulla, ma che puntualmente arrivano. E sono anche armi italiane. L'Italia non è il maggior esportatore di armi al continente africano: Stati Uniti, Russia, Gran Bretagna, Francia, Germania e di recente anche la Cina ci superano di gran lunga. Ma le «nostre» esportazioni ci sono. Certo sono finiti i «bei tempi» nei quali il continente africano era tra i migliori clienti della nostra industria bellica: nel 1991 l'Italia vendeva all'Africa oltre 81milioni e mezzo di «armi, sistemi d'arma e munizioni» (dato Istat). Un dato «al ribasso» se si considera che l'Istat non riporta il totale delle consegne di armi, ma solo di quelle non riservate e delle industrie accreditate solo come «produttrici di armi» e non di altri di sistemi a dual use o a scopi civili e militari insieme.

Oggi il mercato italiano di armi si sposta sempre più verso il Medio Oriente, dall'Arabia Saudita (che lo scorso anno ha ottenuto dal governo autorizzazioni a ricevere armi italiane per oltre 109 milioni di euro di armi), al Kuwait (35 milioni e mezzo di nuove autorizzazioni) agli Emirati Arabi Uniti (oltre 25 milioni di euro sempre di nuove autorizzazioni). Per non parlare della Siria che - come documenta la Relazione Governativa pubblicata nei giorni scorsi - ha ricevuto nel 2003 consegne di armi per oltre 55 milioni di euro (a proposito com'è che nessuno si è poi preso la briga di indagare se quei sistemi di visori notturni di puntamento prodotti dalla Galileo per carri armati T72 che negli anni scorsi l'Italia ha venduto alla Siria non siano per caso finiti all'Iraq di Saddam Hussein visto che nel marzo scorso l'amministrazione Bush accusava la Siria proprio di aver inviato "visori notturni e altro materiale bellico" all'Iraq?). Ma non solo. I nuovi clienti dell'industria bellica italiana stanno ancor più ad est: due tra i tre principali portafogli d'ordine dello scorso anno sono la Malesia, con autorizzazioni per circa 166 milioni di euro e la Cina che vede accolte dal nostro governo autorizzazioni per 127 milioni di euro nonostante l'embargo di armi dell'Unione Europea in vigore dal 1989 rinnovato lo scorso dicembre dal Parlamento europeo.

Ma anche per quanto riguarda l'Africa ci sono novità consistenti. Sempre la Relazione governativa documenta che lo scorso anno sono state effettuate consegne di armi all'Egitto per un valore di 41 milioni e 813 mila euro (che ne fa la quinta esportazione in ordine di grandezza) al quale sono state rilasciate nuove autorizzazioni per oltre 10 milioni di euro; alla Nigeria dove sono arrivate armi italiane del valore di 3 milioni e 577mila euro e concesse autorizzazioni per oltre 11 milioni di euro; alla Tunisia (consegne per quasi un milione di euro e nuove autorizzazioni per 700 mila euro); al Marocco (consegne per 216 mila euro e nuove autorizzazioni per ben 3 milioni e 600 mila euro); al Kenya (86 mila euro), al Sud Africa (oltre 47 mila euro), ma anche allo Zambia (24 mila euro) e al Ghana (17 mila euro). Autorizzazioni e consegne alle quali vanno aggiunte quelle dello scorso anno quando veniva autorizzato all'Algeria un portafoglio d'ordini del valore di oltre 17 milioni e 703mila euro ed effettuate consegnate armi italiane per quasi 15 milioni di euro, mentre due anni fa l'Italia esportava in Egitto armi pari ad un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro.

Insomma un mercato in forte ripresa come conferma la stessa Relazione governativa dove si legge che "dopo aver fatto registrare un volume di vendite fortemente decrescenti negli anni 2000-1, le commesse autorizzate per quest'area che per molti anni ha rappresentato uno dei mercati strategici per le imprese italiane del settore, sono risalite nel 2002 ed anche per l'anno in esame si confermano destinazioni di rilievo, con un ammontare di esportazioni pari a 198 milioni 494 mila 552 euro".

E se è vero che questo rilievo si riferisce ai "Paesi dell'Africa settentrionale e del Vicino Medio Oriente" , non va dimenticato che gli stessi dati Istat (che non rilevano tutte le esportazioni militari) testimoniano come le esportazioni di armi italiane all'Africa nel 2003 hanno quasi raggiunto i 20 milioni di euro che rappresenta la soglia mai varcata (da questo tipo di rilevamento) dopo il crollo delle vendite dell'inizio anni novanta. L'Africa centrale e meridionale - come nota laconica la stessa Relazione governativa - in fine dei conti "è un'area ai margini delle correnti dell'export italiano del settore, in linea con il peso effettivo della regione nel commercio internazionale". Tradotto ciò significa che se l'Italia non vende armi all'Africa non è perché vi sono violazioni dei diritti umani, conflitti e regimi dittatoriali, ma perché molti dei Paesi africani ormai sono sprofondati in una crisi economica che non li rende mercati appetibili. Così sempre dai dati Istat scopriamo che nel 2003 la quota di vendita di armi italiane all'Africa (19.782.025 di euro) rappresenta quasi il triplo del valore delle protesi dentarie esportate (7.355.952 euro) ed è quasi dieci volte maggiore del valore complessivo di tutte le protesi ortopediche italiane esportate in quel continente (2.491.917 di euro) e si avvicina al valore complessivo del riso italiano venduto in tutta l'Africa (26.355.161 di euro).

Ma quali sistemi di armi esportiamo in Africa? E' questa la domanda che tutti ci facciamo e alla quale ormai non è possibile rispondere. Anche incrociando le numerose tabelle fornite dal Governo solo raramente si riesce a scovare qualche dato. Sappiamo ad esempio che la Nigeria ha ricevuto sistemi di tiro semimovente 155/41 costruiti dalla Oto Melara di La Spezia per un ammontare di oltre 11 milioni di euro e che negli ani scorsi al Sud Africa sono stati venduti elicotteri della Agusta-Westland. Ma poco più. Nonostante la disponibilità che lo scorso giugno il ministero manifestava ad un convegno delle Ong per fare sì che la Relazione governativa diventasse intelligibile e permettesse di cogliere a colpo d'occhio autorizzazione, Paese destinatario, sistema di armi, valore e numero, tutto questo è rimasta lettera morta. Sarebbe pertanto già un bel risultato se si ottenesse dal Governo italiano se non l'ambito risultato dell'embargo di armi all'Africa, almeno l'applicazione rigorosa della legge 185/'90 che regolamenta la materia, non permettendo esportazioni a Paesi dove vi sono regimi dittatoriali, «gravi» violazioni dei diritti umani, in guerra, verso i quali vi è un embargo decretato dall'Onu o dall'Unione europea. E che il Governo si impegnasse a pubblicare una Relazione governativa dalla quale si possa sapere con chiarezza e precisione quali sistemi di armi sono venduti a quali Paesi. Non costerebbe molto al ministero, ma aiuterebbe non poco la causa di tutti coloro a cui sta a cuore il destino dell'Africa.



Fonte : www.unimondo.it
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