[Forumlucca] Bertinotti a Marina di Pietrasanta

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Autor: P.R.C. - Federazione di Lucca
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Assumpte: [Forumlucca] Bertinotti a Marina di Pietrasanta





VENERDI' 23 LUGLIO ore 18.00
AL CAFFE' DELLA VERSILIANA
(MARINA DI PIETRASANTA)

Incontro -dibattito con

FAUSTO BERTINOTTI
segretario di Rifondazione Comunista


      da "Il Manifesto" martedì 13 Luglio 2004
      Bertinotti: «Alternativa nell'urna» 
      «Le opposizioni devono puntare alla caduta anticipata del governo e alla costruzione di un'alternativa». Per il segretario del Prc un governo tecnico o istituzionale «sarebbe il brodo di coltura dell'ipotesi neocentrista». Perchè la crisi aperta dall'Udc punta solo a dissolvere il berlusconismo in un quadro moderato, come una variante interna dell'alternanza
      COSIMO ROSSI
      Un governo tecnico o istituzionale per Fausto Bertinotti «sarebbe il brodo di cultura dell'ipotesi neocentrista». Piuttosto «le opposizioni dovrebbero puntare alla caduta anticipata del governo e alla costruzione di un'alternativa». Perché la crisi aperta dall'Udc va oltre la geografia parlamentare, è «la crisi del blocco sociale berlusconiano e dell'egemonia che lo aveva cementato».


      Le elezioni europee e le dimissioni di Tremonti, insomma, non sono state uno stop ma la disarticolazione vera e propria dell'asse padano su cui ruotava il governo Berlusconi....


      In realtà, quello che chiamiamo l'asse padano era una cosa anche più sofisticata e ambiziosa: l'idea di portare la politica neoliberista in Italia attraverso un veicolo che le rendesse compatibili con la storia e le culture del paese. Un'operazione neoliberista pura, la Tatcher per intenderci, in Italia non era pensabile. L'idea era una combinazione forte tra liberismo e populismo, facendosi spingere da un lato dal vento delle piccole patrie e dall'altro dal vento dell'egemonia neoliberista. Per impastarli in un'ipotesi che dall'antipolitica precipitasse sulla politica attraverso un'operazione sostanzialmente autoritaria, presidenzialista. E tale da spingere il maggioritario verso il massimo della sua tendenza a cancellare ogni forma di opposizione, almeno per cinque anni. L'idea che la maggioranza piglia tutto. L'occupazione della Rai, l'attacco sistematico a ogni corpo intermedio dotato di autonomia, dal sindacato a magistratura, il tentativo di demonizzazione del conflitto per produrre la una desertificazione sociale...


      Invece che è accaduto?


      A scherzare, sono stati sfortunati. Questo tentativo da un lato è andato a sbattere su una ripresa dei movimenti nel mondo e in Italia: il cosiddetto movimento no global e la ripresa di un conflitto sociale particolarmente denso e significativo. Un protagonismo che ha sottratto pezzi allo stesso blocco sociale su cui voleva poggiare quel tentativo, che ha influenzato abbastanza per determinare la fine del pensiero unico, che ha liberato la possibilità di pensare altrimenti. Su questo è intervenuta la crisi vera e propria. In maniera duplice. Da un lato la guerra e la dottrina Bush, con lo scasso che hanno prodotto nel mondo e nel comportamento delle stesse popolazioni dell'Europa che si sono poste decisamente all'opposizione. Dall'altro lato il fallimento delle politiche neoliberiste, che incoccia anche la crisi economica.


      La crisi, insomma, è del berlusconismo prima ancora che di Berlusconi e del suo governo...


      Esattamente. Il risultato delle europee è un epifenomeno, se vogliamo, della crisi di quel blocco sociale e dell'ideologia che lo aveva cementato. Il cosiddetto asse padano era una linea egemonica, che ha avuto capacità espansiva. Quando entra in crisi, cominciano le spinte centrifughe. Ma se guardiamo ai pilastri, per me continua a essere significativo il cambio a Confidustria. Non ho alcuna simpatia per la politica che esprime Montezemolo, ma è la sconfitta strategica dell'idea di una Confindustria amica del governo e interna al sistema berlusconiano: quella della legge 30, della richiesta di attacco all'articolo 18 e alle pensioni, che addirittura punta sulla spaccatura del sindacato per perseguire quella linea. Invece Confindustria capisce che non ce la fa a stare in quel quadro: troppi elementi di confitto, di instabilità. Perciò si tira fuori. Ma anche parte importante della borghesia, in particolare di quella del nord, fa la stessa cosa.


      E il sistema del credito...


      La finanza cattolica e laica del nord, e già Bankitalia aveva tenuto una linea critica. Una parte importante dei poteri forti, insomma, si chiama fuori. E quando questo si determina, accade attraverso un'idea di terzietà tra governo e opposizione: il terreno di cultura che dà una qualche consistenza all'ipotesi neocentrista.


      Che però non ripropone la Dc. Anzi.


      Se si fosse presentata semplicemente come nuova Dc, non sarebbe andata da nessuna parte: troppo lontano nel tempo e nella geografia economica e politica. Diverso se invece il terzismo si alimenta dell'idea di dissolvenza del regime berlusconiano in una forma di governo che tenta di accompagnare politiche moderate, persino liberali e liberiste, con un sistema di relazioni che le presenta come necessaria alla ripresa, le colloca dentro il dialogo tra le parti sociali, non si nega a nuove forme di regolazione pubblica, pensa che bisogna evitare gli strappi costituzionali operati dal berlusconismo, propone di ricondurre la tv a un qualche pluralismo. Su questa filigrana, succedere al berlusconismo senza cadere nell'alternativa, prende corpo dall'interno la vocazione neocentrista.


      Significa che il dopo-Berlusconi è già inziato?


      E' già cominciato. E insieme, secondo me, è già cominciata la contesa tra alternanza e alternativa. L'ipotesi neocentrista è una variante interna dell'alternanza: la dissolvenza del berlusconismo in un quadro moderato, ma che sui grandi assi - la guerra e il conflitto sociale, è perfettamente continuista. Soltanto che invece di essere praticata per la via dell'alternanza, viene proposta su nuova architrave costituita dal centro. Questo apre molte contraddizioni anche nel campo avverso a Berlusconi. Dal punto di vista programmatico la contesa è esattamente quella tra alternanza e alternativa. nelle forme della politica, poi, le varianti possono essere molte. Basti pensare che sul Riformista di oggi (ieri, ndr) nasce persino l'idea proporzionalista in una curvatura neocentrista dell'alternanza.


      Il modello tedesco: che nelle intenzioni centriste non è solo quello elettorale, è l'alternanza tra centro e socialdemocrazia...


      Leggo la conversazione con Sartori sul Riformista. Posto che voglio governabilità e taglio delle estreme, ci si chiede, qual è il meccanismo migliore? Quindi, una parte dei fautori del proporzionale, tra cui Sartori, lo pensano in funzione di un bipolarismo temperato ed efficiente. Cioè quello che tagli le ali, che taglia la sinistra. Il che, tuttavia, secondo me non deve indurre a avere una qualche resistenza all'introduzione del proporzionale, che ripropone il tema della politica forte, della riscoperta del partito come forma di organizzazione e partecipazione, anziché come macchina elettorale.


      A questo punta l'Udc: una crisi che apra a un governo tecnico che vari le riforme.


      Sarebbe un'ipotesi sciagurata. Ci farebbe rovinare addosso le macerie del berlusconismo.


      Ma è nello spirito del Quirinale, ad esempio, e dei suoi appelli bipartisan.


      E' proprio lo spirito che non funziona: sarebbe la sospensione della realtà che ha portato alla crisi di questo sistema politico. Non puoi farti attirare in questo meccanismo.


      In altre parole, il riconoscimento all'Udc di essere l'espressione politica diretta di quanto si va sgretolando nel berlusconismo?


      Qui è il punto, se viviamo la crisi non semplicemente come crisi di leadership ma di relazioni sociali. E' la natura del modello economico sociale quella in discussione, se vogliamo avere capacità attrattiva. Allora, portare a compimento questa crisi è tutt'uno con l'organizzare il versante dell'alternativa, della costruzione del tuo blocco sociale e culturale. Io vedo tutte le condizioni per un innalzamento del livello di qualità dell'opposizione: per costruire la nostra azione su alcuni grandi elementi e puntare alla caduta anticipata del governo.


      Che invece quanta speranza ha di durare?


      Quando la tela è così logorata, anche se si ricuce, poi si strappa di nuovo. In un punto imprevedibile.







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