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Autor: Elisabetta Filippi
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Assumpte: [NuovoLaboratorio] FW: [info-unponteper] E' proprio l'ONU la grande assente

Rievo ed inoltro da un ponte per..........
Ciao
Elisabetta

>From: "Un Ponte per.. ufficio stampa" <uff-stampa@???>
>Reply-To: "Un Ponte per.. ufficio stampa" <uff-stampa@???>
>To: "info-unponteper" <info-unponteper@???>
>Subject: [info-unponteper] E' proprio l'ONU la grande assente
>Date: Wed, 30 Jun 2004 16:39:15 +0200
>
>
>
>
>
>
>E' proprio l'ONU la Grande assente
>articolo di Fabio Alberti
>pubblicato il 29 giugno
>tra le pagine dei commenti dell'Unità
>
>
>Mancava l'Onu a celebrare il "passaggio di poteri" avvenuto a Baghdad con
>due giorni di anticipo.
>L'inviato speciale, Lakhdar Brahimi, dopo aver definito Paul Bremer "un
>dittatore" ha annunciato le sue dimissioni. Comprensibile, dopo che tutte
>le principali raccomandazioni formulate per la formazione del cosiddetto
>Governo Provvisorio sono state ignorate dal proconsole Bremer e
>dall'uscente Governing Council che, nella sostanza, è succeduto a se
>stesso.
>Il Segretario Generale dell'Onu, dal canto suo, ha informato che stante la
>situazione attuale l'Onu non rientrerà in Iraq, mentre le elezioni,
>teoricamente fissate per il gennaio 2005, sono già apertamente messe in
>forse.
>La situazione sul terreno è sotto gli occhi di tutti: un esperto in colpi
>di stato, ex agente della CIA, guida un governo considerato largamente non
>rappresentativo se non degli interessi statunitensi. Le prevedibili
>conseguenze sono già in atto: il conflitto armato tende a intensificarsi,
>ad allargarsi e a trasformarsi in guerra civile. Diviene possibile la
>saldatura tra gruppi di resistenza irachena e il terrorismo di Al Qaeda. La
>conferenza di conciliazione prevista dalla risoluzione dell'Onu, con la
>decisione di Al Sadr di non parteciparvi, è già fallita prima di
>cominciare.
>Secondo il sondaggio effettuato nella seconda metà di maggio dalla CPA
>(Coalition Provisional Authority) il 92% degli iracheni considera gli Usa
>occupanti e non liberatori, e il 55% (contro il 32%) si sentirebbe più
>sicuro se se ne andassero subito, il 77% ritiene che il governo transitorio
>dovrebbe poter ordinare agli Usa di andarsene. La presenza dell'esercito
>Usa, dicono gli iracheni, non è la soluzione del problema della
>insicurezza: è il problema.
>La vicenda delle torture è stata chiusa in fretta e furia: nessuna
>possibilità dei tribunali iracheni di giudicare i responsabili, che
>tribunali militari Usa condannano a poco più di un anno di reclusione, con
>la condizionale. Nessuna dimissione dei responsabili politici della catena
>di comando, che arriva sino al presidente Bush.
>La ricostruzione e la ripresa della economia irachena, saranno ancora
>rinviate con le prevedibili conseguenze per la vita di milioni di iracheni.
>Secondo il ben informato"Revenue Watch" di George Soros negli ultimi giorni
>di governo l'amministrazione Usa ha impegnato, in un rush finale, altri 2
>miliardi di dollari (di proprietà degli iracheni) al di fuori della
>programmazione e sottraendole al controllo del Governo provvisorio.
>Personaggi indiscussamente torbidi come Ahmed Chalabi controllano, avendo
>piazzato parenti ed amici in ruoli chiave, la economia irachena, in un
>conflitto di interessi che fa impallidire quello italiano.
>La credibilità del Consiglio di Sicurezza dell'Onu è ridotta ai minimi
>storici, in particolare nel mondo arabo. Non essere in grado di ottenere da
>Israele il rispetto di nessuna delle numerose risoluzioni che la riguardano
>e nello stesso tempo aver "coperto" la continuazione dell'occupazione
>militare dell'Iraq lo trasforma in uno strumento sempre più inservibile per
>la causa della pace.
>La risoluzione 1546 ripristina, tra l'altro, un meccanismo che gli iracheni
>conoscono già e che ha permesso agli Usa, contro il parere di gran parte
>degli altri paesi, di prorogare per 13 anni sanzioni economiche che hanno
>causato la morte di oltre un milione e mezzo di iracheni. Come per revocare
>l'embargo era necessario un voto del Consiglio di Sicurezza, sempre
>impedito dalla minaccia del veto, così oggi, per porre fine alla presenza
>militare. In sostanza solo gli Usa potranno decidere se e quando ritirarsi.
>Tutto ciò sarà pagato con il protrarsi di una vita insostenibile per
>milioni di iracheni per i quali la svolta c'è stata, ma in peggio. Ciò che
>comincia a mancare, infatti, è la speranza di uscire dal tunnel. E la
>disperazione, si sa, può essere molto pericolosa.
>
>
>Fabio Alberti
>Presidente di Un Ponte per
>
>
>"Un ponte per..."ONG - piazza Vittorio Emanuele II, 132 00185 ROMA
>tel.0644702906 - e-mail: posta@??? -
>uff-stampa@???; web: www.unponteper.it
>
>
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