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From: Ufficio d'Informazione del Kurdistan
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Sent: Thursday, July 01, 2004 5:16 PM
Subject: Del Mondo Kurdo n. 17
Del Mondo Kurdo n.17
A cura dell'Ufficio d'Informazione del Kurdistan in Italia - Via Gregorio VII n. 278, 00165 Roma
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Sommario:
1. Karayilan: "porre fine al cessate il fuoco non significa chiamare alla guerra"
2. Da tre settimane nessun incontro con Ocalan
3. Soltanto 3 medici per 60mila persone
4. Indagine giudiziaria sul meeting dgli ex parlamentari DEP
5. Due kurdi di Diyarbakir brutalmente percossi dalla polizia.
6. Ancora torture e minacce
7.DERSIM: La situazione dei villaggi bombardati e distrutti e il problema dei profughi (Documento del Baro di - Dersim)
1. Karayilan: "porre fine al cessate il fuoco non significa chiamare alla guerra" - FRANKFURT (28.06.2004) MHA
Murat Karayilan, presidente del Comitato di Difesa del Kongra-Gel, ha detto che porre fine al cessate il fuoco non significa chiamare alla guerra, ma mettersi in posizione di autodifesa contro le operazioni militari in atto tese all'annientamento. Karayilan ha detto "sulla stampa dicono che abbiamo cominciato di nuovo una guerra totale e siamo contro l'UE. Si analizza erroneamente la nostra decisione, tutto quello che si dice non corrisponde al vero" e ha continuato che " la nostra strategia di lotta, è la strategia della lotta politica, democratica, nazionale. Basandoci sulla lotta democratica e politica ci manteniamo in una posizione di autodifesa." Karayilan, richiamando l'attenzione sull'operazioni militari ancora in corso da parte dello stato turco e del suo esercito, ha detto "il Kongra-Gel e le Forze di difesa popolari (HPG), si difenderà quando subisce degli attacchi "
Karayilan sottolineando come specialmente l'anno scorso e quest'anno dopo la primavera sono aumentati le operazioni militari, ha detto "finire il cessate del fuoco non significa iniziare la guerra. Non abbiamo preso una decisione in questo tipo. Non riteniamo sia necessario fare la guerra. Ma, ormai la decisione del cessate il fuoco non trovava più nessun fondamento pratico. Negli ultimi giorni sono aumentate le operazioni militari, si tratta di operazioni di annientamento e ci sono Forze che si difendono. Noi intendiamo questo come legittima difesa "
HPG e KONGRA-GEL sono sulle montagne per una soluzione
Karayilan dicendo che la stampa turca è consapevole di quanto si sta impegnando a complicare la situazione e ha detto che "le unità dell'HPG e del KONGRA-GEL sono in montagna per una soluzione. Nel mese di agosto dellos corso anno è stata preparata un Road Map che nessuno ha preso sul serio. E oggi dicono che è stata presa una decisone per la guerra." Dicendosi pronto a fare ogni sacrificio per una pace permanente e la soluzione democratica, Karayilan richiama "a revocare l'isolamento, a fermare le operazioni, così sì che la guerra si arresterà. Dopo aver realizzato ciò ci si potrà domandare se esploderanno più dei proiettili. Chiamiamo perciò tutte le forze democratiche e le forze che si occupano della pace a che se non intendono aggravare il problema e se si vuole la pace contribuiscano a mettere in pratica queste condizioni." Karayilan ha ricordato che il popolo kurdo da 6 anni ha elaborato un suo progetto di pace e che è pronto a risolvere il problema tramite vie civili, continuando che "la Turchia deve cambiare la sua mentalità costituitasi su negazione, status quo e violazioni. Molti stati hanno risolto i loro problemi con movimenti di guerriglia su questo pianeta. Si vuole persistere sul passato, se si continua in questa maniera i problemi si ripeteranno sempre".
Siamo a favore della candidatura all'UE
Karayilan dimostrando le sue reazioni contro chi dice che il KONGRA-GEL ha posto fine al cessate il fuoco in quanto contrario alla candidatura della Turchia all'UE, ha detto "noi sosteniamo la Turchia fin dal '99 e la nostra strategia non è cambiata. Non siamo contro a che la Turchia possa diventare uno dei membri dell'UE e crediamo che questo aprirà le strade alla democratizzazione." Ha continuato dicendo che "la Turchia fa un po' di quanto dovrebbe, come se portasse alla bocca un po' di miele giusto per assaporarne il gusto, sono furbizie. Da una parte ci sono alcune dichiarazioni, la liberazione dei parlamentari del DEP e dall'altra le operazioni di annientamento della resistenza. Vogliono il popolo kurdo senza volontà, non si vuole il popolo kurdo libero"
"Le forze internazionali non devono essere complici degli sbagli della Turchia"
Karayilan dicendo che "il problema del KONGRA-GEL è il problema di un popolo, dei kurdi" ha voluto presentare le sue reazioni nei confronti della ricerca di sostegno alla guerra fatta conto i kurdi durante il vertice della NATO, "i kurdi sono dinamici nella trasformazione e sono un fattore di rifondazione. Nonostante questo è inutile che l'autorità dello stato turco spinga gli USA e Bush a svolgere operazioni militari contro il KONGRA-GEL. Una cosa simile sarebbe una contraddizione nei confronti della staregia USA nell'aria, Karayilan ha detto infine che "lo stato turco deve smettere con queste forme di forzatura e deve risolvere il suo problema".
"Le potenze internazionali invece di appoggiare le falsità dello stato turco, potrebbero sviluppare una soluzione riconoscendone la realtà, se la NATO fosse una forza di stabilità, se fosse a favore della pace, allora lo dovrebbe essere sia per la sicurezza e la stabilità della Turchia che per la sicurezza e la stabilità dell'area, dove il problema kurdo è un problema importante. Per questo si deve sviluppare una strada per la risoluzione del problema non avvicinarvisi in maniera superficiale."
2. Da tre settimane nessun incontro con Ocalan - FRANKFURT (29.06.2004) MHA
Aysel Tugluk, difensore legale del leader del popolo kurdo Abdullah Ocalan, ha dichiarato che da 3 settimane gli avvocati non hanno potuto fargli visita perché "il mezzo di collegamento era fuori servizio" mentre prosegue la pratica dell' isolamento. La Tugluk , ha detto che si stanno usando come una minaccia nei confronti del popolo kurdo le discussioni sulla pena di morte. I turchi invece di approcciarsi con l'intenzione di risolvere il problema, si comportano in maniera preoccupante visto che ancora oggi continuano secondo la loro vecchia mentalità.
La Tugluk contestando quanto si dice che il leader del popolo kurdo Abdullah Ocalan sarebbe responsabile degli scontri, che ultimamente sono ricominciati in Turchia, ha dichiarato che il suo assistito da 6 anni insiste sulla sua strategia che prevede una soluzione democratica "Come difensori di Ocalan abbiamo condiviso le sue opinioni e abbiamo servito in modo importante la pace in Turchia." La Tugluk sottolineando che da 3 settimane vengono impedite le loro visite a causa del fatto che "il mezzo di trasporto è fuori servizio" ha dichiarato che continua così la politica di decomposizione e le discussioni che ultimamente vengono sviluppate sulla pena di morte vengono usate come una minaccia sui kurdi. La Tugluk ha infatti detto che " è falso e non serve alla Turchia analizzare le discussioni che riguardano il leader del popolo kurdo Ocalan, che sarebbe cioè responsabile della fine del cessate il fuoco del 1. giugno. Invece di risolvere il problema ci si sta muovendo secondo una mentalità vecchia, questo ci preoccupa." La Tugluk specificando che Abdullah Oclan in ogni occasione prende pozisione e che sarà sempre per una soluzione pacifica, ha detto che "lui stesso dal' 99 in poi aveva spiegato che una soluzione pacifica e democratica sarebbe stata la sua strategia e si era detto deciso a praticarla. Intorno a questa strategia da 6 anni sono fatti dei passi ed appelli chiari. La strategia del nostro assistito va avanti." Tugluk, "durante gli incontri il nostro assistito ci dice che politicamente e giuridicamente non può prendere decisioni, ma che si ritiene a favore di una pace onorevole e spiega che se gli atteggiamenti sono per l'annianetamento, a quel punto è legittimo far uso del diritto a difendersi, un diritto universale riconosciuto dalle convenzioni internazionali. Non si può parlare di una decisione di guerra e non c'è proprio alcuna decisione da aprte del nostro assistito"
La Tugluk dicendo che non è possibile considerare responsabili degli scontri che ultimamente ci sono stati in Turchia, né il leader del popolo kurdo Abdullah Ocalan né tanto meno i suoi avvocati "il sig. Ocalan dall'inizio ha indicato le sue opinioni per una pace duratura in Turchia e noi come difensori abbiamo condiviso le sue idee nei confronti dell'opinione pubblica impegnandoci così per la pace, pensiamo che difendendo il sig. Ocalan serviamo la società. Non crediamo di fare una cosa che poi non possiamo seguire. Abbiamo fatto le cose giuste, perche il nostro assistito ha detto le cose giuste."
3. Soltanto 3 medici per 60mila persone - BATMAN (DIHA) 24.06.2004 - Nella Prima Clinica Sanitaria di Batman, che fornisce assistenza sanitaria a 60000 persone di 11 quartieri, vi sono solo tre medici, vale a dire uno ogni 20000 persone. Il vicedirettore sanitario, Ihsan Budakci, afferma che è avvertito come urgente il bisogno di medici nell'intera provincia; egli ha inoltre fatto appello affinché si trovi una soluzione al problema. Un medico della clinica, Ahmet Acis, afferma che ogni medico esamina in media 120 pazienti al giorno e aggiunge: "Il fondamentale dovere di una clinica sanitaria è di diagnosticare, ma qui effettuiamo anche trattamenti di cura. La gente viene da noi perché il servizio costa meno".
Abbiamo bisogno di 11 medici
Precisando che c'è necessità di 11 medici per un servizio sanitario appropriato, il dottor Acis afferma: "Uno dei nostri medici lascerà il prossimo anno. Non siamo in grado di svolgere i nostri doveri basilari. Dovrebbero esservi 11 medici per un servizio appropriato; ma sfortunatamente qui, come medici, siamo soltanto in tre. Tale problema deve essere risolto il più presto possibile. Per offrire un servizio migliore, dovrebbero essere inviati nuovi medici".
44 medici per 500000 persone
Il vicedirettore Budakci, parlando all'agenzai DIHA, ha anche più volte ripetuto che vi è urgente bisogno di medici. Ha lamentato il fatto che essi assistono 500000 persone con un organico di soli 44 medici. "In tutta Batman abbiamo 26 cliniche e 82 medici. Necessitiamo di almeno altri 100. Nel centro abbiamo 79 medici e 9 di essi lavorano per le emergenze (servizio 112) mentre molti altri sono incaricati di mansioni amministrative. Ciò equivale a dire che soltanto 44 medici lavorano attivamente. Questo problema dovrebbe essere risolto", afferma Budakci.
4. Indagine giudiziaria sul meeting dgli ex parlamentari DEP - DIYARBAKIR (DIHA) Un'inchiesta giudiziaria è stata aperta riguardo al meeting 'Pace e Democrazia' che si è tenuto il 13 giugno scorso, con la partecipazione degli ex-parlamentari del DEP scarcerati. Durante l'interrogatorio presso la Procura della Repubblica di Diyarbakir ai membri del comitato organizzatore dell'incontro è stato chiesto perché Leyla Zana e i suoi amici abbiano tenuto i loro discorsi in lingua kurda.
I membri del comitato organizzatore che sono stati chiamati ieri a fornire la loro testimonianza erano il presidente del DEHAP di Diyarbakir, Celalettin Birtane, e i membri del comitato esecutivo Selahattin Aslan, Sirvan Kocer, M. Salih Can, Haydar Macar e Turki Gultekin.
'Perché la Zana ha parlato in kurdo?'
Il presidente del DEHAP di Diyarbakir, Celalettin Birtane, ha riferito all'agenzia DIHA riguardo all'episodio: "Un'inchiesta è stata aperta contro di noi, con l'accusa di aver violato la Legge sui Partiti Politici e la Legge N. 2911 su Incontri e Manifestazioni. Essi sostengono che musiche e discorsi in kurdo contravvengono alla Legge sui Partiti Politici. Inoltre si è sostenuto che la manifestazione, dall'aeroporto alla Piazza Istasyon, fosse in violazione della Legge su Incontri e Manifestazioni. Sono state fatte anche domande riguardo agli slogan. Noi abbiamo detto di aver fatto i necessari annunci monitori riguardo agli slogan e che la manifestazione non era in programma. Le persone di propria iniziativa hanno voluto marciare insieme ai parlamentari del DEP". Birtane ha anche detto che è stato chiesto loro perché Leyla Zana abbia parlato in lingua kurda.
5. Due kurdi di Diyarbakir brutalmente percossi dalla polizia. AYDIN-IZMIR (DIHA) -26/6/2004
Due amici, Erol Durucu e Bilal Salo, sostenendo di essere stati percossi brutalmente dalla polizia di Kusadasi dal momento che erano di Diyarbakir, hanno presentanto una richiesta all'ufficio di Izmir dell'Associazione per i Diritti Umani (IHD). Salo e Durucu sostengono che ieri sono stati brutalmente percossi con bastoni e fili metallici da una pattuglia di polizia che aveva loro richiesto i documenti d'identità mentre stavano tornando al loro albergo, verso le tre del mattino. Dichiarando che l'attacco nei loro confronti è stato inumano, i due amici di Diyarbakir hanno affermato che non dovrebbe comportare un costo così elevato il fatto di essere kurdi provenienti da Diyarbakir. "Io ho pensato che volessero ucciderci quando ci hanno attaccato. Quando sono rinvenuto nel carcere ogni parte del mio corpo era dolorante. È cosa talmente cattiva l'essere di Diyarbakir?" ha detto Salo, aggiungendo anche che non sarebbe in grado di attribuire alcun significato all'essere accusato di "resistenza a forze di polizia che svolgono il servizio" anche se è stato proprio lui, assieme al suo amico, ad essere assaltato e colpito brutalmente. Afferma di intendere far uso di ogni loro prerogativa legale affinchè i poliziotti paghino per quel che hanno fatto". Salo ha affermato che come primo passo lui e il suo amico si sono rivolti allo IHD.
Hanno riferito che la polizia ha colpito brutalmente i due, colpendo l'occhio di Salo con un filo metallico. La famosa frase del primo ministro Erdogan, pronunciata durante i negoziati diplomatici con rappresentanti UE, "tolleranza zero nei confronti della tortura" non sembra esser stata ancora messa in pratica. Salo e Durucu sostengono che la polizia ha affermato: "Voi siete ladri o membri del PKK allora" dopo aver risposto "veniamo da Diyarbakir" e ha cominciato a percuoterli. Funzionario addetto alle opere idriche statali a Diyarbakir, Salo ha precisato che era vicino a perdere la vista da un occhio a causa del fatto che la polizia lo ha colpito con un filo metallico. 'Essi cominciarono a percuoterci dicendo che eravamo ladri oppure membri del PKK'
Ecco di seguito le parole di Salo riguardo alle percosse, che definisce disumane:
"Stavamo ritornando al nostro albergo all'incirca alle tre del mattino. Mi fermai dal droghiere vicino all'edificio municipale quando Erol disse, 'Prendiamo della frutta'. Erol scese per andare a comprare la frutta e io rimasi in automobile. Nel frattempo una vettura della polizia si fermò nei miei paraggi. Alcuni poliziotti ne scesero e mi chiesero il documento d'identita'. Mentre stavo estraendo il mio documento dalla tasca uno di loro mi chiese, 'Da dove vieni?' e io risposi 'Da Diyarbakir. Ferite i nostri sentimenti non chiedendo i documenti d'identita' a nessun altro che a noi'. A quel punto uno di loro disse, 'Questi sono ladri oppure membri del PKK' e colpì il mio occhio con un filo metallico. Non fui in grado di rendermi conto di quel che stava accadendo".
Tortura nella stazione di polizia
Descrivendo di essere stati condotti alla stazione di polizia dopo le percosse nel mezzo della strada, Salo prosegue, "Continuarono a colpirci all'interno della stazione. L'aspetto più intollerabile di tutto ciò è che fummo colpiti pur senza aver fatto nulla. Circa 30 poliziotti si accalcarono attorno a noi e ci scalciarono nel giardinetto della stazione. Persi conoscenza. Ero in carcere quando riaprii gli occhi". Salo afferma che furono condotti all'ospedale statale Soke solo il giorno successivo.
'Potrei perdere l'occhio'
Salo aggiunge che il medico ha affermato che il suo occhio è rimasto leso da ferite interne. "Il mio occhio sinistro può diventare cieco. Ora non posso vedere e la mia ferita interna persiste", disse. Condotto di fronte al procuratore, con l'accusa di "resistenza a pubblico ufficiale in servizio", Salo afferma di voler inoltrare una querela nei confronti della polizia e di aver intenzione di usufruire di tutti i mezzi legali affinchè i poliziotti paghino per quel che hanno fatto. Salo lamenta anche il fatto che l'ospedale statale di Soke ha addebitato loro 115 milioni di lire turche per le cure mediche. Mi hanno presentato un conto di 115 milioni, come se io avessi detto ai poliziotti di colpirmi a morte. Lo stato mi ha fatto questo e sia dunque lo stato a pagare per questo. Ci lasciarono uscire solo quando sottoscrissi il conto".
Noi non abbiamo fatto nulla per meritare ciò
Durucu, l'amico di Salo, afferma quanto segue riguardo all'episodio: "Il nostro crimine è solo quello di provenire da Diyarbakir. Non abbiamo fatto nulla per meritare ciò. Uscendo da un negozio di generi alimentari ho visto che i poliziotti percuotevano il mio amico. Volevo fermarli. Ma hanno iniziato a colpire anche me. In quel momento critico ho perso il controllo e ho raccolto una bottiglia vuota che era a terra, in strada, e ho iniziato a farmi dei tagli sul petto in segno di protesta. Vedendomi far ciò la polizia ha smesso di colpire e ci ha condotti alla stazione di polizia su una propria automobile".
Ricorreremo alla Corte Europea dei Diritti Umani se necessario
Puntualizzando che le loro vacanze a Kusadasi si sono trasformate in un incubo, Durucu reagisce al disumano trattamento affermando: "Si può ottenere di essere percossi a Diyarbakir come anche a Kusadasi se si è Kurdi. Durucu afferma anche che essi intendono presentare una richiesta all'Associazione per i Diritti Umani (IHD), affinché si proceda contro i poliziotti e si tenti ogni strada legale affinché essi paghino per le loro torture, considerando fino al rivolgersi alla Corte Eruopea dei Diritti Umani come ultimo passo. D'altro canto le vittime affermano che il referto sanitario che hanno richiesto non è stato loro fornito e che hanno avuto in risposta un: "Richiedetelo al procuratore".
Il Direttorato per la Sicurezza: "Deciderà il Tribunale"
Le autorità del Direttorato per la Sicurezza di Kusadasi hanno dichiarato quanto segue, riguardo all'episodio:
"Il caso è stato trasmesso al tribunale. Vi sono presso il procuratore testimoninanze di entrambe le parti. Andate lì se volete informazioni al riguardo. Non si dovrebbe tuttavia considerare simili eventi unilateralmente. Potrebbe essersi trattato di un incidente involontario. Non siamo un tribunale e proprio da un tribunale la verità sarà svelata".
6. Ancora torture e minacce - MUS (DIHA 26/6/2004) Un residente del villaggio di Yolgoze, nel distretto di Malazgirt, il sig. Muhsin Demir, è stato torturato e minacciato di morte mentre si trovava sotto custodia nel quartier generale della gendarmeria, a Iyi Komsu. Gli è stato prescritto mediante certificato medico un periodo di inidoneità al lavoro di 5 giorni a seguito delle torture, e Demir afferma di non poter far ritorno al villaggio dal momento che teme per la propria vita. I soldati del quartier generale della Gendarmeria di Iyi Komsu hanno fatto incursione nella casa di Demir il 16 giugno e lo hanno preso in custodia sostenendo che fosse di sua proprietà un Kalashnikov rinvenuto a 300 metri dalla sua casa. Muhsin Demir ha sostenuto di essere stato sottoposto a trattamenti degradanti mentre si trovava nella caserma, dal momento che non intendeva sottoscrivere la testimonianza che è stato costretto a rendere.
Asserendo di essere stato percosso incessantemente per 24 ore mentre era sotto custodia, Demir ha raccontato l'episodio nel modo seguente: "Nella caserma lo NCO Samil Kaplan mi mostrò un Kalashnikov e mi fu detto che era stato rinvenuto a 300 metri di distanza da casa mia e che mi apparteneva. La tortura ebbe inizio quando dissi che lo vedevo per la prima volta. Samil Kaplan mi minacciò per indurmi ad accettare, nel testimoniare, che il fucile mi apparteneva e che ero un membro del PKK. Mi colpirono per 24 ore e una volta persi conoscenza. In seguito recuperai i sensi allorchè mi versarono dell'acqua addosso. Fui costretto a sottoscrivere la testimonianza che essi scrissero a mio nome".
Un certificato d'inabilità al lavoro per cinque giorni
Condotto alla Stazione distrettuale della Gendarmeria, a seguito dell'interrogatorio Demir fu rilasciato dal procuratore. "Il procuratore mi rilasciò quando gli dissi che ero stato costretto a sottoscrivere la testimonianza che avevano preparato", afferma Demir. Egli aggiunge che l'ospedale nel quale fu mandato per ordine del procuratore non gli diede alcun certificato d'inabilità. Dopo essersi rivolto per ricevere aiuto all'Ufficio di Mus dell'IHD Demir ottenne che gli fosse prescritto un certificato d'inabilità temporanea, per un periodo di cinque giorni, presso l'ospedale statale di Mus.
'Mi sono rivolto al Ministero della Giustizia'
"Fui minacciato di morte dallo NCO Samil Kaplan perchè respingevo le accuse mossemi e dissi al procuratore che ero stato costretto a sottoscrivere la testimonianza. Non posso tornare a casa dal momento che temo per la mia vita (e non vi è abbastanza sicurezza al riguardo). Ho sentito dire che lo NCO mi stava cercando nel villaggio. Samil Kaplan sarà da ritenersi responsabile per qualsiasi cosa dovesse accadermi", ha dichiarato Demir.
IHD: "Le asserzioni sul livello zero riguardo alle torture si stanno dimostrando non veritiere"
Il presidente dell'ufficio dell'IHD di Mus, Sevim Salihoglu, ha dichiarato: "è qualcosa di assolutamente brutale. A Demir è stato prescritto un certificato medico d'inabilità temporanea. Noi abbiamo fatto ricorso al Ministero della Giustizia e alla Commissione per i Diritti Umani. Ricorreremo a tutte le altre istanze giudiziarie a disposizione. Con questo episodio è stato svelato una volta di più quanto sia irrealistica l'affermazione che sono cessate le torture in Turchia. Faccio appello al governo affinché fornisca una spiegazione per questo atto di brutalità".
7.DERSIM: La situazione dei villaggi bombardati e distrutti e il problema dei profughi (Documento del Baro di - Dersim)
* Associazione degli Avvocati
La situazione dei villaggi evacuati di Dersim-Tunceli.
Ostacoli al ritorno nei villaggi e proposte di soluzione. ( agosto 2003 )
Dersim-Tunceli è una delle città che ha subito la più forte migrazione interna. Negli ultimi 10 anni, circa la metà della sua popolazione è emigrata, innanzi tutto, verso le grandi città della Turchia e, secondariamente, verso città minori. Nel 1990 la popolazione di Dersim-Tunceli contava 160.000 abitanti, mentre oggi si è ridotta a 80.000.
Il BARO di Dersim-Tunceli, associazione di avvocati ufficialmente riconosciuta, ha accettato l'incarico di verificare la situazione attuale dei villaggi di Dersim-Tunceli, constatare i problemi e gli ostacoli per il ritorno delle popolazioni evacuate dopo la cessazione dello stato di emergenza ( OHAL ) e presentare delle proposte per rendere possibile il ritorno.
L'evacuazione dei villaggi del 1994 e la legislazione internazionale e nazionale in difesa dei diritti umani.
L'evacuazione della maggior parte dei villaggi di Dersim-Tunceli è iniziata nell'autunno del 1994 e si è protratta negli anni successivi. Le cause vanno ricercate nell'adozione di strategie per la "lotta contro il terrorismo". In particolare, la condizione di "guerra a bassa intensità", dopo il 1990, è stata considerata il motivo principale per mettere in atto l'evacuazione dei villaggi.
La decisione presa dal governo di evacuare i villaggi di Dersim-Tunceli e di altre province turche contrastava con le norme di diritto nazionale ed internazionale in difesa dei diritti umani. Ancora oggi il governo non riconosce le proprie responsabilità e i risarcimenti dovuti a tutti i cittadini che sono stati obbligati a trasferirsi.
Durante l'evacuazione dei villaggi sono stati violati i diritti umani. Con la deportazione arbitraria dei cittadini dalle loro terre e la distruzione delle loro proprietà sono stati infranti i principi della Costituzione e di altre leggi nazionali.
Secondo il codice penale turco ( TCK ) sono stati commessi i seguenti reati: costringere le persone ad abbandonare le loro case ( art. 188 ), minacciarle ( art. 191 ), perquisire le case senza mandato ( artt. 193 e 194 ), incendiare le case e i villaggi ( artt. 369, 370, 371. 372 e 382 ). Questi reati devono essere puniti.
Sia il diritto internazionale che quello turco a tutela dei diritti umani ammettono il trasferimento forzoso della popolazione nell'interno di uno stato solo in caso di grave crisi nazionale, come in presenza di una guerra o al verificarsi di una catastrofe naturale.
Specie il diritto internazionale limita le possibilità dei singoli stati di ricorrere a tali misure e prevede severe sanzioni in caso di ricorso a metodi non conformi alla legislazione.
Sia le convenzioni di guerra che le Nazioni Unite ammettono solo casi di eccezionale gravità per il ricorso a tali misure.
Valutiamo brevemente l'evacuazione dei villaggi e il trasferimento interno forzoso di Dersim-Tunceli a partire dal 1994 alla luce di questi principi:
1) la decisione di trasferire le persone deve essere presa da un'autorità competente. Invece a Dersim-Tunceli non è stata presa ufficialmente alcuna decisione. La sola cosa conosciuta è che l'evacuazione dei villaggi è stata consigliata e guidata da un rappresentante dell'esercito.
2) le comunità obbligate al trasferimento devono essere informate sui motivi, sui metodi, sui risarcimenti e sulla nuova destinazione. Invece a Dersim-Tunceli i contadini deportati dai villaggi non sapevano perché venivano trasferiti né dove sarebbero andati e se e quando sarebbero potuti tornare alle loro case. Non avevano alcuna informazione sui risarcimenti e nuove collocazioni. Ai cittadini veniva solo detto, accusandoli, che "la guerriglia riceve sostegno da voi". A parte questo, non veniva fornita nessun altra informazione.
3) durante i trasferimenti le autorità devono consultare i migrati e questi devono partecipare alla decisione. Nessun tentativo è stato fatto in questo senso. Nonostante la maggioranza dei contadini non volesse lasciare i villaggi, veniva deportata con la forza.
4) le persone costrette con la forza a trasferirsi hanno diritto di cercare una soluzione efficace contro tali misure, a cominciare da un'inchiesta legale.
Le persone deportate devono aver innanzitutto il diritto di avviare un'inchiesta legale poi quello di provare altre vie legali. A Dersim-Tunceli dal 1994 ad oggi sono stati depositati innumerevoli avvisi di reato e avviati processi per la determinazione dei danni subiti dai villaggi bruciati, la distruzione delle proprietà e gli atti illegali commessi. Ma nessun contadino che ha avviato una causa legale ha ottenuto risultati. Nessuna autorità militare e pubblica è stata giudicata. Nessuna amministrazione è stata condannata al risarcimento dei danni. Per circa 9/10 anni non è stato possibile quantificare l'entità dei danni. Le autorità militari, dirette responsabili dell'evacuazione dei villaggi, hanno sempre rifiutato il contraddittorio in tribunale.
5) la deportazione delle popolazioni non deve essere trasformata in una punizione collettiva. Anche su questo principio, la situazione è negativa. Quasi tutti i contadini deportati pensano di aver subito un trattamento particolarmente punitivo e gran parte di loro pensa che l'evacuazione dei villaggi avesse lo scopo di distruggere la vita sociale della città.
6) durante le operazioni di trasferimento, i diritti umani alla vita, alla dignità, alla libertà e alla sicurezza devono essere garantiti. Anche in questa zona i diritti umani sono stati violati. In alcune aree dopo l'evacuazione alcune persone sono risultate "scomparse".
Temiamo oggi circa l'esistenza in vita di decine di scomparsi. In alcuni casi sono stati riservati trattamenti brutali ed umilianti ai cittadini e in qualche caso, si è assistito ad arresti.
7) alle persone deportate deve essere garantito il diritto e l'accesso a beni e servizi di prima necessità: cibo, acqua potabile, alloggi, assistenza sociale e medica, igiene. Nessuno di questi diritti è stato garantito ai cittadini deportati. Nessun alloggio è stato assegnato alle famiglie che sono state costrette ad emigrare. Nessuna possibilità di lavoro e di assistenza medica è stata loro offerta. Migliaia di famiglie sono state condannate alla fame, alla miseria, a vivere senza casa, senza lavoro e senza assistenza medica nelle periferie delle grandi città.
8) le proprietà delle persone costrette ad emigrare non possono essere usurpate né distrutte come atto punitivo collettivo. Anche questo principio è stato violato perché le case, i campi, gli alberi e tutte le nostre proprietà sono state bruciate e distrutte. La distruzione è stata totale per impedire il ritorno dei contadini.
9) le autorità hanno l'obbligo di sorvegliare le proprietà rimaste dei contadini. Ma non hanno rispettato nemmeno questo incarico. Le proprietà che non erano state distrutte inizialmente, hanno subito successivamente la stessa sorte. In molti villaggi, specie in quelli sud-orientali, i "guardiani dei villaggi" hanno confiscato le proprietà dei contadini deportati.
10) il periodo di durata del trasferimento non deve protrarsi a lungo. E' evidente che neanche questo incarico è stato assolto. Sono trascorsi circa 10 anni dal 1994 ma non si è promossa alcuna seria iniziativa per favorire il ritorno nei villaggi. I governi mantengono un atteggiamento ostile verso i contadini affinché il ricordo della vita nei villaggi si affievolisca o non aiuta le famiglie che desiderano fare ritorno alle proprie case.
Il governo inoltre non conosce il numero esatto delle famiglie deportate né di quelle che vogliono ritornare ai propri villaggi.
La succinta presentazione di quanto accaduto nel 1994 dimostra che sono state violate sia le norme del diritto nazionale che di quello internazionale a tutela che diritti umani.
I villaggi abbandonati di Dersim-Tunceli e la loro situazione
Ancora oggi si dibatte su quanti siano i villaggi di Tunceli disabitati. I dati ufficiali al riguardo sono insufficienti e inattendibili. Per tale motivo, l'associazione BARO ha svolto una ricerca per accertare le reali condizioni in cui versano i villaggi:
Villaggi disabitati di Dersim-Tunceli e la loro situazione
Oggi si discute su quanti siano i villaggi vuoti della provincia di Dersim-Tunceli.
I dati ufficiali al riguardo sono insufficienti. D'altra parte i dati ufficiali non riflettono la realtà.
Per questo motivo questo ufficio BARO ha portato avanti una ricerca per accertare le reali condizioni in cui versano i villaggi.
Tunceli
Villaggi totali: 52
Villaggi vuoti: 16
I nomi dei vuoti: Alacik, Atadogdu, Babaocagi, Calkiran, Cirali, Yesilkaya, Dedeagac, Dilek, Dikenli, Egriyamac, Gudec, Gokcek, Gozen, Suvat, Tulluk e Pinar.
Ovacik
Villaggi totali: 38
Villaggi vuoti: 30
I nomi dei vuoti: Agacpinar, Aslica, Bilgec, Cayustu, Cambulak, Cat, Cemberlitas, Dumantepe, Egimli, Egrikavak, Eskigedik, Isikvuran, Kusluka, Mollaaliler, Otlubahce, Sahverdi, Tepsili, Yakatarla, Yarimkaya, Yoguncam, Aktas, Buzlutepe, Doludibek, Garipusagi, Halitpinar, Cevizlidere, Calbasi, Karatas, Yenikkkonak e Yalmanlar.
Pulumur
Villaggi totali: 67
Villaggi vuoti: 29
I nomi dei vuoti: Ardicli, Aydinlar, Caglayan, Goneli, Balpayam, Agasenligi, Altin Huseyin, karagol, Kizilmescit, Kirdim, Kullu, Sempasa, Karaderbendi, Yenikoy, Akdik, Begendik, Beyce, Catalkaya, Cobandami, Dagbek, Efeagili, Kadisirti, kalintas, Karagoz, Kaymaztepe, Saloderk, Saribudak, Sarigul e Turluk.
Hozat
Villaggi totali: 38
Villaggi vuoti: 13
I nomi dei vuoti: Koru, Kurukaymak, Yuceldi, Bilekli, Boydas, Karacavus, Kozluca, Agirbasak, Akoren, Esenevler, Gozlek, Ormanyolu e Yenibas.
Nazimive
Villaggi totalii: 32
Villaggi vuoti: 8
I nomi dei vuoti: Ogurlar, Hankoyu, Dogancik, Dokuzkaya, Egribelen, Ilisu e Dogantas.
Mazgirt
Villaggi totali: 77
Villaggi vuoti: 4
I nomi dei vuoti: Koyunusagi, Kushane, Orenici e Dallibet.
Cemizgezek
Villaggi totali: 39
Villaggi vuoti: 1
I nomi dei vuoti: Guneybasi.
Pertek
Villaggi totali: 46
Villaggi vuoti: non ce ne sono.
CONSIDERAZIONE
I dati su indicati sono le informazioni più prossime alla realtà. E' stata calcolata solo la popolazione permanente. I nomadi stagionali ( estate ) e di altopiano non sono stati considerati.
Secondo i dati rilevati nell'agosto 2003, 101 villaggi su un totale di 392 risultano disabitati. Poiché mediamente 2 - 3 piccoli villaggi sono associati ad un villaggio più grande, si deduce che 300 piccoli villaggi risultano disabitati.
Quindi la percentuale dei villaggi disabitati di Dersim-Tunceli è del 26% - Ovacik è il paese della provincia di Dersim-Tunceli che ha il maggior numero di villaggi disabitati, seguito da Pulumur.
Le zone che hanno il maggior numero di villaggi disabitati sono quelle che sono state più coinvolte nei conflitti armati del 1994. A Pertek non ci sono villaggi disabitati e ciò è dovuto alla sua collocazione; la vicinanza dell'autostrada non ha reso necessaria l'evacuazione della zona per motivi di sicurezza.
Occorre precisare che alcuni dei villaggi che risultano abitati sono in realtà dei villaggi che avevano inizialmente un numero di famiglie pari o superiore a dieci e che a causa dell'evacuazione il numero delle famiglie si è ridotto agli attuali 1/3.
Ad esempio i villaggi di Nohutlu e Ganecek di Pulumur, considerati villaggi abitati, vive una sola famiglia.
Anche nei villaggi considerati abitati, ci sono piccoli villaggi disabitati da considerare come tali. I villaggi di Karaka, Tasitli, Kakegk, Daloben di Hozat sono villaggi di questo tipo. Quindi se ne deduce che il numero dei villaggi da considerare disabitati è più elevato di quanto rilevato.
I villaggi disabitati non dispongono di servizi di primaria necessità, come l'elettricità, l'ambulatorio, la scuola e le strade. Tutti gli edifici, inclusi quelli pubblici, sono ridotti in rovina. In queste condizioni è impossibile farvi ritorno.
GLI OSTACOLI AL RITORNO AI VILLAGGI E LE PROPOSTE
Ecco in sintesi gli ostacoli ai ritorno nei villaggi e le proposte:
- Non ci sono relazioni tra le vittime della deportazione e lo stato. E' necessario creare un coordinamento per facilitare i rapporti tra contadini, prefettura e ONG.
- Le autorità devono riconoscere le loro responsabilità nei confronti dei contadini vittime della migrazione obbligatoria e costretti a vivere in condizioni di indigenza da 10 anni. Tutti gli atti commessi contro di loro devono essere denunciati in quanto reati contro la legge, solo così si inizierà un processo di pacificazione interna.
- E' necessario ricostruire le infrastrutture dei villaggi, andate completamente distrutte negli ultimi 10 anni. Occorre ripristinare i servizi ( elettricità, strade, acqua potabile, scuole, ambulatori, telefoni ).
- I contadini vanno risarciti dei danni morali e materiali subiti in questi 10 anni. Non è sufficiente un rimborso economico. Per questo la somma di 900 milioni di lire turche destinate dal governo alla prefettura di Dersim-Tunceli non è sufficiente.
- Si deve provvedere allo sminamento dei villaggi ed alla rimozione dei residui bellici.
- Le decisioni arbitrariamente assunte per impedire il ritorno nei villaggi devono cessare. Le motivazioni addotte dei commissariati quali "mancanza di sicurezza", "presenza di mine", "esistenza di operazioni" sono ingiustificate.
Il dovere dello stato è rimuovere gli ostacoli e favorire il ritorno nei villaggi.
Tutte le istituzioni pubbliche devono adoperarsi per assolvere all'esigenza dei contadini di ritornare nei propri villaggi. Ogni azione che ne impedisca il ritorno e da considerarsi un reato.
Il BARO di Dersim-Tunceli
( Consiglio di Amministrazione )
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