著者: ajorn 日付: 題目: [Cm-milano] SUV articolo di robecchi (manifesto)
CONTRORDINE
I molestatori del gippone
ALESSANDRO ROBECCHI
Domanda: cosa spinge un essere umano, che magari abita nel centro di una
città italiana, a comprarsi un fuoristrada a quattro ruote motrici, potente
abbastanza da salire sui muri, che consuma come lo Shuttle e che si ribalta
facilmente essendo meno sicuro di una Panda? Probabilmente l'assenza di
cervello. E' una regola che esiste dall'inizio del mondo e su cui già si era
soffermato Darwin: se sei molto, ma molto scemo avrai bisogno di molti
muscoli. Questo non salvò i dinosauri dall'estinzione, il che ci dà qualche
speranza sulla sparizione - da qui a qualche secolo - dei guidatori di Suv
(Sport Utility Vehicles), cioè da quei coglioni che rombano veloci,
rumorosi, pesantissimi e pericolosi per le nostre strade. In attesa che
l'evoluzione faccia il suo corso (ci vorrà del tempo, temo), ci si può
godere la campagna di Legambiente, che vuole, giustamente, bandire i Suv
dalle città.
A Parigi c'è già una pesante sovrattassa per questi inutili mostri. In
America (specialmente in California) ci sono forti limitazioni per chi
compra macchine che non tengono conto di quel minimo di decenza obbligatorio
in termini di risparmio energetico. In Italia nel febbraio del 2004 i Suv
hanno raggiunto il 4 e mezzo del totale delle immatricolazioni (erano meno
del 3 per cento nel `98), il che ci dà qualche indicazione in più sul nostro
paese. Per esempio: non c'è crisi per le stronzate che costano molto. Per
esempio: restiamo un posto privilegiato per la prevalenza del burino.
I guidatori di fuoristrada di lusso vi diranno tutti la stessa cosa: che
guidano macchine sicure. E' un'altra enorme cazzata. Il baricentro è alto,
le ruote mostruose. Il rischio di ribaltamento in caso di incidente con un
solo veicolo coinvolto (e un solo cretino che lo guida) è tre volte
superiore a quello di una macchina normale. Lo spazio di frenata a parità di
velocità è più lungo di quello delle altre macchine, sul bagnato è meglio
che pregate Padre Pio o altri caritatevoli colleghi.
Non parliamo dei consumi: chi è tanto fesso da comprarsi un Suv che va a
benzina penserà di avere costantemente un buco nel serbatoio (e quindi nel
portafoglio), con qualche record degno di nota (il modello X5 della Bmw da
4,6 chilometri con un litro, pagare una carrozza a cavalli con tanto di
cocchiere vi costerebbe meno). Elenco tutto questo per provare a difendere i
consumatori, prima di tutto dalla loro immensa dabbenaggine. Però - è vero -
quelli da difendere sarebbero gli altri, quelli che il Suv non ce l'hanno e
che lo subiscono sotto forma di inquinamento, di rumore, di ingombro e,
allargando il discorso al pianeta, di insensato consumo di risorse. Ma
torniamo alla domanda iniziale: cosa spinge un essere umano a comprare una
cosa pericolosa, antieconomica e inquinante? Probabilmente la convinzione
che ciò gli dia qualche importanza, che metta in evidenza, come un biglietto
da visita molto vistoso, la sua capacità di spesa, il suo essere «trendy»,
il suo fottersene di tutto e di tutti in nome di un potere conferitogli dal
denaro. In sostanza un estremo egoismo personale, coniugato con la
straripante ignoranza di chi crede che comprarsi un pezzettino più grande di
buco nell'ozono, produrre più smog, occupare più spazio e fare più rumore
sia un privilegio. Qui sta il problema: piccoli uomini guidano grosse
macchine. Essi sono pericolosi a sé (e di questo non potrebbe fregarcene di
meno) e agli altri (di questo sì, invece). Essi dimostrano con il solo gesto
di girare una chiavetta nel cruscotto di aver perfettamente assimilato la
lezione del nostro tempo: chi più distrugge risorse - e lo ostenta, e se ne
vanta - è più potente, e gode quindi di maggior considerazione e di un
miglior posto in società. Consumare di più sembra essere l'imperativo
categorico del momento e non c'è giorno che qualcuno non ci inviti a
«rilanciare i consumi» per aiutare l'economia. Sarà. Resta il fatto che
consumare le strade, il pianeta, le risorse, l'aria e tutto il resto in modo
sconsiderato per guidare un mostro antipatico e arrogante non è il modo
giusto per farsi voler bene. Essi amano guardare dal finestrino «l'effetto
che fa», comodamente seduti sul cuoio del loro status symbol, assolutamente
impermeabili al senso del ridicolo. Poi rombano via, forse ignari che una
piccola resistenza va formandosi e crescendo e che presto passerà, si spera,
a creative «vie di fatto». (alessandro robecchi)