[Forumlucca] Albania pattumiera d Italia

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il manifesto - 17 Giugno 2004

Albania pattumiera d'Italia

La donazione italiana allo sviluppo
Una discarica a Tirana e un mega-inceneritore vicino Durazzo. E' quanto
prevede un accordo tra governo italiano e quello di Fatos Nano per
smaltire i nostri rifiuti. Le proteste di ambientalisti, intellettuali
e stampa albanese. E l'ambasciatore italiano minaccia: se non
accettate, non entrerete in Europa
TONINO PERNA

Nel più assoluto silenzio stampa, da un paio di settimane il governo
italiano sta lavorando per esportare un po' di rifiuti in territorio
albanese. E' noto che in Campania non si sa dove mettere i rifiuti e la
Lombardia - dopo le proteste della Lega - non è più disposta a
trattarne. In Calabria non si trova un sito per l'inceneritore
(eufemisticamente chiamato «termovalorizzatore») dopo che la gente
della piana di Gioia Tauro è scesa in piazza - con decine di sindaci e
rappresentanti delle associazioni ambientaliste - per impedire il
raddoppio del termovalorizzatore di Rosario. Ed ancora: a Pettogallico,
alla periferia di Reggio Calabria, da tre mesi va avanti un braccio di
ferro tra la giunta regionale calabrese e migliaia di cittadini - in
prima fila le donne del posto - che non ne vogliono sapere della scelta
di localizzare la discarica della città, sulle sponde di un torrente
che accoglie uno degli agrumeti più belli della provincia. Così, nel
silenzio, qualcuno ha pensato a trovare una soluzione. Se non riusciamo
a trovare in casa chi si vuole prendere i nostri rifiuti proviamoci con
i vicini. A partire dai più deboli.

Alla fine di maggio viene siglato un accordo tra la cooperazione
italiana e il governo albanese per l'implementazione di due iniziative.
Il primo intervento riguarda un dono del governo italiano di 400.000
euro per il miglioramento/ampliamento della discarica di Sharra (vicino
a Tirana). Si tratta di un vecchio sito, che già nel periodo di Enver
Hoxha era destinato a discarica per la capitale. Ma, dalla caduta del
regime ad oggi Tirana ha triplicato la sua popolazione e, soprattutto,
si sono moltiplicati i consumi e le merci usa e getta, e la vecchia
discarica non ce la fa più. Non solo: i rifiuti, di qualunque genere,
vengono buttati in discarica senza tener conto delle infiltrazioni
delle falde acquifere e dei danni conseguenti. Con questo nuovo
progetto, almeno sulla carta, si dovrebbero rendere impermeabili i
terreni e ridurre i danni ambientali. Ma, quanto verrebbe ampliata la
discarica e per quali rifiuti (qualità e provenienza) non è dato sapere.

Il secondo intervento riguarda Kashar, un'area a nord di Durazzo, dove
è prevista la costruzione di un termovalorizzatore della portata di
1000 tn al giorno. L'investimento di 6 milioni di euro viene effettuato
con un prestito a tasso agevolato da parte dell'Italia. Beneficiaria
un'impresa italiana che, per l'occasione, ha costituito a Tirana la
sede sociale di un'impresa, l'Albaniabeg Ambient. Approfondendo i
termini dell'accordo si scopre che i rifiuti che il termovalorizzatore
di Kashar utilizzerà provengono per il 40% dall'Italia, e l'accordo
dura per 25 anni. La cosa più interessante, oserei dire geniale, è che
questi «rifiuti» saranno importati dall'Italia come «materie prime per
combustione», evitando sia le tasse doganali che vengono pagate in
questi casi dal paese esportatore, sia l'allarme della pubblica
opinione.

Tutto sembrava filare liscio e nessuno si aspettava le proteste che
stanno scuotendo l'Albania in questi giorni. Diversi intellettuali,
tecnici e opinionisti sono intervenuti sulla stampa albanese ponendo
pesanti interrogativi su tutta la vicenda. Le associazioni
ambientaliste sono scese in piazza insieme a semplici cittadini
allarmati dalle notizie apprese e preoccupati per la vicinanza dei siti
a centri abitati. In particolare, l'area scelta per il
termovalorizzatore a nord di Durazzo è una delle poche aree a vocazione
turistica che non sia stata devastata dalla speculazione edilizia di
questi anni. I contadini del luogo sono scesi nelle strade a protestare
insieme agli operatori turistici. Ma è stato soprattutto il quotidiano
Shekulli, uno dei più importanti giornali albanesi, che ha attaccato
questo accordo in modo pesante e diretto, rompendo una tradizionale
alleanza con il governo socialista di Fatos Nano.

Secondo alcune indiscrezioni il proprietario di Shekulli è uno dei
maggiori imprenditori albanesi che è interessato al business dei
rifiuti e il monopolio di un'impresa italiana sull'operazione non è
stata molto gradita. Le accuse mosse da Shekulli sembrano sospette, ma
sicuramente un tecnico stimato come il professor Sazan Guri e altri
intellettuali intervenuti sulla questione non hanno interessi
individuali da difendere. Guri, docente all'Università di Tirana, si
domanda come mai si costruisce un impianto per bruciare il doppio di
quello che l'Albania ha bisogno e allo stesso tempo si va ad un
drastico ampliamento della discarica di Sharra. Dove sta il trucco?
Perché non costruire un piccolo impianto commisurato ai bisogni del
paese? si domanda uno dei responsabili del Ppna, la più importante
associazione ambientalista albanese.

Di fronte a queste critiche all'accordo tra governo albanese e
cooperazione italiana, scende in campo il nostro ambasciatore Jannucci.
Con un lungo comunicato Jannucci attacca pesantemente la stampa
albanese - in particolare Shekulli - ed esterna il suo pensiero «unico»
in forma mirabile. «Per entrare in Europa - scrive - non basta non aver
più bisogno dei visti, significa accettare la libera concorrenza e lo
standard del pensiero europeo. Se gli albanesi vogliono entrare in
Europa devono pensare come gli europei». E poi prosegue: «Tutto questo
non fa che influenzare negativamente i negoziati per l'integrazione
nella Ue, perché con questi atteggiamenti si dà ragione a chi pensa che
l'Albania non è ancora pronta e matura per entrare nella grande
famiglia europea». Infine, il nostro propone come rimedio di
organizzare una pubblicità/progresso (come si fa nei paesi civili) e
suggerisce lo slogan: «Chi disinforma tiene anche te lontano
dall'Europa . Digli di non farlo!».