[Cm-roma] dal manifesto

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Szerző: g e K o
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L'unico pianeta che abbiamo

FRANCO CARLINI

Nei prossimi due giorni a Washington, si riuniscono ricercatori e politici.
Discuteranno del cambiamento climatico in maniera aperta e scientifica.
L'iniziativa è della rivista americana Science ed è stata sponsorizzata
dalla fondazione William and Flora Hewlett, che prende il nome da uno dei
fondatori della prima azienda hitech americana, la californiana
Hewlett-Packard (ora Hp). Il direttore della rivista, Donald Kennedy,
nell'occasione segnala quanto i media sia frivoli e disattenti sulle
questioni del clima: da un lato abbracciano volentieri gli scenari più
catastrofici, anche se largamente ipotetici, come nel caso del film «The Day
After Tomorrow». Dall'altro fanno confusione tra breve e lungo termine e
magari attribuiscono all'effetto serra quelle che sono semplici
fluttuazioni. Oppure, vedendo che gli scienziati non offrono un punto di
vista univoco sulla questione, ne traggono la semplicistica conclusione che
allora il problema non c'è. Sulle diverse opinioni dei ricercatori del resto
puntano molto anche i governi, e prima tra tutte l'amministrazione Bush che
si è sottratta al trattato di Kyoto sostenendo che occorreva studiare di più
e che sarebbe stato insensato investire tante risorse quando non ci sono
certezze. A tutti questi Donald Kennedy risponde con nettezza, ricordando
che la libera e critica discussione è il sale della scienza, ma che tuttavia
questa non deve essere scambiata per assenza di dati e di informazioni,
oramai stabili: lo scioglimento di ghiacciai e calotte è sotto gli occhi di
tutti e il romantico cappuccio di neve del Kilimangiaro non ci sarà più
nell'anno 2020; ma soprattutto, scrive Kennedy, «siamo nel bel mezzo di un
grande e incontrollato esperimento sull'unico pianeta che abbiamo». Questa
semplice ma cruciale considerazione di Kennedy spesso viene trascurata: c'è
una sola Terra dove possiamo vivere e non c'è tempo da perdere. Questa è la
sostenibilità, che si tratti di organismi geneticamente modificati o di
clima e questo vuol dire «precauzione».

Sul fronte avverso il ragionamento viene sviluppato invece in questa
maniera: (1) coloro che lanciano gli allarmi sono appunto degli allarmisti,
e di solito sono anche motivati politicamente. Non gli interessa il pianeta,
ma la polemica a tutti i costi con Bush o più modestamente con Berlusconi.
Così la pensa per esempio il professor Guido Visconti dell'università
dell'Aquila: «Se vogliamo arrivare a risposte credibili è necessario invece
separare lo sfruttamento politico di questi problemi ambientali dalla
ricerca vera da effettuare» - Il Corriere della sera, 6 maggio. (2) Prendere
delle decisioni premature sarebbe rischioso e soprattutto rischierebbe di
compromettere l'economia dei paesi più avanzati e di frenare la crescita di
quelli in via di sviluppo. (3) In ogni caso non c'è da preoccuparsi perché
nuove e più avanzate tecnologie sono allo studio nei laboratori che ci
permetteranno di superare il problema. (4) Anzi, la tecnologia già ce le
abbiamo: e si chiama energia nucleare pulita e sicura; a proposito, varrà la
pena di ricordare che l'orizzonte temporale più ottimista situa le nuove
centrali avanzate non prima del 2020. E nell'attesa?

L'inquinamento della discussione è davvero insopportabile, ma può essere
superato ricorrendo a un libro e un sito di esemplare chiarezza e
obbiettività. L'autore è Spencer Weart, storico della scienza americano che
ha appena pubblicato una completa storia della «Scoperta del riscaldamento
globale». Larga parte dei materiali e la descrizione della metodologia
adottata sono organizzati in maniera ipertestuale sul sito
www.aip.org/history/climate/. Non è una storia generale del clima, ma
piuttosto una preziosa ricostruzione di come nel secolo scorso, e in
particolare a partire dagli anni `70, i ricercatori siano divenuti
consapevoli del problema e con un dispiego esemplare di energie
interdisciplinari, siano arrivati alle attuali solide conoscenze. L'autore
non si sottrae alla cronaca più recente, quella politica, ma lo fa sempre in
modo serio e documentato. E' così che lavorano gli scienziati.