[Lecce-sf] Fw: [aa-info] Gino Strada: maquale blitz? Per gli…

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Autor: rosario
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Temat: [Lecce-sf] Fw: [aa-info] Gino Strada: maquale blitz? Per gli ostaggi è stato pagato unriscatto

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From: "Gennaro Scala" <gennarolasca@???>
To: "aa-info" <aa-info@???>; "Bsf"
<forum@???>
Sent: Friday, June 11, 2004 9:10 AM
Subject: [aa-info] Gino Strada: ma quale blitz? Per gli ostaggi è stato
pagato un riscatto


> http://www.unita.it/index.asp?SEZIONE_COD=HP&TOPIC_TIPO=&TOPIC_ID=35213
>
> Un riscatto. Una semplice riscatto e non un blitz,
> autorizzato dal governo italiano. Così sono stati
> liberati i tre ostaggi italiani in Iraq. Lo sostiene
> il sito web diell'agenzia di notizie Peace Reporter (
> http://www.peacereporter.net/it ). E lo conferma Gino
> Strada, di Emergency, in un'intervista, su l'Unità di
> venerdì 11 giugno.
>
> «Quella casa al numero 17 di Zaitun Street era
> disabitata da almeno due mesi. Fino a lunedì sera
> tardi (7 giugno, ndr) quando, intorno alle 23, si è
> sentito un gran trambusto. Io, che abito al 13, ho
> visto arrivare alcune auto e fermarsi davanti a quella
> casa. Sono entrate un po' di persone. Era buio, non
> abbiamo visto bene. Poco dopo se ne sono andati via ed
> è tornata la calma». A parlare, raggiunto al telefono
> da PeaceReporter, il giornale online di Emergency, è
> un iracheno, il signor Fahad, che assieme ad altri due
> suoi vicini, il signor Mohammed e il signor Ibrahim, è
> stato testimone oculare della liberazione di Maurizio
> Agliana, Umberto Cupertino e Salvatore Stefio.
>
> «Il mattino seguente, intorno alle 9:30, sono arrivate
> cinque auto militari americane, di colore verde oliva.
> Si sono fermate davanti a quella casa. Ne sono scesi
> alcuni uomini vestiti in abiti civili e con gli
> occhiali scuri. Erano sicuramente uomini del
> mukhabarat (servizio segreto, n.d.r.) americano. Hanno
> aperto la porta dell'abitazione, senza forzarla, come
> se fosse già aperta, e sono riusciti subito con solo
> quattro uomini, che poi abbiamo saputo essere i tre
> ostaggi italiani e un ostaggio polacco. Li hanno
> caricati su un furgoncino bianco e se ne sono andati
> via. Il tutto con la massima calma. Non è stato
> sparato un colpo. Nella casa, a parte gli ostaggi,
> evidentemente non c'era più nessuno. Non è stato
> assolutamente un blitz militare come è stato
> annunciato tre ore dopo. Quelli sono tutta un'altra
> cosa. Lì si è trattato di una semplice presa in
> consegna. Gli americani sono andati lì a colpo sicuro.
> Sapevano che gli ostaggi erano stati portati lì, si
> erano messi d'accordo. Il vostro governo ha pagato un
> riscatto: nove milioni di dollari. Qui ormai lo sanno
> tutti. Adesso però basta parlare al telefono, non è
> sicuro».
>
> La sua versione dei fatti è confermata da un'altra
> fonte irachena raggiunta da PeaceReporter, vicina al
> braccio politico della guerriglia. Una fonte che ha
> voluto rimanere anonima, e che ha fornito la sua
> versione di tutta la vicenda del sequestro, delle
> trattative e della liberazione. La fonte inizia
> facendo un nome, quello di Salih Mutlak. "Mutlak -
> dice - è un facoltoso commerciante iracheno
> arricchitosi con le speculazioni e il contrabbando
> durante il periodo dell'embargo. Da molti è definito
> semplicemente come un 'mafioso'. Lui è il personaggio
> chiave della vicenda della liberazione dei tre ostaggi
> italiani, assieme al già noto Abdel Salam Kubaysi
> (solo un omonimo di Jabbar al-Kubaysi), ulema sunnita
> e docente all'università di Baghdad, salito all'onore
> delle cronache televisive internazionali per il suo
> ruolo nella trattativa per il rilascio - dietro
> pagamento di riscatto - degli ostaggi giapponesi".
>
> Secondo la fonte, con Mutlak e con Kubaysi il governo
> italiano avrebbe trattato segretamente per settimane
> al fine di ottenere il rilascio di Agliana, Cupertino
> e Stefio, rapiti il 12 aprile assieme a Quattrocchi,
> ucciso il 14 aprile. Si scoprirà poi che aveva in
> tasca un porto d'armi rilasciato dalle forze
> britanniche e un pass della Coalizione. I contatti tra
> i nostri servizi segreti, il Sismi, e la coppia
> Mutlak-Kubaysi sono iniziati subito dopo quei tragici
> giorni, e già il 20 aprile erano cominciate a
> trapelare notizie sull'accordo con il governo italiano
> per il pagamento di un riscatto di 9 milioni di
> dollari. Il 22 era stato lo stesso governatore
> italiano di Nassiriya, Barbara Contini, a lasciarsi
> scappare che non c'era nulla da stupirsi del fatto che
> il governo pagasse un riscatto. "Si è sempre fatto
> così" aveva detto. Subito dopo aveva smentito questa
> dichiarazione, e il ministro degli Esteri, Franco
> Frattini, aveva detto che si trattava di "storie prive
> di fondamento". Lo stesso giorno, una qualificata
> fonte dei servizi segreti italiani rivelava
> all'agenzia Ansa: "La trattativa, avviata da giorni, è
> già stata definita in tutti i suoi aspetti, sia
> para-politici, sia economici. Quello che dovevamo fare
> l'abbiamo fatto".
>
> Dopo questa burrasca il Sismi ha protestato per queste
> fughe di notizie che rischiavano di far saltare le
> trattative in corso. A quel punto, il governo ha
> deciso di imporre il silenzio stampa assoluto sulla
> vicenda. "Le trattative - spiega la fonte - sono
> proseguite fino a quando, all'inizio di maggio, Salih
> Mutlak è andato in aereo a Roma. Ragione ufficiale del
> suo viaggio: affari. E' rimasto nella capitale
> italiana per una ventina di giorni, tornando a Baghdad
> alla fine di maggio con una valigetta piena di soldi.
> Cinque milioni di dollari, prima tranche di un
> riscatto complessivo di nove milioni di dollari. Gli
> altri quattro, questi erano gli accordi da lui presi,
> sarebbero stati consegnati ai rapitori dopo la
> liberazione degli ostaggi". Dopo il ritorno di Mutlak
> con i soldi, nei primi giorni di giugno si è consumato
> un duro scontro all'interno delle fila dei
> guerriglieri iracheni. Da una parte il braccio
> 'militare' dei guerriglieri, quelli che detenevano
> materialmente gli ostaggi e che, tramite Mutlak e
> Kubaysi, erano in contatto con il governo italiano:
> per loro l'importante era solo incassare il malloppo.
> Dall'altra parte il braccio 'politico' che non voleva
> fare la figura di una banda di delinquenti che
> rapiscono per soldi e che quindi non volevano
> accettare il riscatto. "Noi ci siamo opposti a questo
> gioco sporco.
>
> Questa storia del riscatto e della messa in scena
> della liberazione - sostiene la fonte - avrebbe
> rovinato l'immagine della nostra causa, facendoci
> passare per dei volgari banditi, e poi avrebbe giovato
> al governo italiano e quindi prolungato l'occupazione
> militare dell'Iraq. Noi volevamo consegnare gli
> ostaggi, senza alcun riscatto, nelle mani di
> rappresentanti del mondo pacifista italiano, sia laico
> che cattolico, con cui eravamo già in contatto da
> tempo e con i quali eravamo vicinissimi a una
> conclusione". Ancora domenica scorsa 6 giugno, i
> rappresentati della Santa Sede in Iraq si dicevano
> infatti certi che la liberazione dei tre italiani
> sarebbe stata questione di ore. Anche il governo
> italiano sentiva che la questione era giunta a un
> punto decisivo: venerdì scorso, 4 giugno, il ministro
> Frattini ha annullato una sua importante visita a
> Tokyo per "motivi familiari". Forse quello è stato un
> giorno decisivo. "Alla fine - prosegue la fonte, con
> tono infuriato - l'hanno spuntata i 'militari' senza
> scrupoli, che nei giorni scorsi, assieme a Mutlak,
> hanno organizzato in gran segreto il trasferimento dei
> tre ostaggi italiani dal loro luogo di detenzione,
> cioè Ramadi, un centinaio di chilometri a ovest di
> Baghdad, fino alla periferia occidentale della
> capitale, nel sobborgo di Abu-Ghraib. I tre sono stati
> lasciati in una casa e poi la loro posizione è stata
> comunicata ai servizi italiani e a quelli americani
> perché li venissero a prelevare.
>
> Il loro piano era di far sembrare tutto come un blitz
> militare che si concludesse con l'arresto dei
> sequestratori. Ma non è andata così". E in effetti,
> fonti vicine ai servizi italiani hanno rivelato che i
> due arrestati effettuati in connessione con il
> presunto blitz erano in realtà solo due pastori
> iracheni, che nulla avevano a che fare con la
> guerriglia e che erano stati pagati per farsi trovare
> lì. Di certo, il fatto che a condurre l'operazione
> siano stati militari americani, e non italiani,
> preclude alla magistratura una effettiva indagine sui
> "liberatori". In Iraq, al mercato nero delle armi, un
> kalashnikov costa tra i venti e i trenta dollari. Con
> nove milioni di dollari se ne possono comprare
> centinaia di migliaia.
>
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