[Cerchio] contributo alla campagna elettorale

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Autore: Vampire shadow
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Oggetto: [Cerchio] contributo alla campagna elettorale



      NOVE MILIONI DI DOLLARI E NESSUN BLITZ
      by Enrico Piovesana from Peace Reporter
      www.peacereporter.net


      Per i tre ostaggi italiani pagati nove milioni di dollari
      Una fonte di PeaceReporter rivela: "Gli ostaggi italiani sono stati
      consegnati alle forze Usa, non c'è stato nessun blitz".


      10 giugno 2004 - "Quella casa al numero 17 di Zaitun Street era
      disabitata da almeno due mesi.
      Fino a lunedì sera tardi (7 giugno, n.d.r.) quando, intorno alle 23, si
      è sentito un gran trambusto. Io, che abito al 13, ho visto arrivare
      alcune auto e fermarsi davanti a quella casa. Sono entrate un po' di
      persone. Era buio, non abbiamo visto bene. Poco dopo se ne sono andati
      via ed è tornata la calma".
      "Il mattino seguente, intorno alle 9:30, sono arrivate cinque auto
      militari americane, di colore verde oliva. Si sono fermate davanti a
      quella casa. Ne sono scesi alcuni uomini vestiti in abiti civili e con
      gli occhiali scuri. Erano sicuramente uomini del mukhabarat (servizio
      segreto, n.d.r.) americano. Hanno aperto la porta dell'abitazione, senza
      forzarla, come se fosse già aperta, e sono riusciti subito con solo
      quattro uomini, che poi abbiamo saputo essere i tre ostaggi italiani e
      un ostaggio polacco.
      Li hanno caricati su un furgoncino bianco e se ne sono andati via. Il
      tutto con la massima calma. Non è stato sparato un colpo. Nella casa, a
      parte gli ostaggi, evidentemente non c'era più nessuno. Non è stato
      assolutamente un blitz militare come è stato annunciato tre ore dopo.
      Quelli sono tutta un'altra cosa. Lì si è trattato di una semplice presa
      in consegna. Gli americani sono andati lì a colpo sicuro. Sapevano che
      gli ostaggi erano stati portati lì, si erano messi d'accordo. Il vostro
      governo ha pagato un riscatto: nove milioni di dollari. Qui ormai lo
      sanno tutti. Adesso però basta parlare al telefono, non è sicuro".
      A parlare, raggiunto al telefono da PeaceReporter, è un iracheno, il
      signor Fahad, che assieme ad altri due suoi vicini, il signor Mohammed e
      il signor Ibrahim, è stato testimone oculare della liberazione di
      Agliana, Cupertino e Stefio. Fahad parla dalla sua casa, al 13 di Zaitun
      Street, ad Abu Ghraib, il sobborgo occidentale di Baghdad divenuto
      tristemente famoso per lo scandalo delle torture sui prigionieri
      iracheni.
      La sua versione dei fatti è confermata da un'altra fonte irachena
      raggiunta da PeaceReporter, vicina al braccio politico della guerriglia.
      Una fonte che ha voluto rimanere anonima, e che ha fornito la sua
      versione di tutta la vicenda del sequestro, delle trattative e della
      liberazione.
      La fonte inizia facendo un nome, quello di Salih Mutlak. "Mutlak ­ dice
      ­ è un facoltoso commerciante iracheno arricchitosi con le speculazioni
      e il contrabbando durante il periodo dell'embargo. Da molti è definito
      semplicemente come un 'mafioso'. Lui è il personaggio chiave della
      vicenda della liberazione dei tre ostaggi italiani, assieme al già noto
      Abdel Salam Kubaysi (solo un omonimo di Jabbar al-Kubaysi), ulema
      sunnita e docente all'università di Baghdad, salito all'onore delle
      cronache televisive internazionali per il suo ruolo nella trattativa per
      il rilascio - dietro pagamento di riscatto - degli ostaggi giapponesi".
      Secondo la fonte, con Mutlak e con Kubaysi il governo italiano avrebbe
      trattato segretamente per settimane al fine di ottenere il rilascio di
      Agliana, Cupertino e Stefio, rapiti il 12 aprile assieme a Quattrocchi,
      ucciso il 14 aprile. Si scoprirà poi che aveva in tasca un porto d'armi
      rilasciato dalle forze britanniche e un pass della Coalizione.
      I contatti tra i nostri servizi segreti, il Sismi, e la coppia
      Mutlak-Kubaysi sono iniziati subito dopo quei tragici giorni, e già il
      20 aprile erano cominciate a trapelare notizie sull'accordo con il
      governo italiano per il pagamento di un riscatto di 9 milioni di
      dollari.
      Il 22 era stato lo stesso governatore italiano di Nassiriya, Barbara
      Contini, a lasciarsi scappare che non c'era nulla da stupirsi del fatto
      che il governo pagasse un riscatto. "Si è sempre fatto così" aveva
      detto. Subito dopo aveva smentito questa dichiarazione, e il ministro
      degli Esteri, Franco Frattini, aveva detto che si trattava di "storie
      prive di fondamento". Lo stesso giorno, una qualificata fonte dei
      servizi segreti italiani rivelava all'agenzia Ansa: "La trattativa,
      avviata da giorni, è già stata definita in tutti i suoi aspetti, sia
      para-politici, sia economici. Quello che dovevamo fare l'abbiamo fatto".


      Dopo questa burrasca il Sismi ha protestato per queste fughe di notizie
      che rischiavano di far saltare le trattative in corso. A quel punto, il
      governo ha deciso di imporre il silenzio stampa assoluto sulla vicenda.
      "Le trattative - spiega la fonte - sono proseguite fino a quando,
      all'inizio di maggio, Salih Mutlak è andato in aereo a Roma. Ragione
      ufficiale del suo viaggio: affari. E' rimasto nella capitale italiana
      per una ventina di giorni, tornando a Baghdad alla fine di maggio con
      una valigetta piena di soldi. Cinque milioni di dollari, prima tranche
      di un riscatto complessivo di nove milioni di dollari. Gli altri
      quattro, questi erano gli accordi da lui presi, sarebbero stati
      consegnati ai rapitori dopo la liberazione degli ostaggi".
      Dopo il ritorno di Mutlak con i soldi, nei primi giorni di giugno si è
      consumato un duro scontro all'interno delle fila dei guerriglieri
      iracheni. Da una parte il braccio 'militare' dei guerriglieri, quelli
      che detenevano materialmente gli ostaggi e che, tramite Mutlak e
      Kubaysi, erano in contatto con il governo italiano: per loro
      l'importante era solo incassare il malloppo. Dall'altra parte il braccio
      'politico' che non voleva fare la figura di una banda di delinquenti che
      rapiscono per soldi e che quindi non volevano accettare il riscatto.
      "Noi ci siamo opposti a questo gioco sporco. Questa storia del riscatto
      e della messa in scena della liberazione ­ sostiene la fonte ­ avrebbe
      rovinato l'immagine della nostra causa, facendoci passare per dei
      volgari banditi, e poi avrebbe giovato al governo italiano e quindi
      prolungato l'occupazione militare dell'Iraq. Noi volevamo consegnare gli
      ostaggi, senza alcun riscatto, nelle mani di rappresentanti del mondo
      pacifista italiano, sia laico che cattolico, con cui eravamo già in
      contatto da tempo e con i quali eravamo vicinissimi a una conclusione".
      Ancora domenica scorsa 6 giugno, i rappresentati della Santa Sede in
      Iraq si dicevano infatti certi che la liberazione dei tre italiani
      sarebbe stata questione di ore. Anche il governo italiano sentiva che la
      questione era giunta a un punto decisivo: venerdì scorso, 4 giugno, il
      ministro Frattini ha annullato una sua importante visita a Tokyo per
      "motivi familiari". Forse quello è stato un giorno decisivo.
      "Alla fine ­ prosegue la fonte, con tono infuriato ­ l'hanno spuntata i
      'militari' senza scrupoli, che nei giorni scorsi, assieme a Mutlak,
      hanno organizzato in gran segreto il trasferimento dei tre ostaggi
      italiani dal loro luogo di detenzione, cioè Ramadi, un centinaio di
      chilometri a ovest di Baghdad, fino alla periferia occidentale della
      capitale, nel sobborgo di Abu-Ghraib. I tre sono stati lasciati in una
      casa e poi la loro posizione è stata comunicata ai servizi italiani e a
      quelli americani perché li venissero a prelevare. Il loro piano era di
      far sembrare tutto come un blitz militare che si concludesse con
      l'arresto dei sequestratori. Ma non è andata così".
      E in effetti, fonti vicine ai servizi italiani hanno rivelato che i due
      arrestati effettuati in connessione con il presunto blitz erano in
      realtà solo due pastori iracheni, che nulla avevano a che fare con la
      guerriglia e che erano stati pagati per farsi trovare lì.
      Di certo, il fatto che a condurre l'operazione siano stati militari
      americani, e non italiani, preclude alla magistratura una effettiva
      indagine sui "liberatori".
      In Iraq, al mercato nero delle armi, un kalashnikov costa tra i venti e
      i trenta dollari. Con nove milioni di dollari se ne possono comprare
      centinaia di migliaia.



VAMPIRE SHADOW - FRANZ

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