L'attuazione dell'art. 8 della legge di delega 14 febbraio 2003, n. 30
NON RIDURRA' L'EVASIONE CONTRIBUTIVA
E GLI INFORTUNI SUL LAVORO
La pubblicazione ormai imminente del decreto legislativo di attuazione dei principi contenuti nell'art. 8 della legge delega 30/2003, sulla riforma dei servizi ispettivi in materia di previdenza sociale e del lavoro, per i contenuti che esso esprime suscita perplessità ed allarme per i molteplici - ed ulteriori - riflessi negativi che il complesso delle norme potrà causare alla concreta difesa dei diritti e degli interessi dei lavoratori.
Rappresenta l'ultimo tassello verso l'eliminazione di quasi ogni residuo diritto dei cittadini in materia di lavoro, iniziata con l'abolizione della richiesta numerica, l'introduzione della richiesta a tempo determinato (in aggiunta a quanto era già previsto dalla legge 230/62), e proseguita con l'ulteriore precarizzazione del rapporto di lavoro introdotta dal "pacchetto TREU" e dalla legge BIAGI, che rappresenta la fine del diritto ad un lavoro dignitoso ed un ulteriore regalo per le imprese.
In tale unilaterale quadro normativo, sempre più vicino alle imprese e più lontano dai lavoratori, con il ruolo che oggi viene assegnato al personale ispettivo si sancisce definitivamente la fine della possibilità di una efficace tutela della salvaguardia del rapporto di lavoro, della certezza delle assicurazioni sociali e della sicurezza sul posto di lavoro.
Le norme contenute nell'art. 8 vanno ad aggiungersi a quelle sulla abolizione delle sanzioni amministrative in materia di omissioni contributive introdotte dalla legge finanziaria 388/2000, alla depenalizzazione di numerose violazione in materia di lavoro avvenuta negli anni scorsi si iscrivono palesemente in un disegno generale di sistematica demolizione del già debole sistema sanzionatorio in materia lavoristica.
In tal senso esse appaiono necessarie e complementari alla legislazione di precarizzazione del rapporto di lavoro che ha trovato il suo coronamento prima nelle leggi del cosiddetto "pacchetto Treu" e ultimamente con la legge 30/2003 di riforma del mercato del lavoro.
Vive preoccupazioni sorgono in ordine alle funzioni di promozione e prevenzione che il personale ispettivo dovrebbe svolgere nelle aziende, finalizzate al conseguimento dell'osservanza della normativa in materia lavoristica e previdenziale, atteso che, per ovvie ragioni, non può esservi confusione di sorta fra il ruolo di controllore e quello"innaturale" di consulente del soggetto controllato, una contraddittoria e innaturale commistione di ruoli che la dice lunga sulle reali intenzioni di perseguire i datori di lavoro che operano al di fuori della legge.
Infatti, "l'attenuazione/abolizione" di ogni deterrenza della funzione di controllo, è uno dei cardini dell'art. 8 che prevede per gli ispettori lo svolgimento di attività di "promozione" - cioè di consulenza - da svolgere presso le aziende, finalizzata al conseguimento dell'osservanza della normativa lavoristica e previdenziale. Una norma di ambiguità assoluta, che nel contempo vuole assommare nella figura dell'ispettore quella di controllore e di consulente!
Particolarmente preoccupante la previsione addirittura della stipula di convenzioni a pagamento che potrebbero indurre nelle aziende il convincimento (forse a ragione?) che la cui attivazione possa mettere al riparo da successivi controlli ed ispezioni.
Molto allarmante è, inoltre, l'ulteriore allargamento del sistema di definizione "conciliatorio" delle controversie in materia di lavoro connesse ad omissioni contributive, con l'introduzione della conciliazione monocratica attivata dallo stesso ispettore del lavoro durante l'accertamento o addirittura prima dell'accertamento ispettivo, con le conseguenze che tutto ciò potrà comportare per l'attività di contrasto all'evasione ed elusione dei contributi sociali.
Infatti, l'istituzionalizzazione della possibilità prevista per il datore di lavoro di potersi sottrarre a sanzioni certe indurrà quelli più propensi alla inosservanza delle norme a perseverare nella loro condotta illecita, senza alcun timore di incorrere nei rigori della legge, certi di potersela cavare a buon mercato, ove scoperti (eventualità alquanto remota, stante l'esiguità delle forze ispettive in campo). In buona sostanza la possibilità di usufruire di un quasi "condono" permanente.
Tale situazione non potrà che ripercuotersi negativamente su quei datori di lavoro finora tendenti a rispettare le norme, che saranno incentivati ad imitare i più furbi.
Altrettanta preoccupazione suscita l'inserimento nell'istituenda "Commissione centrale di coordinamento dell'attività di vigilanza", e nelle varie Commissioni regionali, di ben 4 rappresentanti dei datori di lavoro (evidentemente in rappresentanza delle diverse categorie) la cui previsione è del tutto fuori luogo. Sarebbero in questo modo gli stessi "controllati" a contribuire a decidere le modalità, i criteri, ed i tempi dei controlli, sovrintendendo persino al loro coordinamento! Un ennesimo enorme regalo alle aziende a tutto danno dei lavoratori.
La presenza dei datori di lavoro, seppure limitata ad un singolo rappresentante, è anche prevista nei "Comitati regionali per i rapporti di lavoro", incaricati di esaminare i vari ricorsi.
Del tutto ridicola appare inoltre la previsione di attivare percorsi di formazione permanente per gli operatori senza prevedere però alcun finanziamento aggiuntivo.
Da segnalare infine, anche se non attinente alla materia, che per i 4 rappresentanti dei lavoratori nelle Commissioni centrale e periferiche sarebbero designati dalle organizzazioni sindacali "comparativamente più rappresentative a livello nazionale", introducendo quindi un criterio di valutazione unilaterale non contemplato dalle norme vigenti.
L'impianto legislativo sembra in conclusione voler unicamente garantire una totale e costante impunità alle aziende, soprattutto quelle intenzionate a mantenere senza diritti milioni di lavoratori, a conseguire sempre maggiori profitti non versando i contributi e risparmiando sui presidi di sicurezza determinando infortuni talvolta mortali sui posti di lavoro.
E' una legge che determinerà un aumento degli attuali 1200 morti sul lavoro all'anno, i 14 mila invalidi permanenti di cui oltre 500 minori, decine di migliaia di malattie professionali, complessivamente oltre un milione di infortuni.
Di fronte ad una tragedia sociale di tale proporzione, di fronte all'intollerabile stillicidio di vite umane sacrificate all'imperante ideologia del profitto a tutti i costi e senza regole, riteniamo debba essere varato un vero e proprio piano di emergenza, a cominciare dall'aumento significativo dei controlli su iniziativa. E' necessario, inoltre, costruire le condizioni per abrogare le leggi che rendono tutti più precari e flessibili.
Maggio '04 Coordinamento nazionale CUB
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