[Lecce-sf] Fw: da indymedia

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著者: rosario
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題目: [Lecce-sf] Fw: da indymedia

----- Original Message -----
From: <rosat51@???>
To: <rosat51@???>
Sent: Monday, June 07, 2004 2:49 PM
Subject: da indymedia


>
>
> Articolo originale : http://italy.indymedia.org/news/2004/06/563448.php
>
>
> Sul 4 giugno romano contro Bush
> Network Antagonista torinese
> Sunday June 06, 2004 at 12:44 AM
>
> Alcune riflessioni sul significato politico della visita di Bush ha Roma e

sulla risposta del movimento italiano
>
> Alla fine la giornata del 4 giugno è scivolata via "senza problemi" come

in molti hanno scritto ( e ancor di più: voluto). Nel suo insieme la
giornata (le giornate se vogliamo prendere in considerazione anche il timido
antipasto del 2 giugno) può leggersi come una sostanziale vittoria del
quadro istituzionale dentro e fuori del movimento. L'ennesima, lunga
passeggiata sarà archiviata dalla questura romana e dal governo Berlusconi
come obiettivo raggiunto e pericolo scampato. Il prefetto Serra aggiungerà u
> na stelletta in più al suo medagliere di pacificatore sociale mentre

Berlusconi può addirittura permettersi di parlare di un corteo di 7000
persone, sminuendo, in dichiarazioni, la realtà di una presenza ben più
massificata . Eppure tutti i giornali ( di destra, di centro , di sinistra
e "di movimento") ci raccontano un'altra storia, secondo la quale la
giornata è stata: riuscita, gloriosa, memorabile, vittoriosa e soprattutto
"passata". Chi ha vinto allora? Hanno vinto tu!
> tti! Berlusconi, sul piano della politica interna e della sua legittimità

internazionale; ma ha vinto anche tutto il centro-sinistra che potrà
finalmente tirare un sospiro di sollievo e convogliare su altre date e
scadenze (12 giugno) rabbia e scontento del popolo italiano. Ha vinto
Bertinotti, forse aspirante un domani a ricoprire la carica di ministro
degli esteri, così come ha vinto Il Manifesto che vedrà forse aumentare il
volume percentuale delle proprie tirature. Ha vinto, ancora una volta, la
polit
> ica pensata ed agita come ambito della concertazione e del consenso invece

che come pratica di rottura ed espressione di antagonismo.
>
> Lo spettro di Genova (con troppo ottimismo) veniva fatto aleggiare

minaccioso agli albori di queste giornate, turbando il sonno di molti. La
riproposizione di uno scenario anche solo lontanamente riconducibile a
quelle memorabili giornate preoccupava fortemente la volontà di riscatto
tutta elettorale del centro-sinistra e di un ceto politico di movimento
sempre più coincidenti sulla scheda di voto. Da subito, di questa giornata,
la burocrazia del movimento si è penata di intralciarne l'organizzazione,
smin
> uirne l'importanza e sabotarne estensione e forza. <br />
> Fin dai presidi e "blocchi" della mattinata emergeva nitido quale avrebbe

dovuto essere il livello di radicalità che il movimento era tenuto a
rispettare, quali i limiti invalicabili della sua protesta: evidente
l'assoluta compatibilità di questo tipo di azioni, nonostante la buona fede
e la genuina voglia di partecipazione di quanti vi hanno preso parte. Ancor
più esplicita la totale disponibilità istituzionale a tollerare quel livello
di dissenso. Era chiaro che avremmo potuto trascorrere l'intera giorna
> ta a bloccare il traffico e impedire la circolazione in una Roma già di

per sé piegata in quel senso dalla blindatura che altri avevano deciso. La
compatibilità come orizzonte unico del movimento si è cosi consolidata a tal
punto che un semplice slogan sintetizza il massimo della rottura esprimbile,
mettendo insieme tutti, da un centro-destra assetato di smentite ad un
centro-sinistra timoroso di compromettersi troppo; per arrivare a settori di
movimento che si sentono in !
> obbligo di prendere le distanze. <br />
> Dentro questa manifestazione è mancata la ricerca di dare una dimensione

politica alla scadenza, che trasformasse la mobilitazione di massa contro la
guerra in contrapposizione chiara alla presenza del torturatore Bush, al
ruolo assunto in Iraq dal governo Berlusconi.
> Il 4 giugno cadeva in un momento importante, forse cruciale, per

legittimare un nuovo passaggio nelle forme di oppressione, di occupazione e
di dominio sull'Iraq. Si è deciso di non porre il problema della rottura
nella costruzione del conflitto, e quindi di non puntare a definire
effettive forme di contropotere come momento fondamentale per cambiare i
rapporti di forza nel sistema sociale e nel quadro internazionale. Il
centrosinistra, la ruota di scorta Bertinotti, la burocrazia del movimento e
gli asp
> iranti carrieristi politici hanno i loro interessi da difendere: quelli

che nascono nella cabina elettorale e si manifestano nel teatrino della
politica istituzionale. Nulla deve turbare questo tran-tran. Non la rottura,
non la trasformazione, interessa a costoro. Ciò per cui essi lavorano è il
semplice riequilibrio sistemico del dominio capitalista e imperialista. <br
/>
> Un momento diverso rispetto a queste logiche è stato il tentativo di

raggiungere l'ambasciata Usa presso la Santa Sede collocata sulla collina
adiacente al circo Massimo. Si è trattato di un indicazione concreta che
tuttavia aveva un preciso senso politico di alterità alle logiche
istituzionali e legalitariste delle nomenklature politiche del movimento.
> Pur avendo espresso dei limiti nella sua praticabilità ha rappresentato

una voce discordante dal coro che sottolinea i limiti politici espressi dal
movimento e richiede di aprire una battaglia, di non breve durata, per
invertire una tendenza che appare oggi maggioritaria e che fattivamente
disarma le potenzialità politiche del movimento e lo conduce
all'esaurimento.
> La ricerca di una nuova concertazione che coinvolge e condiziona sempre

più lo sviluppo di numerose lotte sociali rischia di produrre dei risultati
nefasti sia sulle realtà sociali interne al nostro paese sia nel quadro
internazionale.
> Questo sottende una profonda incomprensione sull'effettivo futuro che a

breve si prospetta. Non è certo con una risoluzione dell'Onu o con una
dichiarazione formale che prima o poi si darà legittimità a un governo
autonomo iracheno in grado di disinnescare la polveriera incendiata nel
Medio Oriente dagli interventi americani e israeliani. La situazione
internazionale non può comunque essere pacificata nel breve periodo e
sicuramente un'eventuale rielezione di Bush provocherà una estensione della
presenza
> armata e nuove forme di resistenza e di guerra che dilagheranno anche in

Europa e nei nostri territori. <br />
> Solo stando dalla parte del conflitto e reinventandosi nella pratica dello

scontro - come già avvenne da Seattle a Genova - il movimento potrà
delinearsi come alternativa reale alle barbarie del capitalismo per essere
all'altezza del nuovo che il domani ci riserva. <br />
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> NETWORK ANTAGONISTA TORINESE
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