[Forumlucca] quando la biometria fallisce

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Autor: Marcantonio
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Assunto: [Forumlucca] quando la biometria fallisce
La comunità europea ha intenzione di classificare e organizzare in un
grande database i dati riguardanti tutte le persone che avranno
intenzione di muoversi e visitare altri paesi europei e non.
Un grande fratello biometrico creato solo per la nostra "sicurezza".
Quella sicurezza che ha portato molti governi a sostenere leggi
antidemocratiche in aperta violazione dei diritti umani.
Quella stessa sicurezza che pericolosamente trova concordi partiti di
destra e aree "democratiche" della sinistra
in italia portando alla realizzazione di vere e proprie reti di
controllo a mezzo di videocamere gestite spesso da aziende private.

ecco un articolo su cosa ci potremmo trovare a fronteggiare per la
nostra "sicurezza" e "libertà"

     
Biometria, quando fallisce l'infallibile

di Paolo Attivissimo

Le vostre impronte digitali vengono trovate in un covo di terroristi.
Il vostro DNA è sull'arma di un delitto. Come dimostrate la vostra
innocenza? Le odissee di due vittime del delirio di onnipotenza che
circonda la biometria

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Brandon Mayfield è un avvocato musulmano che vive nell'Oregon. Di
recente è stato preso dall'FBI e incarcerato per 17 giorni, con
l'accusa devastante di terrorismo: coinvolto negli attentati di Madrid.
Le sue impronte sono sui materiali usati dai terroristi. Una prova
schiacciante.

Peter Hankin, un barista di Liverpool, viene arrestato da Scotland Yard
perché il suo DNA è sull'arma che ha ucciso una ragazza nella pineta di
Campolecciano, vicino a Castiglioncello, il 19 agosto 2002. Un'altra
prova schiacciante.

Ma entrambi vengono ben presto scarcerati, e le forze di polizia che li
avevano arrestati devono chiedere profondamente scusa. Nessuno dei due
ha commesso il delitto di cui era accusato, anche se i suoi dati
biometrici (DNA, impronte digitali) lo inchiodano. O forse no.


Delirio digitale

Adesso che ci avviciniamo all'era della biometria sempre e dovunque, è
forse il caso di smentire alcuni miti che circondano l'argomento. Prima
di tutto, la biometria non è infallibile. Persino le mitiche impronte
digitali, che sono uno dei più classici strumenti della biometria, sono
assai meno affidabili di quanto i non addetti ai lavori, e soprattutto
i politici che poi devono decidere se acquistare costosissimi sistemi
biometrici basati (anche) sulle impronte digitali, immaginino.

Nel caso di Mayfield, per accusare di terrorismo un innocente è bastata
una semplice ritrasmissione digitale di un'impronta imperfetta, con un
numero "insolito" di punti di somiglianza con le impronte del
malcapitato avvocato; al resto hanno pensato i pregiudizi. Ehi,
Mayfield è un musulmano, ha fatto una telefonata a un ente di
beneficenza islamico finito nella lista USA dei sorvegliati, e l'ha
fatta esattamente un anno dopo gli attentati dell'11 settembre: ergo è
un terrorista! Vive nell'Oregon ma le sue impronte sono state trovate a
Madrid? Dettaglio trascurabile.

L'FBI ha frettolosamente promesso di rivedere le proprie procedure, ma
qui più che altro si tratta di cambiare la testa della gente, cosa ben
più impegnativa. La troppa fiducia riposta nell'infallibilità delle
impronte digitali ha indotto i funzionari dell'FBI, secondo il New York
Times, ad essere "così fiduciosi della corrispondenza che non si sono
mai preoccupati di esaminare l'impronta originale" (invece della sua
scansione digitale) quando si sono recati a Madrid, e nonostante le
insistenze degli investigatori spagnoli, che adesso hanno trovato che
le impronte incriminate corrispondono a quelle di un algerino. Ci si
potrà fidare stavolta?

Il povero Peter Hankin ha tribolato assai più a lungo per convincere
gli investigatori della propria innocenza. Il ritrovamento del suo DNA
in Italia era tutto sommato a prima vista plausibile; l'unica cosa che
ha scagionato Hankin nonostante la prova apparentemente inequivocabile
del DNA è stato il suo alibi di ferro: decine di testimoni, compreso il
titolare del locale e numerosi clienti, hanno infatti confermato che
era sicuramente in Inghilterra nel periodo del delitto. Ma "la polizia,
sia quella inglese che italiana, si è comportata in modo superficiale.
Nessuno di loro ha fatto un minimo di indagine", secondo le
dichiarazioni al Sunday Mirror del difensore di Hankin.


Questione di mentalità

Questo è esattamente il tipo di pericolo che si prospetta, su scala
assai più vasta, con l'introduzione delle tecnologie biometriche nella
vita quotidiana. Non è tanto un problema della tecnologia in sé, quanto
dell'uso inadeguato che se ne fa. Gli inquirenti si comportano come se
la biometria fosse infallibile, al punto di ignorare eventuali
circostanze che contraddicano impronte digitali e DNA.

Meno male che in questi casi le circostanze contraddittorie c'erano: ma
se Hankin fosse stato in vacanza in Italia all'epoca del delitto, come
avrebbe potuto dimostrare la propria estraneità? Uno scenario da
incubo. Insomma, prima di biometrizzare tutto il biometrizzabile, come
si vuol fare in nome (o col pretesto) della tutela antiterrorismo, è
meglio inculcare negli inquirenti e nei politici una regola nuova: la
biometria, da sola, non è una prova schiacciante e non deve indurre ad
ignorare indizi contrastanti. E' una forte indicazione, ma da sola non
deve bastare per incriminare un innocente. Il gadget tecnologico non è
una bacchetta magica.

Il secondo mito da sfatare è quello dell'identificazione nei database.
Attualmente la biometria viene applicata con uguale disinvoltura a due
problemi che in realtà sono ben diversi: sapere se due impronte
specifiche appartengono allo stesso individuo (un confronto "uno a
uno") e trovare una corrispondenza fra un'impronta di riferimento e un
database di impronte (un confronto "uno a molti"). Il secondo problema
è enormemente più difficile del primo, ma chi decide di queste cose non
l'ha ancora capito (e chi vende queste tecnologie fa finta di non
saperlo), e per questo spinge verso soluzioni in cui impronte, DNA e
altri dati biometrici dell'intera popolazione vengono archiviati in un
immenso database soggetto a continue interrogazioni.

Lasciando da parte le ovvie considerazioni di privacy e di possibili
abusi derivanti da una raccolta di massa del DNA di una nazione, il
problema fondamentale di un confronto "uno a molti", a parte le
prestazioni spettacolari dell'hardware necessario (confrontare in tempo
reale un'impronta con altre sessanta milioni di impronte) è il tasso di
errore, molto più alto di quello di un confronto "uno a uno".
Supponiamo che i venditori di biometria proclamino un'affidabilità del
99,99% per questo tipo di confronti. Suona bene, vero? Il sistema
sembra praticamente infallibile.

Ma fermiamoci un attimo a fare due conti. Un tasso del genere significa
che ci sarà un errore ogni diecimila test. Soltanto da Fiumicino e
Malpensa transitano circa quaranta milioni di passeggeri l'anno. Se
questo test biometrico venisse utilizzato ogni volta che si sale e si
scende da un aereo, come si propone da più parti, un errore su
diecimila test significherebbe quattromila false identificazioni
l'anno. In media, ogni giorno dieci passeggeri verrebbero identificati
erroneamente come terroristi e sottoposti alla gogna elettronica. Il
sistema vi sembra ancora sufficientemente affidabile?

La biometria insomma va tolta dal piedistallo d'infallibilità sulla
quale è stata superficialmente collocata, e riportata al suo vero ruolo
di semplice tecnologia di supporto. Fatto questo, sarà opportuno
rivalutare se gli enormi investimenti necessari per biometrizzare il
mondo sono ancora giustificati, ora che abbiamo capito che non ci
daranno la ricetta magica contro il terrorismo.

http://www.apogeonline.com/webzine/2004/06/03/01/200406030101


*** E' ricercando l'impossibile che l'uomo ha sempre realizzato il
possibile.
Coloro che si sono limitati a ciò che appariva loro come possibile, non
hanno mai avanzato di un solo passo - Michail A. Bakunin***