[NuovoLaboratorio] Integralismo: ancora sulla moschea

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Szerző: antonio bruno
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Tárgy: [NuovoLaboratorio] Integralismo: ancora sulla moschea
secolo xix

«La moschea? Non ha mai dato fastidio»
SAMPIERDARENA L'operaio: «Non lo sapevo». La mamma: «Persone educate e
gentili». Il commerciante: «Unico problema il parcheggio»
Viaggio in via Sasso, dove da due anni esiste un grande centro islamico

«U n centro islamico qui in via Sasso? Non me ne sono mai accorto», dice
sorpreso Ruggero Paparella, ex operaio dell'Ilva. Eppure, ogni venerdì, da
due anni a questa parte, sono almeno trecento i musulmani genovesi che si
ritrovano, per la preghiera più importante della settimana, nell'ex
capannone industriale di via Sasso, a Sampierdarena. In attesa che si
realizzi il progetto, contestato da molti, di una vera moschea a
Cornigliano. «Gli islamici? Una presenza discreta, mai avuto problemi», è
il commento unanime di chi abita in zona. Di più: «Sono tutte persone buone
ed educate», afferma convinta Claudia Demi, giovane madre di due bimbi, 4 e
8 anni, e residente al civico 10 di via Sasso, esattamente di fronte al
luogo di culto.
L'edificio, in passato sede di officine meccaniche e di un centro di
revisione auto, sorge al centro di una zona densamente popolata, a monte
della centralissima via Carlo Rolando. Lì davanti passano ogni giorno
centinaia di persone, molti sono clienti del supermercato Conad di via
Sasso. Tra questi ultimi, c'è Fulvia Melani, casalinga, casa in via Ardoino
e tra i pochi, qui, ad esprimere qualche timore: «Solo da poco mi sono
accorta per caso della presenza di tanti musulmani. Nessun distrubo, per
carità, purché sia solo una moschea...». Quello di via Sasso è il più
importante polo sociale e religioso della comunità islamica, che
storicamente celebrava il rito del venerdì nei fondi di un mega condominio
in via Venezia, a San Teodoro. Nel giugno 2002 lo sfratto e il trasloco a
Sampierdarena. Altri due luoghi di culto sono attivi nel centro storico, un
quarto al Cep di Pra'. «Se non fosse per la mancanza di un minareto e per
il fatto che siamo in affitto, questa di Sampierdarena potrebbe
considerarsi a pieno titolo la nostra moschea», puntualizza Abdul Karim
Abuyuness, 33 anni, marocchino, uno dei sei iman genovesi.
Il centro di preghiera - composto anche da un piccolo matroneo, servizi e
due fatiscenti aule didattiche per insegnare arabo ai 200 bambini della
comunità - occupa metà del capannone su due piani stretto tra via Sasso e
la ferrovia. L'altra metà ospita una rivendita di moto e scooter, con
annessi officina e servizio ricambi: «Mai avuto il benché minimo fastidio
dai mie vicini di casa», sorride Massimo Simoni, titolare di "Euromoto",
accanto alla moglie e al suo bimbo di appena sedici giorni. «Anzi -
continua il commerciante - una volta sono rimasto chiuso fuori dal negozio
e loro sono stati gli unici a darmi una mano». Maria Luisa, impiegata,
appartamento in via dei Landi, si dichiara «buddista e molto tollerante» e
quindi, per lei, la concentrazione degli islamici sotto le finestre di casa
non è neppure lontanamente motivo di preoccupazione: «Le paure dei contrari
alla moschea sono frutto di pregiudizi e scarsa informazione». Renato
Scullino, commerciante, va sul concreto: «A parte qualche difficoltà di
parcheggio il venerdì, nessun disturbo...». Il figlio Daniel, 21 anni,
studente universitario, frena: «Sì, però sulla moschea non sono d'accordo.
Perché nei paesi islamici non esiste il diritto di reciprocità». Nadia
Speranza, commessa: «Passo davanti alla moschea anche di sera, senza alcun
timore».

Fotoservizio Razzore


Enzo Galiano
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I musulmani «Vogliamo solo un luogo più dignitoso per i nostri figli»


«Siamo preoccupati per il futuro dei nostri figli, che non hanno un posto
decoroso dove incontrarsi e studiare l'arabo. Così rischiano di perdere per
sempre l'essenza delle nostre tradizioni».
La costruzione di una moschea - a Cornigliano o altrove poco importa - con
spazi ampi e confortevoli, è anche e soprattutto una questione di dignità,
secondo Abdul Karim Abuyuness, trentatreenne artigiano e tra i sei imam
della comunità islamica genovese, che ha nel palestinese Husein Salah la
massima guida spirituale. Non era presente, Salah, ieri alle 14, nel centro
islamico di via Sasso, a Sampierdarena, per celebrare la "solenne"
preghiera settimanale, svolgendo, come ogni venerdì, la stessa funzione a
beneficio dei musulmani rinchiusi nel carcere di Marassi. C'era però il suo
vice, Mustafà Elhor, 36 anni, marocchino, a Genova dall'89, tre figli,
operaio nei cantieri navali: «Sul progetto della moschea di Cornigliano è
stato sollevato un polverone politico - dice - ma a Genova esistono già
quattro piccole moschee, che non danno fastidio a nessuno: la più grande in
via Sasso, altre tre nel centro storico e al Cep di Pra'». «La moschea di
via Coronata sarà aperta a tutti - aggiunge Abuyuness - organizzeremo
convegni, incontri, feste, in nome del dialogo».
E il rischio terrorismo denunciato dai partiti del centro destra? La paura,
innegabile, di tanti corniglianesi? «E' nostra cura e interesse difendere
la reputazione della comunità - risponde Abuyuness - Conosciamo uno per uno
i frequentatori dei luoghi di culto ed esiste un organismo di controllo che
valuta la condotta dei fedeli, in particolare dei nuovi arrivati».
E Hamed Migliori, 57 anni, padre italiano e madre somala, ex cristiano
passato all'Islam: «Basta agitare il fantasma del terrorismo islamico. I
terroristi sono criminali che si professano musulmani, ma non lo sono
veramente. Sarebbe come legare mafia e 'ndrangheta al cristianesimo solo
perché i boss si dichiarano cattolici...». E Omar Taiebi, 42 anni,
responsabile del centro islamico al Cep, aggiunge: «Il governo dovrebbe
finanziare la costruzione delle moschee per favorire l'integrazione ed
eliminare i conflitti interculturali».




E. Ga.
05/06/2004

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LE REAZIONI Scajola: «È giusto rispettare tutti» Baget Bozzo: «Possono
pregare per strada»


Claudio Scajola, ministro per l'Attuazione del programma ed esponente di
Forza Italia, "apre" al progetto della moschea di Cornigliano: «E' giusto
rispettare tutti - ha detto ieri Scajola in occasione di un incontro
pubblico organizzato da Forza Italia - La nostra è una città aperta.
L'importante è che chi viene da noi si adegui alle nostre regole». Di
parere opposto don Gianni Baget Bozzo, politologo e ideologo di Forza
Italia, il quale ha ribadito il suo no alla moschea perché sarebbero
«luoghi di raccolta politica» e poi «non ne hanno bisogno, possono pregare
per strada. Martedì, intanto, Gianni Bernabò Brea, Edoardo Rixi e Sergio
Castellaneta, rispettivamente capigruppo in Comune di An, Lega Nord e
Liguria Nuova annunceranno ufficialmente la nascita del Comitato promotore
del referendum contro la moschea.


05/06/2004
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"Eppure il vento soffia ancora...."

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antonio bruno FORUM AMBIENTALISTA MOVIMENTO ROSSO VERDE 339 3442011
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