[Lecce-sf] Europa

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Autore: Silverio Tomeo
Data:  
Oggetto: [Lecce-sf] Europa

        Europa: diritti, welfare, pace


        Documento dell'ARCI per le elezioni Europee 2004


        Mai piu' guerra
        L'Europa è più grande. Con l'ingresso di dieci nuovi paesi, i
confini
        dell'Unione Europea si sono allargati, includendo venticinque
nazioni e
        450 milioni di cittadini.
        Mentre sul mondo soffiano terribili venti di guerra, è molto
positivo
        che il processo di unificazione europea prosegua il suo cammino. I
        popoli europei scelgono l'integrazione invece che il conflitto.
        Il nostro continente per secoli ha combattuto guerre sanguinose, ha
        causato due conflitti mondiali, è stato spaccato in due dalla guerra
        fredda. "Mai più guerra" fra i popoli europei: questo è il primo e
più
        importante segnale che viene dal processo di unificazione europea.
Per
        questo obiettivo, c'è ancora molta strada da fare.
        I governi europei non sono stati capaci di una posizione comune che
si
        opponesse alla occupazione dell'Iraq. Londra, Roma e Madrid fino
alla
        svolta di Zapatero hanno seguito la rovinosa avventura di Bush.
Alcuni
        paesi appena entrati nell'Unione, hanno fatto a gara un anno fa per
        mandare i loro soldati in Iraq. Lo scorso settembre a Cancun,
        nell'ambito dell' Organizzazione Mondiale per il Commercio, l'Europa
ha
        fatto la guerra ai paesi poveri per difendere i propri privilegi.
        Vogliamo l'Europa unita, ma non vogliamo la superpotenza militare
        Europa. L'Unione Europea di cui i suoi cittadini e tutto il mondo
hanno
        bisogno non compete con gli Usa di Bush sul suo terreno. Non usa il
        riarmo, il militarismo, la guerra economica e sociale contro i
deboli e
        contro i diritti. L'Europa che progetta il futuro sceglie di
praticare
        un'altra via, un modello alternativo di vita e di sviluppo, mettendo
a
        valore il meglio della sua cultura e della sua esperienza.
        Pace e disarmo siano pilastri della Europa unita, a cui vincolare le
        scelte comunitarie e dei singoli paesi. Proseguiamo la campagna per
        inserire nel Trattato Costituzionale un articolo che riprenda
l'articolo
        11 della Costituzione Italiana che "ripudia la guerra come mezzo per
        risolvere le controversie internazionali". Chiediamo che dal
Trattato
        vengano eliminati tutti i riferimenti al modello di difesa europeo
in
        assenza di una approfondita, trasparente e preventiva discussione.



        Democrazia e partecipazione
        Sempre maggiori poteri e competenze saranno delegate dai paesi alla
        Unione Europea.
        Molte scelte che riguardano direttamente la vita dei cittadini,
delle
        cittadine e delle comunità locali già oggi dipendono, e sempre più
        dipenderanno, dalle decisioni delle istituzioni europee.
        Non siamo abituati a pensare l'Europa come il luogo della politica.
Il
        processo di unificazione europea è nato e si è sviluppato come
        integrazione commerciale, economica, monetaria.
        I cittadini e le cittadine sono stati tenuti sullo sfondo. E' ora di
        rovesciare la piramide.
        Il Trattato Costituzionale verrà firmato fra gli Stati membri. Ciò
che
        rivendichiamo è che alla base della Costituzione, invece, ci siano i
        cittadini e le cittadine. Continueremo, anche dopo la firma del
        Trattato, a impegnarci per una democrazia costituzionale europea,
per
        superare la struttura attuale del modello istituzionale dell'Unione,
        dove il potere è affidato agli Stati e agli accordi
intergovernativi.
        Il Trattato rimanga aperto e modificabile, anche dal basso e
        direttamente dai cittadini dell'Unione. Siamo già pronti a
utilizzare
        gli strumenti finora previsti.
        La costruzione europea deve prevedere un ruolo essenziale della
        cittadinanza attiva, organizzata. La valorizzazione
dell'associazionismo
        nel Trattato Costituzionale è l'affermazione che senza la
cittadinanza
        non c'è democrazia. La qualità stessa della democrazia sta
        nell'avanzamento della partecipazione.



        I diritti
        I cittadini e le cittadine sono portatori di diritti universali, che
non
        possono essere loro sottratti, o negati. La Dichiarazione Universale
dei
        Diritti Umani approvata dall'Assemblea Generale dell'Onu e
sottoscritta
        dai paesi membri è legge superiore che gli Stati e le istituzioni
tutte
        devono rispettare. L'Unione Europea uniformi ad essa la propria
        Costituzione e la sua intera legislazione.
        Ciò permetterebbe all'Europa di dare al suo percorso politico e
        istituzionale un chiaro segno di civiltà, e invierebbe un segnale
        inequivocabile al mondo intero -rimettendo al centro valori
essenziali,
        prioritari rispetto ai potentati economici e finanziari.
        Il diritto al lavoro va scritto chiaramente nel Trattato
Costituzionale,
        come diritto inalienabile per tutte e tutti. E, come è scritto nella
        Costituzione Italiana, alle istituzioni spetta di garantirlo
        concretamente, rimuovendo gli ostacoli che impediscono la sua piena
        realizzazione, subordinando a questo obiettivo legislazione e azione
        politica, vincolando l'impresa a una funzione sociale.
        L'impedimento alla libera circolazione dei lavoratori dei paesi
appena
        entrati a far parte dell'Unione Europea evidenzia una contraddizione
fra
        i principi declamati e la realtà.
        Come in tutto il mondo, anche la società europea ha visto in questi
anni
        crescere le disuguaglianze. La ricchezza è concentrata in poche
mani. La
        povertà aumenta anche fra i lavoratori stabili, i pensionati, le
        famiglie. Aumenta il precariato e l'insicurezza sociale.
        Le politiche neoliberiste hanno portato alla privatizzazione di
risorse
        e di servizi essenziali. La salute, la sanità, la previdenza, la
cultura
        sono sempre più assimilati a merci, il cui accesso è negato a chi
non
        può comperarle.
        Le politiche fiscali sono state orientate a favorire le imprese,
        nell'illusione che la crescita economica avrebbe automaticamente
fatto
        ricadere benefici sui lavoratori e le comunità non è avvenuto.
        Bisogna invertire la rotta. Una grande opera di redistribuzione
della
        ricchezza può consentire la ripresa di un circolo virtuoso fra
economia,
        lavoro e stato. I tagli alla spesa sociale per anni sono stati la
        ricetta imposta dagli organismi europei ai paesi membri e condizione
per
        i nuovi ingressi. Bisogna che avvenga il contrario.
        Le politiche sociali devono diventare priorità per l'Unione Europea.
        Devono essere orientate alla affermazione di diritti connaturati
alla
        cittadinanza e non alla assistenza ai non abbienti: l'Unione Europea
non
        può accettare di fondarsi su milioni di poveri, dando per scontato
che
        rimarranno tali.



        Uguaglianza
        Tutti coloro che vivono in Europa devono essere considerati a pieno
        titolo cittadini e cittadine dell'Unione Europea -titolari tutti e
tutte
        degli stessi diritti e degli stessi doveri. Non è così oggi.
        Infatti nel Trattato Costituzionale sono considerati cittadini
        dell'Unione Europea solo coloro che posseggono la cittadinanza di
uno
        dei paesi membri. Sono esclusi quindi gli immigrati, le immigrate e
i
        rifugiati che risiedono e lavorano sul territorio europeo.
        Se non conquisteremo il diritto alla "cittadinanza di residenza",
        l'Unione Europea si fonderà su una discriminazione di fondo che nega
il
        principio di uguaglianza. Esisteranno categorie di persone
discriminate
        a priori, che non potranno avere accesso alle prerogative concesse
ai
        cittadini, tanto più se si considerano le differenze grandi che
esistono
        in materia fra le diverse legislazioni nazionali.
        Se a questo si associa l'enorme investimento di risorse che l'Unione
        Europa sta facendo per la militarizzazione delle frontiere contro
        l'immigrazione clandestina nonché le cosiddette misure
antiterroristiche
        che criminalizzano intere categorie di persone sulla base della loro
        appartenenza nazionale o religiosa, il quadro che ci appare è fosco.
        C'è bisogno di una svolta di civiltà. Nessuna reale sicurezza è
        possibile, per la grande comunità europea, attraverso l'esclusione e
la
        costruzione del nemico interno ed esterno.
        L'Unione Europa affermi da subito il diritto di voto ai cittadini e
alle
        cittadine immigrati nelle elezioni amministrative, e perché il
diritto
        alla libera circolazione all'interno delle frontiere dell'Unione
valga
        per tutti e tutte i residenti.


        Solo un avanzamento sul terreno dei diritti, solo un deciso passo
avanti
        verso l'accoglienza e l'integrazione può metterci al riparo dal
rischio
        di scontro di civiltà a cui la logica della guerra permanente espone
        tutto il mondo.



        Identita' plurale
        L'Europa ha visto guerre terribili consumarsi. I dieci anni di
guerre
        balcaniche hanno dimostrato quanto devastazione può produrre,
nell'era
        della globalizzazione, una concezione etnica della cittadinanza. E'
        stata una dura lezione, da cui bisogna trarre insegnamento.
        All'interno dell'Europa convivono identità e culture plurime. E
nessuna
        comunità nazionale e locale, peraltro, può dirsi etnicamente pura,
in
        Europa -se non attraverso operazioni ideologiche false e tese alla
        costruzione del razzismo.
        La storia europea è tutta uno scontro e incontro fra culture e
popoli
        diversi, dalle discese dei popoli del nord sul finire dell'impero
romano
        alla influenza della dominazione araba, agli scismi della Chiesa
        cristiana, alla presenza ebraica -che solo la shoah ha ridotto a
piccole
        comunità, in particolare ad est. Più di un milione di rom e sinti
sono
        già oggi, di diritto, cittadini europei.
        L'Europa che vogliamo deve assumere con orgoglio la propria
pluralità
        storica, culturale e religiosa. Deve considerare una ricchezza da
        difendere e promuovere la propria mescolanza: c'è una vocazione
        cosmopolita dell'Europa che va coltivata. La sua identità deve
essere
        interculturale, e a questo vanno adeguati gli strumenti normativi,
        l'azione politica e sociale, le politiche culturali, altrimenti
        emergeranno discriminazioni, conflitti, insicurezze.
        Le politiche di accoglienza, di asilo, di integrazione, la difesa
dei
        diritti delle minoranze, la piena affermazione dei diritti umani e
        civili devono essere parte integrante e fondante di una Europa laica
che
        si riconosca nelle sue radici, che sono nella comune resistenza
europea.
        Il 13 giugno siamo chiamati a esprimere il nostro voto per il
rinnovo
        del Parlamento Europeo. Invitiamo ad andare a votare, a non sprecare
una
        opportunità di partecipazione. La politica è spesso lontana dai
        cittadini, è vero. E' un motivo di più per votare: non
permettiamogli di
        fare a meno di noi.
        L'Arci invita a esprimere un voto che rigetti le politiche di chi ci
ha
        trascinato nella guerra permanente, di chi mette i diritti del
mercato
        prima di quelli dei cittadini, di chi cerca di negare la convivenza
e
        produce razzismo. Un voto per un nuovo progetto di pace, welfare,
        diritti.
        L'Europa sarà la nostra casa. Costruiamola insieme.