Europa: diritti, welfare, pace
Documento dell'ARCI per le elezioni Europee 2004
Mai piu' guerra
L'Europa è più grande. Con l'ingresso di dieci nuovi paesi, i
confini
dell'Unione Europea si sono allargati, includendo venticinque
nazioni e
450 milioni di cittadini.
Mentre sul mondo soffiano terribili venti di guerra, è molto
positivo
che il processo di unificazione europea prosegua il suo cammino. I
popoli europei scelgono l'integrazione invece che il conflitto.
Il nostro continente per secoli ha combattuto guerre sanguinose, ha
causato due conflitti mondiali, è stato spaccato in due dalla guerra
fredda. "Mai più guerra" fra i popoli europei: questo è il primo e
più
importante segnale che viene dal processo di unificazione europea.
Per
questo obiettivo, c'è ancora molta strada da fare.
I governi europei non sono stati capaci di una posizione comune che
si
opponesse alla occupazione dell'Iraq. Londra, Roma e Madrid fino
alla
svolta di Zapatero hanno seguito la rovinosa avventura di Bush.
Alcuni
paesi appena entrati nell'Unione, hanno fatto a gara un anno fa per
mandare i loro soldati in Iraq. Lo scorso settembre a Cancun,
nell'ambito dell' Organizzazione Mondiale per il Commercio, l'Europa
ha
fatto la guerra ai paesi poveri per difendere i propri privilegi.
Vogliamo l'Europa unita, ma non vogliamo la superpotenza militare
Europa. L'Unione Europea di cui i suoi cittadini e tutto il mondo
hanno
bisogno non compete con gli Usa di Bush sul suo terreno. Non usa il
riarmo, il militarismo, la guerra economica e sociale contro i
deboli e
contro i diritti. L'Europa che progetta il futuro sceglie di
praticare
un'altra via, un modello alternativo di vita e di sviluppo, mettendo
a
valore il meglio della sua cultura e della sua esperienza.
Pace e disarmo siano pilastri della Europa unita, a cui vincolare le
scelte comunitarie e dei singoli paesi. Proseguiamo la campagna per
inserire nel Trattato Costituzionale un articolo che riprenda
l'articolo
11 della Costituzione Italiana che "ripudia la guerra come mezzo per
risolvere le controversie internazionali". Chiediamo che dal
Trattato
vengano eliminati tutti i riferimenti al modello di difesa europeo
in
assenza di una approfondita, trasparente e preventiva discussione.
Democrazia e partecipazione
Sempre maggiori poteri e competenze saranno delegate dai paesi alla
Unione Europea.
Molte scelte che riguardano direttamente la vita dei cittadini,
delle
cittadine e delle comunità locali già oggi dipendono, e sempre più
dipenderanno, dalle decisioni delle istituzioni europee.
Non siamo abituati a pensare l'Europa come il luogo della politica.
Il
processo di unificazione europea è nato e si è sviluppato come
integrazione commerciale, economica, monetaria.
I cittadini e le cittadine sono stati tenuti sullo sfondo. E' ora di
rovesciare la piramide.
Il Trattato Costituzionale verrà firmato fra gli Stati membri. Ciò
che
rivendichiamo è che alla base della Costituzione, invece, ci siano i
cittadini e le cittadine. Continueremo, anche dopo la firma del
Trattato, a impegnarci per una democrazia costituzionale europea,
per
superare la struttura attuale del modello istituzionale dell'Unione,
dove il potere è affidato agli Stati e agli accordi
intergovernativi.
Il Trattato rimanga aperto e modificabile, anche dal basso e
direttamente dai cittadini dell'Unione. Siamo già pronti a
utilizzare
gli strumenti finora previsti.
La costruzione europea deve prevedere un ruolo essenziale della
cittadinanza attiva, organizzata. La valorizzazione
dell'associazionismo
nel Trattato Costituzionale è l'affermazione che senza la
cittadinanza
non c'è democrazia. La qualità stessa della democrazia sta
nell'avanzamento della partecipazione.
I diritti
I cittadini e le cittadine sono portatori di diritti universali, che
non
possono essere loro sottratti, o negati. La Dichiarazione Universale
dei
Diritti Umani approvata dall'Assemblea Generale dell'Onu e
sottoscritta
dai paesi membri è legge superiore che gli Stati e le istituzioni
tutte
devono rispettare. L'Unione Europea uniformi ad essa la propria
Costituzione e la sua intera legislazione.
Ciò permetterebbe all'Europa di dare al suo percorso politico e
istituzionale un chiaro segno di civiltà, e invierebbe un segnale
inequivocabile al mondo intero -rimettendo al centro valori
essenziali,
prioritari rispetto ai potentati economici e finanziari.
Il diritto al lavoro va scritto chiaramente nel Trattato
Costituzionale,
come diritto inalienabile per tutte e tutti. E, come è scritto nella
Costituzione Italiana, alle istituzioni spetta di garantirlo
concretamente, rimuovendo gli ostacoli che impediscono la sua piena
realizzazione, subordinando a questo obiettivo legislazione e azione
politica, vincolando l'impresa a una funzione sociale.
L'impedimento alla libera circolazione dei lavoratori dei paesi
appena
entrati a far parte dell'Unione Europea evidenzia una contraddizione
fra
i principi declamati e la realtà.
Come in tutto il mondo, anche la società europea ha visto in questi
anni
crescere le disuguaglianze. La ricchezza è concentrata in poche
mani. La
povertà aumenta anche fra i lavoratori stabili, i pensionati, le
famiglie. Aumenta il precariato e l'insicurezza sociale.
Le politiche neoliberiste hanno portato alla privatizzazione di
risorse
e di servizi essenziali. La salute, la sanità, la previdenza, la
cultura
sono sempre più assimilati a merci, il cui accesso è negato a chi
non
può comperarle.
Le politiche fiscali sono state orientate a favorire le imprese,
nell'illusione che la crescita economica avrebbe automaticamente
fatto
ricadere benefici sui lavoratori e le comunità non è avvenuto.
Bisogna invertire la rotta. Una grande opera di redistribuzione
della
ricchezza può consentire la ripresa di un circolo virtuoso fra
economia,
lavoro e stato. I tagli alla spesa sociale per anni sono stati la
ricetta imposta dagli organismi europei ai paesi membri e condizione
per
i nuovi ingressi. Bisogna che avvenga il contrario.
Le politiche sociali devono diventare priorità per l'Unione Europea.
Devono essere orientate alla affermazione di diritti connaturati
alla
cittadinanza e non alla assistenza ai non abbienti: l'Unione Europea
non
può accettare di fondarsi su milioni di poveri, dando per scontato
che
rimarranno tali.
Uguaglianza
Tutti coloro che vivono in Europa devono essere considerati a pieno
titolo cittadini e cittadine dell'Unione Europea -titolari tutti e
tutte
degli stessi diritti e degli stessi doveri. Non è così oggi.
Infatti nel Trattato Costituzionale sono considerati cittadini
dell'Unione Europea solo coloro che posseggono la cittadinanza di
uno
dei paesi membri. Sono esclusi quindi gli immigrati, le immigrate e
i
rifugiati che risiedono e lavorano sul territorio europeo.
Se non conquisteremo il diritto alla "cittadinanza di residenza",
l'Unione Europea si fonderà su una discriminazione di fondo che nega
il
principio di uguaglianza. Esisteranno categorie di persone
discriminate
a priori, che non potranno avere accesso alle prerogative concesse
ai
cittadini, tanto più se si considerano le differenze grandi che
esistono
in materia fra le diverse legislazioni nazionali.
Se a questo si associa l'enorme investimento di risorse che l'Unione
Europa sta facendo per la militarizzazione delle frontiere contro
l'immigrazione clandestina nonché le cosiddette misure
antiterroristiche
che criminalizzano intere categorie di persone sulla base della loro
appartenenza nazionale o religiosa, il quadro che ci appare è fosco.
C'è bisogno di una svolta di civiltà. Nessuna reale sicurezza è
possibile, per la grande comunità europea, attraverso l'esclusione e
la
costruzione del nemico interno ed esterno.
L'Unione Europa affermi da subito il diritto di voto ai cittadini e
alle
cittadine immigrati nelle elezioni amministrative, e perché il
diritto
alla libera circolazione all'interno delle frontiere dell'Unione
valga
per tutti e tutte i residenti.
Solo un avanzamento sul terreno dei diritti, solo un deciso passo
avanti
verso l'accoglienza e l'integrazione può metterci al riparo dal
rischio
di scontro di civiltà a cui la logica della guerra permanente espone
tutto il mondo.
Identita' plurale
L'Europa ha visto guerre terribili consumarsi. I dieci anni di
guerre
balcaniche hanno dimostrato quanto devastazione può produrre,
nell'era
della globalizzazione, una concezione etnica della cittadinanza. E'
stata una dura lezione, da cui bisogna trarre insegnamento.
All'interno dell'Europa convivono identità e culture plurime. E
nessuna
comunità nazionale e locale, peraltro, può dirsi etnicamente pura,
in
Europa -se non attraverso operazioni ideologiche false e tese alla
costruzione del razzismo.
La storia europea è tutta uno scontro e incontro fra culture e
popoli
diversi, dalle discese dei popoli del nord sul finire dell'impero
romano
alla influenza della dominazione araba, agli scismi della Chiesa
cristiana, alla presenza ebraica -che solo la shoah ha ridotto a
piccole
comunità, in particolare ad est. Più di un milione di rom e sinti
sono
già oggi, di diritto, cittadini europei.
L'Europa che vogliamo deve assumere con orgoglio la propria
pluralità
storica, culturale e religiosa. Deve considerare una ricchezza da
difendere e promuovere la propria mescolanza: c'è una vocazione
cosmopolita dell'Europa che va coltivata. La sua identità deve
essere
interculturale, e a questo vanno adeguati gli strumenti normativi,
l'azione politica e sociale, le politiche culturali, altrimenti
emergeranno discriminazioni, conflitti, insicurezze.
Le politiche di accoglienza, di asilo, di integrazione, la difesa
dei
diritti delle minoranze, la piena affermazione dei diritti umani e
civili devono essere parte integrante e fondante di una Europa laica
che
si riconosca nelle sue radici, che sono nella comune resistenza
europea.
Il 13 giugno siamo chiamati a esprimere il nostro voto per il
rinnovo
del Parlamento Europeo. Invitiamo ad andare a votare, a non sprecare
una
opportunità di partecipazione. La politica è spesso lontana dai
cittadini, è vero. E' un motivo di più per votare: non
permettiamogli di
fare a meno di noi.
L'Arci invita a esprimere un voto che rigetti le politiche di chi ci
ha
trascinato nella guerra permanente, di chi mette i diritti del
mercato
prima di quelli dei cittadini, di chi cerca di negare la convivenza
e
produce razzismo. Un voto per un nuovo progetto di pace, welfare,
diritti.
L'Europa sarà la nostra casa. Costruiamola insieme.