[Cm-milano] [Fwd: Re: RP - codici a barre su pubblicità auto…

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Aihe: [Cm-milano] [Fwd: Re: RP - codici a barre su pubblicità automobilistica]
puntuale il valli nel fornire la fonte (che peraltro aveva citato anche
stamattina, ma la capacità di reperire informazioni immagazzinate troppo
presto la mattina è quella che è...)

riporto in fondo il testo dell'articolo, da cunegonda

HCE

-------- Messaggio Originale --------
Date: Fri, 4 Jun 2004 11:43:20 +0200
From: cristiano valli <codiciabarre@???>
To: MAtteo HCE Valsasna <hce@???>
Subject: Re: RP - codici a barre su pubblicità automobilistica
http://www.cunegonda.info/biciinspot.htm

bau
c

MHV> interessante la striscia di stamattina (su radiopop alle 7.45).


MHV> riportava i risultati di una ricerca "seria" sull'immagine della bici
MHV> nelle pubblicità, tipicamente associate a situazioni negative di
MHV> mancanza, fastidi, catastrofe, e comunque mai presentate come un mezzo
MHV> di trasporto, o men che meno di felicità.


MHV> cari amici di rp: non è che ci potreste mandare un puntatore alla
MHV> ricerca da cui è tratto il pezzo di oggi?


MHV> baci&bici


MHV> MAtteo


-------- fine Messaggio Originale --------

La bicicletta nei mondi virtuali della pubblicità. Strategie
comunicative nel paese più motorizzato del mondo


Da dove provengono le strutture narrative? Quale ruolo possono avere nel
dare una forma ed un significato alla realtà? Le teorie che hanno
cercato di dare una risposta a queste domande (dalla psicologia
freudiana, passando per la morfologia proppiana fino alla semiotica
generativa), indipendentemente dalle loro premesse generali, sono tutte
d'accordo nell'affermare che il significato di un messaggio o di una
narrazione è articolato su più livelli. Per comodità possiamo pensare
che questa specie di torta a più strati del significato possa essere
divisa in due soli macro livelli: un livello superficiale ed un livello
profondo. In questo breve scritto vorrei cercare di capire in che modo
l'oggetto bicicletta metta in relazione questi due livelli nei programmi
narrativi del messaggio pubblicitario televisivo, e come ciò possa
influire sul riconoscimento o sulla costruzione di determinati modelli
mentali.

Fra la comunicazione pubblicitaria e alcuni schemi collettivi di
pensiero esiste un legame a doppio filo. In primo luogo, perché i mezzi
di comunicazione di massa, attraverso la ricorsività del messaggio
modificano le nostre strutture mnemoniche (e la memoria è l'ambiente
naturale dell'attività cognitiva). In secondo luogo, perché la
pubblicità, per esercitare la sua funzione persuasiva, ha bisogno di
esibire modelli della realtà che siano il più possibile condivisi e
normalizzati.

Prendere in esame l'oggetto bicicletta all'interno della pubblicità
televisiva non significa considerarlo come oggetto pubblicizzato, ma
solo come oggetto pubblicizzante, che fornisce cioè significati e valori
ausiliari ad un altro oggetto. Ad oggi ho identificato 15 spot nei quali
la bici ricopre questa funzione. Ho suddiviso i prodotti pubblicizzati
nelle seguenti categorie merceologiche: articoli per l'igiene personale
(2 spot), detersivi (2), automobili (6), riviste (1), alcolici (1),
alimentari (2), e lotterie nazionali (1).

Il primo dato significativo è che nel 40% dei casi (6 su 15) il prodotto
pubblicizzato è un'automobile, ovvero un oggetto che rappresenta
l'antitesi per eccellenza della bicicletta. Questo dato ci fa capire che
l'industria automobilistica non teme di mettere in scena un oggetto
potenzialmente concorrenziale, anzi ne sfrutta alcuni aspetti a suo
favore. Questo non è un caso ma il segno di una precisa e intelligente
strategia comunicativa basata sulla combinazione degli opposti, e che
può fondare un modello della realtà accomodante, aconflittuale, in un
certo senso neutro, dove le differenze si sfumano e si rendono
compatibili. Da questa impostazione, per certi versi geniale, si astrae
comprensibilmente l'industria italiana che non ha ancora superato il
tabù dell'esibizione ciclistica nei suoi spot. Negli spot delle
automobili di casa Agnelli ricorre sovente una certa pedofilia, nel
senso appunto che si predilige l'esposizione di bambini o adolescenti ai
quali si attribuiscono spesso atteggiamenti e parole da adulto.

Considerando il livello superficiale come quello del significato
denotato (cioè un significato stabile rispetto al segno) ed il livello
profondo come quello relativo al significato connotato (ovvero un
significato secondo e meno prevedibile) ho individuato tre luoghi
semantici che sembrano disporre di una relazione connotativa con
l'oggetto bicicletta. La bici connota, quindi entra in relazione con:
(a) la sessualità femminile, (b) una situazione di mancanza o
danneggiamento, e (c) un contesto deformato o poco credibile. Un
comunicato pubblicitario può produrre anche più di una significazione
connotativa contemporaneamente, ad esempio istituendo la relazione con
l'universo della sessualità femminile, ma in un contesto irreale. Non si
osserva una particolare preferenza per l'uno o l'altro tipo di
connotazione: il tipo (a) è presente in 5 spot, il tipo (b) in 7, e il
tipo (c) in 6. Darò ora qualche esemplificazione per ogni tipo di
relazione connotativa.

La relazione con la sessualità femminile passa necessariamente e in modo
un po' banale per la zona del sellino. Così, per reclamizzare un
prodotto per l'igiene intima, una signorina si interroga sulla
possibilità che sia la bici a procurargli certe irritazioni. Altrove,
vengono scomodate ben tre cicliste per pubblicizzare dei pannoloni per
incontinenti. In altri spot, decisamente più espliciti, improbabili top
model (dotate anche di tacchi a spillo) pedalano discinte seducendo i
passanti. Insomma, la bici ha solo una funzione di supporto espositivo
per l'esibizione di determinati tranci anatomici, lo ha capito perfino
Tinto Brass che per il manifesto del suo ultimo soft porno, Monella,
sceglie una prospettiva da tergo della protagonista in bicicletta mentre
mostra... il sellino, appunto.

Le situazioni di mancanza o di danneggiamento connotate dall'oggetto
bici sono le più disparate. A questo proposito devo ricordare che in
tutti i casi la narrazione è incentrata su un valore (ad es. la
bellezza, la sicurezza, la libertà, ecc.). La bici viene citata come
l'oggetto che deficita del valore in questione, e che per questo può
procurare un danneggiamento. Il prodotto pubblicizzato è invece
l'oggetto di valore, proprio nel senso che detiene il valore in
questione, riparando in questo modo la mancanza evidenziata. Farò
qualche esempio.Il programma narrativo di uno spot di un detersivo si
basa sul valore della pulizia e dell'igiene: la bici procura un danno
che l'oggetto di valore riparerà. Infatti la seguente frase compare come
incipit: "Uffa! E' rimasto il grasso della bicicletta!". E' singolare
che con tutti i grassi a disposizione sia stato scelto proprio un grasso
di bicicletta per individuare il danno da riparare. In uno spot per una
lotteria nazionale, ovviamente basato sul valore della ricchezza, la
bicicletta si trasforma per l'effetto di una possibile vincita in una
motocicletta nuova fiammante. In questo caso la bici connota la mancanza
del valore che potrà essere comunque colmata tentando la fortuna con un
biglietto della lotteria. In due spot automobilistici, infine, la bici
testualizza contemporaneamente sia la mancanza che il danneggiamento.
Nel primo il valore in questione è la silenziosità. Su una strada di
campagna l'auto sfila silenziosa a fianco di un cavallo, poco dopo nello
stesso punto giunge un ciclista, la sua bici cigola (mancanza)
spaventando il cavallo (danneggiamento). Nel secondo, un vero capolavoro
comunicazionale di censura dell'uso urbano della bicicletta, in cui il
valore è la sicurezza, uno spericolato ciclista urbano non dà la
precedenza (mancanza, ovvero "andare in bici in città non è sicuro") ma
viene graziato dagli efficienti freni dell'automobile. Il danneggiamento
in questo caso assume connotati catastrofici in quanto la forza
d'inerzia della frenata provocata dall'infrazione del ciclista si
ripercuote sullo scenario retrostante mandando all'aria ogni cosa,
edifici compresi.

La terza ed ultima relazione semantica consiste nel collocare l'oggetto
bicicletta in contesti astrusi ed atipici. Ad esempio, in uno spot
automobilistico, sulla parola libertà appaiono due ciclisti. Sembrerebbe
clamoroso. Il fatto è che i ciclisti non vengono mostrati mentre sfilano
nel traffico cittadino, ma avvolti in un'aura da sogno, con le immagini
leggermente sfocate e rallentate. Quindi, se la bici è uno strumento di
libertà, lo può essere solo in un mondo immaginario e irreale, così
irreale da apparire essenzialmente utopico. Altrove predomina
l'assurdità del contesto d'uso. Ad esempio, per pubblicizzare uno yogurt
un noto calciatore appare in bicicletta all'interno di un appartamento.
Oppure, in uno spot automobilistico, allorché un poliziotto ha quasi
raggiunto un ladro in fuga, si ferma, apre il baule della sua
automobile, ne estrae una bici e con quella lo raggiunge e lo blocca.
Ecco quindi che l'oggetto bicicletta viene estromesso da una dimensione
d'uso logico-razionale e inserita in situazioni inedite dominate
dall'irrazionalità.

Conclusione. Da un punto di vista storico, leggendarie sfide ciclistiche
degli anni ?50 e ?60, fra corridori e case costruttrici, e opere
cinematografiche come Ladri di biciclette, dimostrano come la bicicletta
fosse allora non solo un oggetto di uso quotidiano, ma anche un potente
simbolo dell?immaginario collettivo. Il boom economico prima e i
meccanismi del capitalismo finanziario dopo, hanno contribuito a
rimodellare la gerarchia dei valori sostituendo la bicicletta con
l?ingombrante, antiecologica, antieconomica, pericolosa e, in
definitiva, lenta automobile. L'insieme dei poteri economici è dunque
interessato a mantenere cristallizzata l'attuale gerarchia di valori e
utilizza i mezzi di comunicazione di massa per affermare il suo modello
di mondo possibile (e preferibile). In questo senso, il comunicato
pubblicitario televisivo veicola indirettamente un modello mentale della
bicicletta e del suo uso che nega la funzione utilitaristica di tale
oggetto e che tende a reprimere e a censurare le sue reali potenzialità
di strumento per la mobilità urbana.

L'industria automobilistica appare, secondo logica, la più impegnata su
questo fronte. Le strategie comunicative utilizzate sono tuttavia la
conferma del fatto che un modello antiquotidiano della bicicletta va
costruito e testualizzato soprattutto là dove un modello alternativo non
si è ancora diffuso. In altri termini l'Italia, il paese più motorizzato
del mondo, è per i costruttori di automobili ancora una fertile terra di
conquista e rappresenta un'importante fetta di mercato che va
attentamente salvaguardata. In questo senso, mentre i programmi
narrativi degli spot analizzati contribuiscono a costruire e a
diffondere schemi mentali nei quali l'automobile è un indispensabile
oggetto di valore, proiettano contemporaneamente, al livello profondo,
determinati significati connotativi su un oggetto che, a giudicare dalla
realtà extra italiana, può essere concorrenziale e, in definitiva,
alternativo.

In Italia, almeno nella comunicazione pubblicitaria televisiva, non c'è
ancora lo spazio per inserire l'oggetto bicicletta in una prospettiva
che la connoti positivamente come oggetto d'uso quotidiano. Piuttosto si
sta affermando un modello narrativo che potremmo definire "dell'iperbole
tecnologica" in quanto esibisce mondi possibili in cui una tecnologia
esasperata si presenta come unica soluzione plausibile ai problemi. In
questo senso, il solo personaggio pubblicitario che si permette di
ridicolizzare gli automobilisti, bloccati nelle strade congestionate e
ossessionati dal problema del parcheggio, è un imprenditore in
elicottero. Lo spot, naturalmente, è per un ciclomotore supermoderno.

Gli autori delle agenzie pubblicitarie dimostrano inoltre di ignorare le
potenzialità connotative della bicicletta dal momento che tale oggetto
viene messo in relazione con le sole tre aree semantiche evidenziate. In
particolare mi sembra che rimangano inesplorati ancora molti legami
semantici dell'oggetto bicicletta, come quelli relativi
all'ecocompatibilità, alla comodità, all'economia (di tempo e denaro),
al salutismo, ad un certo anticonformismo, alla semplicità, alla
sicurezza, all'europeismo, solo per citarne alcuni. La bicicletta
potrebbe essere in questo senso motore di molti programmi narrativi
pubblicitari, ricoprendo la funzione di oggetto di valore in relazione a
determinati prodotti. Ma finora non si è visto nulla del genere.

[GVD, in "Lexia", Periodico dell'Associazione Italiana di Studi
Semiotici, n.14, 1998]