[Cpt] documento 13 marzo finale.doc

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Aihe: [Cpt] documento 13 marzo finale.doc






NO ALLE DISCARICHE UMANE: LE PERSONE NON SONO IMMONDIZIA
Persone in fuga dalla guerra e dalla fame, pur non avendo commesso nessun reato, vengono private della loro libertà e dei loro diritti, rinchiuse in centri che solo apparentemente fanno accoglienza. In realtà i centri di permanenza temporanea (cpt) sono luoghi di reclusione, in cui nessuna forma di comunicazione con l'esterno è consentita, da cui nessuno si può allontanare, circondati da mura e recinti di filo spinato.
Questi luoghi chiusi, i centri di permanenza temporanea e assistenza, si sottraggono ad ogni controllo esterno: sono sempre più frequenti le denunce di maltrattamenti fisici sui migranti reclusi, di utilizzo di psicofarmaci, di negazione delle cure mediche anche a persone gravemente malate.
Chi vi è rinchiuso è volutamente reso invisibile: non a caso questi luoghi sorgono alle periferie delle città o in aperta campagna.
Questi luoghi sono carceri speciali, non è importante chi tu sia, quale sia la tua storia individuale, le motivazioni della tua fuga: sei già stato giudicato un "soggetto pericoloso" da espellere e rimpatriare.E non importa se, al rientro nel tuo paese, rischi il carcere, la tortura o la vita.
Anche il centro che stanno costruendo a Bari ha queste caratteristiche: lontano dal centro abitato, vicino a siti militari e di polizia.
Inaccessibile e invisibile dalla strada pubblica, occultato dalla Cittadella della Finanza nel quartiere San Paolo, si sta cercando di tenerlo nascosto alla città fino a quando non sarà operativo.
Si gioca con la paura della gente, costruita dai media, di una presunta invasione di masse di migranti "poveri e diseredati" che premono alle frontiere di un "occidente ricco e opulento". In realtà si è cercato il luogo più facile da sottoporre al controllo delle forze di polizia con il minimo dispendio di uomini e mezzi e vicino agli aeroporti per semplificare le operazioni di rimpatrio.
I costi di questa struttura si aggirano intorno ai 5.000.000,00 di euro ed è prevedibile che la sua gestione sarà altrettanto costosa, come per altri CPT .
Invece a Bari mancano spazi di aggregazione ed è inesistente una politica sociale di ridistribuzione delle risorse.
Bari non ha bisogno di ulteriori luoghi di reclusione, né di ulteriori investimenti in operazioni di facciata; il cpt che si sta costruendo al quartiere San Paolo, sottrae fondi al welfare municipale. Bari, con la costruzione di questo nuovo carcere, introduce forme politiche di controllo in cui la criminalizzazione della marginalità e il contenimento punitivo delle classi diseredate fa le veci di una politica sociale. Questi centri sono imposti dall'alto, senza alcuna considerazione dei bisogni dei territori in cui vengono costruiti e della volontà dei cittadini di non ospitare sul territorio nessun luogo di privazione del diritto. Anche la richiesta di chiarimenti e di una espressione di rifiuto alle istituzioni locali è stata respinta.
Rifiutiamo la presenza di un centro di permanenza temporanea, benché previsto da una legge; Scanzano ha dimostrato che la presa di parola della gente può impedire l'attuazione di scelte legislative ingiuste.
Non possiamo accettare che la nostra regione diventi una discarica anche di esseri umani. A fronte delle attuali condizioni di crescente precarietà del mercato del lavoro e di generale impoverimento della vita di tutti, vogliamo che i cinque milioni di euro, come segno di un radicale cambiamento di prospettiva in materia di politiche di welfare, siano invece ridistribuiti in forma di accesso a diritti primari, quali la casa, la salute, la socialità, il sapere, mobilità e forme di accoglienza.
Vogliamo che i lavori di costruzione siano bloccati, che un altro mostro giuridico non compaia sul nostro territorio. Non è importante chi gestirà questa struttura (Prefettura, Croce Rossa ,associazioni del terzo settore o cattoliche), perché, qui come ovunque in Italia, i cpt non sono centri di accoglienza per i migranti, ma di detenzione e pertanto incompatibili con una "gestione umanitaria" . Vogliamo che non sia aperto!
Tutto questo è possibile; altrove in Italia è già avvenuto sulla spinta dei movimenti che hanno aperto una campagna, anche europea, per la chiusura di tutti i centri di detenzione per migranti.
Così nel 1998 a Trieste l'allora ministro degli interni Russo Iervolino fu costretta a chiudere il centro dopo una mobilitazione ampia; la regione Marche ha dichiarato che il proprio territorio è incompatibile con un cpt; a Bologna il candidato sindaco Cofferati ha promesso la chiusura del cpt; a Crotone il senatore Ds Iovene ha chiesto la chiusura del centro dopo averlo visitato; la Regione Friuli e il Sindaco di Gradisca hanno rifiutato di ospitare un centro di permanenza.
Questi luoghi esistono dal 1998 ed è stato dimostrato che non possono essere riformati né migliorati; né qui né altrove.
Per questo ci rivolgiamo a tutti, alle istituzioni locali, al mondo cattolico, alle associazioni, ai partiti, ai sindacati,ai singoli cittadini affinché si uniscano alle mobilitazioni dei movimenti che da anni hanno svelato i veri meccanismi e le contraddizioni insite in un sistema di finta accoglienza.Chiediamo a tutti una chiara espressione di contrarietà e di incompatibilità ai CPT ed alle leggi che li hanno istituiti, perché l'immigrazione non è un problema di ordine pubblico.
Facciamo appello a tutti perché si manifesti e si sostengano le mobilitazioni contro ogni forma di esclusione, di limitazione della libertà e per una nuova idea di cittadinanza per tutte e tutti, per migranti e non. Perché il restringimento dei diritti riguarda tutti: i migranti sono solo l'aspetto più evidente dell'esclusione che si sta producendo per garantire un'inclusione sempre più ristretta.
Noi comunque ci saremo ad impedire l'apertura di questa "galera etnica", a partire dal 5 e dal 18 giugno.
PRESIDIO P.ZZA PREFETTURA
5 GIUGNO ore 18.00
BARI
RETE NO CPT
SARANNO PRESENTI PARLAMENTARI E SINDACATI. VERRA' INDETTA SUL LUOGO UNA CONFERENZA STAMPA CON PAOLO CENTO, ALBA SASSO, RUSSO SPENA E ALTRI.















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