[Cerchio] Re: [Libertari]Iraq, Argentina ed il ripetersi del…

Delete this message

Reply to this message
Author: pkrainer
Date:  
Subject: [Cerchio] Re: [Libertari]Iraq, Argentina ed il ripetersi della Storia

----- Original Message -----
From: "magius" <magius@???>
>eh, come al solito sei ottimista. vedrai che verra' fuori un

regime sciita

questo lo escluderei


>che massacrera' i soliti curdi che in quanto minoranza fanno

sempre la fine
del topo sotto tutti i regimi

anche questo lo escluderei, anche perché sono distanti: semmai il punto di
rottura, o anche di equilibrio, sono i sunniti. Piuttosto i curdi devono
guardarsi dai turchi, che stanno alla finestra, ma non so per quanto ancora


>ho come la sensazione che la Storia - in assenza di una diffusa

consapevolezza
(diciamo pure "di classe") delle persone, che permette il cambio
di paradigma -
sia un fenomeno ciclico che tende a ripetersi sempre uguale.
Insomma temo
fortemente che, come invece spera Paolo, l'Irak non sara' una
nuova Argentina..

no, nemmeno io credo possa essere una nuova Argentina, ma se si considera
l'energia che la merda religiosa ha ricevuto dall'espulsione di Saddam, a
me pare di vedere con chiarezza che l'elemento religioso non sia così
rilevante, e mostri già segni di esaurimento. Come peraltro ne mostra pure
in Iran, malgrado il danno che gli occidentali portano a ogni prospettiva di
affrancamento parziale



>proprio a proposito di questo in un messaggio di qualche giorno

fa mi chiedevo come
fosse stato possibile che nell'Argentina della crisi economica
del 2001 non fosse nato
l'ennesimo regime populista peronista

perché governare, quando la situazione si fa troppo difficile, non piace a
nessuno. Progressivamente, credo che simili fenomeni (un governo cui nessuno
ambisce, e da cui i potenti si ritirano) si faranno sempre più diffusi. Già
oggi, se guardi, le sinistre in Italia sono combattute fra la brama di
tornare al governo per riprendere l'indecorosa e sciacallesca abboffata,
oppure lasciare ai disperati berlusconidi il compito ingrato di intrattenere
quell'immonda salma in cui l'Italia si va convertendo


>ma si fosse diffuso,

seppur per un periodo abbastanza
breve, un movimento di reale autogestione su base popolare.
Una situazione "strana" quella dell'Argentina del 2001, in cui è
sembrato a molti che lo
Stato fosse scomparso..
A me sembrò che la base sociale che diede origine a quel
movimento era la "solita"
borghesia di tutte le rivoluzioni moderne (altro che
proletariato), in particolare
la piccola borghesia acculturata (che proprio per questo
aspetto, a mio parere, fu in grado
di passare dalla ribellione alla costruzione di organi di
autogoverno su base territoriale,
le asembleas interbarriales), proletarizzata dal "corralito" (il
blocco dei risparmi bancari).
Ma anche questa spiegazione non basta: quei piccoli borghesi
proletarizzati avrebbero
potuto comportarsi "alla Bossi"

mancavano le risorse: noi continuiamo a vederli come borghesi ma si tratta
di gente che non vive delle proprie proprietà, ma del proprio stipendio. Se
manca il lavoro, e in ogni caso manca letteralmente il danaro, questo tipo
di borghesi, come potremmo essere tu e io, e tantissimi altri che ci leggono
qui e che non scaricano cassette (e comunque anche chi lo fa, se si blocca
tutto, rimane identicamente col culo per terra) per campare, non é che
sceglieremmo l'autogestione per principio (cioé, magari, noi sì) ma per
necessità, che cosa altro vorresti fare? i c osiddetti piccolo-borghesi
storicamente nel passato si sono appoggiati allo stato, perché uno stato
esisteva e cacciava danari e protezione, e, promettendo loro di salvarli
dalla caduta nel calderone proletario, mirava a riprendere ogni forma di
controllo. Distinguere fra piccolo-borghesi e proletari - quando tutti ormai
sono costretti a lavorare per vivere - in questo quadro é completamente
anacronistico



>ed invece si fusero con il

movimento proletario
dei disoccupati organizzati (MTD)... Questa fusione di forze fu
secondo me strategica
per far evolvere la rivolta argentina verso una situazione
pre-rivoluzionaria...
Analizzare meglio quella situazione credo sarebbe tanto utile
per capire la dinamica
di formazione dei movimenti rivoluzionari... di quel tipo che
piacciono tanto a
Pkrainer (quelli senza bandiere e senza partiti
"rivoluzionari"..hehhe)..

senza dubbio, e anche per capire come mai tendano a arenarsi. Il punto mi
pare verta su questo: che la realtà su cui gli insorti mettono le mani (o
potrebbero mettere le mani, sempre più spesso rinunciano quando si rendono
conto della vanità di una tale impresa) si disvela fatta di un materiale
incommestibile e vagamente schifoso, pura merce. Ciò che si fa e che si sa
fare, alla luce di una liberazione in corso, appare come totalmente
incongruo. I proletari che un tempo erano (e ancor più percepivano sé stessi
come) i detentori del segreto della fabbricazione del mondo, e che quindi,
liberandosi dell'alienazione sociale, avrebbero dovuto riportare a una
razionalità superiore, che semplificasse e riequilibrasse, sono oggi stati
in tale misura espropriati del senso della loro attività, da essere in grado
di produrre unicamente attraverso una fitta rete di mediazione sociale. Se
questo é stato vero in Argentina, paese esportatore di derrate alimentari, e
dall'economia per molti versi ancora tradizionale, figuriamoci i problemi in
società ancor più progredite nel senso dell'alienzaione, tipo quelle
europee. In questo senso il sottosviluppo, la partecipazione ridotta al
mercato globale, offono chance superiori. Diciamoci la verità. le vie per
una rivoluzione in epoca di dominio reale, cioé in una società completamente
costruita intorno al processo capitalista, in cui la relazione mercantile ha
sostituito la natura e la produzione è completamente frammentata, dislocata
e metabolizzata dal valore di scambio, queste vie devono ancora in grande
misura essere inventate. Ma é un'invenzione, come tutte quelle del
proletariato, possibile solo nel fuoco vivo dello scontro, per tentativi e
aggiustamenti successivi, attraverso una progressiva scrematura delle strade
da evitare, dei vicoli ciechi da non imboccare