[Lecce-sf] sul nuovo Quotidiano di Puglia

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Szerző: Silverio Tomeo
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Tárgy: [Lecce-sf] sul nuovo Quotidiano di Puglia
Fuoriuscire dalla guerra permanente e dalla costruzione dello "scontro di civiltà", opporsi in modo radicale e maggioritario allo scenario cupo di guerra e terrore, costruire e radicare presidi e culture di pace. Tutti compiti non facili ma necessari per il nuovo movimento per la pace, almeno da dopo l'11 settembre di tre anni fa, da quando cioè si rivela compiutamente lo scenario di guerra globale e la sua deriva più propria di guerra civile planetaria. Sia nel cassetto dell'amministrazione Bush che nelle rozze teorie dei neoconservatori della nuova destra americana era già presente in agenda l'attacco all'Iraq, ben prima dell'attacco alle Torri e della reattiva guerra in Afghanistan, giacchè siamo di fronte a sogni neoimperiali di riassetto dell'ordine internazionale e di riorganizzazione armata dei poteri globali.
Ma così come non possiamo rimuovere lo scenario inquietante della guerra permanente non possiamo certo negare la presenza, l'esserci attivo e reattivo, di un terrorismo globale islamizzante che non nasce principalmente nelle scuole coraniche ma nello sradicamento del salafatismo "jihadista" di fronte all'incedere dell'occidentalizzazione e della globalizzazione. Il terrorismo che attinge ideologicamente dal neofondamentalismo islamico si manifesta tra nichilismo reattivo e rivolta metafisica e colpisce ormai l'Europa, come tragicamente è avvenuto l'11 marzo di quest'anno a Madrid. Punta a incidere nel radicalismo islamico, è internazionalista piuttosto che nazionalista, si autoalimenta della crisi cronica del Medio Oriente, è globalista e insieme identitario, va combattuto senza accettare di inscenare una guerra asimmetrica e una contrapposizione Islam-Occidente.
Guerra e terrore oggi ci appaiono avvitati in un rapporto indecente, di autoalimentazione reciproca, di escalation, di intimità : sono in maggioranza i civili a morire, ad avere, per così dire, il diritto alla morte, come negazione del diritto alla vita. La guerra si autogiustifica come guerra al terrorismo, e ne diviene essa stessa l'alimentazione spesso terroristica, e la giustificazione di uno stato d'eccezione che in nome della sicurezza nega i diritti e a volte lo stesso concetto minimo di umanità, come nell' uso delle torture.
Il nuovo movimento per la pace, in Italia e in Europa, è un movimento maggioritario, che sta già pesando nell'agenda dei governi e della politica, è un movimento costituente per un'Europa pacifista, democratica, sociale, federalista. Per quanto possano permanere vecchie culture, vecchi linguaggi, riflessi condizionati, è un movimento che utilizza la non-violenza attiva, la disobbedienza civile, il gesto simbolico, la critica di massa: per il rifiuto della guerra come politica e della lotta politica come guerra, sia pure simulata. La stessa parola pace allude, etimologicamente, alla sua radice che sta per patto, pattuire, piantare e radicare accordo. La stessa democrazia va vista come processo, radicamento sociale, cittadinanza. Un'idea univoca e fondamentalista di quello che viene chiamato Occidente non può essere fattore di pace e di processo democratico globale, tantomeno se sorvola sulla necessità di giustizia sociale, e vuole imporsi con la guerra infinita.
Al di fuori di visioni ideologiche e storiciste non c'è ragione maggiore di credere che dal dopo guerra fredda ci troviamo di fronte a guerre costituenti di un nuovo ordine imperiale piuttosto che a guerre endemiche levatrici di caos e disordine globale, sovradeterminate, direttamente o per procura, da un modello economico insostenibile e da un'impossibile egemonismo e unilateralismo. Fermo restando che la politica di superpotenza militare, basata sull'egemonia militare, economica, delle tecnostrutture, di un modello a pretesa universalistica di mondializzazione, va contrastata e demistificata, come dev'essere nel caso dell' amministrazione Bush jr.
Non si costruisce democrazia e giustizia sociale con il Muro di Israele, non si combatte il terrorismo invadendo l'Iraq, non si dà un ruolo di pace all'Europa appiattendosi sulla politica aggressiva nordamericana. Bisogna piuttosto pensare a un'idea di società civile globale, in alternativa alle anonime e potenti burocrazie globali e alle presunte neutralità del management delle multinazionali. E' necessario a arrivare a condividere l'idea stessa di abitare il mondo senza distruggerne le risorse, al rifiuto di un'economia globale basata unicamente sulla libertà di commercio, peraltro assai dubbia. Andare verso una pluralità delle democrazie e delle culture, per un'universalismo critico, una diversa agenda internazionale, basata su pace e diritti. L'antiliberismo è il rifiuto dell'idea di uno stato minimo, "guardiano notturno", che lascia libertà alla "mano invisibile" del mercato, una teoria e una pratica ora proiettate da decenni nelle relazioni internazionali. L'idea della democrazia va intesa come processo sovranazionale, a partire da una idea di Europa che ci riguarda e ci compete da subito, riaffermando le ragioni della pace come le uniche realistiche, perché la guerra e il terrore siano fuori dalla storia.



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