[Badgirlz-list] Eppur si muove...=))

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Lettera di Nicoletta Poidimani

>LETTERA APERTA ALLE COMPAGNE DI 'POSSE'
>
>Compagne care, vi scrivo a proposito dell'articolo di

Toni Negri "Via
>dal pensiero molle nell'organizzazione dei

movimenti", pubblicato
>sull'ultimo numero di 'Posse'.
>L'incipit di quell'articolo mi ha fatta rabbrividire:

il richiamo a
>Rosi Braidotti - e, più in generale, al pensiero e

alle pratiche
>prodotte dal femminismo - credo necessitino di alcuni

importanti
>chiarimenti.
>Parto da un concetto femminista che ha ribaltato,

negli scorsi
>decenni, la rappresentazione della politica: "Il

personale è
>politico", dicevamo, abbattendo finalmente il muro di

omertà che
>attraversava le relazioni quotidiane fra generi,

alienate nel
>Politico.
>Bene, anche ora muovo dal personale, e vorrei

richiamarmi a questa
>pratica per abbattere un altro muro di omertà: quello

che c'è tra le
>donne.
>Dal novembre 1998 all'agosto successivo sono stata a

Utrecht, presso
>il dipartimento di Women's Studies capeggiato da

Braidotti. Avevo
>cominciato a lavorare ad una ricerca e Braidotti

sarebbe dovuta essere
>la mia supervisor... ma accadde un fatto... una

guerra... una guerra
>'umanitaria'...
>Mi riferisco alla guerra contro la Yugoslavia, che ha

visto una parte
>del mondo femminista - in particolare in ambiti di

potere e accademici
>- schierarsi dalla parte della Nato. Anche Braidotti

si è schierata,
>almeno inizialmente, da quella parte (come tutte i/le

Verdi all'epoca
>nelle coalizioni di governo o in procinto di

presentarsi alle
>europee). Ricordo ancora con un brivido la mail con

cui mi diceva di
>cancellarla dalla mia mailing list contro la guerra,

affermando
>"Avremmo dovuto cominciare a bombardare otto anni

fa". Dopo di che si
>è mosso perfino il rettore di Utrecht minacciando di

farmi chiudere la
>casella di posta elettronica. Prono al suo comando,

il
>'femministissimo' dipartimento ha cercato di

ricondurmi alla
>'ragione', spiegandomi che la mia idea di bombardare

di mail i siti
>dei media che mistificavano le 'ragioni' di quella

guerra non s'aveva
>da fare. Ho anche cercato di portare la discussione

sulla guerra
>all'interno dei corsi di dottorato cui partecipavo, e

nei quali
>Braidotti parlava di quanto fossero perfetti e cyborg

i corpi dei
>piloti che facevano i bombardamenti 'intelligenti'.

Molto
>semplicemente chiedevo che si parlasse anche dei

corpi di donne e
>uomini bombardati. Invano....
>(Un intermezzo di riflessione: oggi suscita tanto

stupore la presenza
>di donne fra i torturatori del carcere irakeno...

Sappiamo bene che
>ogni guerra porta con sé violenze, stupri e torture,

no? E chi
>appoggia una guerra non appoggia forse anche queste

pratiche? O forse,
>per ingenua distrazione, non ci pensa?
>Non intendo affatto mettere sullo stesso piano chi

appoggia una
>guerra e chi pratica le torture... ma un po' di

complice
>responsabilità ce l'avrà pure, no?
>E allora, perché il femminismo italiano si

scandalizza tanto, oggi,
>di fronte al 'generale' Janis Karpinski che trascina

al guinzaglio un
>uomo torturato nel mattatoio dell'Iraq, mentre

continua a riconoscere
>autorevolezza a chi, come Rosi Braidotti (e non

solo!), ha appoggiato
>la guerra Nato contro la Yugoslavia?).
>Torno al filo del mio discorso...
>Non sentendomela di continuare a lavorare sulla

tematica dell'utopia
>con una donna che stava appoggiando una guerra(1), ho

cambiato
>ricerca(2) e supervisor, e ho scelto di lavorare con

l'unica che non
>si fosse imbavagliata di fronte al diktat del rettore

e che, guarda
>caso, era anche l'unica 'black' del dipartimento.

L'immancabile 'donna
>che fa colore' e che ogni femminismo accademico 'che

si rispetti' deve
>ospitare per sbandierare la propria democraticità. Ma

la gerarchia è
>gerarchia, e il seguito della vicenda è, in sintesi,

una storia di
>mobbing stalinista che è andata avanti per 5 anni.

(Ho un intero
>dossier di tutte le e-mail di questi anni; ve lo

risparmio qui, ma se
>dovesse interessarvi....).
>Indagando, poi, successivamente, ho scoperto che

altre donne sono
>state mobbizzate in quel dipartimento, e la ragione

era sempre la
>stessa: non erano fedelmente allineate al

Braidotti-pensiero, ma
>osavano praticare autonomia e, anziché essere servili

casse di
>risonanza, osavano perfino contraddire la Filosofa

(la maiuscola è
>ironica, naturalmente!). Ad oggi nessuna aveva mai

pubblicamente
>denunciato questa pratica, per altro ben poco

femminista!
>Ecco, dunque, le ragioni di questa lettera aperta e

del mio scegliere
>voi (anziché Toni Negri) come interlocutrici.

Leggendo l'articolo di
>Negri mi sono sorte due preoccupazioni. Innanzitutto,

il risalto che
>viene dato al pensiero di Braidotti, unito alla

considerazione che "i
>movimenti non sono lobbies", rischia di celare le

reali pratiche di
>potere che la Filosofa - che da anni lavora a crearsi

una lobby
>totalitaria - mette in atto dall'alto del suo

cadreghino. Questa mia
>esperienza con Utrecht mi ha confermato ancora una

volta che la
>gerarchia è gerarchia, e non ha genere. Per me, da

oltre 20 anni
>militante femminista, è stato disgustoso vivere

questa esperienza,
>sperimentare sulla mia pelle i meccanismi di potere

che certo
>femminismo accademico riproduce pari pari.
>La seconda preoccupazione, direttamente connessa alla

prima, è sul
>rischio di confusione che quell'articolo può generare

tra femminismo
>di movimento e femminismo accademico. Questa

confusione rischia di
>alimentare un meccanismo perverso per cui già oggi

molte giovanissime
>femministe non riescono più a coniugare la propria

formazione
>intellettuale con le pratiche quotidiane di

resistenza e cre-attività,
>se non limitandosi all'estetismo della performance -

tanto simpatica,
>magari, ma fine a se stessa. E rischiando anche di

cadere nella
>fascinazione del femminismo come modo di far carriera

e soldi - il
>femminismo come merce, insomma. Non dimentichiamoci

che la Filosofa
>'nomade' - che afferma nei corsi "I am a gipsy" - ha

per 'roulotte' un
>intero stabile nel cuore di Utrecht!
>
>Spero di non essere stata criptica nella mia estrema

sinteticità.
>Di fronte a un mondo accademico scisso tra il

consigliarmi "Denuncia
>Braidotti al rettore di Utrecht" e "Negozia con lei

il tuo rientro nel
>dipartimento" ho scelto una terza strada: nessun

patteggiamento, ma
>una denuncia politica per rompere un'omertà davvero

preoccupante.
>Questa mia lettera aperta non è altro che un piccolo

atto di
>disobbedienza, assolutamente necessario!
>Personalmente, me ne sbatto della carriera

accademica, e son più
>disposta a rimanere 'non-strutturata' a vita

piuttosto che piegarmi a
>meccanismi autoritari che ho sempre combattuto, anche

al di fuori
>dell'accademia(3): ne andrebbe della mia salute,

oltre che della mia
>etica!
>Durante la presentazione di 'Posse' al Deposito Bulk

di Milano (fine
>aprile 2004) facevo notare ai compagni e alla

compagna intervenuti il
>rischio, che stiamo correndo, di mitizzare il

'precario' come nuovo
>soggetto rivoluzionario, senza andare a vedere le

contraddizioni e le
>gerarchie che sono in gioco anche nel precariato. A

maggior ragione,
>credo, dovremmo denunciare ogni dialettica

serva/padrona agita nei
>dipartimenti universitari (e non solo) sedicenti

femministi, anziché
>legittimare i nuovi 'culi di pietra'.
>E, per non essere neppure questa volta carente in

coerenza,
>sottolineo anche la necessità di non cadere nella

dialettica (fallica)
>molle/duro, che Negri utilizza nel suo articolo. Il

femminismo ci
>insegna che il linguaggio non è neutro...
>Vi abbraccio
>Nicoletta Poidimani, 7 maggio 2004
>
> (1) Sull'appoggio di certa lobby femminista a

quella guerra
>umanitaria si veda il mio "Riflessioni su 'sorella'

Atena e alcune
>demistificazioni necessarie", in AA VV, Genere e

mutamento sociale,
>Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ), 2001
>(2) La mia nuova ricerca è una lettura di genere

sulle politiche
>sessuali e razziali di Mussolini, in Italia e nelle

colonie, per
>costruire la 'razza italiana'. Il progetto si trova,

in forma di
>paper, sul sito della Società italiana delle

storiche, fra gli
>interventi del III Congresso della Società Italiana

delle Storiche,
>(14-16 novembre 2003, Firenze)
>(3) Già negli anni '90 ho pubblicato un libro in cui

denunciavo le
>pratiche autoritarie legittimate dal 'pensiero della

differenza'. Si
>veda il mio ...e il piacere? Il godimento oltre la

differenza,
Colibrì,
>Milano, 1997
>
>
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