[Cerchio] Diritti umani: Chiquita, banane e paramilitari

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Diritti umani: Chiquita, banane e paramilitari     
    
Chiquita Brands International Inc, l'azienda multinazionale che ha sede a
Cincinnati, negli Stati uniti, ed è nota come uno dei maggiori distributori
mondiali di banane e altra frutta fresca, ha ammesso: la sua filiale in
Colombia paga la «protezione» di gruppi armati. E' un'ammissione dalle
conseguenze pesanti. Non che sia una sorpresa: è un segreto di pulcinella
che in Colombia molte aziende, straniere e nazionali, pagano le forze
armate che hanno il controllo del territorio in cui si trovano impianti
industriali, oleodotti - o piantagioni, nel caso di Chiquita. Dopo decenni
di ribellioni armate, immense zone del territorio nazionale sono sotto il
controllo di gruppi ribelli di tradizione di sinistra o delle
organizzazioni paramilitari di estrema destra che le combattono (o fanno il
lavoro sporco per conto dell'esercito regolare), o anche delle
organizzazioni del narcotraffico (e gli intrecci tra ribellioni e
narcotraffico sono assai complicati).

La regione settentrionale di Urama, dove si trovano le piantagioni
intensive di Chiquita è controllata dalle bande paramilitari di estrema
destra dell'Auc, Autodefensas Unidas de Colombia, famigerate per alcune
delle peggiori violazioni dei diritti umani della storia colombiana
recente. E' attribuita alle Auc l'uccisione di migliaia di persone negli
ultimi anni, soprattutto contadini di villaggi accusati di sostenere la
guerriglia di sinistra - le Farc, (Forze armate rivoluzionarie di
Colombia), o il Eln (Esercito di liberazione nazionale). Gruppi per i
diritti umani hanno documentato che la Auc ha collaborato con l'esercito in
un'offensiva contro i ribelli nella regione di Urama negli anni `90. Ha
preso di mira anche dirigenti e attivisti sindacali (visti come copertura
dei ribelli) e attivisti per i diritti umani, etichettandoli di «difensori
dei terroristi». Non è un caso unico: un sindacato colombiano sta cercando
di portare in giudizio la CocaCola come corresponsabile dell'uccisione di
un attivista sindacale in un suo impianto di imbottigliamento in Colombia,
fatto che risale al 1996. Un recentissimo promemoria di Humar Rights Watch,
presentato all'ultima assemblea generale della Commissione Onu per i
diritti umani, denuncia poi che il legame tra militari e paramilitari
continua, anzi si è rafforzato con l'attuale amministrazione del presidente
Alvaro Uribe, nonostante le pubbliche promesse del contrario: «certi
comandanti governativi promuovono, incoraggiano e proteggono i
paramnilitari, condividono informazioni, coordinano operazioni militari, e
condividono perfino combattenti», dice il promemoria di Hrw, che in molte
occasioni ha fatto nomi e cognomi.

E' in questo contesto che Chiquita ha ammesso di aver pagato i paramilitari
di estrema destra. Certo: l'azienda dice che l'ha dovuto fare per
proteggere i suoi dimendenti, dopo aver ricevuto minacce molto precise, e
questo non è difficile da credere: la «protezione» è uno dei mezzi di
finanziamento di tutte le organizzazioni armate - si dice che Occidental
Petroleum abbia accettato di negoziare una protezione dopo che il suo
oleodotto di Caño Limon era stato dinamitato centinaia di volte (in questo
caso dalla guerriglia di sinistra). Il business dell'estorsione è fiorente,
effetto del generale crollo della legalità di cui partecipano ampiamente
esercito e paramilitari.

Dunque molte aziende pagano: e Chiquita lo ha dovuto ammettere. E la cosa
ha una rilevanza penale, perché la Auc è sulla lista delle «organizzazioni
terroriste straniere» compilata dal Dipartimento di stato americano, e tre
dei suoi dirigenti sono formalmente incriminati negli Usa per
narco-traffico. L'azienda di Cincinnati ha fatto sapere di aver
volontariamente informato il Dipartimento alla giustizia che la sua filiale
colombiana è stata «costretta» a pagare la protezione, e si è difesa
dicendo che non sapeva che il destinatario del pagamento fosse elencato
come terrorista dal governo americano: ma sarà una tesi difficile da
sostenere, bastava aprire il sito web di Human Rights Watch, o quello del
Dipartimento di stato, per apprenderlo.

MARINA FORTI

Il Manifesto