San Precario alla May day del primo maggio
Emiliano Viccaro, Carta n.16/2004
Dal primo maggio 2001 è diventato un appuntamento imperdibile per chi, nel
giorno della festa più antica e gloriosa del movimento operaio, non vuole
affogare nelle sfilate confederali o nei concerti preconfezionati di piazza
San Giovanni a Roma.
È la May day parade, la festa dei lavoratori precari, intermittenti, dei
servizi e della comunicazione, superflessibili e in perenne mobilità, che da
tre anni riempie di suoni, parole e immagini le strade e le piazze di Milano
per rivendicare nuove garanzie sociali e diritti di cittadinanza. Da
quest'anno, l'appuntamento avrà carattere europeo, coinvolgendo
simultaneamente anche Barcellona, con l'idea di costruire un'altro spazio
pubblico continentale, fuori e contro le lobby economiche e politiche che
presiedono la «Fortezza Europa».
L'iniziativa assume quest'anno un carattere sempre più generale essendo,
quella dei precari, condizione ormai diffusa e trasversale dell'intero
modello economico. Per questo, tra i promotori della parade ci sono quelle
reti sociali di mediattivisti, centri sociali, collettivi di precari e di
studenti, sindacati di base, associazioni di migranti. Un esercito di
lavoratori cococo, part-time, in affitto, a prestazione, a progetto, a tempo
determinato, interinali o in ritenuta, free-lance tagliati fuori dalle
residue garanzie tradizionali, che intende affermare il diritto a una vita
libera e dignitosa. Un movimento che prova a connettere la rivendicazione di
un reddito d'esistenza, incondizionato e sganciato dalla prestazione
lavorativa, alla critica radicale della guerra globale preventiva: «La
guerra flessibile di Rumsfeld - si legge su
www.euromayday.org - ha come
modello logistico la Wal-Mart, la più grande catena di supermercati della
terra, con i suoi flussi efficienti di merci e servizi, ad alto contenuto di
informazione e di sfruttamento intensivo del lavoro. Un'azienda che paga in
media salari sotto la soglia di povertà e che importa quantità enormi di
tessili e altri beni da fabbriche cinesi non sindacalizzate e
semischiavistiche».
In tutto il paese, da Milano a Palermo, le reti del precariato sociale hanno
promosso numerose campagne di comunicazione e di riappropriazione pubblica
di beni e servizi. San Precario, il protettore dei lavoratori senza garanzie
e senza diritti, è apparso in tanti luoghi della produzione diffusa per
reclamare l'accesso gratuito alla cultura, alla formazione, alla mobilità, e
per affermare il diritto alla casa e a un reddito dignitoso.
La rete Precog, che unisce i precari dei servizi con i lavoratori della
conoscenza, ha aperto una campagna per la «Flexicurity», neologismo che
indica una identica battaglia per nuove forme di sicurezza sociale e per una
flessibilità libera e autogestita, in grado di valorizzare la diffusa
cooperazione sociale.
Tanti gli appuntamenti che segneranno il percorso fino al primo maggio. Ne
segnaliamo due: il 26 aprile, a Roma, alla stazione Termini, si annuncia
l'apparizione di San Precario che chiederà a Trenitalia di garantire tariffe
sociali per permettere ai precari di tutto il paese di raggiungere la parade
milanese. Nello stesso giorno, a Milano, si terrà la conferenza stampa
nazionale che annuncerà il programma della giornata.
Tra le iniziative già fissate, c'è «Adotta una catena commerciale!», un
invito a picchettare, nella mattinata del primo maggio, un ipermercato o un
centro commerciale «per denunciare la pratica incivile del lavoro nei giorni
festivi».