[Badgirlz-list] Libertà e biotecnologie,questione femminile …

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Author: Errata
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Subject: [Badgirlz-list] Libertà e biotecnologie,questione femminile e democrazia.
E' LUNGO!!!

Da Liberazione
articolo di Elena Del Grosso




Libertà e biotecnologie,questione femminile e
democrazia.



Da Marzo 2004 la legge sulla Procreazione Medicalmente
Assistita(PMA) è
diventata operante e probabilmente il Far West, a
lungo invocato come
la
condizione che l'ha resa necessaria, comincia proprio
ora.

E' di questi giorni la notizia che negli Stati Uniti
il congresso ha
approvato una legge che tiene distinti i diritti del
feto da quelli
della
madre e Bush dichiara che non vede l'ora di firmarlo.
Più di venti milioni di cristiani fondamentalisti
negli USA,
Buttiglione e
i tanti cattolici integralisti nostrani possono dirsi
contenti. Non
altrettanto possono dirsi le donne che non volevano
questa legge e,
quantunque inascoltate, si sono a lungo battute
contro.

Nell'ampio dibattito che vede oggi coinvolti gli
esperti bioeticisti,
scienziati medici e giuristi, tutti rigorosamente
maschi, le donne
quantunque protagoniste di approfondite riflessioni
teoriche sulla
questione delle biotecnologie della riproduzione per
gli spostamenti
simbolici, di percezione del se e del proprio corpo,
sono state di
fatto
marginalizzate.
Qualcosa non ha funzionato o nell'ipotesi contraria
l'esclusione
femminile
fa parte di quello stesso disegno di ri-approprazione
del corpo
femminile
che vede nella libertà procreativa e nella
scissione tra sessualità e maternità una minaccia
all'ordine sociale a
cui
questa legge intende ri-mettere ordine simbolico.

Per questo è una legge del tutto ideologica ed etica,
che incrina
pesantemente la laicità dello stato. E' una legge
illiberale perché
limita
le libertà personali.
Inoltre è una legge cattiva e piena di livore nei
confronti delle
donne
ma anche punitiva nei confronti del potere medico che
ha osato con
l'artificio "giocare a fare Dio", sfidare e al tempo
stesso rompere
una
antica santa alleanza che vede attribuire al medico il
corpo e al prete
l'anima.

Questa legge, pessima sul piano normativo, frutto di
un'operazione
tutta
ideologica colma il vuoto della politica con
l'oscurantismo del puro
riduzionismo biologico.
Sul piano simbolico l'esclusione del femminile come
soggettività e come
corpo e la presunta centralità del ruolo del
"soggetto- embrione,
mostrano
una curvatura della legge verso la normalizzazione
dell'intero
processo
procreativo che può portare, ad una revisione
riduttiva e restrittiva
della 194.

Per evitare questo, nella passata legislatura, come
Tavolo di Donne
sulla
Bioetica insieme ad altre 50 associazioni ed
organizzazioni trasversali
agli schieramenti politici, avevamo costruito un
Cartello in cui al
posto
di una legge inefficace ed inapplicabile si chiedeva
un regolamento in
grado di tutelare la salute delle donne e dei loro
figli e garanzie per
la
libertà di accesso per donne e uomini.

Si chiedeva tutela giuridica dei bambini nati con
donazione di gameti
per
evitare quello scempio del disconoscimento di
paternità utile soltanto
ad
alcuni padri per non pagare più gli alimenti a madri e
figli. Si
chiedevano regole e linee guida omogenee nell'intero
paese che
garantissero una prevenzione ed una corretta
informazione per una
scelta
libera, responsabile ed autonoma all'interno dei
livelli
essenziali di assistenza.

La storia della PMA è lunga e complicata ed ha un suo
inizio nella
nascita
di Luise Brown, la prima bambina concepita in provetta
nel 1978 che
dimostrò come un ovulo fecondato in vitro e trasferito
nell'utero di
una
donna potesse portare alla nascita di un bambino
normale. Se questo
fatto
in sé attenne alla scienza ed aprì il dibattito sulla
sperimentazione
embrionale molto altro ancora riguardò le donne.
L'evento accaduto segnò l'inizio uno spostamento. Per
la prima volta
quell'inizio di vita, quel concepimento, magico e
misterioso finché
protetto dal corpo materno, divenne visibile e
trasparente.

Da quel momento la procreazione, detta, sentita e
percepita dalle donne
come un qualcosa legato alla propria genealogia
femminile,venne
tradotta
nel linguaggio neutro, freddo e distante della scienza
e della
medicina.
Il corpo femminile e l'intero processo procreativo
venne visto,
indagato,
parcellizzato in frammenti sempre più piccoli. Da quel
momento uova,
spermatozoi, zigoti, embrioni, corredi cromosomici e
genetici, uteri
popolarono l'immaginario collettivo come fossero
soggetti con una loro
individualità, intrinsecamente autonomi separati nello
spazio e nel
tempo
da quei corpi di donne e uomini da cui provenivano ed
a cui
appartenevano.
Il dibattito etico si spostò "dall'interno " del corpo
materno "al di
fuori" della capsula Petri.

Non c'è socializzazione del sapere femminile rispetto
a queste
tecnologie, rispetto a queste modalità nuove di
guardarsi, a questo
andare
dietro alla realizzazione dei sogni che queste
tecnologie promettono
e/o
dicono di fare. A differenza delle tecnologie
riproduttive legate alla
contraccezione che diedero emancipazione,potere e
libertà femminile, la
procreazione fuori dal corpo materno e la possibilità
anche
di una dislocazione della gestazione in un altro corpo
di donna vennero
elaborate dalla riflessione femminista negli anni 80-
90 come quel
"bordello procreativo" o quella "deflagrazione della
maternità"(rispettosamente Gene Corea e Luisa Boccia)
che in ultima
analisi sarebbero andate a finire nel tentativo di
dominio sul corpo
femminile ed di controllo dell'intero processo
riproduttivo. "Né con il
papa né con l'imperatore" fu lo slogan partito dal
Tavolo della
Bioetica
che ben rappresentava
la consapevolezza e la posizione politica di molte
donne in quel
momento.

Sulla base di una presunta oggettività scientifica
,questa legge fa
scomparire il soggetto femminile, nella sua
soggettività desiderante,a
vantaggio della malattia e della terapia,
decentralizzando il corpo
femminile a vantaggio di un embrione, il cui corpo
incarnato in quello
di
una donna( piaccia o no fino ad oggi è un dato di
fatto, l'ectogenesi
deve
ancora venire ) semmai ne è un riflesso. Come dice
Anne
Marie de Vilaine " mi è difficile in quanto donna dare
uno statuto
oggettivo all'embrione in quanto ne ho uno soggettivo
e unico" Sulla
stessa base oggettiva questa legge introduce nel suo
linguaggio, parole
e
definizioni di quel determinismo biologico o meglio
genetico che vuole
ridurre la biografia a biologia
o meglio ancora a sola identità genetica. L'assetto
cromosomico ed il
make-up genetico è ciò che identifica l'embrione, la
sua appartenenza
ed
il suo inizio di vita. Medici,scienziati e bioeticisti
stanno a
disquisire
quando ed in quanto tempo il pronucleo maschile e
quello femminile si
fondono. L'embrione sin-gamico è il nuovo oggetto di
discussione. In
una
rincorsa al ribasso si spacca il capello in quattro su
una questione
che
potrebbe appassionare al massimo un piccolo nucleo
estremamente
specialistico di esperti in fisiologia molecolare
della riproduzione,
il
tutto per trovare una mediazione sul concetto di
persona. Ma biologia e
biografia stanno su piani diversi. La mediazione
genera solo
confusione.
Lo zigote diventa uguale a persona, un soggetto di
diritto che deve
essere tutelato. Da qui discende
tutta una serie di "no":alla crioconservazione, alla
diagnosi
preimpianto,
alla ricerca sulle cellule staminali, alla clonazione
Se lo si congela
si
produce un danno a quello che è il suo corpo
foss'anche di una sola
cellula. Non parliamo del prelievo di cellule
staminali che porta a
morte
sicura la blastocisti L'aborto
diventa un infanticidio! Non si scappa da una
revisione riduttiva della
194. Le donne dicono no!

Questa legge non riguarda solo le donne ma va ben
oltre. Ha a che fare
con
la democrazia. L'essenzialismo genetico preso come
paradigma dominante
per
definire lo stato giuridico dell'embrione stabilisce
di fatto il
primato
dell'identità genetica nella definizione di persona e
sulla base di uno
stretto determinismo dà valore ontologico al gene ed
al genoma come
agente
di causa di tutte quelle caratteristiche fisiche e
comportamentali che
caratterizzano l'essere umano "biologico e sociale".
Questo paradigma appartiene alla sociobiologia i cui
effetti deleteri
hanno segnato buona parte del XX secolo. Le leggi
razziali in Europa,
la
legge sull'immigrazione in USA del '24, le leggi sulle
sterilizzazioni
coatte in tutto il mondo occidentale sono state
espressioni di questa
ideologia.

Le leggi sulle tecnologie riproduttive,in generale, ma
la nostra in
particolare modo, possono essere lo strumento del
presente perché dà un
più forte potere sociale all'informazione genetica con
i rischi di
nuove e
più ampie forme di discriminazione genetica. Così
questa legge, che
implicitamente discrimina tra figli naturali e figli
artificiali simile
a
quella tra figli legittimi ed illegittimi, aggiungerà
la
discriminazione
tra omologhi ed eterologhi(insensata dal punto di
vista scientifico).
Il
figlio di sangue diventa il figlio genetico.
La purezza genetica della famiglia viene tutelata. A
questo si
aggiungono
gli "indesiderabili "ossia quei bambini, i cui
genitori sono affetti da
malattie genetiche e trasmissibili alla progenie,e che
non hanno
diritto
di venire al mondo nemmeno quando è disponibile una
tecnologia che
consentirebbe loro di nascere sani.

E vengo alla grande ipocrisia della Tcnica di Diagnosi
pre- Impianto
che
questa legge vieta sulla base di una presunta deriva
eugenetica che, se
si
lascia spazio al mercato, potrebbe anche esistere. Ma
questo è un
altro
discorso. L'ipocrisia nasce dal fatto che questa
tecnologia, che nelle
PMA
consente di sapere se un embrione è sano o malato, e
quindi evitane
l'impianto. sotto il nome di tecniche di Diagnosi
pre-natale, viene
ampiamente utilizzata dalla maggioranza delle donne
nelle cosidette
gravidanze "naturali"con ampio consenso sociale. Dati
statistici ci
dicono
che nel triennio che va dal 1997 al 2000 la diagnosi
prenatale è
aumentata
del 233%.
Sulla base della prevenzione delle malattie, l'esito
negativo di questi
test porta quasi inevitabilmente ad un aborto
terapeutico.Per
l'embrione
"PMA" è concesso di sapere tutto, ma a patto che si
segua poi l'iter
del
"confratello naturale" ossia l'impianto e quindi
l'aborto terapeutico.
A
parte il sadismo e la cattiveria che questa norma
mostra di avere nei
confronti della donna, ma essa presuppone anche una
società tutta
cattolica, visto che persone appartenenti ad altre
religioni e
portatori
di gravi malattie genetiche trovano nelle PMA e nelle
tecniche di
diagnosi
preimpianto un utile escamotage per evitare l'aborto
terapeutico ed
eliminare l'embrione malato (nell'Islam la tutela
della vita prenatale
è a
120 giorni) La religione cattolica diventa religione
di stato.

E vengo all'ultimo divieto e all'ultima grande
ipocrisia che riguarda
la
ricerca scientifica sull'embrione.
Ci sono migliaia di embrioni crio-conservati sparsi
per i laboratori di
tutta Italia che stanno in uno stato di sospensione di
vita. Fino a
quando
questo stato deve e può continuare. La decisione
dovrebbe spettare a
chi
quell'embrione ha permesso di esistere in primis alla
donna che ha
fornito
l'uovo e poi semmai alla scienza. Negare ogni tipo di
ricerca
sull'embrione significa non solo negare la ricerca
sulle cellule
staminali
embrionali a fini conoscitivi e per la medicina
rigenerativa, ma anche
per
migliorare la tecnologia stessa ed aumentare quel
15-20 %di successo
per
ciclo nell'interesse della salute della donna.

"no agli scambi politici sul corpo delle donne" e "no
alla legge
sull'embrione"sono slogan che appartengono oggi ad un
vasto movimento
di
donne che, mettendo insieme soggettività diverse per
luoghi e
generazioni
e pratiche politiche, ha costruito una rete che si è
ricompattata
intorno
al tema dell'autodeterminazione femminile in materia
di sessualità e
scelte procreative.

Ma credo che questo sia una condizione necessaria ma
non sufficiente.
Questa legge va ben oltre le donne. Sul corpo
femminile si stanno
ridefinendo i confini della cittadinanza di donne e
uomini. Ed è per
dare
corpo parole e pratiche alla cittadinanza femminile,
le donne e gli
uomini
debbono fare una battaglia congiunta per capire come
e perché queste
tecnologie ridefiniscono i confini non per rifiutarli
ma per poterli
ridisegnare.




    
        
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