Riceviamo dall'Ass.ne "A SINISTRA" di BRINDISI ed inoltriamo il seguente
articolo di M. DI SCHIENA pubblicato nel Quotidiano di Puglia del 24 c.m.
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IRAQ: IL SONNO DELLA RAGIONE
di Michele Di Schiena
E proprio vero: il sonno della ragione genera mostri. Il no alla guerra
contro lIraq era stato gridato dalla stragrande maggioranza dellopinione
pubblica mondiale nelle numerose e straordinariamente partecipate
manifestazioni nelle quali si era espressa una mobilitazione popolare senza
precedenti nella storia; quel no si era fatto severo monito nelle accorate
parole del Pontefice e nei molti interventi di autorevoli personalità
religiose, morali e culturali; era stato quel dissenso pronunciato con
estrema chiarezza dalle espressioni di gran lunga prevalenti della comunità
internazionale per bocca del segretario generale dellOnu Kofi Annan e dei
leaders di importanti Paesi europei (come la Francia e la Germania), della
Russia, della Cina e di quasi tutti gli stati arabi compresi quelli legati
agli Stati Uniti da consolidati rapporti di amicizia.
Mille voci si erano levate per invitare alla prudenza e alla riflessione;
per fare appello alle ragioni del buon senso e della responsabilità; per
invocare il rispetto dello Statuto dellOnu e del diritto internazionale;
per segnalare i rischi tremendi di un intervento che avrebbe potuto aprire
la strada a quel conflitto tra religioni e civiltà a cuor leggero evocato da
Bush in America e da Berlusconi in Italia; per prospettare le tragiche
conseguenze che quella dissennata guerra avrebbe avuto in termini di vite
spezzate, di mutilazioni, di sofferenze e di devastazioni; per far presente
che lintervento militare, utile solo al vampirismo bellico, avrebbe
danneggiato leconomia mondiale facendo crescere la fame e lindigenza nei
Paesi poveri e peggiorando ovunque le condizioni di vita e di lavoro dei
ceti sociali più deboli.
Ma cè di più: numerose, puntuali e convincentemente motivate erano state le
previsioni, fra le quali spiccava quella del leader egiziano Mubarak, per le
quali lattacco allIraq avrebbe ulteriormente destabilizzato larea
mediorientale ed avrebbe soprattutto rafforzato il terrorismo invece di
indebolirlo e di farlo arretrare. Appelli, ammonimenti, proteste, preghiere,
corali invocazioni di pace: tutto è stato vano. La guerra dellarroganza e
dellostinazione è stata scatenata e tutte, proprio tutte, le tragiche
previsioni si sono puntualmente avverate fra la sorpresa di certi uomini
politici e di taluni commentatori nostrani la cui ipocrisia è pari solo alla
loro impudenza. Ed in questa drammatica situazione che vede il mondo
sullorlo di un baratro, il nostro Governo, che aveva disinvoltamente sin
dallinizio avallato la guerra di Bush e che si era poi messo al servizio
del grande fratello americano mandando i nostri soldati in Iraq sotto il
comando delle forze di occupazione, non vuole oggi guardare in faccia la
realtà, non fa autocritica, non corregge gli errori commessi, censura gli
atti di responsabilità del nuovo governo spagnolo e baldanzosamente conferma
il suo schieramento in favore di un intervento armato strumentalmente
motivato da ragioni (prima il possesso di armi di distruzione di massa e poi
la collusione tra il governo iracheno ed il terrorismo) che sono risultate,
per sostanziale ammissione anche degli stessi governi di Washington e di
Londra, prive di qualsiasi fondamento e platealmente mendaci.
Resta così lItalia non solo favorevole ma anche al servizio di una guerra
tuttora in corso, illegittima per il diritto internazionale, falsa nelle sue
ostentate giustificazioni e deleteria per la lotta al terrorismo; una guerra
che non può certo esportare in Iraq libertà e democrazia ma che sta
regalando a quel martoriato Paese eccidi, rovine ed iniquità di spaventose
dimensioni. Ed è in questa ottica che vanno riguardate, al di là della
cortina fumogena alzata da certe strumentali suggestioni nazionalistiche e
patriottarde, le responsabilità del governo Berlusconi e della maggioranza
che lo sorregge per quanto è accaduto e quanto può ancora accadere ai nostri
militari in Iraq, ai nostri concittadini che devono in quel Paese vivere e
lavorare e a tutti gli italiani esposti al crescente rischio di attentati a
causa di scelte sconsiderate e dannose, non condivise dalla maggioranza
degli italiani e condannate senza appello da quella nuova superpotenza
disarmata che è il movimento mondiale per la pace.
Un movimento, quello appunto per la pace, col quale dovrà fare i conti il
nostro imperturbabile e sorridente Presidente del Consiglio che, a fronte
dei drammi e delle ansie che stiamo vivendo in questi giorni di
sbigottimento e di orrore, sa solo dire, scegliendo peraltro il momento meno
opportuno anche per le conseguenze negative che le sue parole possono avere
sul destino dei nostri connazionali presenti in Iraq, che i contingenti
militari italiani resteranno comunque in quel Paese dopo il prossimo 30
giugno. Ed è penosamente significativo che lonorevole Berlusconi si sia
esibito in tale muscolosa dichiarazione poco dopo essersi fregate le mani
per la soddisfazione di essere il suo governo rimasto nellEuropa
continentale, dopo la defezione spagnola, il migliore alleato della Casa
Bianca. Sarà vera gloria ? Ai cittadini di questo angosciato e sbalordito
Paese la
facile sentenza.
Brindisi, 23 aprile 2004
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