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"OSSERVATORE ROMANO": I NOSTRI SOLDATI SONO "STRUMENTI DI MORTE" E LE
PAROLE DEL GOVERNO SONO "VUOTE"
CITTÀ DEL VATICANO - ADISTA
Si fanno solo chiacchiere e la gente l'ha capito, anzi non ne può più.I
nostri soldati? Altro che operatori di pace: sono in realtà strumenti di
morte.
Questa è la verità che "L'Osservatore Romano" (8 aprile, pag. 10) sbatte in
faccia al governo italiano e alla maggioranza parlamentare. "Le lunghe
tragiche ore - scrive - di sanguinosa battaglia nelle strade di Nassiriya,
che è costata la vita a diverse persone e il ferimento di undici militari
dell'XI Reggimento dei Bersaglieri, ha riacceso le polemiche sulla presenza
delle truppe italiane in Iraq. Un dibattito continuo, fatto anche di parole
che suonano vuote e di slogan che la gente ormai rifiuta. La realtà è che i
militari impegnati in questa missione rischiano la vita in ogni momento, e
sono costretti tra l'altro a non essere solo operatori di pace ma anche
strumenti di morte. La realtà è che in questa Pasqua 2004 (...) diverse
famiglie italiane vivono in un angoscioso clima di paura per la sorte dei
loro cari". "Governo e maggioranza, di fronte agli ultimi gravi eventi,
fanno quadrato e annunciano che le truppe italiane resteranno", aggiunge il
giornale vaticano, e riporta le parole di Berlusconi - "Ci potrà essere una
nuova risoluzione dell'Onu che non cambierebbe ciò che accade nel Paese e
quello che fino ad ora hanno fatto le nostre truppe. Non capisco chi chiede
la svolta, perché una svolta c'è già ed è nei fatti" - per tornare a
ripetere, quasi con incredulità: "Dunque le truppe italiane resteranno in
Iraq 'fino a quando non ci sarà un governo iracheno in grado di mantenere
l'ordine'". E nel pezzo dell'Osservatore sembra di leggere dell'ironia
quando cita la dichiarazione del ministro della Difesa, Martino, secondo il
quale i soldati italiani resteranno in Iraq "per il bene della
popolazione". "Parole che suonano vuote", preannunciava appunto all'inizio
il giornale.
Il papa, fino al momento in cui scriviamo (8 aprile), non ha pronunciato
verbo su quest'ultima strage di Nassiriya (almeno 25 civili iracheni morti,
forse fino a 50, presi a cannonate). "L'Osservatore", ci si chiede,
troverebbe ancora in lui - com'è stato da un anno a questa parte per la
questione Iraq - il massimo sostenitore della non belligeranza a tutti i
costi? O il papa è passato dalla parte di quanti, all'interno del Vaticano,
ritengono che non sia possibile, ormai, altra politica che quella armata
che si sta seguendo? Su "La Stampa" del 7 aprile, Marco Tosatti riporta
così quello che "dicono in Segreteria di Stato": "Un anno fa abbiamo fatto
tutto il possibile per la pace, perché la guerra non scoppiasse, ma adesso
andarsene non sarebbe un atto di pace, sarebbe un atto di guerra". E
proprio sulla posizione del papa vanno oltre. Il giornalista chiede se il
papa, "che è diventato campione del pacifismo mondiale, ora difende la
presenza militare in Iraq". "Sì, perché l'alternativa è la guerra civile".
Questo, scrive Tosatti, "fanno capire i diplomatici in talare".
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