Vapore a Milano
Il 21 febbraio è stata ufficialmente inaugurata a Milano la Fabbrica del
Vapore, presentata dal Settore Giovani del Comune come "uno spazio che sia
aperto alle creatività di giovani ma anche saldamente collegato ai poli
produttivi della realtà milanese(...) un laboratorio di esperienze dove
sia possibile sviluppare nuovi linguaggi, tecniche e saperi nel campo del
design, delle arti visive, della musica, della fotografia, dei new media,
del teatro, della danza, del cinema e della scrittura". Un'apertura
azzardata, in realtà soltanto di una piccola parte dell'area, ma in
compenso in piena campagna elettorale e giusto prima dell'abbandono
dell'assessore Scalpelli.
Sarà l'influenza Mediaset nel gruppo di lavoro a fare sì che l'immagine
del tutto sia molto curata, ma che il contenuto lo sia un po' meno, come
delle volte può accadere.
Già da due anni sulle cartine affisse in metropolitana la Fabbrica del
Vapore è segnalata al pari delle chiese, dei parchi o dei cimiteri. Quando
si dice che la realtà è fatta di percezioni... qui la strategia si
avvicina a quella del molto fumo e poco arrosto. Come l'aprire a malapena
un'ala degli edifici dell'area, e lasciando che il grosso dei ruderi
sempre più compromessi ma sapientemente illuminati, con di mezzo palco e
recinzioni, apparissero la serata dell'inaugurazione come già quasi
utilizzabili.
O come molti dei centri esteri citati nei comunicati e al sito
www.fabbricadelvapore.org che sicuramente possono impressionare chi non li
conosce ... infatti non ci sono riferimenti per l'Italia ... ma in realtà
si tratta di un vecchio indirizzario di TransEuropeHalles, rete europea di
centri culturali indipendenti (e non comunali), con la segnalazione tra
l'altro di un indirizzo privato in Lussemburgo visto che il centro -
all'epoca occupato - non poteva ricevere posta.
Anziché usarne solo i nomi per fare bella figura, per un Comune sarebbe
stato più utile prendere atto veramente dell'esperienza estera, il che
avrebbe significato confrontarsi con quei esempi di centri "nuovi" che
sono stati voluti da associazioni o iniziative in stretta collaborazione
con i rispettivi comuni (anche se poi la gestione è affidata ad entità
indipendenti - mentre per la Fabbrica del Vapore ancora non risulta chiaro
quale sarà la forma organizzativa finale) e che in gran parte risultano
oggi collocati in edifici costruiti ad hoc come possono esserlo il
Junction di Cambridge o il 013 di Tilburg in Olanda - che compaiono pure
loro tra i link. In effetti l'uso dell'esistente ha valide ragioni
pratiche nel caso di occupazioni. In quel caso più che di una scelta
estetica o di recupero di un patrimonio - testimone peraltro di un passato
non sempre glorioso, almeno per chi ci doveva passare la sua vita
lavorativa - si tratta dell'immediata facilità di utilizzo, della
possibilità di recupero graduale anche con risorse limitate. Mentre il
denaro (dei contribuenti in questo caso) necessario per una
ristrutturazione ufficiale permetterebbe a pari costo la nuova costruzione
di strutture molto più funzionali e con oneri di gestione
incomparabilmente minori, nonché addirittura parcheggi per il pubblico.
E in effetti, dopo aver sigillato l'enorme piazzale della Fabbrica del
Vapore con asfalto e autobloccanti sarebbe stato meglio non indicare l
'Ufa-Fabrik di Berlino (vedi "A" 264) come fonte di ispirazione, quando
proprio la comune dell'Ufa è particolarmente impegnata nell'ecologia, nel
rendere vivibile le metropoli.
Ma tutto sommato il portare in esempio esperienze di occupazioni, anche se
solo estere, fa auspicare una lungimiranza del Comune di Milano anche nel
rispetto per le innumerevoli realtà autogestite presenti e attive sul
territorio da anni.
Poi ci sono le stonature fatte in case, come la richiesta di un affitto
quasi normale di mercato per gli spazi, a fronte dell'obbligo di segnalare
il logo della Fabbrica del Vapore su tutte le proprie iniziative. Per
mantenere in qualche modo una credibilità del logo il tutto implica un
controllo sui contenuti. Controllo non esplicito, ma evidente, visto che
la rinomata giuria estera riunitasi a Milano per ben 3 giorni si è trovata
di fronte solo ad una piccola parte dei progetti presentati -
preselezionati a Milano in base al business "plane" (sic) - certo liberi
di vedere anche i restanti progetti, solo - quando? Ma d'altronde, nessuno
era obbligato a partecipare al bando...
Maria Mesch