[Lecce-sf] SABATO3@COPPOLAROSSA

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Autore: centro sociale
Data:  
Oggetto: [Lecce-sf] SABATO3@COPPOLAROSSA
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CONFLITTO, DISOBBEDIENZA, MUNICIPALISMO:
NUOVI PERCORSI DI DEMOCRAZIA.

sabato3aprile@??? – Adelfia (Ba)
ore 10.00
ASSEMBLEA – DIBATTITO
Intervengono:
Don Angelo Cassano – Parroco Chiesa San Sabino - Bari
Donatella Azzolini – Comitato donne Terlizzi
Gianni Palumbo – Comitato No scorie – No guerra
Basilicata;
On. Nichi Vendola
Dr. Michele Emiliano
Luciano Ummarino – Consigliere delegato al Bilancio
Partecipativo XI Municipio Roma – Disobbedienti Roma
Gianluca Peciola - Assessore alle politiche giovanili
XI Municipio Roma
Dario Belluccio - Global Radio
e in serata, a partire dalle 23.00, concerto con:

JAMALA BAND - reggae
LE CAPPELLE DI RINO - cover band di Rino Gaetano
Manneggghialamadoska - ska



DALL’OCCUPAZIONE ALLA PARTECIPAZIONE
L’avvio del processo a carico di 9 attivisti del csoa
coppolarossa per l’occupazione della struttura, il
sempre presente pericolo di sgombero coatto, l’acuirsi
delle aggressioni squadriste di matrice neofascista e
l’approssimarsi del 7° anno di occupazione dell’ex
mattatoio comunale rappresentano l’occasione per
elaborare uno sforzo collettivo teso ad individuare
nuove strade percorribili in grado di soddisfare i
bisogni individuali e collettivi. Si tratta, quindi,
di offrire nuova linfa alle forme del conflitto, e dei
conflitti, per approdare da una fase di mera
resistenza, di natura “antagonista-rivendicativa”, ad
una prospettiva “conflittuale-progettuale” che ci
offra una proficua prospettiva per il futuro.
L’esperienza del coppolarossa nasce a metà degli anni
’90, quando il pensiero unico della globalizzazione
neoliberista era in piena fase espansiva, quando a
fronte di una conflittualità sociale e sindacale
ridotta ai minimi storici si è assistito alla
progressiva privatizzazione, e mercificazione, di ogni
spazio e momento del vivere collettivo.
Occupare, recuperare e autogestire un ex macello
comunale - simbolo indecoroso di spreco di denaro
pubblico - costituiva in quel momento, e in un
contesto caratterizzato da una storica “apatia
sociale”, la massima espressione conflittuale
possibile: restituire ad una dimensione collettiva e
pubblica uno spazio liberato dalla logica
neoliberista.
Da allora affermare che tutto è cambiato non è un
banale eufemismo: Seattle prima e Genova dopo –
passando per Praga -, hanno testimoniato questo
mutamento epocale: “quel pensiero non è poi così
unico” ed a dirlo è una nuova moltitudine globale, una
nuova generazione di ribelli, sognatori ed
invincibili.
“Dopo Genova, nulla sarà più come prima”, è stata
questa l’affermazione più ricorrente dopo quelle
splendide e tragiche giornate del luglio 2001, ed,
infatti così è stato: quell’esperienza di rinnovato
protagonismo ha contaminato, rinvigorito ed innovato
ogni settore del nostro vivere quotidiano e dato nuova
energia alla conflittualità sociale e sindacale.
Da Genova, e dall’esperienza del “laboratorio
Carlini”, insomma una nuova consapevolezza si è fatta
largo nel senso comune: dinanzi a violazioni e soprusi
di libertà individuali e diritti fondamentali -
singoli e collettivi - la resistenza e la ribellione
non solo è legittima, ma diviene obbligo di ognuno; e,
se a compiere violazioni e soprusi sono i pubblici
poteri, più o meno legittimati, disobbedire alle leggi
rappresenta l’esercizio supremo della cittadinanza, il
compiersi della democrazia attraverso il diritto
legittimo a resistere ed il dovere che ognuno ha nei
confronti della comunità e dell’umanità.
Nel frattempo però, lo scenario è segnato da un nuovo
“antagonista globale” (rivale dell’umanità), la guerra
che, malgrado il dispiegarsi di un movimento per la
pace altrettanto globale, pervade ogni aspetto della
nostra vita quotidiana.
Così l’opposizione alla guerra e le azioni di blocco
dei “treni della morte”, la ribellione di un popolo
per la salvaguardia dell’ambiente e contro la
discarica di scorie nucleari, la cruenta lotta degli
autoferrotranvieri, le azioni contro i CPT, la
mobilitazione di un’intera comunità per riaffermare il
diritto alla salute ed evitare la chiusura
dell’ospedale, sono alcuni esempi del fermento sociale
che investe le nostre terre ed i nostri giorni.
L’accrescersi delle mobilitazioni ed il moltiplicarsi
delle esperienze di partecipazione collettiva diretta
si scontrano, però, con uno degli effetti più subdoli
della globalizzazione neoliberista, la crisi delle
istituzioni democratiche ormai incapaci di
fronteggiare le scelte compiute dalle multinazionali e
da organismi non rappresentativi ed a-democratici.
La guerra stessa rappresenta l’estremo paradosso di
una “democrazia” svuotata di ogni contenuto, in nome
della “democrazia” infatti, si svolge un’operazione
militare contro la volontà dei popoli del mondo
intero.
A questo punto, perciò, dovremmo tutti interrogarci su
come invertire tali tendenze, su come e cosa fare per
dare più incisività ed efficacia al nostro agire
sociale e politico, partendo dal presupposto, per
dirla con una metafora, che “… la vita è come una
mela. Dinanzi alla mela non si deve cercare di
mangiarla, né di guardare se è matura, marcia o
acerba. Ciò che interessa è raccogliere con molta cura
i semi, arare un pezzo di terra, seminarli, annaffiare
la piccola piantagione con le lacrime ed il sangue e
sorvegliare la crescita. Ciò perché, un giorno
qualcuno, chiunque esso sia, possa tagliare una mela e
decidere se mangiarla o piantarne i semi. Qui sta la
differenza tra noi ed il resto degli esseri umani:
dove tutti vedono una mela, noi vediamo un seme,
andiamo a preparare la terra, gettiamo il seme e lo
curiamo”.
Si tratta, insomma, di procedere alla costruzione
diretta di quell’altro mondo possibile “qui ed ora”,
attraverso la ricostruzione dal basso di una politica
più responsabile e partecipativa che “pensi globale ed
agisca locale”. È il locale, infatti, la dimensione
strategica di questo percorso, perché è qui che i
diritti, le libertà, la democrazia ed il senso di
giustizia riescono a costituirsi come corpo e
relazioni sociali.
In tal senso, la strada per “cambiare il mondo senza
prendere il potere” ci offre la possibilità di
analizzare gli esperimenti che si moltiplicano
all’estero come in Italia e che, prendendo spunto
dall’esperienza del “bilancio partecipativo” applicato
nella regione di Porto Alegre in Brasile, ci parlano
di una nuova cittadinanza attiva e di una democrazia
sostanziale e non effimera.
Discutere di bilancio partecipativo significa però
parlare di sperimentazioni che meglio si adattino al
contesto locale e non di modelli precostituiti da
emulare, significa, soprattutto, integrare i cittadini
in un nuovo spazio pubblico non formale e non
tradizionale che rafforzi l’esercizio dei diritti di
cittadinanza e costruisca cittadinanza attiva.
L’elaborazione collettiva delle scelte strategiche
amministrative, si pensi al Bilancio di previsione e
al programma delle opere pubbliche o al Piano
Regolatore), la condivisione degli interventi per
settori specifici (politiche sociali, culturali,
sportive, ambientali, economiche) con le realtà e gli
operatori di quegli stessi settori rappresentano le
metodologie operative che ci sembrano più appropriate
sia per soddisfare i bisogni che alimentano ogni
disagio sia per la formazione di un nuovo prototipo di
cittadino, un cittadino, attivo, critico, partecipe,
responsabile, che si fa carico della comunità
d’appartenenza.

Insomma, dopo aver arato il terreno abbiamo finalmente
trovato i semi, è necessario, quindi, procedere alla
semina… se non ora, quando?


______________________________________________________________________
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  by mta136.mail.scd.yahoo.com with SMTP; Tue, 30 Mar 2004 07:46:21 -0800
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  by m16.grp.scd.yahoo.com with QMQP; 30 Mar 2004 15:42:47 -0000
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Date: Tue, 30 Mar 2004 16:42:33 +0100
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CONFLITTO, DISOBBEDIENZA, MUNICIPALISMO:<BR>
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ore 10.00<BR>
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Dr. Michele Emiliano<BR>
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lica uno spazio liberato dalla logica neoliberista.<BR>
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L=92accrescersi delle mobilitazioni ed il moltiplicarsi delle esperienze di=
partecipazione collettiva diretta si scontrano, per=F2, con uno degli effe=
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A questo punto, perci=F2, dovremmo tutti interrogarci su come invertire tal=
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nostro agire sociale e politico, partendo dal presupposto, per dirla con u=
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. Ci=F2 che interessa =E8 raccogliere con molta cura i semi, arare un pezzo=
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l sangue e sorvegliare la crescita. Ci=F2 perch=E9, un giorno qualcuno, chi=
unque esso sia, possa tagliare una mela e decidere se mangiarla o piantarne=
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senso di giustizia riescono a costituirsi come corpo e relazioni sociali.<B=
R>
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=94 ci offre la possibilit=E0 di analizzare gli esperimenti che si moltipli=
cano all=92estero come in Italia e che, prendendo spunto dall=92esperienza =
del =93bilancio partecipativo=94 applicato nella regione di Porto Alegre in=
Brasile, ci parlano di una nuova cittadinanza attiva e di una democrazia s=
ostanziale e non effimera.<BR>
Discutere di bilancio partecipativo significa per=F2 parlare di sperimentaz=
ioni che meglio si adattino al contesto locale e non di modelli precostitui=
ti da emulare, significa, soprattutto, integrare i cittadini in un nuovo sp=
azio pubblico non formale e non tradizionale che rafforzi l=92esercizio dei=
diritti di cittadinanza e costruisca cittadinanza attiva.<BR>
L=92elaborazione collettiva delle scelte strategiche amministrative, si pen=
si al Bilancio di previsione e al programma delle opere pubbliche o al Pian=
o Regolatore), la condivisione degli interventi per settori specifici (poli=
tiche sociali, culturali, sportive, ambientali, economiche) con le realt=E0=
e gli operatori di quegli stessi settori rappresentano le metodologie oper=
ative che ci sembrano pi=F9 appropriate sia per soddisfare i bisogni che al=
imentano ogni disagio sia per la formazione di un nuovo prototipo di cittad=
ino, un cittadino, attivo, critico, partecipe, responsabile, che si fa cari=
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Insomma, dopo aver arato il terreno abbiamo finalmente trovato i semi, =E8 =
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