Autor: zia Data: Assunto: [Animate] Il ministro proibizionista (fwd)
da "il manifesto" del 14 Marzo 2004
Il ministro proibizionista
La prima tappa è il cinema, poi toccherà alla musica. Un governo schierato
con la proprietà intellettuale Un film di troppo Il decreto del ministro
della cultura Giuliano Urbani colpisce una pratica comune su Internet: il
libero scambio di materiali digitali. Inoltre chiede alle società che
gestiscono l'accesso alla rete di controllare i propri clienti
ARTURO DI CORINTO,
Fino a ieri si diceva che se non fosse stato per la litigata che ha
portato il sottosegretario Sgarbi alle dimissioni, pochi ricorderebbero il
nome del ministro della cultura. Dopo l'approvazione del tormentato
decreto contro il downloading illegale da Internet di film in formato
digitale, il nome di Giuliano Urbani è invece destinato a rimanere
impresso nella memoria di molti. Il 5 marzo scorso Urbani si era
polemicamente assentato dalla riunione del Consiglio dei Ministri «per
l'inopinanta impossibilità di discutere» le misure da lui proposte per
contrastare la diffusione telematica abusiva di materiale coperto da
diritto d'autore. In quell'occasione si era detto che fossero state le
cautele di Gianni Letta, le perplessità dell'ufficio legislativo e una
nota di Telecom a fermare il ministro, in attesa della decisione europea
sulla cosiddetta direttiva Enforcement . Dopo la votazione al parlamento
europeo di questa ennesima legge sulla protezione della proprietà
intellettuale - che però non considera reato penale la cessione
commerciale di opere coperte da diritto d'autore e che depenalizza il
«consumo personale» - il ministro è tornato alla carica facendo approvare
il suo testo e dichiarando che esso recepisce «il merito e lo spirito
della direttiva europea».
E' noto che i singoli paesi possono introdurre sanzioni di diversa natura
sulla base delle decisioni europee, ma è altrettanto chiaro che con questo
decreto il governo Berlusconi è sul crinale di una violazione della
direttiva europea, perché introduce sanzioni che colpisono penalmente lo
scambio commerciale illegale di film coperti da copyright e prevede multe
salate per i singoli downloaders, cioè chi «scarica» materiale da
Internet. Le sanzioni vanno infatti da 1500 fino a 2000 euro per chi usa
strumenti atti a «eludere i controlli». La sanzione per chi invece lo
faccia a scopi commerciali va da 2500 euro a 15000 euro, con il rischio
aggiuntivo di una possibile condanna da sei mesi a tre anni di carcere.
Il decreto Urbani ha inoltre l'effetto perverso di delegittimare le scelte
del parlamento italiano sulla data retention - la legge relativa
all'obbligo per i provider di telecomunicazioni di conservare i dati di
traffico degli utenti e che aveva moblitato tutti i difensori della
privacy su Internet facendola cambiare, visto che chiede ai singoli
service provider di collaborare con l'autorità giudiziaria nel solo modo
possibile: conservare i dati utili per l'accertamento delle infrazioni e
avvisare l'autorità di eventuali «comportamenti criminosi» per non
diventarne complici, trasformandosi di fatto in poliziotti.
Non solo. Per il ministro «se le sanzioni contro il download si rivelano
efficaci per il cinema, verranno applicate anche allo scambio di musica».
Sbagliava perciò chi credeva che la legge europea avesse fornito un argine
alla determinazione del ministro di compiacere le grandi lobby di cinema e
musica.
La cosa che più colpisce è però il cambiamento di strategia delle
associazioni di categoria, che, oltre a battersi per perseguire la
pirateria commerciale e domestica, vogliono colpire alle fondamenta la
cultura del download e del filesharing (la condivisione di file), attività
finora percepite come ludiche e innocue, intrinseche alla natura stessa
del medium Internet.
Urbani ha ribadito nel corso di una conferenza stampa che si tratta di
«sanzioni simboliche» che hanno lo scopo di «dissuadere ed educare
soprattutto i giovani», facendosi promotore di un'idea che, fatte le
dovute differenze, si avvicina a quel mostro giuridico della «pedofilia
culturale». Un reato in virtù del quale chiunque esprime un opinione non
pregiudizialmente negativa della pedofilia si ritrova in manette, come è
accaduto pochi giorni fa a un giovane veneto reo di mantenere un sito dove
si sosteneva che i rapporti consenzienti fra adulti e adolescenti dai
tredici anni in su fossero leciti, con tanto di richiami alla storia del
pensiero filosofico e alle legislazione di altri paesi. Contro il concetto
di pedofilia cuturale nessuno ha alzato un dito. Per il reato di
«filesharing cuturale» accadrà lo stesso?
Nell'immediato è certa una cosa: il governo delle tre I («Internet Inglese
e Impresa») ha imboccato decisamente la strada del «proibizionismo
audiovisivo», che come è noto indurrà comportamenti clandestini. Inoltre,
si prefigura una situazione giuridica dove i carrier diventano
responsabili dei loro utenti come un conducente di autobus del furto sul
mezzo che guida. Eppure una soluzione alla violazione del diritto d'autore
esiste: si chiama copyleft e privilegia il libero scambio dei prodotti
culturali.