[Lecce-sf] dal Manifesto

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Autore: Antonella Mangia
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Oggetto: [Lecce-sf] dal Manifesto
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L'orrore vicino
ROBERTO ZANINI
«Proxima estacion, Atocha». Il computer del metrò spagnolo aveva una delicata voce di donna artificiale, la stazione moderna ed efficiente come si addice a una capitale europea con perenne promessa di successo. Ora è una rovina fumante e Madrid una città colpita al cuore. Atocha è una moschea a Najaf, una fermata d'autobus a Gerusalemme, un palazzo di Mosca prima delle presidenziali. L'orrore è arrivato in Europa. Oggi ha fatto strage di pendolari castigliani e domani sarà il fantasma dietro le spalle di tutti. Ben dentro le nostre tiepide case. Ci colpiscono le proporzioni del massacro, la sua scienza feroce, la casualità con cui il macellaio ha scelto le sue vittime. Ma più di tutto l'idea che l'orrore sia tanto pervasivo, che ci riguardi tanto da vicino. Ha padri e madri, ma a che serve saperlo? Ai morti di Madrid non importerà molto stabilire d'essere stati ammazzati dall'Eta o da Al Qaeda. Gli altri vivranno nella paura di prendere un treno, tragicamente rassicurati dal
ministro
spagnolo che punta il dito contro l'affare interno basco oppure sconfortati dalla rivendicazione islamista ricevuta da un giornale. Vivendo, tutti quanti, in una guerra permanente che svolge in modo mirabile la sua funzione di moltiplicatore dell'angoscia. Inutile cercare altre spiegazioni, l'orrore non ne ha e non ne dà, confligge con ogni logica e ogni logica affonda sulla sua scacchiera insanguinata.

Può darsi che sia stata accantonata troppo in fretta l'antitesi tra socialismo e barbarie. Liquefatto il primo - come ogni ipotesi di società diversa realizzabile in terra, come ogni razionalizzazione dei conflitti sociali - non ci resta che la seconda. Pronti ad accogliere soluzioni poliziesche ben accette da città terrorizzate e barattare libertà per sicurezza. Tra il disordine e l'ingiustizia sceglieremo di combattere il disordine. E quel giorno avremo perso, definitivamente.


il manifesto - 12 Marzo 2004


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Quel che si può dire
ROSSANA ROSSANDA
Grandi o piccoli, di destra o di sinistra, i giornali di ieri hanno scritto tutti la stessa cosa: massacro orrendo stamane a Madrid, non siamo in grado di dirvi chi è stato, perché, dove si nasconde. La notizia singolare è il fall out degli organi di informazione. I più ragionanti hanno potuto aggiungere che se il governo spagnolo accusava l'Eta, quel che si sa da quarant'anni dell'esistenza dell'Eta non somiglia affatto all'attentato alle stazioni di Atocha, El Pozo e Santa Eugenia. Il che non poteva escludere che, l'Eta essendo assai divisa, una sua frazione abbia deciso di passare dall'attentato al singolo politico al terrorismo vero e proprio, sparare nel mucchio dei cittadini della capitale. E per quanto riguarda la rivendicazione apparsa a tarda sera in un quotidiano in lingua araba di Londra, osservare che ripeteva quel che Al Quaeda e altri fondamentalismi islamici armati vanno dicendo dalla guerra del Golfo in poi: colpiremo gli Stati uniti e i loro alleati. Dal che
non si
può dedurre con certezza che siano stati loro, perché appunto quel che è stato già detto può essere ripetuto da altri a scopo di depistaggio.

Siamo dunque al buio, il che per i seminatori di terrore è già un risultato. Tre riflessioni si possono però fare. La prima è il ritorno sulla scena politica del terrorismo in senso proprio, che non mira a uccidere un uomo o un simbolo riconoscibile del potere come nei gruppi armati europei e latinoamericani del Novecento, ma colpisce «la gente», popolo, considerato complice o subalterno alle scelte del suo proprio governo. E' stata una pratica della fine dell'Ottocento, in Russia e in parte anche in Irlanda, e che è andata spegnendosi nel corso del ventesimo secolo. E' una regressione terribile della rivolta, che nel secolo scorso si è politicizzata, civilizzata, si è espressa in soggetti visibili, che volevano essere riconosciuti, che fortemente argomentavano, e miravano a coinvolgere le masse invece che a terrorizzarle. Il terrore vero e proprio era stato lasciato ai mezzi della guerra. E questo richiama alla mente un'osservazione di Lucio Colletti, che già non era più com
unista,
al cadere del comunismo: nel momento in cui viene meno una idea articolata di riscatto dalla povertà e dall'umiliazione, dove si incanaleranno le pulsioni che covano nelle contraddizioni della società e fra i popoli? E' impossibile non fare qualche riflessione sulla contemporaneità fra il crollo del muro di Berlino e il riemergere su vasta scala dell'ondata sanguinosa del terrorismo.

Secondo: se si tratta di terrorismo islamico, questo non è certo espressione rozza ma popolare dell'islam: si serve della reazione degli umiliati e offesi ma è una lotta per il potere fra i gruppi dominanti della finanza, dei nazionalismi o delle religioni. Bin Laden ne è un evidente esempio. E' una vicenda arcaica con i mezzi tecnologici, comunicazione inclusa, della modernità.

Terzo: le politiche messe in atto dai governi occidentali di fronte a questa regressione non potrebbero essere più stupide, sia quella dei governi spagnoli nei confronti dell'indipendentismo basco, sia quella dell'Occidente nei confronti del Medio Oriente. La leadership borghese antifranchista, dopo essersi servita dell'Eta per abbattere l'ammiraglio Carrero Blanco e con questo dare un colpo fatale al franchismo, non poteva essere più stolidamente centralista, e proprio nei confronti della sola regione della penisola iberica che aveva un reale fondamento di diversità culturale e linguistica.
Perché non andare, appena caduto Franco, a una trattativa fra lo stato centrale e puntare poi, soprattutto trattandosi di una regione economicamente sviluppata, a una sua rimessa in circolo nazionale attraverso la produzione e i commerci? No, né Gonzales né Aznar hanno tentato nulla di simile, proponendosi soltanto di reprimere l'Eta, e non sempre in forme legali, finché la spirale è diventata sempre più sanguinaria. Lo stesso vale per gli Stati uniti nel Medio oriente. L'attentato dell'11 settembre è stata una provocazione fortissima, largamente annunciata, non registrata per arroganza, come per arroganza neppure si erano accorti di che cosa stesse calpestando l'Occidente nel mettere piede in Medio Oriente e nel preparare pubblicamente l'attacco all'Iraq. Gli Stati uniti sono andati a invadere quel paese senza saperne nulla, convinti che la loro sola presenza lo avrebbe ridotto alla ragione, schiacciando nel contempo un terrorismo internazionale che là non c'era. Non hanno
schiacciato nulla. Probabilmente il terrorismo si è andato estendendo e articolando. E sia che si tratti di un gruppo, o di più gruppi, o perfino di un qualche stato - cosa finora indimostrata - è sicuro che la sua possibilità di accesso a tecnologie raffinate non permette a nessuno di contare sulla sola repressione per batterlo. Se la parola non torna alla politica, cioè alla conoscenza dell'avversario, alle ragioni del suo procedere o involvere, di suoi possibili radicamenti, e quindi al tentativo di separarlo dall'ascolto popolare e al negoziato, a una politica insomma, la scia di sangue non finirà più. Questo soltanto si può dire con certezza, e i popoli europei potrebbero con ragione chiederne conto a chi li governa. (rossana rossanda)



http://www.ilmanifesto.it/oggi/art15.html









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erve
saperlo? Ai morti di Madrid non importerà molto stabilire d'essere stati ammazzati dall'Eta o da Al Qaeda. Gli altri vivranno nella paura di prendere un treno, tragicamente rassicurati dal ministro spagnolo che punta il dito contro l'affare interno basco oppure sconfortati dalla rivendicazione islamista ricevuta da un giornale. Vivendo, tutti quanti, in una guerra permanente che svolge in modo mirabile la sua funzione di moltiplicatore dell'angoscia. Inutile cercare altre spiegazioni, l'orrore non ne ha e non ne dà, confligge con ogni logica e ogni logica affonda sulla sua scacchiera insanguinata.<BR><BR>Può darsi che sia stata accantonata troppo in fretta l'antitesi tra socialismo e barbarie. Liquefatto il primo - come ogni ipotesi di società diversa realizzabile in terra, come ogni razionalizzazione dei conflitti sociali - non ci resta che la seconda. Pronti ad accogliere soluzioni poliziesche ben accette da città terrorizzate e barattare libertà per sicurezza. Tra il diso
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gua
araba di Londra, osservare che ripeteva quel che Al Quaeda e altri fondamentalismi islamici armati vanno dicendo dalla guerra del Golfo in poi: colpiremo gli Stati uniti e i loro alleati. Dal che non si può dedurre con certezza che siano stati loro, perché appunto quel che è stato già detto può essere ripetuto da altri a scopo di depistaggio.<BR><BR>Siamo dunque al buio, il che per i seminatori di terrore è già un risultato. Tre riflessioni si possono però fare. La prima è il ritorno sulla scena politica del terrorismo in senso proprio, che non mira a uccidere un uomo o un simbolo riconoscibile del potere come nei gruppi armati europei e latinoamericani del Novecento, ma colpisce «la gente», popolo, considerato complice o subalterno alle scelte del suo proprio governo. E' stata una pratica della fine dell'Ottocento, in Russia e in parte anche in Irlanda, e che è andata spegnendosi nel corso del ventesimo secolo. E' una regressione terribile della rivolta, che nel secolo scor
so si è
politicizzata, civilizzata, si è espressa in soggetti visibili, che volevano essere riconosciuti, che fortemente argomentavano, e miravano a coinvolgere le masse invece che a terrorizzarle. Il terrore vero e proprio era stato lasciato ai mezzi della guerra. E questo richiama alla mente un'osservazione di Lucio Colletti, che già non era più comunista, al cadere del comunismo: nel momento in cui viene meno una idea articolata di riscatto dalla povertà e dall'umiliazione, dove si incanaleranno le pulsioni che covano nelle contraddizioni della società e fra i popoli? E' impossibile non fare qualche riflessione sulla contemporaneità fra il crollo del muro di Berlino e il riemergere su vasta scala dell'ondata sanguinosa del terrorismo.<BR><BR>Secondo: se si tratta di terrorismo islamico, questo non è certo espressione rozza ma popolare dell'islam: si serve della reazione degli umiliati e offesi ma è una lotta per il potere fra i gruppi dominanti della finanza, dei nazionalismi o d
elle
religioni. Bin Laden ne è un evidente esempio. E' una vicenda arcaica con i mezzi tecnologici, comunicazione inclusa, della modernità.<BR><BR>Terzo: le politiche messe in atto dai governi occidentali di fronte a questa regressione non potrebbero essere più stupide, sia quella dei governi spagnoli nei confronti dell'indipendentismo basco, sia quella dell'Occidente nei confronti del Medio Oriente. La leadership borghese antifranchista, dopo essersi servita dell'Eta per abbattere l'ammiraglio Carrero Blanco e con questo dare un colpo fatale al franchismo, non poteva essere più stolidamente centralista, e proprio nei confronti della sola regione della penisola iberica che aveva un reale fondamento di diversità culturale e linguistica. </FONT></SPAN></DIV>
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o un
terrorismo internazionale che là non c'era. Non hanno schiacciato nulla. Probabilmente il terrorismo si è andato estendendo e articolando. E sia che si tratti di un gruppo, o di più gruppi, o perfino di un qualche stato - cosa finora indimostrata - è sicuro che la sua possibilità di accesso a tecnologie raffinate non permette a nessuno di contare sulla sola repressione per batterlo. Se la parola non torna alla politica, cioè alla conoscenza dell'avversario, alle ragioni del suo procedere o involvere, di suoi possibili radicamenti, e quindi al tentativo di separarlo dall'ascolto popolare e al negoziato, a una politica insomma, la scia di sangue non finirà più. Questo soltanto si può dire con certezza, e i popoli europei potrebbero con ragione chiederne conto a chi li governa. <B>(rossana rossanda)</B></SPAN></FONT></SPAN></DIV>
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