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Latte e «grembiulini» - M. Pamio
Oh vedi un pò, mando in lista un articolo che riguarda il paese di berlusconia,
che mi stia ammalando? Ma queste cosine sul Parmacrack già le sapete oppure no?
Bè se consumate televisione di regime sicuramente no...
Ogni giorno che passa saltano fuori nuovi e inquietanti tasselli nel caso che
sta coinvolgendo e sconvolgendo l'Italia intera della finanza e non solo: il
Parmacrack. All'immenso «buco nero», che ha inghiottito svariati miliardi di
euro, si sono infatti aggiunti altri misteri, che infittiscono ulteriormente la
già intricata matassa. Il primo di questi misteri, riguarda la presunta
interferenza di qualche potente «fratello» massone nel crack dellazienda di
Collecchio; mentre il secondo ha a che fare con la totale assenza mediatica
delle inquietanti dichiarazioni del Cavalier Tanzi.
Partiamo dai «grembiulini», che in gergo è sinonimo di massoni.
Una perquisizione, ordinata dalla Procura della Repubblica di Milano,
allabitazione e agli uffici di Mario Mutti, ha scoperto dei documenti
inequivocabilmente di matrice massonica[1]. Mario Mutti, già direttore generale
della Federconsorzi, amico di Silvio Berlusconi (messo a capo della Standa nel
1989, successivamente divenne proconsole del Gruppo Fininvest in Spagna[2]), e
fino al 1998 consigliere damministrazione di Parmalat, oggi è a capo di una
società in amministrazione straordinaria (praticamente fallita, ndA): la
Tecnosistemi.
Oltre a questi documenti già di per sé molto intriganti - che certificano, se
così si può dire, la sua appartenenza alla «libera muratoria» (incartamenti del
Grande Oriente, ecc.), il nome di Mutti compare addirittura nelle liste di «Stay
behind», ovvero la mitica rete Gladio!
Avete capito? Un imprenditore con tanto di «grembiulino», «squadra» e
«compasso», iscritto pure nellorganizzazione segreta creata dallAlleanza
Atlantica negli anni Sessanta per contrastare la presa del potere dei comunisti!
Ma cosa unisce Mutti, Tanzi e perfino Cragnotti? O meglio, quali intrecci
economici legano Tecnosistemi, Parmalat e Cirio? Guarda caso queste aziende
hanno robusti interessi in Brasile, e ancora per caso, tutte e tre sono
rappresentate in Sud America dalla stessa medesima persona: Gianpaolo Grisenti -
il manager indicato da Fausto Tonna come il regista delle operazioni che
segnarono linizio dei guai di bilancio di Parmalat. A questo proposito, un
magistrato di San Paolo, Carlos Henriques Abrao, ipotizza uno scenario di
finanza allegra (dai buchi che hanno creato devono essersi proprio divertiti
molto!) ma soprattutto «un corposo flusso di riciclaggio di denaro sporco»[3].
Una parte di questo denaro sarebbe finito nelle mani di moltissimi esponenti
della politica e dellinformazione italiana.
E siamo arrivati al secondo punto: loscurantismo mediatico sulle
dichiarazioni-fiume di Calisto Tanzi. Sembra infatti che il patron di Parmalat,
vista latmosfera sanremese, stia «cantando» come un fringuello a primavera:
nomi e cognomi di imprenditori, giornalisti, politici e uomini dellattuale e
del precedente governo. Tutti fruitori, secondo lui, di elargizioni milionarie
che se non hanno provocato il mega crack, hanno certamente dato un bell'aiutino.
Fuori i nomi: direbbe qualcuno!
E invece, gli addetti della stampa, i responsabili dellinformazione, oltre a
fischiettare qualche canzonetta di Sanremo, e criticare - anche se giustamente -
un Vespa «nassiyriaco-dipendente», fanno orecchie da mercante! Perché? Cosa
bolle in pentola?
Un pentolone mostruosamente grande e complesso, scoperchiato solamente dal
giornale «Libero». Il quotidiano di Feltri, ha infatti pubblicato in diverse
puntate, i verbali di Tanzi nei quali nero su bianco, sono scritti nomi e
cognomi. Ovviamente è necessario attendere il lavoro della magistratura
incaricata, per cui il condizionale in questo caso è dobbligo. Detto questo,
partiamo dal barbuto direttore de «Il Foglio», Giuliano Ferrara, il quale
avrebbe «ringraziato», per una valigia consegnata personalmente da Tanzi,
contenente 1 miliardo di lire (tutto in contanti!); Mario Segni invece per la
preparazione al Referendum del 99, si è accontentato di 50 miseri milioni (di
lire); lex presidente Oscar Luigi Scalfaro «non ricorda di aver preso i
soldi»[4], ma ha precisato, che nel caso «si dovesse accertare qualcosa» se ne
assumerebbe doverosamente ogni responsabilità[5]; Enrico La Loggia, senatore di
Forza Italia, avrebbe invece mantenuto «una consulenza legale fissa»[6] con
Calisto; il Ministro dellAgricoltura Gianni Alemanno, ha incamerato (il
condizionale non serve perché lo ha ammesso lui stesso), oltre 74 mila euro per
una pubblicità nel suo mensile «Area», dicendo di non essere a conoscenza della
provenienza[7], (altrimenti, cosa avrebbe fatto? ); Ferdinando Adornato deputato
di Forza Italia e presidente della Commissione Cultura della Camera, avrebbe
ricevuto per la sua prestigiosa pubblicazione «Liberal», circa 500 milioni di lire.
E la lista continua con i nomi dellex ministro dellAgricoltura nel governo
DAlema, Paolo De Castro e Massimo DAlema stesso; Romano Prodi avrebbe usato
addirittura i 300 milioni di finanziamento per il pullman della campagna
elettorale; Silvio Berlusconi avrebbe «registrato a bilancio 400 milioni targati
Tanzi nel 1994»[8]; Pierferdinando Casini, sempre citato da Tanzi, «come
percettore di liquido»[9]; Donatella Dini, Pierluigi Castagnetti, Renato
Lusetti, ecc. ecc.
Come avrete capito, Calisto Tanzi ha «unto» tutti, senza risparmiare alcuno: in
politica i «biscotti» nel latte di Parma li hanno «inzuppati» in molti, da
sinistra a destra passando per il centro, nonché qualche esponente del governo
attuale e dei precedenti; pure nei media, stando sempre ai verbali, giornalisti
e direttori se la sarebbero cavata molto bene nel gioco dell'inzuppo del
biscotto. Ovviamente è necessario attendere che la giustizia faccia il suo
corso, ma constatando lomertà mediatica di questi giorni nasce un forte
sospetto che qualche influente personaggio ha ancora i cassetti della scrivania
pieni di briciole
[1] «La Repubblica», Luca Fazzo e Marco Mensurati
[2] Idem
[3] Idem
[4] «Libero» 5 marzo 2004
[5] «Avvenire» 6 marzo 2004
[6] Idem
[7] «Libero» 6 marzo 2004
[8] «Libero» 6 marzo 2004
[9] Idem