[Cm-roma] la bicicletta in pubblicità

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sergio

La bicicletta nei mondi virtuali della pubblicità. Strategie comunicative
nel paese più motorizzato del mondo
Da dove provengono le strutture narrative? Quale ruolo possono avere nel
dare una forma ed un significato alla realtà? Le teorie che hanno cercato di
dare una risposta a queste domande (dalla psicologia freudiana, passando per
la morfologia proppiana fino alla semiotica generativa), indipendentemente
dalle loro premesse generali, sono tutte d'accordo nell'affermare che il
significato di un messaggio o di una narrazione è articolato su più livelli.
Per comodità possiamo pensare che questa specie di torta a più strati del
significato possa essere divisa in due soli macro livelli: un livello
superficiale ed un livello profondo. In questo breve scritto vorrei cercare
di capire in che modo l'oggetto bicicletta metta in relazione questi due
livelli nei programmi narrativi del messaggio pubblicitario televisivo, e
come ciò possa influire sul riconoscimento o sulla costruzione di
determinati modelli mentali.

Fra la comunicazione pubblicitaria e alcuni schemi collettivi di pensiero
esiste un legame a doppio filo. In primo luogo, perché i mezzi di
comunicazione di massa, attraverso la ricorsività del messaggio modificano
le nostre strutture mnemoniche (e la memoria è l'ambiente naturale
dell'attività cognitiva). In secondo luogo, perché la pubblicità, per
esercitare la sua funzione persuasiva, ha bisogno di esibire modelli della
realtà che siano il più possibile condivisi e normalizzati.

Prendere in esame l'oggetto bicicletta all'interno della pubblicità
televisiva non significa considerarlo come oggetto pubblicizzato, ma solo
come oggetto pubblicizzante, che fornisce cioè significati e valori
ausiliari ad un altro oggetto. Ad oggi ho identificato 15 spot nei quali la
bici ricopre questa funzione. Ho suddiviso i prodotti pubblicizzati nelle
seguenti categorie merceologiche: articoli per l'igiene personale (2 spot),
detersivi (2), automobili (6), riviste (1), alcolici (1), alimentari (2), e
lotterie nazionali (1).

Il primo dato significativo è che nel 40% dei casi (6 su 15) il prodotto
pubblicizzato è un'automobile, ovvero un oggetto che rappresenta l'antitesi
per eccellenza della bicicletta. Questo dato ci fa capire che l'industria
automobilistica non teme di mettere in scena un oggetto potenzialmente
concorrenziale, anzi ne sfrutta alcuni aspetti a suo favore. Questo non è un
caso ma il segno di una precisa e intelligente strategia comunicativa basata
sulla combinazione degli opposti, e che può fondare un modello della realtà
accomodante, aconflittuale, in un certo senso neutro, dove le differenze si
sfumano e si rendono compatibili. Da questa impostazione, per certi versi
geniale, si astrae comprensibilmente l'industria italiana che non ha ancora
superato il tabù dell'esibizione ciclistica nei suoi spot. Negli spot delle
automobili di casa Agnelli ricorre sovente una certa pedofilia, nel senso
appunto che si predilige l'esposizione di bambini o adolescenti ai quali si
attribuiscono spesso atteggiamenti e parole da adulto.

Considerando il livello superficiale come quello del significato denotato
(cioè un significato stabile rispetto al segno) ed il livello profondo come
quello relativo al significato connotato (ovvero un significato secondo e
meno prevedibile) ho individuato tre luoghi semantici che sembrano disporre
di una relazione connotativa con l'oggetto bicicletta. La bici connota,
quindi entra in relazione con: (a) la sessualità femminile, (b) una
situazione di mancanza o danneggiamento, e (c) un contesto deformato o poco
credibile. Un comunicato pubblicitario può produrre anche più di una
significazione connotativa contemporaneamente, ad esempio istituendo la
relazione con l'universo della sessualità femminile, ma in un contesto
irreale. Non si osserva una particolare preferenza per l'uno o l'altro tipo
di connotazione: il tipo (a) è presente in 5 spot, il tipo (b) in 7, e il
tipo (c) in 6. Darò ora qualche esemplificazione per ogni tipo di relazione
connotativa.

La relazione con la sessualità femminile passa necessariamente e in modo un
po' banale per la zona del sellino. Così, per reclamizzare un prodotto per
l'igiene intima, una signorina si interroga sulla possibilità che sia la
bici a procurargli certe irritazioni. Altrove, vengono scomodate ben tre
cicliste per pubblicizzare dei pannoloni per incontinenti. In altri spot,
decisamente più espliciti, improbabili top model (dotate anche di tacchi a
spillo) pedalano discinte seducendo i passanti. Insomma, la bici ha solo una
funzione di supporto espositivo per l'esibizione di determinati tranci
anatomici, lo ha capito perfino Tinto Brass che per il manifesto del suo
ultimo soft porno, Monella, sceglie una prospettiva da tergo della
protagonista in bicicletta mentre mostra... il sellino, appunto.

Le situazioni di mancanza o di danneggiamento connotate dall'oggetto bici
sono le più disparate. A questo proposito devo ricordare che in tutti i casi
la narrazione è incentrata su un valore (ad es. la bellezza, la sicurezza,
la libertà, ecc.). La bici viene citata come l'oggetto che deficita del
valore in questione, e che per questo può procurare un danneggiamento. Il
prodotto pubblicizzato è invece l'oggetto di valore, proprio nel senso che
detiene il valore in questione, riparando in questo modo la mancanza
evidenziata. Farò qualche esempio.Il programma narrativo di uno spot di un
detersivo si basa sul valore della pulizia e dell'igiene: la bici procura un
danno che l'oggetto di valore riparerà. Infatti la seguente frase compare
come incipit: "Uffa! E' rimasto il grasso della bicicletta!". E' singolare
che con tutti i grassi a disposizione sia stato scelto proprio un grasso di
bicicletta per individuare il danno da riparare. In uno spot per una
lotteria nazionale, ovviamente basato sul valore della ricchezza, la
bicicletta si trasforma per l'effetto di una possibile vincita in una
motocicletta nuova fiammante. In questo caso la bici connota la mancanza del
valore che potrà essere comunque colmata tentando la fortuna con un
biglietto della lotteria. In due spot automobilistici, infine, la bici
testualizza contemporaneamente sia la mancanza che il danneggiamento. Nel
primo il valore in questione è la silenziosità. Su una strada di campagna
l'auto sfila silenziosa a fianco di un cavallo, poco dopo nello stesso punto
giunge un ciclista, la sua bici cigola (mancanza) spaventando il cavallo
(danneggiamento). Nel secondo, un vero capolavoro comunicazionale di censura
dell'uso urbano della bicicletta, in cui il valore è la sicurezza, uno
spericolato ciclista urbano non dà la precedenza (mancanza, ovvero "andare
in bici in città non è sicuro") ma viene graziato dagli efficienti freni
dell'automobile. Il danneggiamento in questo caso assume connotati
catastrofici in quanto la forza d'inerzia della frenata provocata
dall'infrazione del ciclista si ripercuote sullo scenario retrostante
mandando all'aria ogni cosa, edifici compresi.

La terza ed ultima relazione semantica consiste nel collocare l'oggetto
bicicletta in contesti astrusi ed atipici. Ad esempio, in uno spot
automobilistico, sulla parola libertà appaiono due ciclisti. Sembrerebbe
clamoroso. Il fatto è che i ciclisti non vengono mostrati mentre sfilano nel
traffico cittadino, ma avvolti in un'aura da sogno, con le immagini
leggermente sfocate e rallentate. Quindi, se la bici è uno strumento di
libertà, lo può essere solo in un mondo immaginario e irreale, così irreale
da apparire essenzialmente utopico. Altrove predomina l'assurdità del
contesto d'uso. Ad esempio, per pubblicizzare uno yogurt un noto calciatore
appare in bicicletta all'interno di un appartamento. Oppure, in uno spot
automobilistico, allorché un poliziotto ha quasi raggiunto un ladro in fuga,
si ferma, apre il baule della sua automobile, ne estrae una bici e con
quella lo raggiunge e lo blocca. Ecco quindi che l'oggetto bicicletta viene
estromesso da una dimensione d'uso logico-razionale e inserita in situazioni
inedite dominate dall'irrazionalità.

Conclusione. Da un punto di vista storico, leggendarie sfide ciclistiche
degli anni '50 e '60, fra corridori e case costruttrici, e opere
cinematografiche come Ladri di biciclette, dimostrano come la bicicletta
fosse allora non solo un oggetto di uso quotidiano, ma anche un potente
simbolo dell'immaginario collettivo. Il boom economico prima e i meccanismi
del capitalismo finanziario dopo, hanno contribuito a rimodellare la
gerarchia dei valori sostituendo la bicicletta con l'ingombrante,
antiecologica, antieconomica, pericolosa e, in definitiva, lenta automobile.
L'insieme dei poteri economici è dunque interessato a mantenere
cristallizzata l'attuale gerarchia di valori e utilizza i mezzi di
comunicazione di massa per affermare il suo modello di mondo possibile (e
preferibile). In questo senso, il comunicato pubblicitario televisivo
veicola indirettamente un modello mentale della bicicletta e del suo uso che
nega la funzione utilitaristica di tale oggetto e che tende a reprimere e a
censurare le sue reali potenzialità di strumento per la mobilità urbana.

L'industria automobilistica appare, secondo logica, la più impegnata su
questo fronte. Le strategie comunicative utilizzate sono tuttavia la
conferma del fatto che un modello antiquotidiano della bicicletta va
costruito e testualizzato soprattutto là dove un modello alternativo non si
è ancora diffuso. In altri termini l'Italia, il paese più motorizzato del
mondo, è per i costruttori di automobili ancora una fertile terra di
conquista e rappresenta un'importante fetta di mercato che va attentamente
salvaguardata. In questo senso, mentre i programmi narrativi degli spot
analizzati contribuiscono a costruire e a diffondere schemi mentali nei
quali l'automobile è un indispensabile oggetto di valore, proiettano
contemporaneamente, al livello profondo, determinati significati connotativi
su un oggetto che, a giudicare dalla realtà extra italiana, può essere
concorrenziale e, in definitiva, alternativo.

In Italia, almeno nella comunicazione pubblicitaria televisiva, non c'è
ancora lo spazio per inserire l'oggetto bicicletta in una prospettiva che la
connoti positivamente come oggetto d'uso quotidiano. Piuttosto si sta
affermando un modello narrativo che potremmo definire "dell'iperbole
tecnologica" in quanto esibisce mondi possibili in cui una tecnologia
esasperata si presenta come unica soluzione plausibile ai problemi. In
questo senso, il solo personaggio pubblicitario che si permette di
ridicolizzare gli automobilisti, bloccati nelle strade congestionate e
ossessionati dal problema del parcheggio, è un imprenditore in elicottero.
Lo spot, naturalmente, è per un ciclomotore supermoderno.

Gli autori delle agenzie pubblicitarie dimostrano inoltre di ignorare le
potenzialità connotative della bicicletta dal momento che tale oggetto viene
messo in relazione con le sole tre aree semantiche evidenziate. In
particolare mi sembra che rimangano inesplorati ancora molti legami
semantici dell'oggetto bicicletta, come quelli relativi
all'ecocompatibilità, alla comodità, all'economia (di tempo e denaro), al
salutismo, ad un certo anticonformismo, alla semplicità, alla sicurezza,
all'europeismo, solo per citarne alcuni. La bicicletta potrebbe essere in
questo senso motore di molti programmi narrativi pubblicitari, ricoprendo la
funzione di oggetto di valore in relazione a determinati prodotti. Ma finora
non si è visto nulla del genere.

[GVD, in "Lexia", Periodico dell'Associazione Italiana di Studi Semiotici,
n.14, 1998]

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