[NuovoLaboratorio] Una buona lezione d inonviolenza

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Autor: antonio bruno
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Assunto: [NuovoLaboratorio] Una buona lezione d inonviolenza
E' iniziato ieri a Venezia il seminario di Rifondazione comunista

Una buona lezione di nonviolenza
Venezia-San Servolo

Chiss=E0 come deve essere bello, dall'aprile in poi, questo angolo di laguna
- l'isola di San Servolo, oggi sede della provincia veneziana - ora immerso
in una pur fascinosa luce invernale e in un non meno fascinoso clima
nevoso. Una struttura "aperta", con edifici diversi separati da un ampio
giardino, dove ci si pu=F2 riunire per riflettere, studiare, discutere e
nutrirsi. In origine, era stata concepita per ospitare un "Centro di salute
mentale", ovvero un manicomio, per chiamare le cose con il loro nome pi=F9
crudo e veritiero. Sar=E0 un caso che proprio in un luogo simbolico della
segregazione violenta si svolga in questo weekend il convegno di
Rifondazione comunista dedicato al tema "Agire la nonviolenza"? Se di
coincidenza si tratta - come ha detto Patrizia Sentinelli presentando i
lavori - =E8 certo una felice coincidenza. Come forse pu=F2 apparire singola=
re
che un partito politico, in un momento politico e sociale cos=EC difficile,
intenso, complesso, "investa" due giornate quasi piene in un appuntamento
seminariale (dove non si decide, non si vota, non si designano candidati
alle elezioni) e riunisca una parte significativa dei propri quadri e del
proprio gruppo dirigente su un tema cos=EC "epocale" come la nonviolenza
(senza trattino). Un lusso? Una fuga dalle scadenze dell'immediatezza?
Vivaddio, la dimostrazione pratica che la politica, se vuole essere una
forma alta e nobile dell'agire umano, deve pur trovare il tempo - i tempi e
i modi - di affrontare proprio i problemi di fondo e dispiegare fino in
fondo le sue capacit=E0 critiche e innovative. Come il rapporto tra i fini
che si perseguono e i mezzi che si impiegano per ottenerli - alla luce
dell'esperienza ambivalente del '900, dei fallimenti e delle sconfitte, ma
anche delle molte lezioni positive attuali. Come appunto il nesso tra
rivoluzione, ovvero trasformazione radicale dell'esistente, e nonviolenza,
alla luce - come si legge nel documento di invito predisposto dal Prc di
Venezia e del Veneto - =ABdella illimitata capacit=E0 di violenza del liberi=
smo
armato=BB e della volont=E0 dei nuovi movimenti di =ABgenerare un altro mond=
o
solo da una forza opposta e rovesciata altrettanto grande=BB. Un'idea che
mette in gioco l'eredit=E0 terzinternazionalista della conquista violenta de=
l
potere statuale come unico sbocco credibile della nostra lotta. Ma che
rovescia, a sua volta, anche il senso moderato, gradualista, in fondo
subalterno, delle battaglie pacifiste e non violente.=20

A riflettere su questo ordine di questioni, di cui gi=E0 a lungo si =E8
dibattuto sulle pagine di questo giornale, e le loro complesse implicazioni
di lungo periodo, ma anche di totale attualit=E0, sono comunque venuti in
tanti - un po' pi=F9 di trecento. Molti i giovani, molti, ovviamente, i
dirigenti nazionali e "periferici" di Rifondazione comunista, molte - non =
=E8
un caso - le donne. E molti gli interlocutori di movimento, non solo tra i
relatori: singoli intellettuali, esponenti del movimento nonviolento (da
Daniele Lugli a Pietro Pinna, storico primo obiettore di coscienza
italiano), cattolici protagonisti del pacifismo attuale, come don Albino
Bizzotto (fondatore dei "Beati i costruttori di Pace"), Massimo Valpiana,
don Gravaglia, verdi e rossoverdi di varie sfumature. Dopo le relazioni
introduttive della mattinata, il pomeriggio si =E8 concentrato in lavori di
gruppo, dedicati a temi di grande significato - dal femminismo al nesso
scienza-societ=E0, dalla storia del movimento operaio alle tecniche di=
lotta.=20


Storia e significato delle parole
La mattinata inizia con una relazione di Daniele Lugli, segretario del
Movimento nonviolento, che sintetizza un ampio intervento scritto di
Alberto L'Abate. La tesi =E8 la "complementariet=E0", gi=E0 riconosciuta da
Norberto Bobbio, di marxismo e nonviolenza - da molti considerati termini
antinomici. Lugli parla di "terza Via", un'espressione cara a Pietro Ingrao
prima che se ne impossessasse, per stravolgerla, il blairismo: vuol dire
ricerca di un mutamento dell'esistente oltre la tenaglia del "potere che
sta sulla canna del fucile" e la riduzione del medesimo alla sola "scheda
elettorale". A pensarci bene, dice ancora Lugli ricordando gli insegnamenti
di Aldo Capitini e la marcia Perugia-Assisi nel suo impatto originario di
rottura, =ABi rivoluzionari non hanno fatto la rivoluzione e i riformisti no=
n
hanno fatto le riforme=BB. E allora? Nessuno pu=F2 dirsi certo - conclude il
segretario del movimento nonviolento - che la nostra nonviolenza riuscir=E0
davvero a costruire un'altra societ=E0. La certezza =E8 un'altra: che l'uso
della violenza non potr=E0 ottenere alcun vero risultato di liberazione e
costruzione di un mondo diverso. Un'altra relazione - quella di Nanni Salio
- riprender=E0 gran parte di questi concetti, per concludere con alcune
precise proposte: la riduzione del 5 per cento delle spese militari e, per
una quota pari, dell'uso delle energie fossili. Una proposta solo
apparentemente modesta: se realizzata, avrebbe implicazioni enormi.=20

Tocca poi a Lidia Menapace - in parte anche a nome della "Convenzione delle
donne contro la guerra" - svolgere una relazione di particolare efficacia e
originalit=E0 creativa. =ABSar=F2 didattica=BB, esordisce: e spiega subito l=
a
differenza tra nonviolenza, opzione etica, morale e individuale (esempi
illustri, Socrate e Ges=F9 di Nazareth) e =ABazione nonviolenta=BB, che atti=
ene
invece alla sfera della politica e, forse, del progetto. Tutto in un
quadro, s'intende, di rifiuto di ogni prometeismo dei fini, ma anche di
ogni fondamentalismo (compreso quello "gandhiano"). Dice Lidia Menapace:
=ABL'azione nonviolenta =E8, per sua natura, ad altissima conflittualit=E0.=
Non =E8
un assoluto, s=EC, ma non pu=F2 rinunciare ad agire all'interno dell'intero
orizzonte della politica=BB. Per spiegarci: chi assume l'uso della violenza,
o della guerra, come extrema ratio, conferisce alla violenza e alla guerra
una razionalit=E0 che non hanno per natura e vocazione. E cade in un'aporia,
cio=E8 in una paralisi del pensiero. In realt=E0, si dispone ad accettare la
violenza come inevitabile=BB. Invece la pace, e i diritti umani essenziali,
vanno dichiarati "beni indisponibili": =E8 evidente che non si uccide Abele,
=E8 Caino che va risparmiato - =E8 il colpevole che non va giustiziato a mor=
te.
Ecco una verit=E0 difficile da accettare, che va contro l'emotivit=E0 del se=
nso
comune, la vendetta, la distruzione del nemico (o del reprobo) e si
proietta, com'=E8 noto, sull'agire della politica e sulle istituzioni
statuali. Ancora: si potr=E0 mai disincrostare la politica dal suo linguaggi=
o
militare che =E8 violento, uniforme, patriarcale e "monoteistico", come le
tre grandi religioni del Mediterraneo? Ma la nonviolenza, all'opposto, =E8
"sorprendente" (basata sulla sorpresa), creativa, "molteplice": come hanno
insegnato, nel '900, i due grandi movimenti - quello operaio e quello
femminista - che ancora oggi sono vivi e vitali, come potenze
rivoluzionarie e trasformative. Sulla centralit=E0 del movimento delle donne=
,
che hanno sempre detto no alla guerra (non certo in nome di una loro
pretesa natura biologica) e costruito una vera pratica nonviolenta, sar=E0
dedicato l'interessante contributo di Monica Lanfranco.=20


Trotsky e Rosa Luxemburg
Di grande spessore storico (e ideale), infine, la relazione di Marco
Revelli che affronta il tema, scabrosissimo, del rapporto tra il marxismo e
la nonviolenza per come =E8 stato e si =E8 concretamente dipanato nei due
secoli che ci stanno alle spalle. Con una importante premessa metodologica,
che per=F2 =E8 anche una teoria dell'attualit=E0, oggi, della lezione marxia=
na:
=ABSe il marxismo, marxianamente e gramscianamente inteso, =E8 una filosofia
della prassi, se, quindi, la teoria non pu=F2 rimanere una verit=E0 eterna c=
he
prescinde dall'evolversi concreto del mondo, non si pu=F2 sfuggire alla
necessit=E0 di una verifica storica, che =E8 sempre la misura giusta della
verit=E0 di un pensiero=BB. Si deve, invece, dare sovrana importanza alle =
=ABdure
repliche della storia=BB, come diceva Palmiro Togliatti, e non ridursi mai a
un atteggiamento di "ansia testimoniale", custodi vigili di un patrimonio
irrinunciabile.=20

Marx - ed Engels - e il marxismo - dice Revelli - hanno con la questione
della violenza un rapporto pragmatico e =ABdisinvolto=BB. Non in quanto la
violenza =E8 da considerarsi =ABlevatrice della storia=BB (questo concetto, =
alla
fine del I Libro del Capitale, Marx lo riferisce al passaggio tra
feudalesimo e capitalismo, non alla rivoluzione proletaria), ma perch=E9,
piuttosto, la guerra ai tempi di Marx non si era ancora sviluppata come
macchina di sterminio spaventoso. E' nel '900 che il dibattito si fa pi=F9
drammatico (ma anche pi=F9 lacerante), quando la guerra - con il I grande
conflitto mondiale - esplode nel suo carattere di massacro di massa: qui
Revelli espone, con perizia filologica, due strade che furono diverse, non
solo per scelta soggettiva. La prima =E8 quella di Lev Trotsky, protagonista
della Rivoluzione d'Ottobre, che in un testo del 1920 (Terrorismo e
comunismo) rivendica fino in fondo il valore della violenza e anche, se
necessario, del terrore rivoluzionario. Rispondendo al "rinnegato" Kautsky,
il leader dell'Armata rossa stabilisce un nesso di "necessit=E0" quasi
indiscutibile tra la conquista del potere statale da parte del proletariato
e l'annientamento del nemico.=20

La seconda strada, definita da Revelli "dilacerata", =E8 quella di Rosa
Luxemburg. Che non solo fece della lotta alla guerra (e al militarismo) la
sua scelta principale (soprattutto negli ultimi cinque-sei anni di vita),
ma che manifest=F2 (soprattutto in lettere private) la sua avversione all'us=
o
indiscriminato della violenza. =ABChi calpesta un verme, per disattenzione o
indifferenza commette un delitto=BB scrive la grande rivoluzionaria polacca =
a
proposito della rivoluzione in corso, poi sconfitta. Ed =E8 l'unica, tra i
grandi rivoluzionari del '900, che non solo non identifica mai guerra e
rivoluzione, ma avverte la devastazione umana, sociale, ambientale indotta
dalla guerra, con parole inequivoche. Parole che riescono ad arrivare fino
al nostro presente.=20

Trotsky e Rosa Luxemburg ebbero per=F2 un tragico destino comune: il primo
venne assassinato dai sicari di Stalin, la seconda mor=EC durante le giornat=
e
insurrezionali del '19 su ordine del socialdemocratico Noske. Forse, anche
questo interessa la nostra riflessione. Non solo storica.=20

Rina Gagliardi      =20
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Intervista a Marco Revelli: oggi =E8 caduto qualsiasi nesso tra rivoluzione =
e
violenza
=ABI nuovi mezzi sono le relazioni fra gli uomini=BB
Leone Trotsky e Rosa Luxemburg, due grandi della storia del movimento
operaio e del '900. Ma il primo - sostiene Marco Revelli nella sua
relazione al convegno sulla "Nonviolenza" - =ABnon ha resistito alla cesura
temporale=BB della seconda met=E0 del '900. La seconda =E8 invece sopravviss=
uta
ed oggi ci parla ancora.=20


Perch=E9 oggi possiamo dire che Rosa Luxemburg =E8 viva e pu=F2 parlare a=
chi ha
scelto una opzione non violenta?=20

Credo che oggi siano cadute tutte le ragioni di quel nesso fra rivoluzione
e violenza che Trotsky aveva sostenuto nel testo esemplare "Terrorismo e
comunismo". Vive di Rosa Luxemburg l'interrogazione sofferta, a volte
lacerante, sugli effetti della violenza sulla personalit=E0, la
preoccupazione anticipatrice e pionieristica sugli effetti della violenza,
della violenza di massa e della guerra sulle relazioni umane.=20


Che cosa ti spinge a dire che il nesso tra rivoluzione e violenza non regge
la cesura storica della seconda met=E0 del '900?=20

Innanzitutto il fatto che il modello di potere che si era costruito su quel
nesso si =E8 disintegrato. Quegli stati non sono sopravvissuti alla prova
della storia. Questo =E8 evidente.=20


Questo =E8 evidente, ma non basta a dire che tutto era sbagliato. Quella
della seconda met=E0 del '900 si pu=F2 definire anche una sconfitta.=20

Non solo. Il suo fallimento non sta solo nel fatto che un potere =E8 caduto,
ma nel tipo di antropologia che quella caduta ha rivelato. Nulla di quello
che =E8 stato fatto si avvicina al modello di uomo che il comunismo
prometteva. Abbiamo semmai visto un'antropologia negativa, una umanit=E0
priva di relazioni, di solidariet=E0 e di responsabilit=E0, che si =E8 getta=
ta
con furia nel mercato.=20


La dissoluzione degli stati del potere distrugge anche i soggetti, i fini?=
=20

Si =E8 dissolta con quegli stati una filosofia della storia che vedeva nella
classe operaia la classe che rappresentava il futuro in una linea di
progresso storico necessario. Il processo di modernizzazione l'ha
frantumata, l'ha messa con le spalle al muro.=20


Il '900, quindi non ci ha lasciato nulla di buono?=20

Dobbiamo fare i conti con tutto il lascito negativo del secolo che =E8
passato. Questo lascito ha a che fare con l'assolutizzazione del potere
distruttivo dei mezzi tecnici che il secolo ha messo a disposizione di una
logica bellicista. Hiroshima, Nagasaki le armi di distruzione di massa.
Oggi c'=E8 la concreta possibilit=E0 che il genere umano possa=
autodistruggersi.=20


E questo - mi pare di capire - cambia tutto.=20

Cambia tutto. Il ricorso alla violenza assume un segno diverso. Il
conflitto fra le classi rimane importante, ma si relativizza. In primo
piano oggi c'=E8 il rischio di estinzione dell'umanit=E0. In questo mondo co=
s=EC
fragile non possiamo pi=F9 usare gli scarponi chiodati. Il problema dei mezz=
i
diventa legato imprescindibilmente a quello dei fini, cio=E8 alla
sopravvivenza dell'umanit=E0.=20


Ma i conflitti ci sono, il pianeta ne =E8 pieno e molti ce ne saranno in
futuro.=20

Appunto. Sono conflitti che riguardano l'acqua o le grandi diseguaglianze
sociali del pianeta. Saranno di portata cos=EC radicale che per essere
affrontati dovranno utilizzare mezzi non distruttivi.=20


E quali sono questi mezzi?=20

Il mezzo non pu=F2 essere che la relazione e le relazioni fra gli uomini, no=
n
certo il controllo di un apparato. La pratica della nonviolenza =E8 la sola
pratica strumentale che si preoccupa di come la violenza retroagisce
sull'antropologia umana ed =E8 compatibile con la sopravvivenza del genere
umano.=20

Ritanna Armeni         =20
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"Eppure il vento soffia ancora...."

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antonio bruno FORUM AMBIENTALISTA MOVIMENTO ROSSO VERDE 339 3442011
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