Autore: carlo Data: Oggetto: [NuovoLaboratorio] da la repubblica del 24-02-04 - SBAGLIATO
"CIRCONDARE I GIUDICI"
SBAGLIATO "CIRCONDARE I GIUDICI"
Cara Repubblica, leggo che Heidi Giuliani e Lorenzo Guadagnucci, del
comitato 'Verità e Giustizia per Genova' hanno presentato un appello "ai
trecentomila di Genova" affinchè vengano nella nostra città in occasione del
processo a 26 manifestanti imputati di devastazione e saccheggio in
occasione del G8. Lo scopo dell'appello è, presumibilmente, quello di
presidiare non tanto il Palazzo di Giustizia (a questo penseranno le forze
dell'ordine con il solito imponente spiegamento), quanto la sentenza che si
vuole dai giudici, in nome di una giustizia e di una verità di cui la
società - o almeno una parte significativa di essa - si ritiene depositarla.
Quella verità e quella giustizia, dunque, non devono essere cercate - come
il comitato sembra far intendere - ma sono già stabilite: si tratta solo di
difenderle con gli opportuni mezzi di pressione, a tutti i costi. Difficile,
ma necessario, trovare parole per commentare l'iniziativa. L'assenza di
cultura civile che essa denunzia, ancor più che di un senso elementare della
legalità, suscita sgomento nei democratici (di destra o di sinistra) e non
trova riscontro neppure, è tutto dire, nelle esternazioni della parte
politica cui Giuliani e Guadagnucci dicono di opporsi. Proviamo a immaginare
cosa accadrebbe nelle loro file, se il capo del governo, o di una componente
della coalizione, esortassero i militanti del loro partito a mobilitarsi
concentrandosi intorno alla sede di un processo dal quale si sospetta possa
uscire una sentenza iniqua per il Capo, con la scusa di impedire che si
arrivi a una sentenza esemplare con pene (si immagina già) sproporzionate. E
che tipo di giustizia è questa che in nome della società pretende di
sovvertire pregiudizialmente quella dei tribunali? E, ancora, quale serenità
di giudizio ci si ripromette di ottenere da una mobilitazione di centinaia
di migliala di persone attorno a un palazzo di giustizia? Quali incidenti,
scontri e nuove tragedie si vogliono provocare? QUEL giorno di luglio ho
raggiunto il Palazzo attraversando una città livida, svuotata dalla paura,
abbandonata a se stessa. Il Palazzo era fuori della 'zona rossa', presidiato
come al solito da alcuni carabinieri in borghese, cosi diversi dai Rambo che
avevamo visto aggirarsi inquieti dall'altra parte della gabbia. Dall'ultimo
piano vedevamo nera, brulicante, la folla in Corso Gastaldi e in Carignano.
Qualcuno chiese se ci si sarebbe potuto aspettare un assalto al Palazzo:
certamente i pochi, pacifici carabinieri di servizio non sarebbero riusciti
ad arginare i dimostranti. Fummo evitati dal flusso degli eventi. Qualcuno
ebbe difficoÌtà nel tornare a casa, la sera. E poi la notte davanti al
televisore, increduli, angosciati, impotenti. Per quella volta il Palazzo fu
salvo. Non vorrei, però, che si fosse trattato solo di un appuntamento
rinviato tra la giustizia preconfezionata e violenta di una parte politica e
quella - fragile e incerta, ma civile e ossequiente alla legge - del
Tribunale. Genova, non solo quella.borghese e benpensante ma anche quella -
ardente e di ben altra tempra civile - delle giornate del giugno 1960, non
meriterebbero, ne tollererebbero un'altra umiliazione.