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Traffico, l'atmosfera è fritta
Sindaci, ministro ed ecologisti litigano sul blocco delle auto a Roma e
Milano. Lo smog resta
«Il governo non ha speso un euro per ridurre l'inquinamento. Bisogna cercare
di ridurre la domanda di mobilità nelle metropoli». Intervista a Stefano
Caserini, docente di ingegneria sanitaria ambientale al Politecnico di
Milano
LUCA FAZIO
MILANO
Il giorno dopo, quando le polveri sottili sono già alle stelle, il giochino
dei «favorevoli» e «contrari» al blocco delle automobili ci porta fuori
strada. Non è solo questione di farsi una pedalata ogni tanto. La situazione
è così drammatica che è impensabile anche solo chiedere una parola buona a
un ministro all'ambiente disastroso come Matteoli. Da parte sua il ministro
è contrario al blocco delle auto perché, modestamente, lui cerca «soluzioni
strutturali», stanziando la miseria di 150 milioni di euro. La bacchetta
magica, insomma. Sono le soluzioni che chiedono tutti, sempre «strutturali»,
rimpallandosi le responsabilità sulle cose fatte, o meglio non fatte, per
arginare i veleni. L'ultima inutile polemica è di ieri, con Legambiente che
ha irritato l'Anci (Associazione nazionale comuni italiani) parlando di
«commissariamento» dei comuni che non fronteggiano l'emergenza.
Ormai il problema è sanitario. L'azione tossica letale è causata dalle
polveri sottili (Pm10, soglia di allarme a 75 mcg/m3): la settimana scorsa a
Milano si sono registrati valori oscillanti tra 77 e 175 mcg/m3. Secondo
studi recenti, un aumento di soli 10 microgrammi di Pm10 provoca da 340 a
370 nuovi decessi all'anno in una città con 1 milione di abitanti. Ne
abbiamo parlato con Stefano Caserini, docente di ignegneria sanitaria
ambientale al Politecnico di Milano.
Il blocco serve?
Può servire, ma non è l'intervento decisivo per ridurre le concentrazioni di
Pm10, sono molto più influenti la stabilità atmosferica e la ventosità.
Allora che si fa?
La situazione necessita di approcci diversi, non c'è un solo strumento per
abbattere le emissioni di Pm10 e di gas serra da traffico, queste ultime in
10 anni in Italia sono aumentate del 20% portandoci fuori dagli obiettivi
fissati dal Protocollo di Kyoto. Oggi nessuno pensa davvero a una gestione
diversa della mobilità. Tutti sono d'accordo nel dire che bisogna ridurre i
flussi veicolari utilizzando strumenti diversi. Le nuove tecnologie
motoristiche sono importanti, così come gli studi sui nuovi combustibili: ma
è un'illusione puntare tutto sull'automobile ecologica, e gli effetti
dell'auto all'idrogeno non si vedranno prima di dieci anni. Comunque se il
governo non mette nulla a bilancio, allora stiamo parlando di aria fritta.
Cosa vuol dire approcci diversi?
Bisogna cercare di ridurre la domanda di mobilità, ridurre l'esigenza e le
ragioni per spostarsi in città: incentivando telelavoro, telemedicina,
servizi di sportello gestiti via internet, spesa via telefono...
Bene, ma per spostarsi?
Prima di salire in auto bisogna far sapere che camminare fa bene, ecco
allora che la pedonalità dovrebbe diventare un'occasione di riqualificazione
urbana. Sui percorsi medi invece bisogna utilizzare le biciclette. Solo in
Italia, nonostante i tanti ciclisti, stenta ad affermarsi una cultura della
bici: il governo non ha stanziato un euro per la mobilità ciclabile, solo la
Regione Lombardia ha dato 5 milioni. Serve un piano nazionale per la
mobilità ciclistica, in Germania è stato approvato: serve 1 miliardo di
euro, questo è l'ordine di grandezza per affrontare il problema. Ovviamente
bisogna puntare sul trasporto pubblico, aumentandone la convenienza sul
piano economico, della rapidità e dei comfort. Poi studiare sistemi
innovativi, come un servizio di trasporto a chiamata, una via di mezzo tra
taxi e autobus, veicoli che si muovono su prenotazione a percorsi fissi. A
Milano, per esempio, ci sono già.
Tutti in bici e sui mezzi, sembra il paese di Utopia...
A Copenaghen il 31% dei cittadini va a lavorare in bici, e in molte città di
Germania, Olanda e Svizzera la ciclabilità prende almeno il 20% degli
spostamenti.
Ma il tramonto della civiltà dell'auto sembra lontano.
Bisogna imparare a condividere l'auto in città, un mezzo di trasporto in
multiproprietà rappresenta un'alternativa.
Car sharing e car-pooling?
Esatto. Il "car sharing" urbano può essere organizzato così: un numero di
auto è disponibile in diversi parcheggi in punti strategigi della città, chi
è abbonato al servizio può accedere alle vetture e poi lasciarle al termine
dell'utilizzo: viene registrato il percorso fatto e si paga di conseguenza.
Il "car-pooling" invece è la condivisione dell'uso dell'auto privata con la
creazione di equipaggi che effettuano gli stessi spostamenti: bisognerebbe
motivare le persone con sconti, aree riservate, buoni benzina.
Però si continuano a costruire strade e parcheggi.
Le strade vanno fatte solo per decongestionare zone troppo trafficate,
stando attenti a non creare ulteriore domanda di spostamento su auto.
Altrimenti è un suicidio