[NuovoLaboratorio] nonviolenza su liberazione

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著者: antonio bruno
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題目: [NuovoLaboratorio] nonviolenza su liberazione
da liberazione

Con gli interventi di oggi, si chiude il dibattito sulla non-violenza,
scaturito due mesi fa dalle conclusioni di Bertinotti al convegno del Prc a
Ven
Con gli interventi di oggi, si chiude il dibattito sulla non-violenza,
scaturito due mesi fa dalle conclusioni di Bertinotti al convegno del Prc a
Venezia sulle foibe e dal primo intervento di Pietro Ingrao. Ci scusiamo
per le centinaia di lettere e contributi che non abbiamo potuto pubblicare,
e per i tagli ai quali abbiamo dovuto sottoporre spesso quelli pubblicati.
Intanto preannunciamo che entro il mese "Liberazione" pubblicher=E0 un volum=
e
con la raccolta di tutti gli interventi e i "materiali" per la discussione.

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La cultura delle libert=E0 e le sue ricadute sulle nostre pratiche


Caro Sandro, metto da parte le grandi questioni introdotte dal dibattito su
violenza - nonviolenza, per concentrarmi un attimo su un punto che pu=F2
apparire minore, ma che a mio avviso =E8 parimenti indicativo della sfida
culturale proposta dal segretario. Se la categoria della nonviolenza ci
interessa, come a me interessa, per disegnare il mondo che vorremmo, penso
per esempio che questa dovrebbe essere strettamente correlata a una forte
cultura delle libert=E0, che rifiuta ogni forma di autoritarismo, di
proibizionismo o di qualsiasi logica di potenza in nome di un fine
superiore. Non alludo ad alcune esperienze tragiche del =91900, che darei pe=
r
scontate, ma pi=F9 semplicemente alla nostra cultura politica dell'oggi, all=
e
forme gerarchiche che spesso si tende a riprodurre, alla logica "militare",
che a volte caratterizza il nostro linguaggio e persino le modalit=E0 della
politica. Mi riferisco al condizionamento esterno che il nostro avversario
pu=F2 agire su di noi, non solo per le grandi questioni richiamate da
Bertinotti, quanto alla nostra banale quotidianit=E0, laddove predichiamo a
destra e a sinistra i principi irrinunciabili dei diritti umani e poi siamo
disponibili a metterli in discussione quando riguarda coloro che noi
consideriamo "nemici" o "un pericolo superiore".=20

Un es. per tutti: il nostro partito ha, un anno fa, votato in parlamento
contro la legge sul 41bis, relativa al carcere duro per mafiosi e
terroristi. Ma, alcuni anni fa, la necessit=E0 di contrastare il fenomeno
mafioso, e quindi di interrompere qualsiasi collegamento tra il dentro e il
fuori, ci aveva invece portato a condividere l'idea del doppio binario in
nome di una necessit=E0 superiore. Su questa come su altre questioni, si =E8=
da
tempo sviluppato un vero percorso di rifondazione. Cos=EC, abbiamo votato,
soli, nel parlamento europeo e in quello italiano contro una legge
antiterrorismo di carattere emergenziale e che tende a colpire il conflitto
sociale. Cos=EC non ci facciamo coinvolgere in una sorta di "furia
antiberlusconiana", in nome della quale bisognerebbe votare per un mandato
di cattura europeo, assolutamente incostituzionale, solo perch=E9, per
ragioni diverse dalle nostre, lo stesso "cavaliere" non lo condividerebbe,
e tantomeno ci siamo fatti catturare da una idea di affidamento totale
all'Europa, in nome di una generica legalit=E0, mentre si introducono in
costituzione europea, sul piano giuridico, pesanti restringimenti delle
garanzie previste dalla nostra costituzione. Un impianto culturale, cio=E8,
che ci consente di leggere ogni questione tenendo ferma la barra delle
garanzie giuridiche e individuali e che ci consente di non cadere nella
trappola emergenziale che nel passato ha coinvolto invece la sinistra, una
parte della quale =E8 ancora l=EC intrappolata. Se nel centro sinistra ci si
rende disponibile a discutere sul carattere della guerra o su quello della
lotta al terrorismo, per cui si sacrificano principi fondamentali, attiene
a un rifiuto di mettersi in discussione, proprio a partire dalla storia di
questi decenni.=20

Sottolineo questi aspetti per due ragioni: 1) perch=E9 in Italia e nel mondo
esiste una emergenza garanzie e considero questa un impegno prioritario
delle sinistre e del movimento; 2) perch=E9 la societ=E0 che vorremmo,
nonviolenta nel senso pieno del termine, chiede in modo indissolubile il
pieno riconoscimento dei diritti fondamentali a tutte e a tutti, compresi
quelli individuali che, in nome del bene collettivo, una volta si
consideravano "liberali" o sovrastrutturali. Diritti che ci dovrebbero
stare molto a cuore, laddove pensiamo a una societ=E0 che mette a
disposizione di tutti gli strumenti per una libera scelta in ogni vicenda
privata, e per questo rinuncia a legiferare sui comportamenti individuali.
Anche questo =E8 stato per le sinistre un approdo faticoso, sulle questioni
dell'aborto, come quelle delle droghe. E, nonostante la rivoluzione
prodotta dal movimento femminista e del pensiero della differenza, =E8
facile, anche a sinistra, incorrere ancora in una logica che pretende di
"dettare legge" sulla base di una morale, come la legge sulla fecondazione
assistita insegna.=20

Non affronto poi argomenti quali: "siamo contro la pena di morte, ma.. ",
oppure "siamo per recupero e la risocializzazione di chi ha sbagliato e ha
commesso reati", salvo poi, anche a sinistra, invocare il carcere per il
"nemico", o considerare necessaria la detenzione per un bene supremo quale
la sicurezza.=20

Tutto ci=F2 per dire che, mentre respingiamo al mittente accuse o prediche
sulle nostre presunte pratiche violente o illegali, che ci vengono dal
governo o da altri, contemporaneamente dovremmo essere molto interessati a
ragionare sulle nostre contraddizioni, sul condizionamento esterno che
abbiamo introiettato. Perch=E9, se dalle grandi questioni, a scalare fino
alle piccole, il fine dovesse giustificare il mezzo, la catena non si
interromperebbe mai, fino incidere sulle modalit=E0 della politica.=20

Se ragioniamo cio=E8 sulla democrazia che vorremmo realizzare, sulla politic=
a
come progetto, come soggettivit=E0 organizzata, come partecipazione delle
classi, delle masse, dei popoli, delle persone, dovremmo prima di tutto
agire noi modalit=E0 e pratiche che le rendano possibile.=20

E allora, non va taciuto che, mentre il movimento dei movimenti ha messo in
campo una straordinaria ricchezza di pensieri, esperienze, storie, e per
questo suscita anche un "concreto sogno" circa la possibilit=E0 di un nuovo
mondo, le assemblee dei social forum o come li vogliamo chiamare, come
l'ultima a Bologna, si propongono spesso esattamente come palco in cui
sfilano al microfono tutte le competizioni muscolari possibili, e dove si
sviluppa un pesante gioco di potere misurato sul messaggio urlato o su una
presunta radicalit=E0, non rapportata sul reale contenuto o sulla sua
efficacia, ma invece su slogan spesso demagogici e ininfluenti.=20

Quanto cio=E8, che per altri versi, a volte incontriamo nelle piazze, laddov=
e
sporadiche pratiche simboliche o addirittura mass-mediatiche pretendono di
parlare a nome di una "moltitudine" che in realt=E0 viene emarginata da una
logica avanguardista classica, che proprio il movimento ci dice di
lasciarci alle spalle.=20

Se queste considerazioni hanno un senso, anche il dibattito sulle pratiche
e la loro coerenza con il dibattito della nonviolenza pu=F2 indirizzarsi su
un percorso diverso da quello che, a mio avviso, sulla base di un progetto
pi=F9 politicista che altro, alcuni pretendono di leggere. Un percorso cio=
=E8
che non rinuncia alla filosofia della "disobbedienza", ma al contrario la
esalta come scelta di una generazione che contesta "uno stato di cose
presenti" che consideriamo illegittimo, e che quindi ci legittima nelle
nostre "illegalit=E0".=20

Saremmo cos=EC pi=F9 forti o pi=F9 deboli, nel far valere le nostre ragioni=
e a
contestare radicalmente i tanti luoghi di potere a-democratico che decidono
senza essere stati mai delegati a farlo? Saremmo cos=EC pi=F9 forti o pi=F9
deboli nel denunciare e respingere le tante forme di repressione palesi o
quelle che pi=F9 subdolamente utilizzano con "fantasia" gli articoli del
codice penale? Sarebbe cos=EC pi=F9 difficile o pi=F9 facile tenere insieme =
le
tante diversit=E0 del movimento in un riconoscimento reciproco di culture
politiche e di pratiche?=20

Per me questo =E8 proprio l'insegnamento di Genova e di quella straordinaria
e tragica esperienza che ha segnato la vita di tante persone. Anche per
questo, considero irrinunciabile che tutti coloro che in questo movimento
hanno fatto un tratto di strada insieme si ritrovino a Genova il 2 marzo,
per dire ancora una volta che i 26 compagni indagati sono invece vittime,
quanto noi, di una repressione che continua, e in cui riconosciamo una
regia internazionale. Per dire che questa straordinaria novit=E0
rappresentata dal movimento mondiale =E8 incancellabile. Ma ognuno di noi ha
la responsabilit=E0 di averne cura.=20

E se il dibattito promosso dal segretario pu=F2 avere una ricaduta sulle
nostre esperienze concrete =E8 in questa direzione, e non certo
nell'agevolare le intenzioni di chi vorrebbe dividere il movimento in buoni
e cattivi. Al contrario, questo tentativo, reiterato ininterrottamente da
prima di Genova fino ad oggi, ha potuto essere respinto proprio da una
capacit=E0 di contaminazione che ci ha interrogato reciprocamente in tutti
questi anni. Per questo, ho considerato e considero irricevibile in s=E9 e
dannosa sul movimento la dichiarazione di Luca Casarini, quando sostiene
che "il dibattito aperto da Bertinotti apre uno spazio al ministro
dell'interno nella criminalizzazione del movimento".=20

E' un grave errore introdurre elementi di divisione, peraltro
insostenibili. Come =E8 un grave errore limitarsi a urlare contro la
repressione chiudendosi in una sorta di vittimistico autoisolamento.
Viceversa, =E8 necessario e possibile, nonostante la forza dell'avversario e
il pensiero debole di tanti vicini di casa, cogliere le connessioni che
uniscono la nostra difesa dei tanti soggetti che ne sono vittime - da
esponenti del movimento, agli immigrati, ai lavoratori che praticano
scioperi "selvaggi" - alle lotte in corso in diverse categorie del pubblico
impiego che si oppongono ai processi di militarizzazione, dai vigili del
fuoco agli agenti di polizia penitenziaria. Lotte che fin qui vedono
schierate organizzazioni come Rdb e Cgil, ma che ci dicono di una
possibilit=E0 di ampliamento. Ed =E8 proprio ad un allargamento del fronte c=
he
dobbiamo puntare, non rinunciando mai a convincere anche coloro che ci
sembrano impermeabili. Anche in questo il movimento insegna.=20

Graziella Mascia=20
-------------------------
Rovesciare la macchina
della violenza
su chi la detiene
Che cosa =E8 questo dibattito su violenza e nonviolenza che da tempo occupa
l'attenzione di tanti e tante di noi? Come e perch=E9 si =E8 prodotto? Come
entra in connessione col movimento e con la sua discussione? Andiamo per
ordine. Mi =E8 parso che il centro di questa discussione riguardi il potere =
e
la sua natura nel nostro tempo. Mi =E8 parso che a partire dalla messa a
fuoco di questo punto, il dibattito si sia sviluppato attorno al rapporto
tra i mezzi e i fini e che questi due elementi siano intimamente correlati.
Quello che ci si chiede =E8 una parola chiara sulla possibilit=E0 di pensare
alla trasformazione e alla costruzione dell'altro mondo possibile a partire
dall'idea che, la leva attraverso cui dispiegare questa possibilit=E0 sia
rappresentata dalla conquista e dall'esercizio verticale e concentrato del
potere. E' da questa domanda e dalla risposta che ne scaturisce che deriva
l'insieme della discussione. Se infatti pensassimo ancora di poter
immaginare la rivoluzione come appropriazione del potere e per questa via
determinare in modo meccanico la liberazione e la costruzione di un mondo
migliore nessuna discussione sul rapporto tra mezzi e fini avrebbe senso.
Invece, il problema sta proprio qui. Quel "carattere retroattivo" che la
violenza esercita su chi la utilizza dice molto sul pericolo insito in una
certa idea del potere e della sua composizione materiale. Un'idea che si =E8
costruita nel novecento come risposta simmetrica e antagonistica
all'esercizio violento del dominio e del potere da parte del capitalismo.=20

Decostruire questa idea significa rompere l'attesa, significa introdurre
nell'immediato del conflitto i tratti dell'alternativa, significa in
termini radicali porre sotto critica la radice dei rapporti sociali
capitalistici a partire dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo, dell'uomo
sulla donna, degli uomini sulla natura. E' questa del resto, un'idea del
potere che il movimento, da Seattle in poi, ha potentemente messo in
discussione. Ma tutto questo significa anche altro. Implica rompere anche
con un'idea verticale e gerarchica dell'organizzazione modellata in fin dei
conti su un immaginario combattente, ripensare il rapporto tra
autorganizzazione, cooperazione e rappresentanza, tra governo e conflitto.
Ci propone in realt=E0 un terreno fecondo di ricerca sulla natura della
democrazia e sulle forme stesse della politica.=20

Tutto il contrario insomma di un dibattito astratto e confinato in una
dimensione accademica. Del resto, se qualcuno non se ne fosse accorto, la
portata della discussione e la sua attualit=E0 =E8 determinata da quello che
succede intorno a noi. L'irruzione della guerra nella sua forma preventiva,
globale e permanente, la naturalizzazione della violenza come forma stessa
delle relazioni sociali, punta a cancellare lo spazio del conflitto, a
sterilizzare la dimensione della politica come strumento collettivo di
trasformazione. La violenza si propone come terreno privilegiato del
potere, come strumento normativo e diffuso della globalizzazione
neoliberista.=20

Tutto questo, ci viene detto da alcuni, piomba dall'alto e come un macigno
sul movimento imponendo un dibattito inutile e dannoso. Trovo che questo
schema vada semplicemente rovesciato. Mi sembra che la natura della
discussione emerga dal movimento e dai conflitti che ha saputo incontrare e
moltiplicare in questi anni. Non si tratta, =E8 fin troppo evidente, di
un'invenzione improvvisa ma semmai, al contrario, della ripresa e
dell'approfondimento di un ragionamento e di una ricerca tutta interna al
flusso vivo delle lotte. E' proprio nella valorizzazione della radicalit=E0
fortissima del conflitto, nella sua forza di trascinamento e di attrazione
che trova ragione questo dibattito. Non si tratta in alcun modo di
esercitare un richiamo alla compatibilit=E0 o alla passivit=E0 ma di trovare=
lo
spazio nel quale declinare in forma attualizzata la necessit=E0, questa si
strategica e inaggirabile, di rovesciare la macchina di violenza su chi la
detiene e la esercita in modo sempre pi=F9 massiccio.=20

Del resto dove sta la compatibilit=E0 o la passivit=E0 nelle giornate del
luglio 2001 di Genova a cui, tutti insieme abbiamo dato vita e nelle quali
migliaia di persone hanno resistito difendendo quella democrazia cos=EC
pesantemente sospesa. Dove sta nell'esperienza del Trainstopping, lotta
radicalissima e allo stesso tempo praticata in modo nonviolento, nelle
lotte dei tranvieri capaci di rovesciare l'ordine del discorso mettendo al
centro la dignit=E0 del lavoro, nella rivolta di Scansano che reintroduce
l'insubordinazione e la disobbedienza adirittura nella dimensione di
un'intera comunit=E0 disposta a mettersi in gioco contro la minaccia delle
scorie nucleari. E ancora nelle lotte per la casa che pongono al centro
un'idea altra dell'abitare e della citt=E0, nello scontro durissimo che la
Fiom conduce da tempo sulla democrazia del lavoro e contro la concertazione
con migliaia di vertenze in tutto il paese. Tutto questo parla di noi e di
quello che abbiamo concretamente praticato in questi anni, non di un futuro
lontano al quale affidare le proprie speranze. In questo qui ed ora, in
queste esperienze vissute, la disobbedienza ha mostrato una straordinaria
capacit=E0 di diffondersi, di contaminare soggetti, lotte e linguaggi divers=
i
tra di loro. E' a questa eccededenza, a questa irriducibilit=E0 del conflitt=
o
come espressione viva dei bisogni negati che si oppone, oggi, una vasta e
pericolosa ondata di repressione. La moltiplicazione degli interventi
giudiziari, di polizia, delle forme di controllo e di restrizione delle
libert=E0 dice della necessit=E0 di riaffermare l'ordine e la legalit=E0 com=
e
elementi statici e indiscutibili. A questo attacco il movimento deve
offrire una risposta efficace. Dobbiamo saper imporre, senza alcun passo
indietro, la legittimit=E0 del conflitto allargando e non restringendo il
fronte.=20

Il mondo che vogliamo non ci verr=E0 regalato da nessuno. E' per questo per=
=F2
che abbiamo una grande possibilit=E0. C'=E8 un aspetto di questa discussione
che non ho affrontato e che riguarda l'indagine critica e coraggiosa su
tanta parte della storia del comunismo novecentesco. Mi chiedo ora se
questo non dipenda da un fatto molto semplice: non l'ho vissuta. Credo che
in questo dibattito e nelle possibilit=E0 che ci consegna ci sia anche il
tratto di una nuova generazione politica forse un po' pi=F9 libera di
scrivere la propria storia e il proprio futuro.=20

Nicola Fratoianni=20
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Non-violenza, pratica di lotta,=20
non di rassegnazione
Questo libro nasce da un dibattito ricco, intenso e appassionato su un tema
cruciale del nostro tempo: la natura degli strumenti necessari per la
trasformazione di un mondo sempre pi=F9 in preda alla guerra e alla violenza=
.
E' possibile oggi scegliere la nonviolenza come arma di lotta vincente?
Come, anzi, l'arma pi=F9 efficace che abbiamo a disposizione per mutare
radicalmente la societ=E0 e innescare un processo rivoluzionario, nel quale =
i
mezzi usati finalmente non siano in flagrante contraddizione con i fini che
si perseguono? Non resta vero, al contrario, che se si vuole spezzare la
ferocia dell'attuale dominio capitalistico non si possono escludere a
priori momenti violenti? E che un'opzione nonviolenta rischia di
rimpiombare i movimenti - e i partiti comunisti e alternativi - in una
visione classicamente gradualista, moderata, subalterna?=20

Su questi interrogativi - antichi, ma in realt=E0 nuovissimi - si =E8
sviluppata per quasi due mesi la discussione su "Liberazione", che ha
coinvolto centinaia di persone, militanti di Rifondazione comunista e
militanti no global, esponenti del pacifismo e della sinistra,
intellettuali di grande prestigio e "semplici" lettori. Essa =E8 stata
suscitata, come =E8 noto, dallo stesso Segretario del Prc: concludendo un
impegnativo convegno sulle foibe, il 13 dicembre 2003 a Venezia, Fausto
Bertinotti ha avanzato una proposta strategica di nonviolenza, rivolta al
movimento ma anche al partito, nell'ottica di una rinnovata identit=E0
comunista. Il testo =E8 uscito, in versione pressoch=E8 integrale, su
"Liberazione" del 4 gennaio 2004. Pochi giorni dopo, Pietro Ingrao, in una
lunga intervista, ha rilanciato il tema con forza e autorevolezza. Il
dibattito si =E8 allargato anche al "manifesto" ed ha assunto via via una
dimensione imponente.=20

Ci pare di poter dire che raramente sulla stampa italiana si discute non
solo con tanta libert=E0 e passione, ma con una ricchezza di argomentazioni
cos=EC vasta. Certo, le posizioni che si confrontano restano lontane, anche
perch=E9 attorno al nodo violenza \non violenza si dipanano (e si
intrecciano) molte e problematiche dimensioni. Quella del presente, prima
di tutto: il qui e ora della lotta sociale e politica nei paesi di
capitalismo maturo, ma anche il qui e ora della lotta dei popoli aggrediti
od oppressi dal dominio imperiale. Quella del passato - la storia del =91900=
,
la cultura politica dei comunisti e del movimento operaio, il bilancio da
tracciare. E quella del futuro da costruire. Questioni di tale rilevanza
politica e culturale, che chiedono un'ulteriore intensificazione della
ricerca, un ulteriore lavoro collettivo. Intanto, =E8 stato accumulato un
"materiale" significativo, che offriamo alla riflessione di tutti.=20


Un'ultima questione: questo dibattito =E8 un "lusso" criticabile, una
ridondanza, una fuga, in un momento cos=EC difficile dal punto di vista
politico e sociale? Ce lo siamo domandati anche noi. Ma la risposta ci =E8
parsa subito evidente: no che non =E8 un lusso. Il nodo violenza \nonviolenz=
a
=E8, in realt=E0, attualissimo e tutto politico. Vive nelle lotte di questi
mesi, come ci insegnano gli autoferrotranvieri di Milano, gli operai di
Terni, gli occupanti delle case, i professori, gli studenti e i bambini che
si oppongono alla controriforma della scuola. Perci=F2 =E8 bene che viva nei
nostri luoghi di aggregazione e sulle colonne dei nostri giornali.=20
--------------------
DAL GIORNALE AL VOLUME
Dell'intervento del compagno Bertinotti a Venezia ho un'opinione
decisamente negativa. Tanto per cominciare =E8 stato un intervento gi=E0
preparato, le sue conclusioni erano pronte da prima del convegno e non
hanno tenuto nessun conto degli interventi del convegno stesso, soprattutto
dei due pi=F9 interni all'argomento "foibe", quello di Joze Pirivec e quello
di Giacomo Scotti, che hanno, entrambi, detto cose addirittura in antitesi
con certi "assunti storici" dati per scontati da Bertinotti. In secondo
luogo, come tutto il convegno, era una cosa da fare "prima"
dell'intitolazione del piazzale di Mestre e non dopo, quasi costretti dai
fatti e obbligati a ripiegare in qualche modo sulle posizioni dettate da
"centrosocialisti" e diessini vari. In terzo luogo ho dovuto rilevare la
scarsezza di approfondimento storico sull'argomento: dire che =ABil nostro
storico Spazzali ha detto che a Basovizza ci sono 600 morti perci=F2 va bene
cos=EC=BB (anche se non nel corso del dibattito ma negli incontri di corrido=
io)
=E8 cosa sconcertante; Spazzali non =E8 "storico nostro", ma della destra,
anche se democratica e, soprattutto, non risulta aver mai detto
dell'esistenza dei 600 morti a Basovizza.=20

In quarto =E8 stato politicamente intempestivo, perch=E9 andare a valutare
oggi, con conclusioni di quel tipo, le cose significa dare spazio ed
avallare le tesi della destra radicale: voglio vedere come far=E0 Bertinotti
ed il partito a rifiutare la proposta della giornata della memoria delle
foibe istriane fatta da Fini, con tutti i falsi storici, politici e morali
e con l'automatica rivalutazione dei fascisti locali che quella proposta
comporta.=20

Ma ora scender=F2 nei dettagli, scusandomi per l'incompletezza della
trattazione, anche perch=E9 la cosa per essere fatta seriamente dovrebbe
avere pi=F9 voci, ma soprattutto molto pi=F9 tempo. Certo su questi argoment=
i
bisognerebbe fare molta, molta chiarezza.=20

Quando in un confronto una delle parti comincia col meschinizzare le idee
dell'altra il confronto comincia molto male, soprattutto se a farlo =E8 la
parte "pi=F9 forte", quella che =E8 nelle posizioni pi=F9 visibili e pi=F9
rappresentative. Per=F2 questa posizione "ridicolizzante" =E8 anche il segno
che le convinzioni di chi discute sono deboli e poco difendibili se non con
metodi discutibili, in quanto la ragione le pu=F2 smontare e dimostrarne la
pochezza, sia storica che politica. Quindi spero che le posizioni che ora
rilever=F2 del nostro segretario siano solo una caduta di stile e non la
ricerca di questo metodo di demonizzazione dell'"avversario", cosa che nel
passato ha troppe volte attraversato i partiti comunisti e, questa si, cosa
sulla quale bisognerebbe fare non tanto autocritica quanto autoriforma.=20

La differenza tra fascismo e antifascismo non =E8 certo data solo dai numeri
dei morti, e nessuno ha mai osato sostenere una cosa del genere. Per=F2 per
capire (non giustificare) i fatti del passato si deve fare ricerca storica
e capire cosa =E8 successo, scremandolo dai falsi della propaganda, che in
queste terre =E8 stata purtroppo molto attiva sia prima che dopo la guerra.
Fare ricerca storica per=F2 significa anche confrontarsi con i fatti, ed i
fatti sono dati anche dai numeri. Perch=E9, nel rispetto di ogni vita umana,
sapere se si tratta di un omicidio, di 10 morti, di 100, mille o diecimila
ha un valore molto diverso, sia dal punto di vista storico che da quello
giuridico (omicidio, omicidio plurimo, strage, genocidio sono valori sia
storici che giuridici diversissimi). Liquidare la cosa dicendo che =ABci son=
o
molti tra noi che su una questione cos=EC scottante e cos=EC drammatica come
quella delle foibe si azzuffano su una questione di numeri=BB o =ABla
manipolazione verso il basso (dei numeri dei morti, ndr) tende a
configurare l'idea che in quelle fosse ci fossero solo fascisti colpevoli=BB
=E8 un modo rapido ma semplicistico di affrontare la questione. Modo che =E8
sbagliato e fuorviante per ogni possibile analisi. Certo =E8 buono per
demonizzare chi vuole fare la ricerca storica, soprattutto quando questa
non collima con la scelte politiche che si sono volute assumere anche
contro i risultati della ricerca stessa. Ma cos=EC facendo si fa un pessimo
servizio alla storia ed uno ancora peggiore alla politica. Altrettanto
semplicistico =E8 il discorso sul "vuoto di potere" e sullo "scontro tra
poteri" che hanno portato a questi fatti. Certo, queste componenti ci
furono, ma durante la Resistenza vi fu anche contemporaneit=E0 di poteri.
C'era la gerarchia militare degli uni ma c'era anche il volontariato, il
rispetto, la collaborazione degli altri. Le repubbliche partigiane, le zone
libere, le aree controllate e tutelate, con le armi e con le battaglie
furono luogo di autogestione e palestre di gestione democratica, ancorch=E9
in armi. Vi furono anche vendette, ma gli atti individuali agli individui
vanno ascritti. A Trieste e nell'Istria, soprattutto nel '45 furono anche
molto limitate nel numero reale. Tanto che, e questa =E8 storia, vi furono
proteste da parte proletaria perch=E9 non si lasciava fare come altrove in
Italia, dove valeva il decreto luogotenenziale che autorizzava
all'uccisione di tutti i volontari delle truppe di Sal=F2. E scusate se =E8
poco. Comunque il discorso del confronto tra "poteri" diversi esiste
continuamente. Anche oggi il dire "un altro mondo =E8 possibile" (slogan che
andrebbe almeno specificato con un auspicio concreto, perch=E9 anche il
fascismo =E8 possibile "altro" rispetto all'attuale governo) significa
scontro di poteri. Fare politica significa scontro di poteri, tra quello
che esiste con le sue regole vigenti e quello auspicato, con le regole che
si propongono. Dietro questa spiegazione dei fenomeni esiste solo, scusate
il bisticcio, banale banalizzazione, che nel non spiegare nulla lascia
liberi tutti di dire ci=F2 che si vuole. Certo permette di fare il successiv=
o
salto logico dei "regimi contrapposti" che si sarebbero affrontati a
Trieste, cio=E8 degli estremismi opposti, fascismo e movimento partigiano
comunista, che portano entrambi a lutti e distruzioni. Forse non era questa
la volont=E0 di Bertinotti, ma =E8 questa la sola lettura possibile delle su=
e
parole.=20

La critica dei crimini del fascismo non =E8 mai servita, tra i compagni seri=
,
a giustificazione per non fare i conti con la nostra storia n=E9 per darsi
alla vendetta ed alla distruzione indiscriminati, dove fare giustizia da
parte delle autorit=E0, con metodi anche criticabili, =E8 e deve rimanere al=
tro
dalla vendetta personale. Gli storici seri hanno sempre cercato di
collegare tra loro i fatti e di capire il perch=E9 del succedersi degli
avvenimenti. Dire che una cosa avvenuta =E8 stata il motore di cose
successive non =E8 giustificazionismo, =E8 studio storico. Nulla accade a
partire da un punto, senza fatti precedenti. Cos=EC in ogni rivolta, in ogni
tensione sociale nei secoli, vi sono fenomeni che hanno portato al punto di
rottura, che lo hanno determinato e che hanno, in parte, determinato il
tipo di azione. Imporre, per il fascismo, di dimenticarlo, pena rischiare
di passare tra i "giustificazionisti dei nostri errori" =E8 antistorico, dir=
e
che questo pu=F2 portare ad aspetti negativi =E8 chiudere la porta in faccia
all'analisi storica dei fatti e criminalizzare chi la fa. Certo sta agli
uomini, anche ai compagni, non crearsi miti intoccabili ma ricordare sempre
che tutti, noi come chi ci ha preceduto, siamo solo umani con pregi e
difetti. Ma detto questo, sulla resistenza, bisogna sempre ricordare che vi
fu chi combatt=E9 (magari per motivi personali "buoni") dalla parte della
sopraffazione fisica e morale, dalla parte del "superuomo" con diritto di
vita e di morte, dello sfruttamento del lavoro schiavizzato, del diritto di
eliminare intere etnie e gruppi perch=E9 considerati inferiori e chi lott=F2
(magari con motivazioni personali abiette) contro tutto ci=F2, anche con le
sue contraddizioni. E questa =E8 storia, non esaltazione. Comunque, se si
vuole vedere il male bisogna vederlo in ogni luogo in cui si annida. Ad
esempio bisognerebbe, cosa mai fatta, affrontare il tema della "doppia
resistenza", di chi partecip=F2 per arrivare alla rivoluzione sociale, con u=
n
mito (forse errato) di socialismo, e chi partecip=F2 su posizioni chiarament=
e
reazionarie, di legame con la monarchia e con il capitalismo, con il
criminale di guerra Badoglio, contro il movimento proletario. Dire che
Sogno, la Franchi, la Osoppo erano gruppi reazionari, favorevoli al cambio
della guardia dirigente, non al cambiamento della societ=E0, che a volte
(molto spesso) trovavano linee di accordo con i fascisti e con i
capitalisti contro i partigiani rossi, lasciandoli massacrare o isolandoli
=E8 dire fatti. Fu giusto reagire e si reag=EC nella maniera giusta? Non spe=
tta
a noi giudicare. Successe. Possiamo valutare i risultati, e dire che non
furono positivi.=20

Sapere dove si poteva evitare di commettere abusi, e quali siano stati
commessi, =E8 importante per evitare in futuro di commetterne. Ma se proprio
si voleva fare questa presa di coscienza perch=E9 non si sono prese ad
esempio altre situazioni, dove gli ordini precisi erano di "fucilare" tutti
i volontari della Rsi, senza distinzione? I partigiani jugoslavi (serbi,
croati, sloveni, italiani, tedeschi, ecc.) hanno, invece, come riconosciuto
da tutti, anche dagli storici di destra, sempre operato con sistemi di
Stato. Ogni arresto doveva avere delle prove concrete per venir mantenuto.
Ogni arrestato doveva risultare accusato da almeno tre accusatori di
crimini precisi. Che poi in alcuni casi ci siano stati abusi di singole
persone =E8 cosa che riguarda loro e va oltre quelle che erano le precise
disposizioni dei vertici, che chiaramente dicevano di colpire in base al
fascismo e non in base all'etnia e invitavano i comandanti a frenare
l'eccessiva solerzia di alcuni attivisti. Processi contro gli eccessi li
fecero, e quanti, gli stessi jugoslavi anche nel corso della guerra.
Comunque non si pu=F2, neppure in questo caso, colpevolizzare il movimento. =
A
meno che non si intenda sostenere che "italiano" =E8 comunque pi=F9 buono ch=
e
"salvo" e che era meglio essere fascisti ma italiani che jugoslavi e
comunisti.=20

Il problema della violenza =E8 stato, poi, affrontato molto superficialmente
e su fatti lontani. La non violenza =E8 certamente un fatto positivo. Se
posso ottenere delle cose senza ricorrere a coercizioni =E8 bene. Ma a volte
gi=E0 solo per chiedere e farsi sentire si deve gridare. E' violenza? Gli
scioperi di questi giorni per certe persone sono violenza: contro le
regole, contro le persone, contro le cose. E seguendo la logica in senso
stretto si pu=F2 concludere che =E8 vero. Lo sciopero =E8 una forma di
coartazione, di ricatto, di pressione: quindi di violenza. Ma se noi
conquistiamo dei successi democraticamente, ad esempio il Cile di Allende,
cosa dobbiamo poi fare? Lo sciopero con sit-in per bloccare ogni movimento?
Buona ipotesi, ma resta ipotesi che non ha mai visto luce dei fatti. Certo,
fino a quando la via politica =E8 praticabile e pu=F2 dare dei risultati si
deve perseguire la via politica. Cedere al mito del "vietkong vince perch=E9
spara" (oggi Zapatista con le armi) =E8 stato deleterio in passato e sarebbe
ancor pi=F9 deleterio oggi. Esiste oggi un fermento, al quale dobbiamo
garantire lo spazio di agibilit=E0. Un fermento che non deve percorrere la
strada dell'estremismo, giustamente definita a suo tempo "malattia
infantile del comunismo". Un fermento che deve poter crescere, deve poter
svilupparsi nelle forme e nelle direzioni positive che collettivamente
sapr=E0 trovare e sviluppare. Con l'aiuto anche della conoscenza degli error=
i
del passato, che =E8 il miglior modo per evitarne la ripetizione. Cosa che
significa sostanzialmente anche con la conoscenza del passato, non con la
sua demonizzazione. E con la conoscenza del pensiero dei compagni che hanno
fornito strumenti teorici al movimento proletario. Essere "nuovi" non
significa dover ogni volta ripensare tutto di nuovo, ricostruire tutto ogni
volta da zero. I pensatori del passato costituiscono un trampolino per il
futuro. Significa passare il tempo a studiare e non fare? No, significa non
dichiarare ad ogni pi=E8 sospinto chiuse certe esperienze e sepolti certi
valori ed autori (Marx, Lelin, =85), significa non esorcizzare come mefitico
un passato, quello delle lotte di liberazione di intere societ=E0, solo
perch=E9 gli esiti non sono stati quelli che oggi, a cose fatte, noi avremmo
desiderato.=20

Ma riprendiamo col convegno. Auschwitz e Hiroschima sono veramente diverse
come dice Bertinotti? No, strutturalmente no. Sono entrambe frutto del
capitalismo, delle sue necessit=E0 e delle sue volont=E0. Esattamente come
Dresda e Amburgo. Volont=E0 di vincere la guerra, ma non necessariamente con
meno lutti. Anzi, con una quota di distruzione di popolazione civile non
combattente tale da terrorizzare chi avesse intenzione di proseguire, per
esempio, sulla via dell'espansione non dell'Onu ma dell'Urss. Probabilmente
questa espansione non avrebbe avuto risultati positivi, viste le
degenerazioni dei partiti, anche di quelli comunisti, nell'Europa pre e
post-bellica, ma noi possiamo parlarne solo col "se". Certo =E8 invece che i=
l
trionfo del capitalismo ha portato enormi danni alle societ=E0 umane. Lo
stato agonico in cui versa il sud America e, ancor pi=F9, tutta l'Africa (co=
n
decine di milioni di morti per fame, malattie e guerre) da decenni =E8 un
esempio evidente degli effetti devastanti del colonialismo prima e
dell'imperialismo poi messi in campo dal sistema capitalista.=20


Non si capisce perch=E9 noi si debba continuamente fare ammenda dei morti de=
i
gulag (morti che pesano, e come, anche sul nostro presente, ma dei quali
non abbiamo mai esaltato l'uccisione e che mai abbiamo contribuito a far
arrestare), mentre nessuno addossi mai, nemmeno tra i compagni, quei morti
africani, sudamericani ecc. al capitale, che si guarda sempre molto bene
dal riconoscerli come frutto necessario e non eliminabile del suo sistema.
E' questo un modo di dire "voi uccidete pi=F9 di noi"? No, si tratta solo di
sapere che certe cose sono state fatte cedendo, nella maggior parte dei
casi, al frutto degli anatemi settari e demonizzanti gruppi e movimenti
interi, dobbiamo imparare, volendo cambiare la societ=E0, a non ricadere in
questi errori. Ma tenere sempre presente che mentre noi soffriamo per quei
morti il capitale continua a farne ogni giorno migliaia senza mai soffrire
per loro.=20

Nella lotta poi, =E8 vero che oggi il fascismo non =E8 pi=F9 il nemico? Solo=
se
si considera il fascismo come un corpo a s=E9 stante. Ma se si vede nel
fascismo solo una delle forme del capitale, come la guerra e come il
terrorismo, allora ci si rende conto che bisogna s=EC combattere il sintomo
pi=F9 evidente e minaccioso del sistema (e che oggi questo =E8 la guerra pi=
=F9
che il fascismo) ma che per vincere si deve combattere il capitalismo e la
sua iniqua ripartizione dei beni. Altrimenti sarebbe come combattere con
l'aspirina le sofferenze date da un cancro.=20

Peter Behrens
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"Eppure il vento soffia ancora...."

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antonio bruno FORUM AMBIENTALISTA MOVIMENTO ROSSO VERDE 339 3442011
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