Ho risposto sull'argomento ad Alberto Burgio e ad Andrea Catone 
i cui interventi si trovano nel sito    www.lernesto.it   
rispettivamente  nella pagina 'il commento' e nella pagina
'l'articolo'.  
Approfitto per comunicare a tutti che oltre alle traduzioni in
francese e  spagnolo (inglese e tedesco sono in preparazione) il sito 
www.deicittadinidelmondo.it si è arricchito di nuove citazioni nella
pagina "Perché/Ipse dixit", da cui  riporto la più antica  
Etienne de la Boetie (scritto tra il 1546 ed il 1548) "I tiranni, se  non si
presta loro obbedienza, allora senza alcuna lotta, senza  colpo ferire
rimangono nudi ed impotenti, ridotti ad un niente,  proprio come un
albero che non ricevendo più linfa vitale dalle  radici subito
rinsecchisce e muore;"  
e la più recente  
Noam Bahat ( refusnik
israeliano - il manifesto 18-12-03 da Gush  Shalom)): "...è una guerra
fatta per scelta, non per sopravvivenza  o per autodifesa. Quindi è
immorale per definizione. Dobbiamo  rifiutarla, perché finirà solo
quando la gente smetterà di  sostenerla." 
Buona lettura... e buona azione conseguente. 
Gianni Zampieri - cdm  
Date forwarded:     Sun, 08 Feb 2004 17:30:19 +0100 
From:               Gianni Zampieri <giannizampieri@???> 
To:                 info@??? 
Subject:            Non violenza 
Date sent:          Sun, 08 Feb 2004 17:26:11 +0100 
A quanto scrisse Alberto Burgio su ilmanifesto (25.01.2004) ho
risposto   così:   
"" Primo. Ci sono esempi storici di azioni nonviolente riuscite.
Gandhi e     le sue lotte in Sudafrica e soprattutto in India, ma
addirittura in piena    seconda guerra mondiale quando in un paese
nordico (sto cercando i    riferimenti bibliografici) (( aggiungo ora:
trattasi della Norvegia sotto il   regime nazista di Quisling )) gli
insegnanti rifiutarono di eseguire un   ordine  dei nazisti occupanti.
Certamente molti altri casi non sono stati   scritti  nei libri di
storia solo perché la storia è scritta o fatta scrivere dai   
dominanti, non dai dominati, e i dominanti hanno interesse a negare o 
  tacere che il loro dominio possa anche solo essere stato messo in   
discussione. Quando il potere non può sostenere che una guerra è   
giusta o santa, dice che è necessaria ed in ultima ipotesi quantomeno 
  inevitabile. Non a caso si perpetua la diceria che la guerra
"scoppia",    così come arriva un temporale, senza alcuna possibilità
di evitarla.    Sono le regole del gioco del potere e ognuno sceglie
se stare o meno    al gioco.    
Secondo. Difficile stabilire se i successi e gli insuccessi della   
nonviolenza siano maggiori o minori di quelli della lotta armata, sia 
  valutati nel breve che nel lungo periodo. Non è dimostrato né   
dimostrabile, ma possiamo seriamente dubitare che una risposta   
nonviolenta al nazismo avrebbe provocato un'ecatombe maggiore dei   
cinquanta e passa milioni di morti della seconda guerra mondiale. Con 
  quell'ecatombe non ci siamo veramente né definitivamente liberati
dal    nazismo e dal fascismo; probabilmente lo avremmo fatto in tempi
più    lunghi ma più radicalmente, nel senso che avremmo più
efficacemente    estirpate le sue radici, con metodi nonviolenti, che
richiedono una    ampia partecipazione popolare e quindi una crescita
etica e culturale    dei cittadini.    Ma poi perché chiedere alla
nonviolenza una certezza di risultati che la    guerra non ha mai
dato?    
Terzo. L'impero sovietico, da molti paragonato ed anzi valutato più   
potente del terzo Reich, è crollato senza alcuna guerra e così pure la
   dittatura di Pinochet è stata superata. Forse non dimostrano che la
   nonviolenza è efficace, ma che non è necessaria la violenza per   
abbattere o cambiare un regime dispotico.    Probabilmente esagerava
Etienne de la Boetie (scritto tra il 1546 ed il    1548)  I tiranni,
se non si presta loro obbedienza, allora senza alcuna    lotta, senza
colpo ferire rimangono nudi ed impotenti, ridotti ad un    niente,
proprio come un albero che non ricevendo più linfa vitale dalle   
radici subito rinsecchisce e muore; non c'è bisogno di sforzarsi a
fare    qualcosa per il proprio bene, è già sufficiente che non si
faccia nulla a    proprio danno.    Ma c'è del vero se quattrocento
anni dopo un grande comunista e un    grande prete affermano
sostanzialmente la stessa cosa:   Don Luigi Sturzo, dallesilio di
Parigi (1932): se la gran parte dei    cittadini fossero obiettori,
cesserebbero le guerre.
Antonio Gramsci (
) : "Quello che accade, accade non tanto    
perché una minoranza vuole che  accada quanto piuttosto perché    la
gran parte dei cittadini ha rinunciato  alle sue responsabilità e ha  
 lasciato che le cose accadessero.
Qualcuno può assicurare ai palestinesi, ai colombiani, ai cubani ed
agli    iracheni, che prima o poi vinceranno militarmente?   
Quarto. La "metamorfosi antropologica" non colpisce normalmente i   
semplici soldatini o i partigiani, entrambi in qualche modo
"costretti" ad    usare la violenza con le armi, ma colpisce spesso i
capi, i vertici    decisionali i quali, una volta sperimentato che la
guerra ha conseguito    risultati per loro positivi e che loro non ne
hanno subìto conseguenze    gravi, sono ancora più propensi a
considerare la guerra come un    normale strumento della politica.    
Quinto. E' certo che Hiroshima e l'olocausto hanno segnato una novità 
  storica assoluta, come lo è l'avvento di una unica, per ora,   
superpotenza mondiale. Di fronte alle "novità" si può cercare qualche 
  indicazione ma non certo la soluzione nel passato. Se ci fosse,
molto    probabilmente non saremmo in questa situazione.    Facendo
tesoro delle esperienze storiche, seriamente indagate,    occorre
invece sperimentare vie nuove, con strumenti nuovi, tenendo    conto
dalla cultura attuale e anche dei nuovi strumenti di    comunicazione.
Oggi nei paesi avanzati, quelli più vicini al potere    politico
globale in quanto a potere del consenso, la quasi totalità dei   
cittadini sa leggere e scrivere.    
Ultimo. Prendendo da Marx, da Gandhi e da quant'altri quello che   
serve, senza sterili o dannosi dogmatismi e ortodossie. I rapporti di 
  forza tra l'unica superpotenza militare-politica-economica e l'altra
   possibile superpotenza costituita dall'opinione pubblica, o meglio
dalla    moltitudine dei cittadini del mondo, sono tali per cui la
prima può    continuare ad usare la guerra per imporre il proprio
volere, ma solo    finché riesce ad avere e governare il consenso,
attivo o passivo, della    grande maggioranza dei cittadini.    
Non resta che dare voce ai cittadini del mondo, in un modo praticabile
   da tutti, con una mobilitazione permanente, crescente e non
sporadica,    per non dover continuamente ricominciare da capo né
disperderci    solamente in mille piccole battaglie particolari.    
Una proposta in questo senso è il PATTO TRA I CITTADINI DEL    
MONDO che trovate su www.deicittadinidelmondo.it   
Se i 110 milioni di cittadini che hanno manifestato per la pace il 15 
  febbraio scorso sottoscrivessero il Patto (magari riscrivendolo in
mille    forme), lo rinnovassero poi ogni anno e nel frattempo si
impegnassero    per farlo sottoscrivere agli amici, senza bisogno di
muoversi molto da    casa, avremmo in poco tempo avviato una mai 
vista campagna  permanente per la pace, i diritti umani ed uno sviluppo
equo e sostenibile.   
Goffredo Fofi (Ritratto di Kurt Vonnegut  Le Monde Diplomatique/il 
  manifesto, marzo 2003): Se così è la vita, e questi sono i limiti,
e    queste le pulsioni di morte, e queste le aberrazioni del potere
che    nascono dallinterno della nostra tecnologica società, cè da
aspettarsi    il peggio, è ovvio. Ma chissà, qualche nuovo arrivato,
qualche ingenuo    zuccone, qualche divino idiota, potrebbe ancora
trovare la chiave di    una possibile soluzione, e il mondo seguirlo.
    
E' possibile che io sia solo un idiota e certamente non divino, ma
sono    quasi otto anni che cerco di convincere qualcuno e siamo fermi
ad una    quarantina di persone. Non spero di essere "seguito" da
nessuno, ma    spero che qualcuno raccolga la proposta ed 
ventualmente la modifichi,    la perfezioni e la riproponga in modo più 
adeguato ed efficace.   
Vero è che ho poche speranze perfino che questo scritto
appaia sul    mio giornale - mio perché sono abbonato e socio da
diversi anni -    magari con la scusa che ho superato le famigerate
trenta righe. Più    probabilmente per il fatto che non sono e non
voglio essere a capo di    alcunché né rappresento nessuno oltre a me
stesso, cioè non faccio    parte della nomenklatura
politico-movimentista e nemmeno sono un    professore
dell'intellighenzia di sinistra. Credo sì di essere di sinistra,    ma
sono un semplice ragionere in pensione che da circa trent'anni si   
batte e si sbatte per qualche causa persa, convinto però che ancora   
non lo sia del tutto.    ""  
..........
Naturalmente, come previsto e scritto, i compagni del manifesto hanno 
 scelto, almeno fin'ora, di non pubblicare questo intervento.   
Quanto sopra in parte risponde anche ad Andrea Catone, al quale  
vorrei solo aggiungere:   
Primo. Stalin, se si potesse, lo butterei proprio via. Peccato, per
tutti ed   anche o forse ancor più per i comunisti, che sia esistito.
Degli altri,   come di Marx, di Gandhi, di Machiavelli, di Spinoza o
di Gesù Cristo,   prendo quello che condivido e butto quello che no;
tenendo in sospeso   quello che non capisco. Comunque ho ben saldo 
in
testa che nessuno   di loro aveva in tasca tutta la verità, o se
l'aveva non ce l'ha detta, o se   l'ha detta noi non l'abbiamo fin'ora
compresa, così come del resto   nessuno di noi ce l'ha, ma tutti la
cerchiamo.   
Secondo. Accettare l'invincibilità degli USA non significa essere  
subalterni all'egemonia USA, ma più semplicemente prendere atto della 
 realtà. Se non sbaglio è di Mao l'indicazione: se il tuo nemico è
troppo   forte, non sfidarlo con la forza; siediti lungo il fiume e
aspetta di veder   passare il suo cadavere. Ho appena sbirciato
un'articolo sulle   conseguenze ancora oggi tremende del defoliante
orange usato dagli   USA in Vietnam. Davvero il prezzo non ancora del
tutto pagato valeva   la candela? Leggendo poi che anche il Vietnam si
avvia, sulle orme   della grande Cina di Mao, a rincorrere il modello
unico... meglio stare   zitti, per non piangere.   
Terzo. La scelta della non violenza non mi impedisce di essere
solidale   con chiunque resista all'ingiustizia e all'oppressione,
anche se costretto   o indotto all'uso della forza. Vorrei però
riuscire a comunicargli la mia   angoscia per le sofferenze che ancora
gli verranno dall'esser stato o   dall'essersi cacciato nel vicolo
cieco della violenza.   
Quarto. Sulla attuale "resistenza" irachena personalmente non sono  
riuscito a capirne la vera natura. Mi risulta difficile credere che
sia una   autentica resistenza democratica e popolare, perché non
ricordo che   sotto Saddam Hussein vi fosse qualche movimento
democratico e   popolare di opposizione ad un regime che certamente
non era né   democratico né popolare. Nemmeno si capisce se ad
alimentarla siano   i quadri dell'ex regime, o ineressi esterni
conflittuali con quelli degli   occupanti o entrambi. Che tale
"resistenza" lotti anche per i diritti degli   altri popoli minacciati
dall'imperialismo, fino a prova contraria, mi   sembra solo una
dichiarazione demagogica, non so nemmeno se fatta   propria dalla
stessa "resistenza" irachena.   
Quinto. "Se si generalizzasse questa idea che il mezzo usato dai  
dominatori ... " Appunto, caro Andrea Catone, non bisogna  
generalizzare ed estendere a tutti i mezzi usati dai dominatori il
giudizio   che si dà sul mezzo "violenza". Se così facessimo, non solo
dovremmo   essere luddisti, ma semplicemente non dovremmo 
nemmeno
respirare   la stessa aria che respirano i dominatori.   
Sesto. Credo che data la complessità e la gravità del problema, sia  
rischioso che qualcuno tenti o pretenda di definire una volta per
tutte la   casistica certa di quando e in che misura è ammissibile
l'uso della   forza. Dobbiamo tuttavia cercare di farlo, proprio per
stabilire e poi   perfezionare le "regole del gioco" della umana
convivenza. Per questo   nel PATTO TRA I CITTADINI DEL MONDO   (
www.deicittadinidelmondo.it)  dopo il personale:   "Mi impegno a non
partecipare personalmente ad azioni di guerra e mi   oppongo che altri
lo faccia o si prepari a farlo, anche per difendere veri   o presunti
diritti e interessi miei o della collettività cui appartengo."   il
testo prosegue con:   "Acconsento all'uso della forza, personale od
organizzata, non   intenzionalmente omicida, per scopi strettamente
difensivi della vita e   dei diritti fondamentali delle persone e dei
popoli."   
Settimo. Le parole di Gramsci :"Quello che accade, accade non tanto   
perché una minoranza vuole che accada quanto piuttosto perché  la  
gran parte dei cittadini ha rinunciato  alle sue responsabilità e ha  
 lasciato che le cose accadessero valgono o no anche per un  
"imperialismo ferocissimo e spietato" ? Io credo di sì e credo che
l'unica   "forza" in grado di contrastarlo e vincerlo non sia alcun
apparato   militare guidato da alcun consiglio o partito
rivoluzionario, bensì proprio   e solo "la gran parte dei cittadini"
che non rinunci alle sue   responsabilità. Le scorciatoie non hanno
mai funzionato e tantomeno   funzioneranno ora.   Non sarà la pratica
non violenta a rafforzare l'egemonia   dell'imperialismo, ma
l'indifferenza o l'ignavia di cittadini non   responsabili.   
Gianni Zampieri - cdm