[NuovoLaboratorio] violenza nonviolenza su il manifesto

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Dibattito su violenza e nonviolenza/Sesta puntata
Quella levatrice da abbandonare
La violenza come =ABlevatrice della storia=BB doveva servire a farla finita =
con
gli orrori e liberare i lavoratori dal capitalismo. Ma poi ha prodotto solo
disastri e oggi =E8 tutta interna alle logiche di guerra. Per questo la
sinistra avrebbe bisogno di una vera rivoluzione culturale. Assumendo
esplicitamente l'orizzonte pacifista=20
Etica politica Segnare una distanza dall'esistente con una pratica di pace
=E8 il presupposto per non essere complici del capitalismo
ROMANO M=C0DERA
Alla sinistra servirebbe una vera rivoluzione culturale, niente di meno. Lo
penso e lo scrivo da pi=F9 di venticinque anni, e mi sono stufato, ma
l'invito del Manifesto a intervenire sulle proposte di reindirizzare quel
che rimane della tradizione comunista verso un pacifismo conseguente, nei
mezzi che sceglie, ai fini che propone, mi sollecita a riprendere il
discorso. Ingrao centra il suo intervento sul ruolo che l'orizzonte
possibile della violenza armata, come strappo decisivo per fuoriuscire dal
capitalismo, ha avuto nella storia del movimento comunista. E chiama
giustamente all'autocritica, anche per mettere a fuoco obiettivi e metodi
di una politica alternativa al dominio del capitalismo globale e alla
dottrina della guerra preventiva come metodo per governarne le crisi.
Proporrei di andare pi=F9 a fondo nella questione della violenza come
=ABlevatrice della storia=BB: la levatrice doveva affrettare il parto e rend=
ere
meno dolorose e pericolose le doglie (ai tempi di Marx le morti delle donne
per parto erano, si sa, frequentissime). C'=E8 la fretta di finirla con
l'orrore, in quella speranza nella violenza terapeutica: la politica doveva
servire a togliere di mezzo l'oppressione degli stati nazionali che
impedivano ai proletari di tutto il mondo di unirsi. Non era uno slogan
quello dell'unit=E0 internazionale, era invece, in Marx, la conseguenza di
una delle sue analisi pi=F9 penetranti: nell'ultimo paragrafo della prima
parte del Manifesto del partito comunista aveva scritto che =ABil lavoro
salariato poggia esclusivamente sulla concorrenza dei lavoratori fra loro=BB=
.
E' questa la frase che occorrerebbe rimeditare a lungo, pensandone le
conseguenze possibili, oggi, fuori dalla fretta di uscire dall'orrore, che
si =E8 rivelata - macchiando, anche se non annullando, grandiose e
indimenticabili conquiste di civilt=E0 - orrore su orrore, soprattutto nel
movimento comunista. La violenza politica non ha prodotto, alla lunga,
nessun superamento del capitalismo, da nessuna parte (anche perch=E9 non si
pu=F2 superarlo se non =ABin tutto il mondo=BB, altrimenti la concorrenza de=
i
lavoratori fra loro ricostituisce subito il fondamento del lavoro
salariato, cio=E8 il rapporto di capitale). E non si pu=F2 giustificare quel=
la
violenza con la resistenza a mali ancor pi=F9 funesti, come mi sembra possa
conseguire dal rifiuto orgoglioso di Tronti al =ABpentimento=BB: si pu=F2
pensarla nel versante di lotta democratica e anticoloniale come interna
alle trasformazioni della civilt=E0 della accumulazione economica, si deve
abbandonarla, nel versante interno ai paesi cosiddetti socialisti e ai
partiti comunisti, come prova di una pratica politica oppressiva e
corruttrice. Ma oltre che in quanto levatrice, cio=E8 mezzo di risparmio di
tempo del dolore collettivo, la violenza =E8 stata giustificata come
strumento delle avanguardie per annullare i mezzi di consenso pi=F9 potenti
in mano alla classe dominante e alla sua cultura. Insomma come una sorta di
cordone sanitario per vaccinare la ancora debole coscienza di classe delle
masse, per dal loro il tempo - di nuovo questa ossessione non casuale,
anche se i comunardi ce l'avevano con gli orologi ! - di maturare. La
coscienza di diritto dell'intellettuale collettivo, il partito, che tiene a
balia la coscienza di fatto della classe.

Questa convinzione, a sua volta, poggia sul postulato materialista che la
coscienza =E8 creata dalle condizioni storico-sociali dalle quali viene
forgiata. E dalla postilla decisiva, e giacobina, che le avanguardie devono
affrettare la creazione di tali condizioni. Senza discutere questa vetusta,
ma seria convinzione, mi limito a invitare a riflettere che tutto questo
iperrealismo, materialista o politicista, ha portato comunque a risultato
meno che zero dal punto di vista del superamento del capitalismo. Meno che
zero perch=E9 col comunismo ha perso credibilit=E0 ogni alternativa globale =
di
superamento del capitalismo: anche quella dei movimenti =E8 per ora timorosa
di esporre una sua strategia non solo anticapitalistica, ma
dell'oltrecapitalismo. Persino la ricerca intellettuale, la pi=F9 economica
su questi terreni da visionari, difetta. Di fronte alla disfatta e, quel
che pi=F9 conta, di fronte al capitalismo globale che sta mettendo in
soffitta ogni regolazione politico-economica, tanto da spaventare i
capitalisti pi=F9 lucidi e pi=F9 seri, non =E8 realisticamente in campo ness=
una
alternativa mondiale di sistema, perch=E9 di questo si trattava, da Marx in
poi. Non solo per la spaventosa, siderale distanza nei rapporti di forza,
ma perch=E9 la costruzione di una coscienza mondiale in grado di abolire la
concorrenza fra i lavoratori (fra i popoli, i sessi, le generazioni, gli
individui) non pu=F2 crescere in pochi anni cos=EC in profondit=E0 da candid=
arsi
a un diverso governo del mondo. E' dura, ma =E8 cos=EC, ed =E8 sempre troppo
tardi rimandare questa presa di coscienza.

Sotto sotto =E8 proprio questo confinamento nell'utopia a far tralasciare il
pensiero e il discorso della =ABrivoluzione=BB. Si finisce a fare discorsi
etici, non politici, secondo molti. E l'etica =E8 inutile, scrive ancora
Tronti, per i compiti dell'oggi, e su questo, preso dal =ABche fare=BB, anch=
e
Ingrao pare concordare. Non =E8 forse tempo di riconsiderare, invece, questa
pretesa di verit=E0? Se la fretta di creare le condizioni materiali per una
coscienza di classe internazionale liberatoria non ha sortito che disastri
e sconfitte, se oggi insieme ai militanti di sinistra sfilano religiosi di
ogni confessione, non si pu=F2 pensare che esista una relativa autonomia
dell'etica e dello spirito (o della posizione culturale) dalle condizioni
storico-sociali, ed =E8 proprio in questo spazio che pu=F2 coltivarsi e
affinarsi la prospettiva politica e la qualit=E0 umana che prepari
l'attraversamento del capitalismo verso un patto planetario di equilibrio e
di pace che promuova l'autorealizzazione solidale di tutti con tutti
(questo =E8 il modo con il quale ribattezzo l'ideale comunista)? Una specie
di rivisitazione del socialismo utopistico, etico e religioso, si dir=E0. E
perch=E9 no ? Perch=E9 non ricorrere, in tempi cos=EC miseri e aspri per il
progetto di liberazione, a tutte le risorse? E se non si impara a lavorare
su di s=E9, sullo stile di vita delle relazioni, innanzitutto all'interno de=
l
nostro campo, sar=E0 mai possibile intravvedere nei nostri mezzi l'annuncio
dei nostri fini? E' questa una linea di pace seria e profonda, che pratica
la pace invece di predicarla soltanto agli altri, esponendosi con ci=F2 al
legittimo sospetto che si tratti di mera tattica politica. In realt=E0
bisogna abbandonare radicalmente l'idea di fare, anche simbolicamente, la
guerra alla guerra, si tratta di superare la politica che =E8 =ABcontro=BB: =
anche
Bush siamo noi, ricordava gi=E0 durante la prima guerra del golfo a proposit=
o
di Bush padre, quel geniale maestro buddhista che =E8 Thich Nhat Hahn
(pacifista durante la guerra in Vietnam, candidato al Nobel, partecipante
ai negoziati di Parigi sul Vietnam e ancora costretto all'esilio dal
governo vietnamita, e soprattutto: amorevole terapeuta dei reduci
americani, oltre che vietnamiti, della guerra di allora). Profumi d'incenso
d'anima bella? Perch=E9 no? Forse l'incenso brucia pi=F9 finemente delle
scintille delle armi le scorie di quella concorrenza di tutti fra tutti che
=E8 la radice dell'oppressione universale, che =E8 la vera radice del potere=
di
Bush e del consenso popolare in tutto il mondo a tutti i predicatori di
guerre giuste e ingiuste. In definitiva pensare a fondo quella frase di
Marx, che in forma sintetica =E8 la chiave teorica anche de Il Capitale, vuo=
l
dire andare oltre Marx, muovere verso l'orizzonte che ricongiunge la sua
aspirazione alla nostra, pur se per strade diverse: proprio perch=E9 la
radice del dominio cosale e impersonale del capitale =E8 la reciproca,
universale concorrenza fra gli uomini, il suo superamento significa niente
di meno che una profondissima trasformazione del sentire e del pensare
degli uomini, secondo lo stesso spirito dei grandi profeti
dell'universalismo pacifico, da Buddha a Ges=F9 di Nazareth. Finch=E9 saremo
servi della nostra egoit=E0 e di Mammona saremo anche compartecipi concause
del permanere della civilt=E0 capitalistica. Per concludere: con ci=F2, si
dir=E0, non si fa pi=F9 politica, ma cultura, etica, filosofia, religione. E
perch=E9 non potrebbe nascere una simile politica? Ma nell'immediato?
L'immediato pi=F9 immediato siamo noi stessi, per prima cosa; seconda cosa,
una chiara, tenace, indefettibile posizione, capace di questa finalit=E0, no=
n
ha pi=F9 bisogno di trovare surrogati rivoluzionari nella massimizzazione
degli interessi immediati, anzi, pu=F2 tranquillamente e coerentemente
coniugarsi con le alleanze pi=F9 ampie possibili per ci=F2 che =E8 qui ed or=
a
conseguibile: una rivoluzione culturale vera non ha paura, anzi pu=F2
ritenere corrispondente alla coscienza media collettiva reale, un'alleanza
che va dai capitalisti pi=F9 avveduti circa i rischi della deregulation - pe=
r
intenderci, la linea di George Soros - fino ai democratici, ai
socialdemocratici e ai movimenti. Un esempio? Nella politica internazionale
odierna, se si ha in mente l'obiettivo di trasformazione di civilt=E0,
l'avvicinamento dei popoli europei e le forme istituzionali della loro
unit=E0 dovrebbero essere il primo punto in agenda. Non c'=E8 in vista altra
forza credibile per moderare gli effetti del capitalismo selvaggio e del
monopolio Usa della politica internazionale.
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I dribbling del movimento=20
La disobbedienza prevede flessibilit=E0. Per praticare la vera nonviolenza
LUCA CASARINI
Il dibattito su violenza/nonviolenza appare assurdo. Possiamo scomodare le
grandi narrazioni, le uscite dai secoli dei secoli, ma non ce n'=E8. Messa
cos=EC, con lo spiritualismo metafisico che dovrebbe coprire il =ABvero=BB d=
el
mondo che attraversiamo tutti i giorni, =E8 anche un imbroglio. Chi pone ai
movimenti il nodo della =ABviolenza=BB, non esclude invece la mediazione e
l'accordo con chi la guerra, anzi le guerre, con bombardieri, missili,
soldati e morti le ha fatte e le far=E0. A fianco delle interviste contro il
casco ai cortei, rimane il silenzio sulla vergogna dei carabinieri di
Ganzer, della polizia che arresta e usa pistole, gas tossici, manganelli
contro chi protesta. Poi dove sarebbe tutta questa violenza dei movimenti?
In uno scudo, in una protezione corporea se si sfida un cordone di celere?
E' vero ai cortei si pu=F2 andare anche senza casco, dipende da cosa si deve
fare. Come davanti ad un filo spinato di un lager dello stato pieno di
migranti. Se si deve provare a tagliarlo ci vuole una trancia. Se si deve
bloccare una strada ci vuole la gente che si metta in mezzo, come quella
volta dei treni delle armi. Se poi c'=E8 il rischio che la polizia carichi,
si potrebbe decidere, come a Termini Imerese, di fare una barricata.
Dipende tutto da cosa si vuole fare. Non =E8 un =ABcosa=BB che guarda solo a=
s=E9
stessa, ma questo, come dice Palombarini, il movimento non ha bisogno di
ribadirlo, perch=E9 da Seattle in poi, lo fa parlando a molti, per fare con
altri un altro mondo possibile. Quindi se a un corteo si va solo per
sventolare delle bandiere, i caschi non servono. Ma se si vuole fare
un'azione, anche minima, di disobbedienza alle leggi, che tutti definiscono
ingiuste e da non rispettare, bisogna sapere che la polizia pu=F2
=ABnonviolentemente=BB spaccarti la testa, quindi =E8 meglio proteggersi. Se=
poi
si decide di violare una zona rossa, se =E8 un muro come al Cpt di Bologna,
una scala =E8 meglio del casco. E cos=EC via.

In Italia si discute di come fermare la polizia quando ti aggredisce, di
come disobbedire a leggi ingiuste, di come si difende una casa occupata.
Tutto questo =E8 essere violenti? E allora che i nonviolenti propongano come
fare a fare le stesse cose in un altro modo, senza tanto menarla. Sarebbe
un bel contributo perch=E9 nessuno ha la ricetta perfetta e definitiva. Ma
sempre a patto che riteniamo importante e giusto violare leggi ingiuste,
oltre che sventolare bandiere. Quella che Pisanu chiama la =ABviolenza
politica=BB, aiutato nel concetto anche da dibattiti come questo, in realt=
=E0
sono le pratiche di illegalit=E0 diffusa, o =ABnuova legalit=E0 dal basso=BB=
, di
disobbedienza e azione diretta, di boicottaggio, che sono parte
fondamentale dello spirito costituente del movimento che contesta la
legittimit=E0 dell'Impero, in ogni parte del globo. Quindi pare molto pi=F9
sensato ed utile a tutti mettersi insieme, con pratiche e culture diverse,
con ruoli anche diversi, magari uno con il casco e l'altro con una tessera
da parlamentare, e provare a produrre un unico =ABlinguaggio=BB, temporaneo,
che destrutturi il potere, lo metta in difficolt=E0, allarghi i comportament=
i
di diserzione alla guerra, interna ed esterna, colleghi mille forme di
sciopero sociale e resistenza.

Allo stesso modo la coppia guerra/terrorismo =E8 un altro imbroglio. Non =E8
vero che tutto ci=F2 che resiste alla guerra =E8 terrorismo. Per cercare la
pace, dobbiamo boicottare attivamente la guerra. Che =E8 fatta in Iraq
dell'occupazione militare da cui la gente cerca anche di difendersi, e per
questo viene ammazzata per strada, anche se manifesta con le mani alzate.
Cos=EC come i bimbi di Gaza in Palestina. E difronte a queste tragedie, non =
=E8
accettabile liquidare tutto con una formuletta. Il 20 marzo in tutto il
mondo scenderemo nelle piazze. Dovremo portare con noi l'idea forza che un
altro mondo =E8 possibile, non solo lo slogan. L'idea che =E8 giusto ribella=
rsi
alla barbarie, costruire spazi pubblici e pratiche contrapposti alle leggi
dominanti. Chi produce il terrore, con i bombardieri o con il secondo
celere, non ha difronte Al Quaeda. Quella ce l'ha dentro. Non ha nemmeno
difronte pacchi infiammabili spediti a destra e a manca per posta, e
nemmeno militanti filo-haideriani che scrivono le rivendicazioni degli Nta.
Quelli li ha al suo fianco. Difronte ha le pratiche sociali dei movimenti,
in tutto il mondo. Si aspetta che non facciamo nulla, si aspetta che ci
basti un seggio per denunciare l'orrore. E' possibile invece che si trovi
dinnanzi a un affare serio, a una moltitudine globale che non rispetta pi=F9
i comandi. Che mette l'intelligenza della cooperazione al servizio di un
cambiamento radicale. Che vive di comportamenti sociali in antitesi al
neoliberismo, dal consumo critico alla distruzione dei cpt, dai sit-in
all'invasione delle sedi delle multinazionali della guerra. Dall'accensione
delle telestreet al taglio dei tralicci dell'inquinamento elettromagnetico.
Allo sciopero, che =E8 =ABselvaggio=BB solo perch=E9 non =E8 =ABaddomesticat=
o=BB dai
padroni. Chi l'ha detto che tutto questo non pu=F2 stare assieme, se
l'obiettivo =E8 comune? Forse Pisanu, forse chi ha condannato la lotta dei
tranvieri, forse la polizia, ma loro che cosa c'entrano con il dibattito
del movimento?

Abbiamo, dopo questo primo ciclo di lotte globali, costruito un =ABluogo in
comune=BB, il movimento, ed =E8 ora che assumiamo seriamente questo dato.
Assumiamoci la responsabilit=E0 di essere parte di un qualcosa che non =E8
istituzionale e non segue le regole del gioco. Se c'=E8 un dibattito da
aprire con urgenza =E8 quello sulla violenza della polizia, dei carabinieri,
=E8 quello sulla restrizione dei diritti e delle libert=E0 che =E8 in atto,
applicata anche da giudici che fanno i girotondi, dalle precettazioni agli
arresti, confino e sorveglianza speciale per chi fa i picchetti, occupa
case, partecipa a manifestazioni. Per chi disobbedisce, con o senza il
casco. La guerra interna =E8 anche questo. Speriamo che con la stessa
profusione di interviste, saggi e convegni dedicati al tema della violenza
e nonviolenza, si apra su questo un dibattito forte. Pensando a Genova, al
2 marzo, a un processo politico contro il movimento.=20
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"Eppure il vento soffia ancora...."

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antonio bruno FORUM AMBIENTALISTA MOVIMENTO ROSSO VERDE 339 3442011
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visitate il sito del Comitato Verita' e Giustizia per Genova
www.veritagiustizia.it su cui c'e' una rassegna stampa sull'argomento
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