[NuovoLaboratorio] Ravaioli: su violenza e nonviolenza

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Szerző: antonio bruno
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Tárgy: [NuovoLaboratorio] Ravaioli: su violenza e nonviolenza
dal manifesto

Dibattito su violenza e nonviolenza/Quinta puntata
Ma perch=E9 gli uomini fanno le guerre?
Gli studi sull'aggressivit=E0 umana non hanno mai spiegato perch=E9 gli uman=
i,
al contrario di tutti gli altri animali esistenti, si dedicano a lotte
contro i propri simili. Perch=E9, insomma, abbiamo inventato le guerre
CARLA RAVAIOLI
Con il suo discorso su violenza-e-non Bertinotti fa la cosa giusta. Forse
la cosa pi=F9 vicina a una vera =ABrifondazione=BB. Non solo del comunismo m=
a
della societ=E0 in toto. Non limitarsi ad auspicare la non-violenza, ma farn=
e
una proposta politica e affermarne la necessit=E0, =E8 il gesto politicament=
e
pi=F9 radicale, anzi il pi=F9 sovversivo, il pi=F9 carico di conseguenze, e
insieme il pi=F9 attuale, che oggi si possa compiere. E lo dimostra il fitto
e appassionato dibattito che da un paio di settimane dopo l'intervento del
segretario si svolge su =ABLiberazione=BB, allargandosi anche sul =ABmanifes=
to=BB,
ospitando voci di alta autorevolezza (Ingrao per ben due volte) e di
numerosi militanti di base, voci diverse, alcune anche decisamente
dissenzienti, tutte profondamente coinvolte. I pi=F9 insistono per=F2 sulla
violenza come parte della storia e dei comportamenti tradizionali delle
sinistre (da criticare o rivendicare), o come tentazione presente nella
pratica politica d'oggi, tra i giovani sopratttutto. Pochi (ma proprio
questo dice quanto il problema sollevato sia opportuno e chieda
approfondimento) si impegnano sull'intero discorso di Bertinotti, il quale
pone il problema in tutta la sua ampiezza e tutte le sue implicazioni, non
solo con coraggio avventurandosi sul difficile terreno del confronto col
proprio =ABgrande e terribile=BB passato, ma anche mettendo a fuoco il risch=
io
che rispondere alla violenza con la violenza comporta: rischio di
somigliare all'avversario, di essere penetrato dalla sua logica e dal suo
linguaggio, di non riuscire pi=F9 a liberarsene. Proprio questa =E8 invece l=
a
pi=F9 drastica e proficua =ABrottura di schema=BB - come la chiama Ingrao - =
che
il discorso propone. Schema che certo sta alla radice di quella stessa
lotta armata apparsa ai vecchi comunisti =ABineluttabile percorso di
liberazione dallo sfruttamento capitalistico=BB, ci=F2 che a lungo non ha lo=
ro
consentito di trovare "una vera distanza critica n=E9 dalla violenza n=E9,
certo, dalla guerra". E che ancora oggi condiziona in qualche misura
posizioni e scelte politiche specie tra le sinistre =ABantagoniste=BB, come
qualche intervento esplicitamente testimonia. E' Marco Revelli in
particolare a misurarsi con questo immane problema, d'altronde a lui
congeniale e pi=F9 volte affrontato nei suoi libri. Nell'articolo sul
=ABmanifesto=BB non solo parla di =ABretroazione che la violenza opera su=
chi la
pratica=BB, addirittura di =ABmetamorfosi antropologica che la violenza impo=
ne
al soggetto che si trova a impiegarla=BB, usando concetti vicini a quelli di
Bertinotti, ma vede nella non-violenza l'unico possibile =ABnuovo inizio=BB =
da
proporre in un'epoca in cui =ABla guerra =E8 diventata la forma stessa della
vita sociale=BB. E su questa lunghezza d'onda si snoda anche l'intervento di
Paolo Cacciari, per il quale =ABla nonviolenza va cercata oltre il=
pacifismo=BB.

Al di l=E0 della inaudita distruttivit=E0 raggiunta, in una irresistibile
escalation da Hiroshima in poi, dalle tecnologie belliche. Al di l=E0 del
salto epocale segnato dalla geopolica della =ABguerra preventiva=BB, il qual=
e
in un mondo divenuto unipolare cancella quelle regole internazionali che in
qualche modo potevano contenere la minaccia dell'annientamento totale. Al
di l=E0 del terrorismo, surrogato della guerra - dice Raniero La Valle -
divenuta propriet=E0 di un solo padrone. Al di l=E0 della guerra ormai
normalmente usata - secondo un'opinione oggi largamente condivisa - come lo
strumento pi=F9 sicuro per risolvere crisi e depressioni economiche. Al di l=
=E0
insomma della violenza dispiegata come tale, senza infingimenti, senza
aggettivi intesi a contrabbandarla per altra cosa, se davvero si vuole
=ABiscrivere la radicalit=E0 in una pratica di non violenza=BB, come propone
Bertinotti, non basta dire no alla guerra. Bisogna dire no a un mondo che
la guerra l'ha incorporata come sistema, che della violenza ha fatto la
ricetta del proprio agire quotidiano.

I giovani dei movimenti l'hanno capito, quando fanno del loro =ABNo alla
guerra e no al neoliberismo=BB i due pilastri del loro impegno e la base
imprescindibile di ogni possibile dialogo con le forze politiche
istituzionali. Senza approfondite analisi, semplicemente ma fermamente
proponendo in un unico slogan i due =ABno=BB, mostrano di sapere che non =E8
guerra solo quella guerreggiata a suon di bombe, ma lo =E8 anche la morte pe=
r
fame, la crescente distanza tra ricchi e poveri, lo sfruttamento sempre pi=
=F9
esoso del lavoro, l'attacco generalizzato allo stato sociale, la negazione
dei diritti civili. Come lo =E8 la perdurante disparit=E0 sociale delle donn=
e,
e la indiscriminata dilagante rapina della natura, e la privatizzazione
dell' acqua e dei brevetti su farmaci vitali, e lo sviluppo imposto a
propria immagine e interesse dal Nord al Sud del mondo, e un Occidente che
rappresenta un quinto della popolazione mondiale, ma consuma l'80 % delle
risorse. Il neoliberismo insomma, il modello socioeconomico oggi vincente.
Ma la radice violenta della guerra si pu=F2 cogliere anche in momenti
apparentemente estranei alla struttura gerarchica del globo, riferibili
alla normalit=E0 quotidiana della vita civile o addirittura al benessere in
aumento in non pochi paesi e fascie sociali. Penso all'incrudelire estremo
della competitivit=E0, della sfida mortale cui le dinamiche di mercato oggi
obbligano non solo l'imprenditore ma l'intero mondo del lavoro: non =E8 un
caso se determinazione, capacit=E0 di comando, aggressivit=E0, =ABgrinta=BB,=
sono
le qualit=E0 richieste a chi cerchi occupazione. Penso alla colonizzazione
dell' immaginario collettivo, sistematicamente perpetrata mediante la
pubblicit=E0 e la maggior parte dell' informazione, mediante l'imposizione d=
i
modelli funzionali al dogma produttivistico e consumistico. Penso alla
ricaduta di tutto ci=F2 sia nel farsi di esistenze tutte proiettate al
conseguimento di un successo identificato con reddito e consumo, sia nei
rapporti personali, nel confronto con l'altro, anch'esso precipuamente
misurato su questi stessi parametri. Penso a quella sorta di inquinamento
sociale che il predominio di valori individualistici, acquisitivi,
competitivi, induce in ogni ambiente e classe.

Sto allineando riflessioni che vorrebbero un discorso ben pi=F9 ampio e
costruito.

E che, portato avanti, andrebbe a parare nella gran disputa sull'
aggressivit=E0 umana, che ha impegnato intelligenze come Lorenz, Fromm, Jay
Gould, Jonas, Eibesfeld, Giorgio Prodi (per citarne qualcuna), ma non ha
risposto alla domanda come mai gli umani - a differenza di tutti gli altri
animali del creato, che praticano solo lotte =ABinterspecifiche=BB, cio=E8 c=
ontro
specie diverse - fin dai pi=F9 lontani documenti risultino dediti a lotte
=ABintraspecifiche=BB, cio=E8 contro il propri simili. Perch=E9 insomma abbi=
ano
inventato la guerra.

Non sar=E0 il dibattito aperto da Bertinotti a dare la risposta. Forse pu=F2
essere per=F2 occasione per dirci che dopotutto non =E8 scritto da nessuna
parte che ci=F2 che non =E8 stato finora non possa essere. La storia =E8=
fatta di
cose che prima non c'erano. E se finora - secondo l'argomento forte di
quanti criticano il pacifismo - il =ABno alla violenza=BB chiesto e praticat=
o
da piccoli gruppi non ha portato lontano, forse il risultato pu=F2 essere
diverso quando a gridarlo sono folle sempre pi=F9 vaste, da Seattle a Genova=
,
da Porto Alegre a Firenze, da Cancun a Bombay.
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"Eppure il vento soffia ancora...."

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antonio bruno FORUM AMBIENTALISTA MOVIMENTO ROSSO VERDE 339 3442011
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www.veritagiustizia.it su cui c'e' una rassegna stampa sull'argomento
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