LA PRIMA DIMOSTRAZIONE DEL GAY LIBERATION FRONT
di John Lauritsen (1)
(Gay Today, gennaio 2004)
traduzione di Massimo Consoli
Il Gay Liberation Front nacque a New York City
nell'estate del 1969,
subito
dopo la Rivolta dello Stonewall (2). Quando andai al
mio primo meeting
del
GLF, il gruppo aveva appena tre settimane di vita.
Capii subito che
questo
era proprio quello che stavo cercando, e da quel
momento in poi ho
speso
tutte le mie energie nella causa della liberazione
gay.
Fin dagli anni '50 avevo studiato la letteratura
sull'amore omosessuale
(spesso definito "inversione sessuale",
"omosessualita'", e cosi' via)
approfittando della disponibilita' della Biblioteca
Widener: John
Addington
Symonds (3), Havelock Ellis, Gide, Donald Webster Cory
(Edward
Sagarin),
Ford e Beach, cosi' come gli scritti di vari
ciarlatani psichiatrici.
Agli
inizi dei '60 ho poi partecipato ad alcuni incontri
della Boston
Demophile
Society e della Boston Mattachine (4). Ma il Gay
Liberation Front era
un
salto di energia in avanti. Qui c'era
un'organizzazione radicale -
disordinata, confusa e meravigliosa - pronta a
combattere in maniera
militante per la liberta' omosessuale.
Trascorsi gran parte del tempo, durante i primi due
mesi, a lavorare
per
l'organo del GLF, "COME OUT!: Un Giornale della e per
la Comunita' Gay"
(5).
L'editoriale sulla pagina di copertina del primo
numero (14 novembre
1969)
(6), mette in chiaro che il popolo gay non si
accontentava piu' di
essere
soltanto tollerato. Comincia cosi':
"USCITE FUORI ("COME OUT") PER LA LIBERTA'! USCITE
FUORI ORA! POTERE AL
POPOLO! POTERE GAY AL POPOLO GAY! VENITE FUORI
DALL'ARMADIO PRIMA CHE
LA
PORTA SIA INCHIODATA!"
Il Gay Power venne cosi' presentato:
Come Out! affrettera' il giorno in cui diverra' non
solo fuori moda, ma
un
vero e proprio suicidio politico parlare ancora di
repressione
dell'omosessuale. Stiamo uscendo fuori come comunita'.
Una comunita'
che
conta milioni di membri. Promuoveremo in modo
aggressivo l'uso del
reale e
potente potere economico del popolo gay attraverso
questa terra per
sostenere gli interessi della comunita' omosessuale.
Convinceremo la
societa' in senso lato della realta' del potere
politico omosessuale
attraverso il suo uso attivo.
Non saremo gay borghesi, alla ricerca dello sterile
"Sogno Americano"
con il
cottage coperto di edera ed un buon impiego sicuro, ma
neppure
tollereremo
l'esclusione degli omosessuali da nessuna area della
vita americana".
Il primo numero di COME OUT! riporta la primissima
dimostrazione fatta
dal
Gay Liberation Front, che fu organizzata contro il
"Village Voice", il
12
settembre 1969. Ricordo chiaramente come l'articolo
"L'Estate del Gay
Power
ed il "Village Voice" preso in castagna!", venne
scritto. Io ed i due
autori
principali, Mike Brown e Leo Louis Martello, ci
trovavamo tutti
nell'appartamento di quest'ultimo. (Leo era uno
stregone praticante, ed
aveva un boa constrictor sotto il letto) (7). Loro due
discutevano
animatamente su praticamente tutto, ed io sedevo nel
mezzo davanti ad
una
macchina da scrivere. Mike mi urlava nell'orecchio
sinistro, Leo mi
strillava nel destro, ed io picchiettavo sulla
macchina qualcosa che
poteva
essere un compromesso o quello che volevo dire di mia
iniziativa. Bene,
dopo
che un bel po' di parole erano state battute sul
foglio, e dopo aver
fatto
qualche correzione, tutto comincio' a fluire piu'
amabilmente e le
relazioni
divennero piu' pacifiche mentre ci accorgevamo che
stavamo facendo dei
progressi.
Come l'articolo chiarisce, c'erano due cose principali
nella
dimostrazione:
il settarismo del "Voice" nelle sue descrizioni dei
gay, e la censura
esercitata sulle inserzioni gay. Ricordo che alcuni
membri del GLF,
nonostante molta retorica e atteggiamenti radicali,
avevano paura di
farsi
vedere alla luce del sole in un picchettaggio
omosessuale. Io stesso
apparivo esitante, anche s'ero gia' stato nel
movimento contro la
guerra dal
1965 in poi, con le mie cicatrici in ricordo di quella
lotta. Come si
deduce
dall'articolo, la dimostrazione fu un grande successo.
Dopo un paio d'anni, il GLF si disintegro',
soprattutto per le sue
contraddizioni interne. Il suo posto venne preso dalla
Gay Activist
Alliance, un'organizzazione molto piu' ordinata e meno
radicale. Di
solito
si crede che la GAA fini' nell'autunno del 1974,
quando un fuoco
distrusse
il suo quartier generale, una vecchia caserma dei
pompieri nella
Wooster
Street di Soho. In realta', non solo la GAA
sopravvisse ancora per
molti
anni, ma alcuni dei suoi migliori risultati li
raggiunse dopo
l'incendio
(8).
Il 21 marzo 1975, fu organizzato un picchettaggio
contro il "Village
Voice",
questa volta sponsorizzato congiuntamente dalla Gay
Activist Alliance e
dalla Lesbian Feminist Liberation. I motivi erano
sostanzialmente gli
stessi
del 1969. La GAA e l'LFL protestavano "i ritratti
sterotipi e offensivi
dei
gay" del "Voice", e la sua politica degli annunci, che
rifiutava molte
inserzioni gay sulla base di un sistema di quote.
Mi mancano molto sia il GLF che la GAA. Chi
organizzera', oggi, le
dimostrazioni contro i bigotti anti-gay nei media,
nella religione, in
politica?
*******
[Questo e' l'articolo principale apparso su "COME
OUT!: Un Giornale
della e
per la Comunita' Gay, vol. 1 numero 1, New York, 14
novembre 1969. Si
tratta
della prima pubblicazione del Gay Liberation Front di
New York. La
manifestazione contro il "Village Voice" fu la prima
dimostrazione
militante
del Movimento di Liberazione Gay dell'epoca
post-Stonewall]
L'Estate del Gay Power ed il "Village Voice" preso in
castagna!
di Mike Brown, Michael Tallman, Leo Louis Martello
Il "Village Voice" ed i suoi collaboratori hanno
dimostrato per
l'ennesima
volta dove stanno con la testa, durante il "Gay Power"
della scorsa
estate.
Hanno costantemente dimostrato il loro disprezzo verso
la Comunita' Gay
nei
loro servizi su quella che e' stata una rivolta
lungamente attesa di
un'altra minoranza oppressa. Il loro modo di trattare
la prima sommossa
gay
della storia sembra uscir fuori da una copia del New
York Daily News.
Invece
di impegnarsi nei diritti civili della minoranza Gay,
si sono
preoccupati
per le reazioni che il composto establishment ha avuto
di fronte ai
disordini. Il loro degradante uso di termini offensivi
verso
omosessuali e
lesbiche e' stata una pura dimostrazione di sentimenti
liberali
anti-umanistici. La preoccupazione di Howard Smith e
degli altri
collaboratori del "Village Voice" per la polizia
"molestata", piuttosto
che
per le vittime che si sono finalmente ribellate, e'
stata
appropriatamente
sottolineata da Kevan Liscoe in una lettera al
giornale pubblicata il
10
luglio 1969.
Il documento, intitolato "Non piu' spaventati",
comprende i seguenti
commenti:
"Il raid allo Stonewall non e' stata la sola ragione
per gli incidenti
scoppiati in quel grande e glorioso week end. Nelle
ultime tre
settimane,
cinque bar gay nell'area del Village, almeno che io
sappia, sono stati
colpiti dalla polizia. Le molestie contro gli
omosessuali nel Village
sono
una vecchia storia. E' una cosa che diamo per
scontata. Bene, ora siamo
entrati in una nuova era, e i froci hanno deciso di
incastrare la
societa'
in un altro dei suoi errori. Proprio come fecero i
Negri nel 1960.
L'omosessualita' e' una parte della vita. Niente di
piu'. Niente di
meno. Ho
assistito alle dimostrazioni di quel fine settimana,
ed alle azioni
della
TPF (Tactical Police Force). Sono sicuro che sono
stati addestrati in
corsi
scelti di sadismo da uno dei migliori poliziotti di
Chicago".
L'autore della lettera, Liscoe, menziona parecchie
brutalita' insensate
che
ha visto di persona ed e' sicuro che gli etero non
sosterranno il Gay
Power
per i risentimenti che sono nati dentro di loro. Cosi'
conclude: "Ma
quando
queste persone praticheranno il proprio concetto di
una nuova
moralita',
spero che la smetteranno di indagare se abbiamo
qualcosa per cui
lottare.
L'epoca delle piccole checche spaventate e' andata per
sempre.
Benvenuto
Acquario".
Il resoconto del signor Liscoe e' stato molto piu'
accurato di quello
descritto qui sotto:
Un articolo sui disordini dello Stonewall e' apparso
il 10 luglio 1969
sul
"Village Voice". L'articolo, intitolato "Troppo, mio
caro", e' stato
scritto
da Walter Troy Spencer. Carino e altezzoso in maniera
nauseante,
Spencer ha
ripetutamente parlato della Grande Ribellione dei
Finocchi, di
"checche",
"effeminati" e "finocchi" (9). E' tutto un grande
gioco. La sua unica
preoccupazione era che "Un barista di Christopher
Street ha calcolato
che
una sola notte di questo indiretto embargo gli e'
costata 500 dollari",
e
"Preoccupa di piu' chiedersi che tipo di conflitti tra
il Sesto
Distretto,
la Prima Divisione (che ha fatto l'irruzione iniziale
senza avvertire
il
Distretto - una procedura standard) e la TPF (10),
puo' esser stata
generata
da questa situazione, e chi si sarebbe dovuto chiamare
quando le cose
non
furono piu' controllabili".
Spencer ha definito "antidemocratico" lo Stonewall, a
causa della sua
politica di "riservato ai soci", butta giu' il
"fastidiosamente
sgargiante
ed aggressivo" battuage sulla Christopher Street,
definisce
l'insurrezione
un "divertente spettacolo di varieta'", e si sente
infastidito perche'
"di
sicuro non voglio passare sotto le forche caudine ogni
notte che voglio
tranquillamente andarmene nel mio amichevole bar di
quartiere". Ammette
che
i "froci" sono stati sfruttati per molto tempo,
"stretti in un morsa"
tra
delinquenti e poliziotti.
Il "Village Voice" ed il giornalista Spencer hanno
mostrato la loro
vera
natura: gli omosessuali sono categorizzati come
"negri", "spics" (11),
"immigrati", etc. Per un giornale che si presuppone
"liberal", questa
e' la
forma peggiore di ipocrisia e di sfruttamento. Nessuna
menzione dei
diritti
civili calpestati, delle ingiustizie subite, della
bancarotta morale,
del
bisogno da parte della societa' di avere sempre un
capro espiatorio a
portata di mano, che sia un "negro", un "frocio" o una
"lesbica", la
totale
mancanza di umanesimo, compassione e decenza nel loro
trattamento degli
omosessuali che formano una gran parte del Greenwich
Village, degli
abbonati
al "Voice" e dei suoi inserzionisti. Spencer ha
scritto questo
articolo, ed
il "Village Voice" lo ha pubblicato, perche' si
sentivano sicuri che la
Comunita' Gay avrebbe continuato a mandarla giu' chi
ha mai sentito di
"froci" che hanno reagito? Contavano sul cosiddetto
disprezzo per se
stessi
degli omosessuali, per "farla franca". Per loro
quell'insurrezione e'
stata
un tragicomico contegno stravagante, una rivolta
momentanea minore, e
poi,
giu' di nuovo a "tenere i froci al loro posto".
Confronta e metti in contrasto quanto sopra con i
principi del "Village
Voice" pubblicati nel libro The "Village Voice"
Reader, curato da David
Wolf
e dall'editore del giornale, Edwin Fancher, apparso
nel 1962. Wolf
scriveva
che coloro che dettero vita al "Voice" erano
insensibili alle pieta'
del
Liberalismo ufficiale. Si immaginarono come la Voce
dei destituiti,
degli
scontenti, insoddisfatti e infelici. Il libro
conteneva due articoli
amichevoli sull'omosessualita' di Seymour Krym e David
McReynolds, che
presentavano diversi punti di vista. Oggi il "Village
Voice" e'
fondamentalmente un giornale dell'establishment
liberal con una pretesa
di
essere "hip", con abbastanza materiale non
convenzionale per titillare
i
genitali di pretesi bohemien e hippies di plastica, ma
sempre, SEMPRE,
mirati ai loro pregiudizi fondamentali. E' considerato
"hip" essere sia
"accoglienti" che "sdegnosi" verso gli omosessuali
come dimostrato da
quasi
ogni storia che hanno pubblicato di recente
sull'argomento.
In Pubblicita' per me stesso (12), Norman Mailer
descrisse il suo
impegno
con il "Voice" e poi la sua uscita dal giornale, al
quale contribui'
con
diciassette articoli ripubblicati nel libro. Alla fine
la
collaborazione
ebbe termine per futili dissapori, discussioni e fatti
insignificanti,
ma la
vera ragione fu il suo disaccordo e disillusione sulle
politiche
generali.
Mailer scrisse: "Per settimane avevo perso la faccia
trascinato da
programmi
baldanzosi e risoluzioni monotone, e all'improvviso io
e la mia partner
cominciammo a capire che c'erano altre idee su come
doveva andare
avanti il
giornale. Loro volevano che avesse successo. Io volevo
che fosse
oltraggioso".
Mailer sentiva che il giornale sarebbe cresciuto se
avesse raggiunto un
pubblico del tutto nuovo. Sentiva che lo slancio della
rivolta
underground
(con l'inizio dei beats e degli hipsters e di persone
come Jack Kerouac
e
Allen Ginsberg) avrebbe accelerato la rivoluzione
morale e sessuale.
Dalla
sua colonna conduceva una guerra privata al
Giornalismo Americano. La
sua
posizione verso il Village era che questo fosse
rigido, circondato da
snobismo, fallimento, odio e bile, e con le sue idee
lui avrebbe messo
in
imbarazzo l'ego del Village.
Il "Voice" rimase indifferente all'idea di rivoluzione
morale e
sessuale di
Mailer, come puo' essere dimostrato esaminando la loro
politica degli
annunci pubblicitari con riguardo alla Comunita' Gay.
Nel numero del "Voice" del 7 agosto, alcune membri del
Gay Liberation
Front
misero un'inserzione nella sezione "Notizie Pubbliche"
degli Avvisi. La
sostanza dell'annuncio era una richiesta di articoli,
foto, disegni,
eccetera, per COME OUT. Il titolo dell'annuncio era
"Potere Gay al
Popolo
Gay" (13). Il nostro amichevole giornale
monopolizzatore della
comunita' lo
accetto' insieme al pagamento in pieno poi, prima di
pubblicarlo,
semplicemente cancello' le parole "Potere Gay al
Popolo Gay", senza
farlo
sapere al GLF o chiederne l'approvazione.
All'incontro settimanale della domenica del GLF, il
senso di oltraggio
fu
generale di fronte al presupposto diritto del "Voice"
di censurare gli
annunci. Si discusse sulla fattibilita' di un'azione
contro il "Village
Voice", ma poi vi si rinuncio' poiche' non c'erano
prove a sufficienza.
Tuttavia, il GLF capi' che il "Village Voice" aveva
imboccato la strada
di
una bancarotta politica morale. Le inserzioni
rappresentano un servizio
comunitario, e non sono la principale fonte delle
entrate di un
giornale.
Percio' ne consegue che gli annunci dovrebbero essere
verbalmente
espressivi
degli individui che ne pagano il servizio.
A questo punto decidemmo di presentare un'altra
inserzione usando la
parola
"Gay". L'occasione si presento' per il numero del 4
settembre. Il GLF
uso'
il Bulletin Board del "Village Voice" per
pubblicizzare un ballo per il
prossimo venerdi' notte, 5 settembre, usando il titolo
"Gay Community
Dance". Di nuovo, l'annuncio venne accettato cosi'
come presentato. Il
giorno successivo, la persona che lo aveva messo
ricevette una
telefonata
dal "Village Voice" che spiegava come fosse loro
politica astenersi dal
pubblicare parole oscure nella rubrica delle
inserzioni, ed il giornale
pensava che "Gay" fosse una parola oscena (14). Alla
domanda perche'
mai
qualcuno potesse considerare osceno un termine del
genere, il "Voice"
rispose che il personale aveva deciso che "Gay" poteva
essere
paragonato a
"Fuck" e ad altre parole a quattro lettere (15), e che
l'annuncio
doveva
essere cambiato oppure non lo si poteva stampare.
Poiche' neppure
"omosessuale" era un termine accettabile, e poiche' il
GLF voleva
pubblicare
la notizia che ci sarebbe stato un ballo, venne usato
il solo sostituto
accettabile, per loro, "omofilo" (che e' una gentile
parola bastarda
non
inserita in molti dizionari). Il "Village Voice"
promise anche una
spiegazione scritta della loro opposizione alle parole
"gay" e
"omosessuale". Il GLF "disonestamente" si preparo' ad
utilizzare questa
spiegazione come base per una causa sui diritti civili
(Legge sui
Diritti
Civili del 1964: diniego dei diritti alla liberta' di
parola da parte
di
un'istituzione pubblica o semi-pubblica). Ma fedele
alla tradizione, il
"Voice" promise piu' di quanto non mantenne, e noi non
ricevemmo mai
tale
spiegazione scritta.
Per niente scoraggiato, il GLF comincio' ad incontrare
gli avvocati per
un
processo da portare al Tribunale Federale. E
finalmente incontrammo Ed
Fancher quando ci vedemmo costretti a consegnargli una
lettera con
l'annuncio delle nostre intenzioni legali a casa sua
(visto che il
signor
Fancher non era mai disponibile in ufficio). A questo
punto gli
chiedemmo di
potergli parlare della politica che governava la
rubrica degli annunci.
Si
rifiuto' di farlo (come gia' aveva preannunciato
precedentemente per
telefono) e borbotto' che noi non avremmo mai dovuto
fare una cosa del
genere, come quella di presentarsi al suo luogo di
residenza, e cosi'
dicendo, educatamente ma fermamente, ci sbatteva la
porta in faccia.
Mentre il GLF si considera aperto alla ragione, si
riserva anche il
diritto
di prendere azioni appropriate in base alla realta' di
ogni data
situazione.
Chiaramente, capimmo che Fancher aveva chiuso la porta
a ogni
possibilita'
di dialogo. Al meeting generale del 7 settembre venne
presa la
decisione di
fare un picchetto ed altre azioni di strada.
Il 12 settembre 1969, alle 9 del mattino, il Potere
Gay si mise in moto
per
la prima volta, con molti caffe' bevuti in comune ed
ancora piu'
confusione
altrettanto in comune. Ed Fancher arrivo' alle 10 in
punto, ricevendo
un
proclama delle nostre lamentele, e subito scomparendo
dietro la porta
della
burocazia del "Village Voice".
Alle 4,30 del pomeriggio, durante il momento cruciale
della
dimostrazione,
un membro del GLF presento' un'inserzione che diceva:
"Il Fronte di
Liberazione Gay invia il suo amore a tutti gli uomini
e le donne Gay
della
comunita' omosessuale". Il quadro che si poteva vedere
fuori del
giornale
era caratterizzato da un picchetto di persone che
cantavano, con un
rifornimento di 5000 volantini rapidamente esauriti,
ed un gran numero
di
persone che firmavano una petizione che accusava il
"Voice" di
discriminazione.
A questo punto, Howard Smith usci' fuori dalla porta
del "Village
Voice"
(incontrando i "Buuuh!" di disapprovazione della
folla) e invito' tre
rappresentanti del GLF ad "incontrarsi con il Signor
Fancher". Una
volta
dentro l'edificio, e al piano superiore, i
rappresentanti incontrarono
a
loro volta un grido di oltraggio dovuto al fatto che
il GLF avesse
scelto il
"Village Voice" come bersaglio (cosi' liberal come
siamo). Venne
suggerito
di negoziare sui tre punti in oggetto: 1) sul cambio
degli annunci
senza
conoscenza o consenso da parte del cliente; 2)
sull'uso delle parole
"Gay" e
"omosessuale" negli stessi annunci; 3) sull'attitudine
dispregiativa
del
"Village Voice" verso la Comunita' Gay. Il GLF spiego'
che i due punti
che
riguardavano la politica degli annunci non erano
negoziabili, e che la
sostanza del giornale avrebbe dovuto essere il vero
interesse di un
editore
responsabile.
Ed Fancher rispose che il "Village Voice" non
censurava i suoi articoli
e
che se un collaboratore voleva dire cose offensive sui
finocchi, lui,
in
buona fede, non poteva vietarglielo. Fancher disse
pure che noi non
avevamo
alcun diritto di immischiarci con la "liberta' di
stampa".
Il GLF accetto' questa posizione, con l'intendimento
che il Potere Gay
avesse il diritto di ritornare e di opporsi ad ogni
cosa che il
personale
del "Village Voice" avesse scelto di inserire nel
giornale. Per quel
che
riguardava la politica degli annunci, (Fancher) si
arrese del tutto.
Disse
che non solo il "Voice" non avrebbe modificato le
inserzioni dopo
l'avvenuto
pagamento, ma che in quella sezione le parole "Gay" e
"omosessuale", di
per
se' non costituivano piu' un problema. Uno dei
rappresentanti del GLF
nell'ufficio al piano superiore, si affaccio' alla
finestra che dava
sulla
Settima Avenue e con le dita sparo' il segno di una
"V" come
"Vittoria!"
alla folla che aspettava giu' in basso.
AVEVAMO VINTO!
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