[Cerchio] Khiam, l'inferno e' qui

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Khiam, l'inferno e' qui


            Il campo di concentramento e' situato nel Libano del sud. Dopo
la fuga degli occupanti israeliani, e' rimasto in piedi come simbolo della
barbarie umana. Oggi l'inferno si puo' visitare.





      La tortura e' considerata cosi' repellente da violare tutte le leggi
internazionali fondamentali correlate ai diritti umani. Essa e' un crimine
di guerra, un crimine contro l'umanita' e, quando e' praticata en masse
contro un particolare gruppo etnico, come avviene in Israele, e' una forma
di GENOCIDIO.
      La verita' e' la prima vittima di una struttura politica o di una
cultura che utilizzi la tortura, poiche' essa non e' "una tecnica per
ottenere la verita' ", ma uno strumento di terrore, intimidazione e
controllo. E' il mezzo mediante cui il torturatore, o meglio, il potere che
egli rappresenta, ottiene la "verita'" che desidera. E' usata per estorcere
confessioni di crimini mai commessi, per accusare altri di crimini mai
commessi, per intimidire e coercire la gente ad accettare cose che mai
avrebbero accettato. L'uso della tortura da parte di un sistema politico o
di un paese e' la prima prova della bugia su cui essi si fondano e che
tentano di nascondere attraverso l'uso della violenza.



           Israele, a tutt'oggi, e' l'unico paese con una cosiddetta
"democrazia in stile occidentale" in cui la tortura e' stata legalizzata.
Naturalmente, la dipendenza di Israele dalla tortura per controllare il suo
"status" (particolarmente nei territori palestinesi occupati nel 1967 ed in
quelli libanesi occupati nel 1982) e' la testimonianza che distrugge il mito
della sua presunta democrazia.
            Come tutti gli abusi contro i diritti umani di cui si macchia
Israele, la pratica della tortura ha una base razzistica, dal momento che
nessun ebreo viene torturato ma solo palestinesi e libanesi. Gruppi per la
difesa dei diritti umani hanno stimato che oltre 50.000 palestinesi sono
stati torturati da Israele negli ultimi 10 anni. La maggior parte di essi
erano stati arrestati senza imputazione, a volte per anni, e torturati
durante gli interrogatori sistematicamente, in una forma o nell'altra.
            Il centro di detenzione e di interrogatori di Khiam, nel sud del
Libano, che Israele ha costruito e utilizzato durante la sua occupazione,
dal 1985 al 1999, e' il piu' noto di quei sinistri laboratori di atrocita'
la cui esistenza e' stata cercata di negare per anni.



      Migliaia di palestinesi e libanesi, inclusi donne e bambini, vi sono
stati brutalmente torturati durante gli anni terribili della sua
operativita': l'unico crimine commesso dalla maggior parte di essi era stato
il rifiuto a diventare delatori delle loro famiglie, dei vicini di casa e
degli amici. In una parola, il loro rifiuto a diventare collaborazionisti
degli occupanti. Essi venivano denudati, legati, messi a testa in giu' e
picchiati per mesi e forse anni. Elettrodi venivano applicati alle dita, ai
genitali ed ai capezzoli. Dopo lo shock, i prigionieri venivano riportati
alla coscienza mediante acqua gelida che gli veniva versata sul corpo. I
detenuti venivano spesso torturati di fronte ai loro cari o in una stanza
adiacente, in modo che le loro grida di dolore potessero essere udite dai
familiari.


      Alcuni di essi hanno subito torture cosi' gravi da morirne, o da
averne gli arti amputati. I nomi dei responsabili dell'inferno di Khiam
includono Sharon, Peres, Barak, Netanyahu, Mofaz e Hulutz tra gli altri. Nel
1987, dopo che divennero note in tutto il mondo le notizie delle morti
avvenute all'interno del centro, la Commissione Landau, istituita dallo
stesso governo israeliano e sponsorizzata dalla Corte Suprema, stabili' le
linee guida per la tirtura, cui dovevano attenersi i governi israeliani, in
modo da infliggere grossi dolori ma senza farne restare traccia visibile.
      La tortura di routine consisteva in un quasi soffocamento del detenuto
mediante un cappuccio imbevuto di urina o vomito fissato sulla testa della
vittima, mentre il corpo era legato alla sedia in maniera innaturale in modo
da aumentare i dolori ossei con il passare del tempo, privazione del sonno,
violenti e ripetuti elettroshock che portavano la vittima in stato
d'incoscienza, con danni permanenti al cervello e, in alcuni casi, con la
morte. Metodi dunque estremamente crudeli ma che lasciavano pochi segni
visibili. Le vittime erano tenute sotto costante supervisione medica. I
medici impiegati a Khiam esaminavano preventivamente le vittime, in modo da
stabilirne le debolezze e le controllavano periodicamente per assicurarsi
che nessun segno esteriore fosse visibile. Lo scopo era quello di
raggiungere il picco massimo di sofferenza evitando la morte del
prigioniero. L'etica medica di questi personaggi e' stata orribilmente
corrotta da questa oscena complicita'.



           Come gli adulti, anche i bambini vengono stipati in celle minime,
senza ricambio d'aria sufficiente, con accesso negato a cibo, esercizio
fisico e cure mediche. Molti bambini hanno denunciato torture come percosse,
ingiurie e minacce psicologiche, rottura delle ossa.
            "Le vittime sono giovanissimi tra i 14 ed i 17 anni. Nella
maggior parte dei casi sono stati prelevati di notte dalle loro case e
portati a Gush Etzion, dove gli interrogatori, con relative torture,
proseguono per ore. L'obiettivo dei militari israeliani e' quello di
ottenere informazioni e delazioni su altri minori. I metodi di tortura
descritti nel rapporto includono: posizioni dolorose del corpo che il minore
e' tenuto ad assumere per lunghi periodi; percosse violente ed
indiscriminate, a volte con l'uso di oggetti; acqua gelida versata sul
minore e sui suoi effetti personali; scosse elettriche; forzatura della
testa del minore del wc della cella.


      Ali Kashmar aveva 14 anni quando fu rinchiuso a Khiam, nel 1988. Suo
padre era stato ucciso dalle forze israeliane dieci anni prima, mentre
combatteva contro l'invasione israeliana. L'unico crimine commesso da Ali fu
quello di aver parlato, a scuola, contro Israele. Ali fu torturato per 11
giorni, poi, rivela, comincio' a raccontare storie per compiacere i suoi
torturatori. Resto' a Khiam per dieci anni. Divenne uomo tra le pareti di
quel carcere, senza neppure uno specchio in cui poter osservare i
cambiamenti del suo viso. Il giovane fu rilasciato nel 1998, in seguito ad
uno scambio - 55 prigionieri di Khiam e 44 corpi di libanesi in cambio dei
resti di tre soldati israeliani uccisi in Libano. Terribilmente danneggiato
dagli anni trascorsi a Khiam, lotta contro gravi disturbi psicologici.


      Riyadh Kalakesh aveva 17 anni quando fu imprigionato a Khiam, nel
1986, dopo un rastrellamento israeliano nel suo villaggio libanese. Suo
fratello, prima di morire, era stato membro del gruppo di resistenza
Hezbollah. Riyadh fu torturato per 11 mesi e ha raccontato che
l'elettroshock veniva somministrato ai prigionieri attraverso elettrodi che
venivano applicati alle dita o ai genitali: "Il torturatore mi diceva che
sarei morto ... Sentii come due fili di ferro che attraversavano il mio
corpo... poi fui portato nella stanza dove c'era Ahmad Sabatin. Cominciarono
a picchiarlo sulla bocca davanti a me ...". Riyadh racconta dei pestaggi in
cella, delle immersioni della testa in acqua calda e poi gelida, di cio' che
veniva chiamato "l' asta", a cui i prigionieri, denudati e bendati, venivano
appesi per ore.


      Il fratello di Riyadh, Adel, fu anch'esso rinchiuso a Khiam; quando
Adel si rifiuto' di dire ai suoi carcerieri quello che essi volevano udire,
sua moglie Muna fu portata in una stanza adiacente e torturata affinche'
Adel potesse udire le sue urla. Muna fu sottoposta ad elettroshock - con gli
elettrodi applicati al seno - e chiusa in isolamento per tre mesi. In quella
cella perse il bimbo che aspettava.



           Israele ha sempre cercato di nascondere l'orrore di Khiam e le
sue responsabilita' per cio' che avvenne al suo interno. In realta', Israele
si servi' anche in questo caso, di milizie locali libanesi, che armo' e
finanzio' affinche' queste aiutassero l'esercito d'occupazione lungo la
frontiera. La milizia sud-libanese forni' carcerieri a Khiam. Tutti i
detenuti hanno dchiarato che, insieme agli uomini della milizia, ufficiali
israeliani erano presenti alle torture ed agli interrogatori. Cio' e' stato
testimoniato anche da ex-guardie della prigione. Nel 1988, per la prima
volta, il ministro della difesa israeliano fu costretto ad ammettere di aver
pagato lo staff di Khiam, di aver addestrato guardie e torturatori e di aver
fornito assistenza e personale specialistico.


      Dopo la fuga di Israele dal Libano, nel maggio del 2000, tutti i 6.000
membri della milizia sud-libanese ed il personale di Khiam si rifugiarono in
Israele con le loro famiglie, e vivono tuttora sotto la protezione del
governo israeliano, a spese dei contribuenti.




            Nel 1999, nuovi scandali riguardanti la tortura e numerose
pressioni da parte di gruppi per la difesa dei diritti umani costrinsero la
Corte Suprema a rinnegare le linee guida della Commissione Landau. Contro le
proteste delle Nazioni Unite, la Corte non aboli' totalmente la tortura
dalla legislazione israeliana, ma contesto' solo i metodi tracciati dalla
Commissione Landau. Essa lasciava alla legislazione israeliana il compito di
legalizzare la tortura in periodi di "necessita'". La legislazione non ha
avuto alcun bisogno di legiferare sull'argomento, dal momento che l'uso
della tortura, come riportato dai maggiori gruppi per la difesa dei diritti
umani, non solo e' continuato, ma e' aumentato.



      L'arresto arbitrario di migliaia di palestinesi ed il loro
trasferimento nei campi di concentramento e di interrogatorio stanno
aumentando con un'intensita' allarmante. Dopo i massacri e le incursioni
dell'aprile del 2002, migliaia di palestinesi sono stati sequestrati dai
loro villaggi e trasportati in campi militari israeliani. Nonostante il
tentativo del governo israeliano di tenere fuori la stampa dal "campo", sono
gia' stati riportati abusi di massa, incluso lo spezzamento sistematico
delle ossa, sui prigionieri, gran parte dei quali sono civili ordinari
trattenuti senza alcuna imputazione. Bet'selem, in particolare, ha
denunciato gli orrendi metodi di interrogatorio tuttora in vigore nelle
carceri israeliani, lanciando una petizione internazionale per la fine del
trattamento disumano riservato ai prigionieri palestinesi e assicurando loro
il contatto con familiari ed avvocati, contatto a tutt'oggi ancora negato.



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