[NuovoLaboratorio] violenza nonviolenza su liberazione

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Aihe: [NuovoLaboratorio] violenza nonviolenza su liberazione
Riconoscere gli errori di ieri
per non sbagliare oggi
Nel corso del dibattito sulla nonviolenza diversi compagni hanno tirato in
ballo l'esperienza zapatista per sostenere tesi diverse, e contrapposte fra
loro. Intanto =E8 necessario ricordare che l'insurrezione armata zapatista
del 1 gennaio 74 (accompagnata da una vera e propria dichiarazione di
guerra) fu alquanto sanguinosa. Il negoziato politico fu permesso da una
tregua (tuttora formalmente in corso) e non da una dichiarazione di pace
con conseguente disarmo dell'EZLN (che =E8 tuttora armato). Come si possa
scrivere nel documento che convoca il prossimo convegno di Venezia sulla
nonviolenza che "con lo zapatismo si concretizza una dislocazione
dell'opzione nonviolenta su un terreno generale e politico" non so proprio.
In realt=E0 i guerriglieri dell'EZLN si sono caratterizzati per una spietata
critica dell'organizzazione militare, per il rifiuto della mistica
rivoluzionaria (tanto cara ai cubani).=20

Da qui viene un loro fondamentale contributo a cancellare l'idea
(rivelatasi perniciosa con l'esperienza storica) che la lotta armata fosse
la forma pi=F9 alta e radicale di rivoluzione. Essi, come altri che non hann=
o
avuto tanto acume critico sulla natura dell'organizzazione militare e le
cui proposte di negoziato politico sono state travolte dalla guerra e dalla
repressione (Colombia e Kurdistan per fare solo due esempi), preferiscono
un processo di pace alla guerra, ma sono costretti a contemplare la guerra
come una inevitabile eventuale necessit=E0.=20

Dico queste cose, essendo io stesso meravigliato di dover fare queste
precisazioni che dovrebbero essere scontate, perch=E9 mi pare che il
dibattito sulla nonviolenza abbia in molti casi preso una piega
"ideologica" che non mi piace, per il semplice motivo che rischia di
promuovere un'adesione, o un rifiuto, acritici a "valori" e "principi"
astratti pi=F9 che una necessaria critica dura e spietata dell'idea della
violenza e del potere che il movimento operaio, fattosi stato o meno, hanno
avuto storicamente.=20

Al contrario di Curzi e Gagliardi, che nel loro articolo del 18 gennaio
dicono "c'=E8 stata un'epoca della nostra storia nella quale la violenza
delle armi ci =E8 apparsa non solo una risposta necessaria alla violenza del
potere, ma anche la risposta pi=F9 radicale, pi=F9 in se rivoluzionaria, pi=
=F9
efficace=85 Non si tratta certo oggi di proiettare su questo passato le idee
che abbiamo maturato nel presente=85" io penso che, invece, proprio quella
concezione della violenza vada rinnegata alla luce delle "idee maturate
oggi". E non perch=E9 =E8 cambiata la fase e siamo nell'epoca della guerra
permanente e della spirale che la oppone al terrorismo. Bens=EC per il
semplice motivo che in tutto il nostro passato il necessario, ed
ineludibile, uso delle armi =E8 stato accompagnato da quella concezione
nefasta della violenza e del potere. Un'idea mutuata dall'avversario che ha
finito con il trasformare molte esperienze rivoluzionarie in sistemi
oppressivi. A sentire Curzi e Gagliardi avevano ragione allora e ragione
oggi. Troppo comodo. Insomma, penso sia assolutamente giusto dichiararsi
nonviolenti e proporre un'idea di politica, di democrazia e di relazioni
sociali improntate alla nonviolenza rompendo radicalmente con il proprio
passato, con la mistica rivoluzionaria e con l'idolatria dello stato.=20

Ma penso sarebbe un madornale errore di presunzione eurocentrica e di
idealismo acritico pensare che nel mondo ogni resistenza armata necessaria
debba essere annoverata ed ineluttabilmente risucchiata nella spirale
guerra terrorismo. Gli zapatisti insegnano. Ma il tema della violenza =E8
intimamente legato al tema del potere. Tema troppo vasto per le mie modeste
capacit=E0, anche se qualcosa voglio dire. Anche su questo sono stati tirati
in ballo gli zapatisti. Giustamente, visto che hanno solennemente
proclamato di non voler prendere il potere in nome del popolo e con le
armi, visto che rifiutano categoricamente di voler agire come
un'avanguardia. Chi li critica accusandoli di eludere il tema, a mio avviso
si sbaglia di grosso. Essi hanno proposto nel negoziato modificazioni
costituzionali e legislative che potrebbero profondamente trasformare lo
Stato messicano, aprendo le porte ad una democratizzazione integrale della
societ=E0 e delle istituzioni e sollecitando un rivoluzionamento delle
relazioni sociali dal basso. Per non parlare della consapevolezza del tema
della globalizzazione e della effettiva dislocazione dei poteri reali in
ambito sovra nazionale.=20

La scelta di promuovere l'autogoverno delle comunit=E0 indigene applicando l=
a
legge concordata col governo e tradita dal parlamento come se fosse in
vigore, la scelta di mantenere in vita l'Esercito per difendere questa
esperienza da eventuali repressioni violente ma assegnandogli un ruolo
secondo rispetto agli istituti dell'autogoverno, la scelta di dichiarare
chiusa ogni possibilit=E0 di dialogo con i partiti e con le istituzioni
messicane, sono tentativi di riproporre la lotta nella fase attuale e di
innescare un processo pi=F9 vasto nella societ=E0 messicana, che porti ad un=
a
rivolta e che consolidi i rapporti con tutte le altre esperienze di lotta
contro il neoliberismo nel mondo. Penso che anche qui l'EZLN insegni. Non
come insegna un modello. Bens=EC per i problemi che affronta e per la
direzione del cammino. Considero caricature coloro che pensano di essere
zapatisti in Italia perch=E9 capaci di imitarne il linguaggio salvo poi
sentirsi ed agire come avanguardie ossessionate dall'idea ultraborghese di
"visibilit=E0" sui mass media.=20

Se del 4 ottobre bisogna parlare se ne parli per questo pi=F9 che per l'uso
dei caschi che in diverse altre occasioni si sono rivelati utilissimi per
difendere le teste in azioni nonviolente. Ma, per favore, non si metta la
sordina alla sacrosanta critica a tanti capi, capetti e leaderini che nel
movimento, e nel nostro partito, pensano ed agiscono in funzione della
"visibilit=E0" propria personale o di gruppetto o di corrente. Sono
altrettanto nocivi per l'unit=E0 del movimento e per la sua credibilit=E0 di
certi scriteriati comportamenti in piazza. E sarebbe bene non trovassero
premi, magari in occasione di qualche elezione prossima ventura. Gi=E0!
Perch=E9 non basta proclamare l'erroneit=E0 della concezione del potere che =
il
movimento operaio ha avuto per decenni, non basta dirsi antistalinisti, per
mettersi al riparo dagli errori tossici che sono sotto gli occhi di tutti
quelli che hanno occhi per vederli.=20

Alludo al politicismo che pervade le relazioni del PRC e anche di molti del
movimento con il centro sinistra e allo stato interno del nostro partito
dove correnti, trasformismi e competizioni personalistiche hanno la meglio
sulla democrazia interna. Quanta violenza =E8 insita, anche se non praticata
fisicamente, nelle relazioni interne al movimento e nel partito fra gruppi
e persone che giocano a "farsi fuori", a "distruggersi", ad "eliminarsi"?
Quanto stalinismo c'=E8 in chi =E8 sempre immancabilmente d'accordo con il
segretario del partito, e che non esita a "fare la guerra" a chi osa avere
posizioni personali diverse e critiche mentre scende a qualsiasi
compromesso con le correnti organizzate nella pura logica di una piccola
spartizione di un piccolo potere?=20

A parte gli opportunismi, i cinismi e i trasformismi personali, che ci
sono, =E8 evidente che la concezione del partito e delle relazioni interne a=
d
un soggetto rivoluzionario sono figlie di una storia e di una concezione
del potere che ha fatto fallimento. I difetti di ognuno di noi esistono ed
esisteranno, parlo di presunzioni, di personalismi, di ambizioni e di
istinti prevaricatori. Sarebbe catastrofico affrontarli moralisticamente, e
tuttavia bisognerebbe fare in modo che l'organizzazione (vale per il
partito come per una qualsiasi associazione o sindacato) non li premi e non
li renda efficaci nella conquista di posizioni privilegiate. Io penso, non
da ora, che sarebbe necessaria una vera riforma del partito fondata sulla
preminenza del collettivo e sulla assoluta delimitazione e fissazione delle
responsabilit=E0 personali. Ho visto crescere questa esperienza nei Giovani
Comunisti dai quali ho imparato moltissimo. Ho visto e vedo nel partito un
processo inverso.=20

Ramon Mantovani=20
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Nonviolenza inadeguata contro la ferocia imperialistica
Uno spettro si aggira nel dibattito in corso: sono le rivoluzioni comuniste
del '900, di cui si mettono in discussione non solo errori e involuzioni,
ma le radici stesse e la legittimit=E0 storica (sulla stessa lunghezza d'ond=
a
del "Libro nero del comunismo"). Il "peccato originale" viene individuato
essenzialmente in due fattori: a) la conquista del potere statale (Folena,
23.1.04); b) il ricorso alla violenza. Per fuoriuscire dall'ingombrante
'900 e dar vita a un "nuovo inizio" si propone la "non violenza" quale
forma di lotta assoluta, universale e non negoziabile. Ci=F2 sulla base di
due motivazioni. La prima, di tipo "storico": a differenza che in passato,
si dice, "l'impero" =E8 oggi talmente potente, da risultare invincibile sul
piano militare; la seconda, di carattere "metafisico": i metodi violenti di
lotta "contaminano" chi li pratica e non possono assolutamente dar vita ad
una nuova societ=E0 (Menapace, 23.12.03, Russo, Revelli, 20.1.04). Entrambe
le motivazioni mi sembrano problematiche.=20

Se "l'impero" (ovvero l'imperialismo a base Usa) ha oggi, sul piano
militare una superiorit=E0 indiscussa, che intende usare per piegare i popol=
i
del mondo e i possibili concorrenti delle altre grandi aree capitalistiche
(in primis la Ue) non =E8 per=F2 invincibile. Una simile visione (che
introietta in modo subalterno il sogno di onnipotenza dei neocons
americani) nasce dall'abbandono della teoria leninista, che, opponendosi al
kautskiano "superimperialismo", coglieva le contraddizioni tra
imperialismi: La teoria dell'impero - unico, pervasivo, mondializzato -
porta in s=E9 anche l'idea di onnipotenza imperiale. Non si pu=F2 separare
l'analisi della guerra e della potenza militare dall'insieme dei rapporti
sociali. Potenza militare e guerra non sono un assoluto, sono radicati in
un sistema sociale, caratterizzato dalle sue specifiche contraddizioni di
classe. Il terreno militare non =E8 mai stato per i comunisti, n=E9 per le
forze che nel XX secolo hanno praticato resistenze e lotte di liberazione,
il terreno principale. La resistenza al nazifascismo o quella vietnamita
all'aggressione Usa combinavano insieme lotta politica e lotta militare;
non assolutizzavano l'uno o l'altro aspetto, ed =E8 stato principalmente
grazie al radicamento politico che hanno vinto contro nemici che apparivano
strapotenti sul piano dei mezzi militari.=20

Il secondo argomento trascende ogni riferimento storico, ogni marxiana
"specificazione storica" per collocarsi su un piano di generalizzazione
universale e atemporale. Vi =E8 in questa posizione radicale l'idea che l'us=
o
del medesimo mezzo ti fa diventare come l'altro, ti contamina. E' un'idea
forte e di grande effetto. Ma =E8 propriamente un'idea metafisica, che non
riesce a concepire il processo storico, la transizione da una forma sociale
all'altra, attraverso la contraddizione in cui gli opposti si compenetrano,
per dar vita a un "superamento" che non =E8 affatto il puro e semplice
annientamento dell'opposto, sostituito da qualcosa di totalmente "Altro",
ma, una sintesi, che, come scriveva Marx, "porta ancora i segni della
vecchia societ=E0 dal cui seno =E8 uscita".=20

Viviamo e operiamo in condizioni storiche date, e come comunisti ci
adoperiamo per rovesciare lo stato di cose presente. Ma esso =E8 un dato, =
=E8
la "verit=E0 effettuale" di Machiavelli, che Gramsci analizzava nei suoi
Quaderni sotto la rubrica "rapporti di forza". Non =E8 sempre possibile
scegliersi il terreno dello scontro. Se cos=EC fosse, i comunisti, che non
hanno certo iscritto nel loro codice genetico la violenza e la guerra,
avrebbero sempre scelto la "via pacifica"...=20

Gli imperialismi oggi dominanti hanno dimostrato di essere disposti a tutto
e a passare su qualsiasi cadavere pur di conservare il potere economico e
politico. E questa non =E8 storia passata. Il secondo dopoguerra =E8 costell=
ato
di interventi devastanti: dall'Indonesia alla Grecia, dal Cile di Allende
all'Argentina, senza dimenticare che in Italia ha operato un'organizzazione
come Gladio, pronta ad intervenire se i comunisti si fossero avvicinati
troppo al governo. Il fascismo non =E8 un incidente della storia, un bubbone
sorto su un corpo sano, come pretendeva Croce, ma =E8 un'alternativa che le
classi capitaliste praticano quando il loro potere viene messo in=
pericolo...=20

Non ci troviamo di fronte a un "avversario", che - come in una partita a
scacchi o in un duello tra cavalieri - osserva le regole del gioco, nel
rispetto reciproco, sentendosi parte di una comune civilt=E0, in cui
riconosce l'altro non come alieno, ma proprio simile. Siamo di fronte ad un
imperialismo ferocissimo e spietato, che considera - al pari del nazismo -
il resto degli umani sottouomini, carne da macello su cui sperimentare
nuove armi di distruzione di massa e che dichiara esplicitamente di non
riconoscere altre regole del diritto internazionale che non siano quelle
che gli sono favorevoli. Le bombe atomiche di Hiroshima e Nagasaki lanciate
contro civili inermi non sono meno crudeli ed efferate, nella loro logica
come negli effetti, del campo di sterminio di Auschwitz. E' irrealistico
pensare che di fronte a tale barbarie, a tale rifiuto di "regole del
gioco", la pratica non violenta possa ottenere risultati significativi.
Mentre =E8 grande il rischio che essa rafforzi l'egemonia dell'imperialismo,
con l'invito - implicito o esplicito - a rinunciare a qualsivoglia forma di
resistenza armata alle aggressioni imperialistiche attuali o future. E,
detto per inciso, si parlerebbe ancora di Iraq se non si fosse sviluppata
l=EC una resistenza, anche militare, all'occupazione? Quella resistenza lott=
a
anche per i diritti degli altri popoli minacciati dall'imperialismo, impone
un freno alla marcia trionfale del militarismo Usa.=20

Andrea Catone=20
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"Eppure il vento soffia ancora...."

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antonio bruno 339 3442011
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www.veritagiustizia.it su cui c'e' una rassegna stampa sull'argomento
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