[NuovoLaboratorio] via le truppe dall'IRAQ

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Autor: Paola Repetto
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Assumpte: [NuovoLaboratorio] via le truppe dall'IRAQ
Car* tutt*,

al termine di una intensa settimana di letture e di confronto sul documento
proposto, mi sento di fare alcune osservazioni, perchè mi pare che si stia
perdendo di vista l'obiettivo finale che ci poniamo che è, vorrei
ricordarlo, quello di raccogliere attorno ad un unica "piattaforma" il
maggior numero di adesioni possibili, tenendo naturalmente fermi alcuni
punti chiave.
Credo che il documento, così come si è strutturato, non risponda pienamente
a questa esigenza, non tanto per i contenuti, quanto per il "peso" che
ciascun contenuto assume nel contesto. Credo che l'obiettivo comune del
ritiro dall'Iraq delle truppe occupanti in generale e di quelle italiane in
particolare non abbia adeguato risalto, considerando che è questo il "minimo
comun denominatore" che abbiamo individuato.
Su questo argomento, tra i documenti che sono girati, molto convincente ed
incisivo mi è sembrato quello sottoscritto, fra gli altri, da Alex
Zanotelli, Haidi Giuliani e Rossana Rossanda: propongo di utlizzarlo
ampiamente, proprio per le molte e significative adesioni che ha già
riscosso.
Se ricordo bene, avevamo concordato che il documento finale dovesse essere
articolato su tre punti:
1. illegittimità della guerra;
2. inutilità della guerra per combattere il terrorismo
3. ritiro delle truppe
Ho cercato di fare una sintesi di tutto ciò, a partire dai contenuti del
documento, ma cercando di esprimerli in forma più diretta e sintetica e
dando invece spazio maggiore al tema ritiro delle truppe.
Ne discuteremo comunque stasera.

Un caro saluto

Paolarep

TESTO APPELLO

Quando, quasi un anno fa, siamo scesi nelle piazze di tutto il mondo per
dire NO a questa guerra avevamo ben chiaro quali ne sarebbero state le
conseguenze.

Si trattava, infatti, di una guerra illegittima, motivata da falsi pretesti
e capace di alimentare l'odio ma non di fermare il terrorismo.

Oggi, quelle conseguenze si dispiegano davanti ai nostri occhi in tutta la
loro gravità.

Pensavamo e pensiamo che il terrorismo, che non ha mai ragione, neanche
quando brandisce le bandiere dell'ingiustizia, vada contrastato dalla
comunità internazionale innanzitutto asciugando l'acqua che lo alimenta,
imboccando la strada del superamento del baratro che oggi divide il Nord
ricco del mondo dal Sud povero, ricostruendo per tutti speranza, libertà,
diritti umani.

La tragedia del conflitto israelo-palestinese e l'apatia con cui la comunità
internazionale vi assiste sono l'esempio più chiaro delle conseguenze di una
esasperata politica di potenza che pensa di poter risolvere la complessità
dei conflitti con la brutale semplificazione delle armi.

Quella tragedia e il suo carico quotidiano di morti continua ad alimentare
un terrorismo sempre più globale e aggressivo (di cui la strage nella
sinagoga di Istanbul è una nuova testimonianza) e foraggia la follia della
contrapposizione tra Islam e Occidente.

La teoria della guerra preventiva è la risposta dall'amministrazione
americana alla necessità di ridefinire un nuovo ordine mondiale, franato
insieme al muro di Berlino e travolto dalla globalizzazione. Una risposta
che propone una nuova egemonia militare, economica, politica e sociale,
quella americana, contrabbandata sotto l'equivoca bandiera del cambio di
regime e dell'esportazione della democrazia.

La cattura di Saddam Hussein non modifica le nostre valutazioni
sull'illegittimità della guerra e, se mai, rende più urgente la restituzione
della sovranità al popolo iracheno, che deve essere libero di scegliere il
proprio destino e le forme della propria democrazia.

Il ritiro delle truppe della cosiddetta "coalizione dei volenterosi", della
quale anche l'Italia fa parte, è indispensabile per l'avvio di questo
processo.

Questa presenza, infatti, non ha prodotto nessun risultato concreto per la
costruzione della pace e la lotta al terrorismo, ha invece assimilato il
nostro Paese alle forze responsabili del conflitto.

La supposta funzione umanitaria della nostra missione militare è vanificata
dalla decisione di tutte le Ong italiane di rifiutare ogni collaborazione
con le truppe e le autorità di occupazione.

La guerra prosegue tragicamente ogni giorno con il suo tributo di sangue e
di lutti.

Lutti e sangue che non hanno risparmiato neanche i soldati italiani dei
quali piangiamo il sacrificio e anche in nome dei quali ribadiamo con ancora
più forza il nostro mai più.

Ritirare il nostro contingente militare non è un atto di codardia nè una
fuga davanti al terrorismo.

E' un atto che può ridare la parola alla diplomazia, all'ONU, a quella
risoluzione dei conflitti con altri mezzi solennemente sancita dall'art.11
della nostra Costituzione.

E' un atto che può aprire la strada all'immediato intervento dell'ONU in
Iraq, con funzioni di peace keeping e di peace building e che restituisce
ruolo e voce alla comunità internazionale, all'Europa, ed a tutti i paesi
che non si sono fatti coinvolgere dalla "chiamata alle armi"
dell'amministrazione Bush.

E' un atto di coraggio, il più nobile perchè rompe il fronte di coloro che
hanno eletto la guerra infinita e preventiva a moderno paradigma di governo
del pianeta.

E' un atto di civiltà contro la barbarie, perchè svuota i giacimenti di odio
e conseguentemente contrasta in modo efficace la follia dei terroristi.

E' un atto di giustizia, perchè ripropone l'urgenza di edificare un diverso
ordine economico basato sull'equa e solidale ripartizione delle risorse.

E' un atto di pace, il solo che può costruire il futuro estirpando dalla
storia guerre e terrorismi.

Al Parlamento chiediamo di non restare sordo e di compiere con convinzione
questo atto.

RITIRO DELLE TRUPPE ITALIANE DALL'IRAQ - TAGLIAMO I VIVERI ALLA GUERRA -
TOGLIAMO L'ACQUA AL TERRORISMO