[Cerchio] MARX E GLI ANIMALI ( 2)

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Autor: Tuula Haapiainen
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Asunto: [Cerchio] MARX E GLI ANIMALI ( 2)
La psicologia animale e l'influenza di Marx

Quindi Marx sottolineava l'attività della materia e della natura.
Egli conosceva anche la filosofia della natura di Hegel in cui gli animali
vengono visti come una totalità organica ben sviluppata ("una singolarità
riflessa in sé") (6), che "si è autoprodotto" con l'ausilio del "suo
impulso di modificazione" (Bildungstrieb) e raggiungendo contemporaneamente
una "certa autocoscienza" (7). Dopo quanto non sorprende che la visione di
Marx degli animali è "funzionale". " Nella qualità di funzione vitale s'
include l'intera natura di una certa specie, la sua natura di specie ..
"(8). "L'animale è la sua funzione vitale"(9) "L'animale plasma la
materia..secondo la misura e l'esigenza della propria specie."(10). Marx
esplicita questo tipo di caratterizzazione dell'animale mentre medita sulle
similitudini e differenze fra l'uomo e l'animale, ma, ovviamente, ciò non
toglie che esse includono anche una certa visione dell'animale in sé.

Quando fu pubblicato "L'origine della specie " (1859) di Charles Darwin,
Marx si sforzò di prendere in considerazione anche quest'opera (egli sembra
convergere fra l'altro, con alcuni pensieri di Darwin, per quanto riguarda
l'influenza diversificata della selezione naturale su organi che
effettuavano compiti differenti).(11) Inoltre egli adattò la propria
filosofia sullo sviluppo psichico dell'animale. Gli animali, - come gli
uomini- "iniziano a relazionarsi attivamente, ad assoggettare al proprio
potere alcuni enti del mondo esterno mediante l'azione"; durante tale
processo " la caratteristica di detti enti che "soddisfanno i loro
bisogni" s'imprime nel loro cervello. Gli animali - come gli uomini -
apprendono anche "teoreticamente" a distinguere da tutti gli altri gli enti
esterni quelli che servono alla soddisfazione dei loro bisogni" (12). Si
suppone che le doti "teoretiche", messe fra virgolette da Marx, vogliano
significare perlopiù la capacità percettiva e sensoriale degli animali.


Marx definisce anche la differenza fra l'uomo e l'animale mediante le forme
delle loro azioni:" Seppure l'uso e la creazione di strumenti di lavoro
in nuce è caratteristico anche di alcune specie animali, essi sono
connaturati specialmente al processo lavorativo dell'uomo" (13) " Del vero,
anche l'animale produce.
Costruisce la tana, abitazioni - come per esempio l'ape, il castoro, la
formica etc. Ma esso produce strettamente ciò che serve, soltanto per sé o
per i figli; esso produce in modo unilaterale, mentre l'uomo, da parte sua,
produce in modo universale.." (14)
Sulla base di questo tipo di asserzioni di Marx più tardi è stata sviluppata
la psicologia animale detta marxista (forse sarebbe meglio parlare di
influssi di Marx sulla psicologia animale, poiché essa ha avuto anche altre
fonti centrali, per esempio I.P.Pavlov e, più in generale, i classici del
campo). La psiche animale è prodotto e regolatore delle loro azioni.
Ovviamente essa è annessa al sistema nervoso; però, i sistemi nervosi si
sviluppano filogeneticamente mentre gli animali agiscono in un dato
ambiente. All'inizio l'azione è tipica della specie, ma poi negli animali
superiori si manifesta anche l'attività individualmente variata. Per
esempio, per P.J. Galperin, la differenza che distingue gli animali dai
vegetali è il movimento; "la loro caratteristica connaturata è il movimento"
(15), della cui evoluzione è nato gradualmente "l'animale come soggetto di
azioni finalizzate" .(16)



Tutto ciò si concretizza ulteriormente con differenti proprietà psichiche.
Per esempio l'intelligenza degli animali viene ritenuto di essere in
connessione con la complessità e l'articolazione della loro attività; con l'
attività di orientamento e di ricerca, e così via. La stessa cosa vale per i
sensi; inizialmente "la sensibilità percettiva degli organismi viventi si è
formata come conseguenza in quanto le loro funzioni vitali sono diventati
più complessi"; (17) quindi, " le condizioni d'esistenza diventate più
articolate richiedevano la formazione di sistemi percettivi molteplici."
(18). Con questa visione è scontata che gli animali possiedono anche
percezioni di dolore , sebbene ad esse nella tradizione teoretica
funzionalista - come anche nelle altre tradizioni fino a a pochi anni fa-
fosse stata data poca attenzione.


Oltre alla questione del dolore, la psicologia animale funzionalista è
anche per altri versi orientato contro il dualismo di derivazione
cartesiana:
Gli animali non vengono ridotti a oggetti della ricerca biologica, oppure a
oggetto di descrizione esterna del comportamento, con cui la psicologia
umana sarebbe in una drastica opposizione; invece si tende ad afferrare
la struttura della loro psiche. In tal modo gli animali vengono osservati
molto più estesamente; il loro "essere" si connette al loro intero
processo vitale che, a sua volta, si colloca in un dato ambiente. Una simile
concezione d'animale potrebbe contenere delle potenzialità attuali; oggi il
problema degli animali è la riduzione delle loro attività e dell'habitat
vitale, poiché l'uomo delimita la natura selvaggia e regola sempre più
strettamente la vita degli animali domestici.

Potrebbe darsi, tuttavia, che nessuno abbia finora applicato la psicologia
animale influenzata da Marx alle questioni su cui maggiormente si riflette
nel movimento animalista protezionista e dei diritti degli animali;
questioni come la comparazione dell'intensità del dolore animale con l'
intensità del dolore dell'uomo che ha una più sviluppata consapevolezza,
oppure il loro stress in condizioni artificiali e in uno spazio che
delimita il loro agire. Se cosi fosse , sarebbe davvero un peccato, poichè
i punti di partenza filosofici risultano validi.

In Marx si trovano anche delle affermazioni in cui egli - alla luce di
conoscenze attuali - disegna una linea troppo rigida tra l'uomo e l'animale
sulla base del fatto che solo l'uomo possiede la consapevolezza:"L'attività
vitale cosciente distingue l'uomo immediatamente dall'attività vitale
animale." (19). Si riscontrano simili affermazioni anche presso i suoi
seguaci. Ma prima di una condanna affrettata vale la pena annotare due
fatti. Prima di tutto, poiché almeno stesso Marx fa delle
generalizzazioni che riguardano tutto il mondo animale, per cui può essere
comprensibile la "dimenticanza" delle forme di coscienza presso gli animali
superiori. In secondo luogo, il concetto di coscienza è ambiguo; nei diversi
orientamenti della psicologia esso è stato usato in modi diversi. Che gli
animali abbiano una psiche, la quale del resto s'è evoluta talmente da
diventare psiche umana, è stato sempre chiaro per tutte le concezioni
"marxoidi"..



Liberazione degli animali e valore della natura selvaggia

Certamente Marx era prima di tutto un teorico dell'emancipazione umana.
Ma sembra che egli abbia incubato pensieri anche sul fatto che le diverse
forze naturali ed enti , in certe condizioni, diventino oggetto di un abuso
sistematico, e che la loro posizione dovrebbe essere rivista. Nel suo
articolo giovanile "La questione ebraica" (1844) egli scrisse che "Quella
concezione della natura alla quale si approda nell'ambito della proprietà
privata e del dominio, è un autentico disprezzo della natura, è una
svalutazione della natura nella pratica.." Specialmente il denaro ha
"rapinato del valore specifico sia il mondo umano..sia la natura ". (20)


Nello stesso passaggio Marx esigeva la liberazione degli animali. Lo fa per
bocca del teologo cinquecentesco, Thomas Müntzer; secondo cui "tutti gli
esseri della natura sono diventati proprietà, cosi i pesci dell'acqua, gli
uccelli dell'aria come le piante della terra - anche gli esseri della natura
dovrebbero liberarsi" (21).

Come dimostra questa associazione di fatti, si tratta di una doppia
liberazone: prima come proprietà e poi come l'essere, oggetto di una
relazione svalorizzato e diprezzato. Probabilmente agli animali dovrebbe
essere ridato il loro "valore proprio" (eigentümlicher Wert), poiché essi
sono stati sottratti all'intera natura. A sua volta ciò potrà essere inteso
come critica della strumentalizzazione della natura, critica che Marx
esercitava nella sua teoria dell'alienazione.

A tratti sembra che Marx voglia vedere le forze della natura assoggettate
dall'uomo quale soggetti che lottano accanto al proletariato: " Quelle forze
della natura che l'industria risuscita (come per incantesimo), vivono
proprio dello stesso rapporto come i proletariati. Oggi sono ancora schiavi
della borghesia..Domani spezzeranno le proprie catene." (22). E' anche
possibile che " la terra.si ribellerà ed esigerà come potenza autonoma la
sua parte sul prodotto creato col suo aiuto", di cui abbisognerebbe " per
ricompensa della propria produttività ed elevazione" (23). Viene la voglia
di giudicarla come un'esagerazione, ma interpretato in un certo senso i
pensieri sono ragionevoli. In essi si può riscontrare due fattori parziali,
per primo, l'idea del materialismo storico che le forze produttive di tanto
in tanto trasformano i rapporti di produzione mutuati in catene, e, per
secondo, ciò che ha sottolineato Friedrich Engels: che la natura potrà
"vendicarsi" coll'uomo per i profitti ottenuti a breve scadenza.

Oggi si vede generalmente che una delle forme necessarie della cosiddetta
liberazione della natura - oppure la considerazione per quanto riguarda il
suo valore in sé - è la cura della natura selvaggia. Ma disse Marx qualcosa
sugli animali selvatici e sulla natura selvaggia? Nella introduzione alla
critica della filosofia del diritto di Hegel (1844) egli schernisce la
tendenza idealizzante di certi romantici rispetto alla vita naturale degli
antichi. Queste persone "cercano la storia della nostra libertà, al di fuori
della nostra storia negli eterni boschi teutonici? Ma come può la storia
della nostra libertà differenziarsi dalla storia della libertà di un
cinghiale?" Poi Marx, con il suo stile inconfondibile, aggiunge le parole
che indicano che egli rispetta la salvaguardia della natura: "Del resto è
noto: la foresta risponde come tu lo chiami. Quindi pace alle eterne
foreste
teutonicche!"(24)

.
Dei boschi e della loro salvaguardia Marx parlerà anche più tardi, fra l'
altro, ne Il Capitale: " Alla civilizzazione e allo sviluppo industriale si
è sempre associato una tale distruzione che tutto quanto è stato fatto per
proteggerli, in compenso è sempre soltanto una infima parte" (25) In una sua
famosa lettera egli sottolineò come l'agricoltura causasse con tanta
faciltà
la "distruzione forestale e altro" e come in generale "la coltivazione -
se avanzerà con forza naturale e non consapevolmente controllata -
lascerà dietro di sé dei deserti.." (26) Egli nota anche che in Inghilterra
non ci sono più vere e proprie foreste né animali selvatici:" Nei parchi
degli uomini potenti vivono degli animali selvatici che già alla loro
nascita sono addomesticati e grassi come i giudici di Londra.(27)

Che Marx, che ha indagato sia la filosofia della natura sia la relazione
fra uomo e natura, non consideri la natura selvaggia più estesamente, si
connette al fatto che allora il significato dell'aspetto non apparteneva
ancora ad una consapevolezza generale. Ma si può dedurre da questo che Marx
fosse stato un nemico della natura selvaggia? Anche questo è stato detto, e
si è fatto leva su i Grundrisse dove si legge che la produzione basata sul
capitale crea " la natura allo stesso modo come anche la stessa connessione
sociale dell'appropriazione universale" e nel contempo "una fase di sviluppo
societaria rispetto alla quale tutte le fasi precedenti si manifestano come
mero sviluppo locale dell'umanità e come una superstiziosa idolatria della
natura" (28) Marx , cioè, sembrerebbe di elogiare l'avanzamento dello
sconquassamento "universalistica" della natura nelle condizioni
capitalistiche.

Ma così non è. Se fosse, resterebbe incomprensibile perché Marx comunque
voleva essere un socialista sovversivo. Egli parlava nel punto in
questione non solo della relazione uomo-natura, ma anche dello sviluppo dei
rapporti sociali. Se elogiasse soltanto tutto ciò, del capitalismo non
resterebbe nulla da criticare, il che sarebbe in contraddizione con la
tendenza di base di tutta la produzione di Marx. La questione risiede
chiaramante nel fatto che Marx ,a questo punto, ha compiuto un'astrazione
dai
problemi dello sviluppo capitalistico e si è limitato ai suoi lati positivi.
L'astrazione è possibile perché il progresso è contraddittorio nella
visione di Marx, contiene del bene e del male; nelle condizioni
capitalistiche " tutto questo sviluppo scorre in modo antagonista .." (29)
Una simile visione è del tutto ragionevole; e certo è un fatto che la
industrialistica cd. conquista della natura, specialmente nei primi tempi,
ha portato anche vantaggi.

Seppure di Marx non si potesse dire che sia stato uno che svalorizza la
natura, non si intende dire che egli fosse stato del tutto coerente con le
sue affermazioni, oppure che le sue teorie non contenessero nulla che non
potesse suscitare, a tratti, strumentalmente, una sottovalutazione del
(dimensione) selvaggio. Marx, in quanto pensatore dell'800, per esempio,
non poteva possedere la cognizione della crescita zero (e cosi via) e, oggi,
proprio la continua pretesa della crescita economica sembra di causare una
pressione col finire all'annullamento definitiva della natura selvaggia.
Già
che l'eredità di Marx risulta multidimensionale anche a questo
proposito.. Egli scherniva anche lo stile di vita capitalistico centrato
sull'accumulo di denaro e delle merci, e sviluppava una nuova concezione
della ricchezza, secondo la quale la ricchezza autentica degli uomini è lo
sviluppo della creatività, delle capacità e doti degli uomini. Il suo
obiettivo, il sovvertimento del capitalismo, si connetteva all'idea di
sostituire con la produzione orientato al valore d'uso e all'utilità
autentica, l'idolatria dei valori di scambio fine a sé stesso.
Tutto ciò in effetti si addice magnificamente alla minimalizzazione della
crescita.

(continua)

(traduzione tuula h )
www.marx-seura.kaapeli.fi/archive/heiskanen.htm