[NuovoLaboratorio] Colpevoli i refusnik

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Autore: Elisabetta Filippi
Data:  
Oggetto: [NuovoLaboratorio] Colpevoli i refusnik
Dal manifesto di oggi 18/12/2003
Elisabetta


«Colpevoli i 5 refusnik»
La Corte d'Israele: «Con il loro no all'esercito, vogliono la fine
dell'occupazione». Il verdetto il 23
SVEVA HAERTTER *
Dopo la condanna di Yoni Ben-Artzi era chiaro a tutti che anche Noam Bahat,
Matan Kaminer, Adam Maor, Haggai Matar e Shimri Tsameret sarebbero stati
condannati. Ma quanto ha detto il giudice (che nelle ultime udienze era
sembrato favorevolmente colpito dalla determinazione dei cinque ragazzi)
nell'aula gremita del tribunale di Jaffa ha lasciato attoniti i presenti.
Solo Reuven Kaminer, nonno di Matan, militante storico del movimento
pacifista e del partito comunista, ha trovato la forza di urlare «Vergogna!»
all'indirizzo della corte. Il giudice ha esordito affermando che la libertà
di coscienza è un diritto fondamentale nella legislazione israeliana e non
solo un privilegio accordato in base all'arbitrio dell'esercito, salvo poi
sposare completamente la linea della pubblica accusa: l'esenzione può essere
data solo a pacifisti perché sono pochi e fondamentalmente cercano di
salvare la pelle.

«Riconosciamo che gli accusati sono moralmente ed ideologicamente contrari
all'idea di far parte di un esercito che secondo le loro convinzioni
commette azioni immorali. Ma il loro rifiuto non deriva solo da questo,
anzi, forse in prima istanza deriva dal loro desiderio di cambiare
l'opinione pubblica, di influenzare il comportamento di altri, causando
infine modifiche nelle politiche del governo e quindi la fine
dell'occupazione», ha detto il colonnello Levy, per poi proseguire con
complicate argomentazioni tese a ribadire che la disobbedienza dei cinque è
una minaccia intollerabile. «Tutti devono far parte dell'esercito e
rischiare la vita per difendere il paese. Qui non esiste servizio civile
alternativo, ma anche se esistesse, non sarebbe la giusta risposta a questi
cinque. Uguaglianza non significa solo che tutti devono dare tre anni della
propria vita, significa che tutti devono correre lo stesso rischio». Ma cosa
rischiano le migliaia di ortodossi, esonerati dal servizio militare, che
ricevono sussidi per gli studi religiosi?

Intanto un anno di vita i cinque lo hanno già dato. La pena si conoscerà
martedì e può arrivare fino ad altri tre anni di carcere militare. Scontato
l'isolamento sociale e la penalizzazione per il futuro lavorativo come
conseguenza della scelta di rifiutare la leva in un esercito di occupazione.

«Ci stanno punendo per aver pronunciato la parola o-c-c-u-p-a-z-i-o-n-e e io
la ripeto: occupazione, occupazione, occupazione», ha esclamatoMatan
Kaminer: «È facile per un diciottenne farsi esonerare usando sotterfugi.
Molti lo fanno. Abbiamo scelto la linea dura dicendo che l'occupazione è un
abominio morale che persone morali non possono tollerare e che per questo
rifiutiamo la leva. Se la sincerità comporta la galera, ci resteremo
parecchio». «Diciamo una verità che la maggior parte del pubblico non
conosce o sceglie di non conoscere ed è per questo che veniamo puniti.
Commettono crimini di guerra e si aspettano che noi restiamo in silenzio. Ma
non staremo zitti. Diremo parole chiare contro l'occupazione, anche se ci
costerà caro», ha ribadito Haggai Matar.

«Al peggiorare dell'occupazione corrisponderà un aumento del rifiuto» sono
state le parole di Adam Maor, riprese dal Tg israeliano del Canale 1. «Un
paese che opprime 3,5 milioni di persone e nega i loro diritti umani
fondamentali, non può che opprimere anche i suoi cittadini». Shmri Tsameret
ha aggiunto: «La sentenza non mi spaventa. Questo tribunale fa parte
dell'esercito e l'esercito commette azioni terribili ed immorali: manda i
miei amici a rischiare la vita a Netzarim ed Hebron, quando tutti sanno che
prima o poi questi insediamenti verranno abbandonati. L'esercito causa la
disperazione dei palestinesi, di fatto è l'esercito che alleva i terroristi
suicidi. Ecco cos'è l'esercito, non è strano che un tribunale militare abbia
emesso una sentenza come questa». Poi è toccato a Noam Bahat che ha
ricordato che «è una guerra fatta per scelta, non per sopravvivenza o per
autodifesa. Quindi è immorale per definizione. Dobbiamo rifiutarla perché
finirà solo quando la gente smetterà di sostenerla».

Presidi di solidarietà ai Cinque si sono svolti a Londra, Berlino e Roma,
dove al sit-in convocato dalla «Rete Ebrei contro l'Occupazione» nei pressi
dell'ambasciata israeliana hanno partecipato più di cinquanta persone di
persone. Non resta che farne altri il 23 dicembre, giorno in cui si
conoscerà la condanna.

(* In base alla relazionedi Gush Shalom)

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