Autore: Paola Manduca Data: Oggetto: [NuovoLaboratorio] Fwd: [fori-sociali] contributo su guerra in Iraq
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>From: mimmocortese@???
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>Delivered-To: mailing list fori-sociali@???
>List-Unsubscribe: <mailto:fori-sociali-unsubscribe@yahoogroups.com>
>Date: Tue, 16 Dec 2003 09:13:07 +0100
>Subject: [fori-sociali] contributo su guerra in Iraq
>Reply-To: fori-sociali@???
>
>Cari e care,
>il documento di Salvatore , Felice, Piero e Luciano è senza dubbio un'ottima
>
>base di discussione. Molto importanti, a mio giudizio, gli "Otto Punti"
>di
>"Un Ponte per..." (nella versione rintracciabile sul sito, con domande e
>
>risposte), nei quali oltre a un'analisi politica della situazione irachena
>
>esposta in maniera didascalica ma di grande chiarezza ed efficacia emergono
>
>anche alcuni elementi conoscitivi che fino ad ora non sono stati reperibili
>
>da quasi nessun'altra fonte e su cui ritornerò. Da questo punto di vista
>
>anche il documento dell'ICS, sia pure da ripensare in alcuni passaggi, ha
>una
>indubbia utilità.
>
>A mio parere le iniziative da mettere in cantiere dovrebbero avere tre
>direttrici:
>CONTROINFORMAZIONE:
>smascherare le bugie e l'oscuramento pressoché totale dei media alleati/
>allineati in relazione a ciò che è avvenuto e che accade quotidianamente
>in
>Iraq (con tutto il rispetto per la Guzzanti e per chi si sta mobilitando
>in
>sua difesa mi pare davvero incommensurabile lo "scandalo" che sta avvenendo
>
>sull'informazione di guerra);
>indicazione degli autentici obbiettivi politico economici e strategici della
>
>guerra;
>monitoraggio dell'effettiva condizione della popolazione e della
>società irachena;
>OPPOSIZIONE ALLA GUERRA:
>richiedere con forza il ritiro immediato di tutte le truppe d'occupazione
>come
>condizione preliminare all'avvio di ogni iniziativa di pace;
>evidenziare in tutte le sedi i risultati catastrofici della guerra sul piano
>
>umano, politico e sociale, per la produzione di morte e distruzione;
>invitare alla riflessione sull'ennesima prova del fallimento totale di
>qualsivoglia iniziativa bellica e riproporre il suo abbandono definitivo
>
>dagli strumenti della politica;
>ribadire la netta condanna di ogni forma di terrorismo, sempre più
>complementare e speculare alle azioni di guerra;
>PROPOSTE DI PACE:
>sostenere con energia tutte le iniziative italiane ed internazionali di
>aiuto
>e sostegno alla popolazione civile che abbiano a fondamento del proprio
>
>operato la condanna di ogni guerra. Richiedere in tal senso un pronunciamento
>
>del Parlamento Italiano e di quello Europeo per mettere a disposizione di
>
>queste ONG strumenti, mezzi e risorse da sottrarre alle spese militari;
>
>sostenere, nell'immediato, l'invio (come suggerisce il documento di "erre")
>di
>una "forza internazionale che garantisca una transizione non violenta e
>la
>stabilizzazione delle istituzioni indipendenti";
>presa di contatto e dialogo con le realtà che si oppongono all'occupazione,
>
>cercando di comprenderne gli obbiettivi, le proposte politiche e gli
>strumenti e le pratiche di lotta;
>cercare di stringere legami di collaborazione e sostegno ai gruppi di
>resistenza che ricomprendano tra i loro obbiettivi politiche di pace, di
>
>solidarietà, di partecipazione diretta dei/delle cittadini/e iracheni/e
>alla
>vita pubblica e che utilizzino (come ci invitava a fare Nella Ginatempo)
>come
>scelta strategica e preminente strumenti di lotta e di resistenza non armata
>
>(sciopero, boicottaggio, sabotaggio, noncollaborazione con le truppe
>occupanti, disobbedienza civile, difesa popolare nonviolenta, ecc.).
>
>Vorrei per concludere fare anch'io alcune considerazioni sul documento di
>
>?erre.
>
>In primo luogo vorrei dire che la citazione dal documento del GLT Nonviolenza
>
>e conflitti della rete di Lilliput non solo non è convincente ma è un
>passaggio assolutamente infelice: un tentennamento che nemmeno lo scoramento
>
>di fronte alla ipocrita controffensiva ?umanitarisitica di guerra? dei media
>
>italiani, lanciato senza la minima vergogna dopo Nassiriya, può giustificare.
>
>Detto questo, bastava leggere poche righe oltre per scoprire che quello
>
>stesso documento richiedeva il ?ritiro immediato di tutte le truppe
>d'occupazione?.
>
>Non ripeto le considerazioni esposte da Walter sulla questione ?resistenza?,
>
>che condivido appieno. Credo che, pur distinguendo nettamente tra resistenza
>
>e terrorismo, solo ad alcune condizioni il movimento pacifista possa
>sostenere esplicitamente una formazione di resistenza presente sul campo.
>
>
>Ritorna in quel documento il tema della nonviolenza. I compagni di ?erre?
>per
>un intero paragrafo fanno una riflessione ricca di spunti interessanti e
>
>condivisibili. Su alcuni passaggi però vorrei fare delle considerazioni.
>Non
>so quali siano i soggetti che oggi propugnano ?atteggiamenti ideologici,
>per
>cui la nonviolenza sarebbe una sorta di dichiarazione di fede aprioristica?.
>
>Credo però che sia fuorviante partire da queste considerazioni. Innanzitutto
>
>per le ideologie, che restano e permangono importanti, sono la nostra linfa
>
>vitale. Ogni ideologia propone una ?concezione del mondo?, una
>weltanschaunung, come si diceva una volta. Come potremmo farne a meno? Questo
>
>movimento ne sta di fatto proponendo una, ancora in corso di costruzione
>
>certo, ma indubitabilmente indirizzata verso un mondo radicalmente diverso
>da
>quello che oggi ci circonda. Se per ?assunto ideologico?invece si intende
>
>un atteggiamento chiuso, rigido, indisponibile al dialogo, sono d'accordo,
>la
>discussione, ovviamente, non può partire da lì. Sarebbe interessante però
>
>nominare questi soggetti.
>Non so nemmeno quanti fanno ?dichiarazioni di fede aprioristiche?. Credo
>però
>che nemmeno questo passaggio vada confuso con un'altra cosa, a mio parere
>ben
>più importante (con tutto il rispetto per i fedeli). Sto parlando di
>quell'atto, assolutamente laico, della ?scelta?. La scelta della nonviolenza,
>
>in questo caso. Credo lo sappiate già ma val la pena di ricordarlo: figure
>
>molto diverse tra loro, come Gandhi, Capitini, Martin Luther King o Danilo
>
>Dolci si sono sempre considerati come ?amici? della nonviolenza, oppure
>
>persone che guardano con ?simpatia? alla nonviolenza. Che io sappia nessuno
>
>si ?é? definito nonviolento. Essendo questa scelta un continuo tentativo,
>un
>infinito esercizio, una molteplicità di possibilità con le quali
>manifestarla. Ma perché proprio questa scelta? E' stato detto in molti modi
>e
>con una infinità di definizioni, e certo non possono bastare poche righe
>per
>spiegare una strada sulla quale si sono scritte tante pagine. Mi limiterò
>
>quindi solo a una abborracciata sintesi: vivere e praticare una radicale
>
>diversità dai paradigmi ? di sfruttamento e di violenza ? del potere
>dominante (il capitalismo neoliberista, nel caso odierno) cercando di operare
>
>mettendo in coerenza i mezzi e fini che si intendono raggiungere.
>Anche sull'aprioristico avrei qualcosa da dire. Mi verrebbe da fare una
>
>battuta: quali scelte si fanno a posteriori? Sicuramente uno che dopo una
>
>determinata scelta ci riflette sopra e pensa, a posteriori, che la prossima
>
>volta, se le cose non sono andate come previsto, ne farà una diversa compie
>un percorso di grande saggezza. Ma la
>prossima volta farà pur sempre una scelta, prima di sapere quali saranno
>le
>conseguenze della stessa. Sarà una scelta ?apriori?? Oppure per non correre
>
>questo rischio bisogna sempre fare una scelta diversa da quella precedente?
>E
>non c'entra nulla qui la considerazione ? fondamentale ? sulla valutazione
>
>del contesto. Per ogni contesto anzi va messa in pratica la forma di lotta
>
>migliore, come dice il documento. Ma la scelta nonviolenta, come ho cercato
>
>di argomentare prima non presuppone affatto una sola forma di lotta,
>tutt'altro...
>In quel documento si parla del ?rifiuto di pratiche violente? che a me sembra
>
>una formulazione di grande importanza. Credo però che oggi basterebbe molto
>
>meno, basterebbe semplicemente concordare e rispettare un patto per il quale
>
>solo azioni e pratiche discusse e condivise dall'intero movimento venissero
>
>messe in atto nei luoghi e nelle iniziative concordate dall'intero movimento
>
>stesso. E non sto riducendo il tutto a ?pratica o metodologia? come è scritto
>
>nel documento. Sto solo cercando di concordare un primo passo verso quel
>
>?rifiuto di pratiche violente? di cui prima.
>Lo so poi si arriva alla solita domanda: e se la polizia carica che faccio,
>le
>prendo - buono buono - o mi ?autodifendo?? Naturalmente chi afferma ciò
>non è
>di certo a conoscenza delle pratiche di autodifesa nonviolenta, che prevedono
>
>molti passaggi ma escludono qualsivoglia offesa all'avversario. Ma non voglio
>
>argomentare ora su questo terreno. Mi limiterò solo a una domanda: la strada
>
>della nonviolenza ? su questo non ci sono dubbi - è una strada molto
>rischiosa (lo ricordava Nella poco tempo fa), qualcuno pensa davvero che
>ci
>siano strade meno rischiose? Qualcuno pensa davvero che il prezzo già pagato
>
>nella gran parte del secolo scorso possa essere bissato in questo secolo
>
>ripercorrendo le stesse strade?
>
>Chiudo con un'ultima considerazione strettamente legata con quanto ho appena
>
>detto. Nel documento si adombra ? se non ho mal inteso - il pensiero che
>
>radicalità del conflitto e forme di lotta nonviolente non si accordino
>proprio benissimo. Credo sia esattamente il contrario, la storia di tutte
>le
>lotte nonviolente lo dimostra anche se non tutte hanno avuto esiti esaltanti.
>
>Il problema è che molti di noi credono di avere buona esperienza dell'idea
>e
>delle pratiche di conflitto. Io credo che non sia esattamente così. Credo
>che
>sulla gestione e la pratica del conflitto (certo uno dei momenti più
>arricchenti della dinamica sociale e relazionale) abbiamo ancora molto da
>
>imparare e da inventare.
>
>Se oggi dovessi pensare a qualcosa che può legare ? fatte tutte le debite
>
>differenze ? la lotta di Scanzano e della gente lucana con le grandi e spesso
>
>vincenti mobilitazioni avvenute negli ultimi anni nell'America Latina mi
>
>verrebbe spontaneo fissare come primo punto di una virtuale sintesi proprio
>
>questo: conflitto radicale, di massa e, per la stragrande maggioranza degli
>
>uomini e delle donne impegnati nella sua realizzazione, assolutamente
>nonviolento.
>
>Un saluto di pace
>alle sorelle, ai fratelli, alle compagne ed ai compagni.
>
>Mimmo Cortese - Brescia
>
>
>
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